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Autore: La_Birba    03/12/2015    0 recensioni
“Il magico mondo di Cremson”, era l'unica giocheria nella piccola cittadina di Armen. Era gestita dal signor Cremson, un uomo sulla sessantina con grossi baffi grigi. Non era mai stato sposato e non aveva neppure dei figli al quale poter lasciare il suo piccolo negozietto...
...Venivano persone un po' da tutta la provincia solo per i suoi giocattoli. Si dicevano fossero i migliori del mondo. Avevano una gran fama, soprattutto per un piccolo dettaglio. Ogni singolo giocattolo, a partire dai semplici soldatini fino ad arrivare alle bambole più complesse, erano completamente fatti a mano.
Quel vecchietto un po' ingobbito trascorreva giornate e nottate a creare giocattoli. C'erano delle piccole leggende sui suoi giocattoli, si diceva fossero magici. O meglio i bambini lo dicevano, gli adulti ovviamente pensavano fossero solo sciocchezze.
Tratto dal primo capitolo... è una storia particolare parlerà di un ragazzo, uno studente come tanti e..di una bambolina..non ci sarà alcuna storia d'amore tra loro due semplice amicizia..ma entrambi si innamoreranno di qualcuno simile a loro. è storia d'amore e di amicizia, un'amicizia un po' surreale :)
spero di avervi incuriosito se vi va' passate e magari lasciate un piccolo commento ;)
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 1

 

 

Josephine Bencket era una giovane studentessa universitaria di ventuno anni, stava ancora sognando mondi lontani, stelle e alieni quando alle 7.13 suonò la terribile sveglia. Subito si girò dall'altra parte sperando che smettesse di suonare da sola. Mise poi la testa sotto al cuscino cercando di dormire ancora un po'. Rassegnata e ormai sveglia si alzò e andò a spegnere quel terribile marchingegno inventato dal diavolo. L'aveva appoggiata sul comò lontano dal letto per obbligarsi ad alzarsi per spegnerla. Prima, quando era posizionata sul comodino, molte volte, anzi troppe, l'aveva spenta per poi rigirarsi dall'altra parte e dormire evitando l'università.

Era maggio e lei viveva in un minuscolo appartamento nel centro di Armen, faceva piuttosto caldo e lei si ritrovava a dormire con una maglia della squadra di hockey di suo fratello maggiore. Era enorme e le arriva fino a mezza coscia. Si stiracchiò, andò in bagno. I lunghi capelli biondi sembravano aver preso vita propria durante la notte, sfidavano le forze di gravità. Si diede una rapida spazzolata, inforcò poi gli occhiali spessi come fondi di bottiglia e si vestì. Non era una ragazza che curava troppo l'aspetto esteriore, se no avrebbe seguito il consiglio di sua madre di iniziare a mettere le lenti a contatto. L'unica volta che ci aveva provato le aveva perse in breve tempo, quell'esperienza le era bastata. Anne Bencket l'avrebbe voluta diversa, più truccata, con tacchi e minigonne in ogni occasione. Lei invece era più semplice, non amava i cosmetici che le impiastricciavano la pelle. Amava il profumo dei libri, la tranquillità delle biblioteche, preferiva una felpa a un vestito. La sua grande passione erano le stelle, sarebbe voluta andare in quell'immensità che ogni sera osservava dalla finestra. Era la classica tipa che le persone non notano mai. Si ritrovava a fissare il ragazzo che le piaceva da distante. Non si reputava all'altezza, aveva provato così tante volte a confessargli i suoi sentimenti ma ogni volta la sua voce le moriva in gola. Tranne le solite stupide frasi di convenienza non aveva mai fatto un discorso vero con Mattwe Ringer.

Josephine, alle 7.32 attraversava tutto il paesino di Armen solo per prendere il pullman alla fermata in cui saliva anche Mattwe. Si era ormai rassegnata al fatto di poter diventare la sua ragazza o anche una sua qualsiasi amica, quindi si era accontentata di stare quei dieci minuti sul pullman in sua compagnia. Spesso si ritrovava ad osservarlo dietro a quelle spesse lenti, amava i suoi riccioli troppo lunghi. Amava il modo in cui si passava la mano tra quei capelli selvaggi per mettersi all'indietro. Arrivò alla fermata nello stesso momento del ragazzo. Lui si stiracchiò ancora assonato, come sempre aveva portato Noè a fare una passeggiata prima di prepararsi per la scuola. Sbadigliò rumorosamente, quelle ultime lezioni lo stavano uccidendo. Si sedette in modo scomposto sulla panchina della fermata. Quella mattina nel suo zaino c'era “un'ospite”, la bambolina aveva fatto la matta per andare a scuola con lui. Aveva detto che non voleva stare in casa da sola con uno “stupido giocattolo inanimato”, come se anche lei non fosse un giocattolo. Si era imputata ed aveva fatto i capricci strillando. Il ragazzo aveva dovuto dargliela vinta per farla tacere, non aveva la forza di discutere di prima mattina. Una ragazza gli si sedette di fianco, in modo composto e con la borsa regolarmente posata sulle ginocchia, salutò la bionda con un sorriso.

