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Autore: Akiko chan    01/12/2015    3 recensioni
Era evidente che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di nasconderle il disprezzo che provava e quel fugace contatto le fu sufficiente per saggiare una parte della furia primitiva di cui era capace, se provocato. Niente di male, la cosa era reciproca.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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~~CAPITOLO XXV. IN CADUTA LIBERA

Un’ora dopo Shay si trovava seduta alla sua scrivania con il libro di storia aperto e la cena, che aveva mandato giù a forza, che le ribolliva indolente nello stomaco. Ma la lampada da tavolo non illuminava affatto una fronte china in silenzioso studio, si divertiva invece a disegnare lunghe strisce di calda luce giallognola tra le ciocche lucenti, strette da un nastro di seta viola. Shay infatti non stava affatto leggendo il libro ma voltava le spalle alla scrivania, dondolandosi nervosamente su e giù con le gambe a penzoloni sopra il bracciolo.

Dopo cena i genitori e i tre fratelli più piccoli si erano accomiatati allegramente diretti al cinema e Mark era andato in camera sua a preparasi per una serata in compagnia di Ed.

Lei era tornata in camera e aveva appoggiato il pacco aperto sul letto. Si era seduta alla scrivania con l’intento di studiare ma, dopo qualche minuto, si era alzata e aveva messo il vestito su una gruccia in armadio – Così non si strapazza- aveva giustificato quella prima interruzione. Dopo poco si era rialzata e lo aveva tirato fuori riponendolo nel pacco –Tanto lo faccio restituire- si era detta convinta – Spero che papà non si offenda ma che gli è saltato in mente di prendermi sto coso? E poi le scarpe, vuole che mi ammazzi?- Soddisfatta per la risoluzione presa si era riaccomodata e aveva iniziato a sfogliare il testo tanto trascurato.  Ma le interruzioni si erano susseguite sempre più frequenti, una volta per riporre l’abito nell’armadio decisa a tenerlo, l’altra per rimpacchettarlo convinta di restituirlo.

-Al diavolo così faccio notte!!- si ammonì nervosa, alzandosi per l’ennesima volta – E sia, togliamoci il pensiero!- si disse estraendo la causa di tanta inquietudine dalla confezione dorata. Osservò con fare sospettoso quella leggera nuvola di seta azzurra inerte tra le sue mani sollevate in alto e constatò con piacere che non era poi così indecoroso da indossare come aveva dapprincipio pensato. Forse non le sarebbe stato male. Si drappeggiò con circospezione la stoffa sul corpo, sbirciandone di sottecchi l’effetto allo specchio. La gonna non era proprio corta come le era sembrato all’inizio, doveva arrivare appena sopra il ginocchio e la scollatura, la parte dell’abito che manco a dirlo la imbarazzava di più, non era molto accentuata, certo non sufficiente per permetterle di celare sotto le fasce elastiche, ma per fortuna il golfino, che si allacciava con un nodo sul petto, mimetizzava a sufficienza la curva del seno, nascondendone alla vista l’attaccatura – Speriamo che quella sera non faccia troppo caldo…- borbottò preoccupata iniziando a spogliarsi. Infilò il vestito dalla testa e si stupì nel sentire il piacevole senso di leggerezza che la stoffa delicata le dava. Le stava aderente sul busto per poi aprirsi a corolla sui fianchi e la gonna, come aveva previsto, era abbastanza lunga da coprirle i lividi che capeggiavano indelebili sulle sue cosce, ricordo di duri combattimenti. La scollatura a barchetta lasciava vedere chiaramente il solco audace dei seni, Shay sentì puntuale una vampata di calore salirle alle guance e, sospirando, si affrettò ad  infilare il golfino. Studiò con estrema diligenza l’effetto della sua immagine riflessa  e per quanto fosse dura con se stessa, non riuscì a non provare un moto di soddisfazione. Mosse qualche passo continuando a spiarsi con diffidenza e notò che il ribelle capo si apriva un po' lasciando intravedere la linea del petto, indispettita si affrettò a stringere il nodo davanti. Ma nel complesso l'effetto era piacevole e quella era sicuramente l'immagine più femminile che avesse avuto di se stessa da diciott'anni a  quella parte!

Felice di quell’inattesa conquista, fece una piroetta su se stessa osservando curiosa l’effetto della gonna che si apriva maliziosa sulle gambe nude. La felicità del momento non le fece comunque dimenticare il problema numero uno: i sandali col tacco. Li afferrò e li portò all’altezza del volto, squadrandoli perplessa. Provò ad infilarli. Il cinturino  sottile si allacciava attorno alla caviglia lasciandole scoperto il collo del piede. Tentò qualche passo. Non era male.

