Fukigen finì di raccattare
tutto il sale che aveva sparso in
giro per evitare che la sventura si accanisse su di lui. Era buffo come
un
ragazzo così giovane (avrà avuto una trentina
d’anni) avesse atteggiamenti e
credenze che, spesso, si possono invece ricollegare a persone
più anziane… ma
alla fine questo era proprio ciò che lo rendeva un tipo
particolare. A
proposito di individui singolari, Iro se n’era andato poco
prima, lasciando
nell’aria una certa tensione e, nella testa di Syu, un tarlo
che continuava a
farlo pensare e preoccupare più del necessario.
Il cuoco, che pareva avere un certo sesto senso verso le
difficoltà altrui, si
avvicinò di nuovo a lui dicendo:
“Allora… ti hanno spiegato cosa dovrai fare
ora…?”
Sorrise sperando di rassicurarlo un po’.
“In verità no… non so nemmeno
perché sono qui e come ci sono finito… Non ho
idea di dove sono diretto, né con chi… non so
nulla di nulla…” rispose l’altro
laconico.
“Ti spiego tutto io. In realtà non so esattamente
quale sia il vostro piano, ma
credo di poterlo intuire… Domani dovrete partire alla volta
della città dove
abita il dottor Irezumi…”
“Cosa, cosa, COSA?!? Hai detto
dottore???
Perché dovrei farmi visitare?!?”
Gli occhi gli si erano sbarrati e il tono di voce si era alzato
improvvisamente.
Era evidentemente agitato fino al midollo.
“Non è una visita piccino…
E’… insomma… andare via di qui non
sarà così
immediato come speri… quindi sarebbe meglio salvaguardarti
per tutto il tempo
che trascorrerai qui…”
“E…?”
Non gli piaceva che lasciasse il discorso cosi in sospeso. Era indice
che la
cosa non prometteva nulla di buono.
“…bisogna farti il tatuaggio.”
COSA?????
E di nuovo.
Ma in fin dei conti questa volta era piuttosto giustificato,
cioè… cosa
credevano di poter fare, sequestrarlo, fargli il lavaggio del cervello
e poi
riempirlo di segni indelebili come un chissà quale
criminale???
“State scherzando vero? Dev’essere davvero uno
scherzo ahahah!!!” rise nervoso
tenendo alta la voce per sottolineare il suo disagio.
“Purtroppo no… non so se te l’hanno
già anticipato, ma gli umani non sono molto
ben visti dalla maggior parte della popolazione
qui…”
Il tono sconsolato di Fukigen e le sue parole poco rassicuranti fecero
interrompere la sua risata, mentre un flash attraversò
d’improvviso la sua
mente.
“Centra forse il… Kengah…?”
domandò
esitante. Non era sicuro né di averlo pronunciato nel modo
giusto, né di
ricordarsi correttamente il nome in sé.
Inoltre probabilmente non voleva nemmeno esserne al corrente.
Le premesse non erano state delle più rosee, quindi una
spiegazione più estesa
non poteva avere di certo una sviluppo positivo.
“Sì. Come fai a saperlo, ragazzo?”
Syu rivolse lo sguardo verso la porta in cui era entrato Iro poco
prima, e da cui
ancora non era uscito.
“L’ho sentito…”
“E sai anche di cosa si tratta?” il cuoco si fece
più serio di quel che già
era.
L’altro scosse la testa. Ancora una volta aveva bisogno di
chiarimenti. E si
rese conto che probabilmente molte altre volte sarebbe stato necessario
averne
da lì in avanti…
“Vediamo da dove posso cominciare… il
Kengah è un’organizzazione non
governativa… una sorta di forza bellica del
paese. Teoricamente si occupa solo di addestrare militari, ma nella
pratica è l’unica
istituzione ad avere una certa importanza collettiva qui ad
Antithesis… Spesso,
quindi, le decisioni che vengono prese lì si riflettono poi
sul benessere di
tutta la popolazione. Credo che tu sia già al corrente di
come avviene il
nostro passaggio sulla Terra,
vero?”