“Com'è andato il week end Josephine?”

Lei brevemente rispose con un “Bene e tu?”.

“Solite cose, è venuta mia madre, mio fratello si è scordato un giocattolo da me, poi sarei io quello con la testa fra le stelle” le strizzò l'occhio. Lei sorrise alla battuta.

Parlarono poi del più e del meno, in attesa del pullman che sembrava essere in ritardo. Dopo quasi dieci minuti, si degnò di arrivare. Si sedettero vicino come ogni giorno, lei si tartassava le mani dal nervosismo, come ogni volta. Lui non si era mai reso conto di nulla, aveva avuto qualche mezza relazione ma mai nulla di troppo serio. Josephine la reputava una bella ragazza, gli piaceva la sua compagnia, ci avrebbe anche provato se avesse capito la sua cotta. Era una ragazza che non lasciava mai trapelare troppe emozioni, quindi per ricevere un due di picche preferiva non rischiare. Era piuttosto svogliato su certe cose. Arrivati all'università si separarono, lui andò insieme al suo gruppo di amici, la ragazza non riusciva proprio a capire cosa ci trovasse in un branco di idioti, ma in fondo la mente maschile è un immenso mistero per le donne. Lei era l'impersonificazione della classica secchiona e come da copione era rigorosamente seduta in prima fila, con quaderni, libri, matite e penne in perfetto ordine sul suo banco. Mattwe era in mezzo alla classe con vari fogli svolazzanti di ogni materia, ogni giorno si ripeteva che avrebbe dovuto mettere un po' di sano ordine, ogni giorno se ne dimenticava. Durante le varie spiegazioni una vocetta giunse alle sue orecchie, “Ma che noia!”. La bambolina nella borsa! Se n'era completamente dimenticato. Sospirò tirando su gli occhi, sperò che nessuno l'avesse sentita e la ignorò continuando ad ascoltare la lezione. La piccola dal canto suo non ne poteva più di stare chiusa in uno zaino che puzzava di formaggio. Aprì e sbirciò, non vide altro che piedi e gambe di tavoli. Il mondo era proprio noioso, uscì da quel postaccio, si guardò un po' intorno. Il mondo era proprio strano. Non aveva visto molte persone da quando era stata creata, ma era certa che Mattwe fosse il più carino tra tutti quei tizi. Quel Mr Big se solo si fosse svegliato sarebbe però stato molto più carino del ragazzo. Aveva provato più e più volte ma non si era proprio rianimato. Era stata così triste, non sapeva proprio spiegarsi il perchè. Dopo un breve giro ritornò in quel maleodorante zaino.

La mattina passò tranquilla, purtroppo sarebbe dovuto rimanere in facoltà fino al pomeriggio. Durante la pausa pranzo Mattwe andò nel giardino vicino a mangiarsi il suo panino, avrebbe tirato fuori un po' la piccola bambola inconsapevole del fatto che si era già fatta un giro senza il suo permesso. Non voleva essere preso per pazzo, quindi andò in una panchina nascosta da due grossi alberi.

“Lì dentro c'è una puzza che potrei quasi morire! Questo posto è davvero troppo noioso! Perchè ci vieni? Ah perchè ho deciso di venire qui? Perchè non sono stata trovata da una bella e brava bambina? A quest'ora starei giocando a qualcosa di bello e di divertente!!” Era arrabbiata, aveva camminato avanti e indietro sulla panchina gesticolando. A volte sembrava una vera donna solo in miniatura. Lui provò a calmarla e a scusarsi ma nulla sembrò servire, era davvero una furia!

“Mattwe che ci fai qui?”

Josephine spuntò da dietro l'albero un po' titubante, in genere lei andava sempre a passare la pausa pranzo in quel posto. Non aveva molti amici e quello era l'unico punto tranquillo in cui poteva rilassarsi e riordinarsi gli appunti. Si era stupita nel vederci Mattwe, si era fatta coraggio ed era andata lo stesso a parlargli. Non aveva nulla da perdere infondo, anzi avrebbe passato ancora un po' di tempo con lui. Il ragazzo dal canto suo fu preso alla sprovvista e per un attimo fu preso dal panico, la bambolina stava parlando e camminando, come avrebbe potuto spiegarle qualcosa che non sapeva neppure lui? Non riuscì a rispondere, invece la bambolina si immobilizzò così com'era, con le mani in alto e un'espressione furente. La ragazza notò in un secondo momento la bambolina, era perfettamente in piedi. Si sedette cercando di sembrare il più possibile tranquilla, prese in mano la bambolina. Era davvero bella se non fosse stato per quell'assurda espressione in volto; sembrava furiosa. Mattwe si tirò indietro i capelli sperando che non avesse visto nulla.

“L'ho trovata per terra un paio di giorni fa, è stata fatta dal signor Cremson”.