-Shay sto uscendo, buona serata-

La ragazza sussultò, presa com’era dalla sua personale sfilata, per un attimo si era dimenticata di non essere sola in casa -Buona serata anche a te- si affrettò a rispondere sperando che a Mark non venisse in mente di entrare in camera sua. Ma per fortuna il ragazzo si diresse alle scale e scese con passo affrettato, probabilmente era in ritardo.

Aspettò in attesa di sentire lo scatto della porta di casa che si richiudeva ma nessun rumore le giunse da sotto – Sarà sceso dalla porta secondaria, direttamente in garage – pensò rincuorandosi. Attese ancora qualche minuto immobile, poi, definitivamente convinta di essere sola in casa, cominciò a camminare su e giù per la stanza -Decisamente va meglio di quel che pensassi! -esclamò fiera complimentandosi con se stessa per le inaspettate doti di equilibrista.


Dopo alcuni minuti si sentì pronta ad affrontare lo scoglio più grosso: le scale. Aprì la porta della stanza con estrema cautela, rimanendo in ascolto. Nessuno rumore. Persuasa di essere davvero sola, appoggiò la mano umida per la tensione alla parete e con cautela attraversò il corridoio, affacciandosi alla tromba delle scale. Afferrò il confortante sostegno del corrimano di duro legno d’ebano e fece i primi scalini – Tutto a posto, non c'é niente di cui preoccuparsi …- si ripeteva incredula - Davvero ho avuto paura per tanto tempo dei tacchi alti e in realtà li so portare beniss…- il pensiero le morì a metà nella mente, ucciso da un peccato di presunzione che si apprestava a pagare molto caro: la caviglia destra cedette, facendole andare il piede in parte, istintivamente si slanciò verso il corrimano e, per non cadere in avanti, spostò tutto il baricentro all’ indietro, ma questo non fu sufficiente a risparmiarle l’inevitabile caduta. Senza poter fare nulla, si ritrovò a volare sopra una manciata di scalini e a fare il resto della scala appoggiata al suo dolorante fondoschiena. Atterrò rumorosamente sul pavimento del piano di sotto strillando di dolore e paura.

-Ma che succede? – la voce di Mark le fece l’effetto di una dose di morfina, anestetizzandola e immobilizzandola allo stesso tempo. Il ragazzo attraversò di corsa il salotto impallidendo lievemente alla vista della sorellastra stesa a terra -Shay cos’é accaduto? Stai bene?-indagò sollecito accovacciandosi accanto alla ragazza.

Lei sbatté le palpebre confusa – Ma … ma non eri uscito?- chiese aggrappata alla fievole speranza che quella fosse un’allucinazione e che sarebbe scomparsa al suono della sua voce.

-Sono tornato indietro perché avevo dimenticato il portafoglio- spiegò invece l’“allucinazione” prendendo, purtroppo per lei, consistenza reale -Ma che diavolo è successo?- ripeté il calciatore passandole in rassegna le gambe e rincuorandosi nel notare che non avevano preso una posizione innaturale -Come hai fatto a cadere? Non hai sbattuto la testa vero?- investigò, palpando adagio la testa della ragazza, sincerandosi che non vi fossero ferite.

Lei chiuse gli occhi con forza sottoponendosi al controllo delle mani del fratellastro sul suo capo senza obiettare, d’altronde, anche volendo, non era in grado di trovare neppure il fiato per respirare, quindi non le restò che scuotere il capo debolmente chinandosi sconfortata, schiacciata dall’imbarazzo.

Mark terminò di toccarle il capo e di scostarle i capelli alla ricerca di protuberanze sospette o di macchie di sangue, e solo una volta certo dell’integrità della testaccia dura della sorella, cedette alla curiosità di osservarla meglio. Notò il vestito azzurro aperto a raggiera attorno alle gambe, i piedi avvolti nei sandali  e tutto gli fu chiaro in un baleno -Prima volta che porti i tacchi?- commentò divertito, ormai certo che la sorellastra non avesse nulla di rotto - Non avresti dovuto azzardarti a fare le scale…-

-Sciocchezze non è la prima volta … sono caduta perché mi sono distratta …- mentì con candida spudoratezza, senza però osare guardarlo in faccia – E comunque non mi sono fatta niente- aggiunse alzandosi di scatto, sostenuta da un ultimo impeto d’orgoglio. Il dolore lancinante alla caviglia destra tornò a farsi sentire in un’unica devastante ondata e la gamba cedette incapace di sorreggere il peso del corpo, costringendola, per non cadere, a sbilanciarsi in avanti e ad appoggiarsi a piene mani sulle spalle del fratellastro.

Shay chiuse gli occhi contraendo ogni più piccolo muscolo del corpo per non cedere al dolore, serrò spasmodicamente le mani attorno alle scapole del ragazzo, conficcandovi dentro le dita. Mark non si mosse, accettò quella stretta dolorosa senza battere ciglio inginocchiato di fronte a Shay con il volto all’altezza del suo petto. Da quella posizione privilegiata, dal basso verso l’ alto, osservò rapito ogni minimo dettaglio dell’espressione di puro dolore sul bel volto contratto di lei, i muscoli rigidi, le palpebre chiuse, le labbra sbiancate strette con forza tra i denti, le  lacrime copiose che cominciavano a segnarle le gote livide nonostante gli evidenti sforzi per trattenerle. Mark trattenne il respiro per cogliere il minimo rumore, ma da quelle labbra, ermeticamente serrate, non gli arrivò un solo suono. Per l’ennesima volta il ragazzo non poté fare nulla contro l’ondata di calore, fatta di meraviglia e stupore, che gli saliva dal ventre sino al cuore ogni volta che pensava a lei in quei termini. L’ammirava. Ammirava  la caparbietà e la forza con cui sapeva sopportare il dolore -Non fare la stupida, non vedi che non riesci neanche a stare in piedi?- replicò con tutta la dolcezza di cui era capace, sollevandosi piano per non farla sbilanciare ancora sulla gamba infortunata – Vieni qua!- disse prendendola in braccio con delicatezza quasi si fosse trattato di una bambola di cristallo. Presa alla sprovvista, Shay non poté evitare di irrigidirsi ancora di più e Mark, per non sbilanciarsi,  fu costretto a stringerla con maggior decisione contro il suo corpo, facendo aderire ogni curva di lei contro il suo petto. Rimasero un istante immobili, lo sguardo allacciato, il respiro mozzo, increduli per quella vicinanza così carica d’aspettative inespresse. Mark fu il primo a distogliere lo sguardo facendo credere alla ragazza di essersi immaginata quell’attimo di smarrimento. Si affrettò a deporla sul divano, sistemandole con eccessivo zelo un cuscino sotto il polpaccio destro in modo da tenere sollevata la caviglia.

-Speriamo non ci sia nulla di rotto- borbottò confuso cercando di allontanare  le strane idee che il contatto di poco prima con il corpo della sorella gli aveva suscitato -Fammi vedere questa caviglia- che gli stava succedendo? Quella era sua sorella!  -Si sta gonfiando ma non mi sembra rotta … uhm sì … - mugugnò palpandola con attenzione e allontanando con caparbietà ogni pensiero illecito dalla sua mente -Decisamente una bella storta ma niente di rotto, vado in cucina  a prendere il ghiaccio, guai a te se ti alzi!-

-Anche volendo non credo di riuscirci …- rispose lei sospirando abbandonandosi a peso morto tra i cuscini.

Il ragazzo tornò  dopo una manciata di minuti con il ghiaccio avvolto in un asciugamano turchino – Ecco qua!- esclamò soddisfatto posizionandolo sopra la caviglia stesa – Ora però smettila di frignare, il male ora dovrebbe passare- brontolò notando gli occhi lucidi e arrossati contornati da sottili ciglia zuppe d’acqua.

-Non piango di dolore, ma di umiliazione – dichiarò annientata, consapevole dell’inutilità di fingere -Sapessi come mi vergogno!- sbottò coprendosi il volto con un cuscino del divano mentre lottava con se stessa per tenere a bada le ondate di nauseante frustrazione che le pungevano gli occhi suo malgrado.

-E di che?- chiese lui totalmente disarmato di fronte a quella tenera ed inattesa vulnerabilità - Non sei abituata a portare  i tacchi alti, non dovevi azzardarti a far le scale senza prima aver fatto qualche prova in camera- cercò di consolarla inginocchiandosi vicino al cuscino sotto il quale era nascosto il volto sofferente di Shay.

-Ma io l'ho fatto ed andava tutto bene mi sentivo sicura- replicò cocciuta non accennando ad uscire da quel puerile nascondiglio.