Sentendo quella frase lei fece un sussulto, poco tempo prima aveva comprato anche lei un giocattolo in quel negozio; un pilota per l'esattezza. L'avrebbe voluto regalare al cuginetto per il suo compleanno, ma purtroppo essendosi trasferito lontano non era riuscita a darglielo. Con ancora in mano la bambola disse “Ti andrebbe di venire da me più tardi?”. Deglutì dopo aver detto tale frase, le era costata molta fatica. Il ragazzo un po' stupito per quell'invito, forse fuori argomento, si trovò impreparato e semplicemente disse “Ok”. Lei strinse di più la bambolina immersa nei suoi pensieri.

 

Alle 16.23 scesero dalla fermata sotto casa di Josephine.

“Se abiti qui perchè mai vieni alla fermata sotto casa mia?”

Lei arrossì, era stata colta impreparata a quella domanda. Non avendo pronta una buona bugia istantanea rimase un po' in silenzio sperando che si dimenticasse la domanda, non poteva di certo dirgli la verità. Provò mentalmente a inventarsi una storia credibile ma aveva il cervello in tilt e non le veniva in mente nulla. Salirono le scale in silenzio, lui non fece altre domande. Entrarono nella piccola casetta di lei, era perfettamente in ordine. Profumava di lavanda e di bucato. Posò la sua borsa sul tavolo e disse a Mattwe di fare lo stesso. Prese poi la bambolina che prima si era infilata in borsa e la portò in camera facendo cenno a Mattwe di aspettarla lì. Sul comodino c'era un pilota in tuta verde con il casco appoggiato vicino ai suoi piedi. Aveva gli occhi grigi e i capelli neri, un sorriso bianco e smagliante. La ragazza appoggiò la bambolina dinanzi a lui e poi si allontanò ritornando in cucina, dove aveva lasciato il suo compagno. Dopo ciò, prese un grosso respiro e gli offrì del te freddo alla pesca. Rimasero seduti a sorseggiare. Lui all'inizio le aveva fatto i complimenti per la casetta, si vedeva che ci abitava una ragazza al contrario della sua. Dopo pochi minuti lei lo zittì e andò a sbirciare in camera cosa stava succedendo, lui la imitò non capendo il suo comportamento.

Quando la bambolina era stata appoggiata sul comodino, si era poi subito alzata vedendo un bel ragazzo della sua misura. Sperò di non avere la stessa delusione che aveva provato per Mr Big. Gli aveva passato la mano difronte agli occhi per vedere se era sveglio.

“Signorina è un onore per me incontrarla! Mi presento mi chiamo Rich Forwaq”. Lei non sapeva che fare, un ragazzo della sua misura era vivo, bello e gentile. Gli sorrise e gli fece un inchino. “Ehm..salve, io..io non ho un nome. Non me l'hanno ancora dato. Comunque piacere di conoscerti”. Iniziarono a chiacchierare, lei era al settimo cielo. Lui raccontò delle sue corse e della sua macchina. Gliela mostrò, era sul comò ed era l'ultimo modello di macchina volante da corsa.

Ignari di essere osservati lui le spiegava della sua macchina e di tutte i suoi fantastici optional.

“Sono felice di non essere l'unica pazza con un giocattolo vivente in casa”. Sussurrò Josephine. Mattwe era rimasto basito, per lui era già strano una bambolina parlante, sapere che anche altri giocattoli lo facevano era destabilizzante per la sua mente. “Lui non fa altro che parlare di quella macchina e delle sue corse. Ogni tanto si mette in macchina e fa finta di gareggiare. La tua fa stranezze simili?”

“La mia è tutta strana, non fa altro che lamentarsi e giocare”. Poco dopo arrivò la bambolina, guardò Josephine e le fece un inchino, poi andò dal ragazzo e gli strattonò i pantaloni per farsi prendere in mano. La posò poi sul tavolo.

“Devi darmi un nome! Quando mi presenti a dei galantuomini non posso dire che non so come mi chiamo!” La ragazza sorrise, vedendo la bambolina lamentarsi. Mattwe si grattò la testa e si mise i capelli indietro. Non era mai stato bravo con i nomi, il povero Noè si era dovuto tenere quel brutto nome che gli aveva dato il vecchietto prima di regalarglielo. Non aveva mai avuto fantasia per certe cose.

“I tuoi capelli sono più viola che blu, inoltre anche sul tuo vestito ci sono diversi fiori lilla. Potresti chiamarti Laily, se ti piace”.

La bambolina si illuminò, era perfetto per lei quel nome. Laily, Laily se lo continuava a ripetere mentalmente. Saltellò e poi andò ad abbracciare la mano di Josephine. “Sì, sei fantastica! Grazie è perfetto! Mi piace!”

Si fece mettere a terra e andò dal suo principe azzurro o meglio verde. Quella giornata era iniziata male ma si stava andando a concludere nei migliori dei modi!







******tadannnnn :D ecco il secondo capitolo :) spero vi sia piaciuto :) non penso che sarà molto lunga questa storia :) però mi sto divertendo un mondo a scriverla :) spero vi piaccia anche a voi leggerla ;) bhe un grazie a tutti :) un bacio alla prossima ;)

  
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