-Troppo sicura e questo ti è stato fatale, sciocca bambina, potevi spezzarti l’osso del collo- la rimproverò bonariamente mollandole un colpetto sul cuscino con il palmo della mano aperto, ottenendo come risposta un mugugno lamentoso – Dai esci di lì, struzzo –


Lei ubbidì meccanicamente a quell’ordine e abbassò di scatto il cuscino, inconsapevole che il volto di Mark fosse proprio a pochi centimetri dal suo. Shay sbarrò gli occhi incredula, trattenendo il respiro incapace di formulare un pensiero coerente. Si tuffò rapita nelle iridi scurissime di lui nonostante la vergogna e l’imbarazzo le facessero desiderare di abbassare lo sguardo. Mark, altrettanto disorientato, spiazzato da quest’altra inaspettata vicinanza, rimase immobile, in ascolto del suo corpo che, per la seconda volta quella sera, sfuggiva la suo controllo. Le iridi azzurre di Shay, dilatate e rese traslucide dal recente pianto, erano per lui come una potente calamita e, nonostante una vocina nella sua testa gli dicesse si non farlo, non poté impedirsi di seguire con lo sguardo l’ennesima goccia che fuoriusciva da quelle pozze azzurre e scendeva piano piano lungo la linea morbida dello zigomo, disegnando una lunga scia umida e finendo la sua breve esistenza nell’angolo rosato della bocca. Focalizzò inerte la bocca  della ragazza dischiudersi sotto il suo sguardo. L’invito era esplicito ma era certo che Shay non ne fosse consapevole. Neppure ore dopo riuscì a spiegare a se stesso la forza di quell’impulso che lo fece osare tanto, fatto sta che non vi era stato modo di resistere e, ancor prima di realizzare cosa stesse succedendo, si era chinato quel poco che bastava per annientare il breve spazio tra loro. La sua bocca calda ed esigente si posò sopra quell’angolo tentatore, aspirando la goccia di lacrima salata colpevole di averlo condotto alla perdizione. Shay dischiuse ancor più le labbra e si girò verso di lui offrendogli la via per un contatto più profondo e soddisfacente ma quel leggero movimento fu sufficiente per scuotere Mark dallo smarrimento in cui era precipitato.

Come se la pelle di Shay fosse diventata improvvisamente ripugnate, il ragazzo fece un balzo all’indietro passandosi rabbiosamente il dorso della mano sulla bocca come se volesse pulirla da chissà quale sozzeria.  Lei si sollevò su un gomito fissandolo incredula.

– Non so che diavolo sia successo ma dimenticalo, capito?- era uno sguardo di puro disgusto quello che lui le rivolse e questo la ferì mortalmente inconsapevole che quel disgusto il ragazzo non lo stava rivolgendo a lei ma a se stesso.

Era arrabbiato perché non riusciva a fare a meno di  rilevare le labbra ancora aperte, il vestito scivolato di lato che lasciava fuoriuscire buona parte del seno sinistro, lo sguardo languido e tentatore…

-Ma io… balbettò lei sempre più confusa con il volto in fiamme di fronte a quegli occhi di puro fuoco – Io non…-

-Capito? Ascoltami bene Shay- ordinò sempre più duro e tagliente - Questa è la prima vera famiglia che i miei fratelli sperimentano, la prima volta che vedo mia madre serena …- spiegò agitando affannosamente le mani davanti a sé come se volesse spazzare via qualsiasi cosa che avevano condiviso lui e la sorella, persino l’aria -Non li ho mai visti così felici e non ho intenzione di rovinare tutto perché tu hai bisogno di fare un po’ d’esperienza con l’altro sesso. Non credo che ad Ed la tua inesperienza dia tanto fastidio e non credo sarà avaro di insegnamenti, quindi vai da lui ad impratichirti e non osare più tentarmi. Io sono tuo fratello per la legge, mettitelo in testa!- buttò fuori tutto d’un fiato, passandosi entrambe le mani tra i lunghi capelli corvini.

-Aspetta un attimo!- tentò di prendere tempo nell’affannoso tentativo di capire il senso di quello accuse – Io non ….ma …. Dove vai?- chiese in preda alla più totale confusione ma già animata dall’ira del suo orgoglio ferito – Dove vai! Idiota di un Bestione non mi puoi lasciare così!- urlò sopraffatta dalla furia cieca che aveva sostituito lo smarrimento nell’attimo in cui aveva realizzato che Mark se ne stava andando – Non mi puoi accusare… e vieni qui!- ordinò osservando allibita il pannello scuro della porta attraverso cui era scomparso il ragazzo – Sei un vigliacco! Bastardo vigliacco!- gli urlò dietro, fuori di sé per l’umiliazione scagliando il cuscino che aveva causato tutta quella confusione contro la porta chiusa.

Che sciocca era stata a scambiare quelle di prima per lacrime di umiliazione, non erano proprio niente in confronto alle ardenti braci che ora le bruciavano gli occhi, il volto, il cuore. Ma come era potuto accadere? Cosa era accaduto? Così all’improvviso, così in fretta…

  
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