“La cosa della conferma
dell’antitesi?”
“Esatto. Il punto è che, con l’andare
del tempo, sempre più antithesiniani sono
dovuti passare da voi, perché l’uomo sta
progredendo ad una velocità
spaventosa. Non eravamo abituati a tutto ciò…
già dover vedere partire i propri
cari così, senza preavviso, era doloroso… ora si
è anche accorciato il tempo
che loro stessi trascorrono qui. Il malcontento è iniziato a
crescere tra gli
antithesiniani che sostengono, in maggioranza, che sia necessario fare
una
crociata contro gli umani per bloccare questa specie di genocidio. E
per questo
la popolazione si affida al Kengah, la forza militare che prepara i
soldati ad
una futura spedizione di rivalsa…”
Syu lo stava ascoltando con attenzione. “Era davvero
possibile tutto questo?”
si ritrovò a chiedersi di nuovo. In ogni caso,
più continuava ad ascoltarlo,
più i brividi incominciavano a percorrergli la schiena. Che
fosse vero o no,
non importava. Voleva andarsene di lì il prima possibile,
senza guardare in
faccia a nessuno. Non poteva permettersi di rimanere bloccato in quel
luogo, né
di rimetterci le penne.
Un’irrefrenabile voglia di partire lo assalì.
Doveva.
Andarsene.
Subito.
“E’ meglio che io vada a cercare Yoku. Dobbiamo
prepararci e...” iniziò Syu
deciso, con i pugni stretti e gli occhi lucidi.
“Ehi ehi calma giovane, dove pensi di andare così
di fretta? Partirete domani
mattina, stasera è meglio che riposiate…
specialmente tu.” concluse Fukigen,
socchiudendo gli occhi e sorridendogli.
“Ma io…!!”
“Stai qui e calmati. Mmmmh… possiamo fare insieme
una cosa che può farti
rilassare un po’! Mi dispiace averti scosso a tal
punto… Ma lascia fare a me!”
E così mise la mano sotto il grosso kimono per cercare
qualcosa, nello stesso
modo ridicolo in cui aveva estratto la bottiglia non molto tempo prima.
Questa
volta, però, estrasse una piccola scatola legata con un
elastico rosso, e la
poggiò sul tavolo.
“Cos’è?” fece Syu mentre la
osservava incuriosito. Ormai aveva imparato ad
aprire la mente a qualsiasi cosa, anche la più strana ed
improbabile.
“Le mie carte!” rispose l’altro levando
elastico e coperchio al contenitore
logoro e vecchio “Sono tipo mmmmh… come li
chiamate voi…? Ah! Tarocchi! Ti
leggerò i tarocchi prima del tuo viaggio!”
“Oh. Ok…”
Syu era troppo razionale per credere a quella roba. Era nella sua
natura dover
dare necessariamente una spiegazione logica alle cose…
Però va beh… ne stava
vedendo talmente tante di cose strane, che quello sarebbe stato il
minimo.
“Vediamo vediamo..! Ora chiederò cosa ti
riserverà il tuo viaggio!”
Mischiò le carte per qualche secondo, prima di appoggiarne
sul tavolo quattro
in fila orizzontale, tutte coperte.
Voltò la prima.
Su di essa era disegnato un piccolo cucciolo di cane che rincorreva una
farfalla nella prateria.
“Ooooh… Mmmmh…” il cuoco
analizzò la carta attentamente.
“Che carta è questa…?”
domandò Syu incuriosito. Questa volta non era
intimorito, d’altronde pareva un’immagine del tutto
pacifica…
“LE FAUCI.”
“Eh..??”
“Le fauci! Le vedi…? Quelle del cagnolino! In
questo caso… indicano un pericolo
particolarmente sanguinario che ti inseguirà per tutta la
durata della tua
spedizione… Tu sei questa farfallina qui vedi? Guarda sta
proprio per
papparsela quel cucciolotto!” disse Fukigen quasi gioioso
nell’indicargli tale
presunta atrovità.
“S..sei serio..?”
“Le carte parlano! E sono sempre veritiere! Ma vedrai
andrà tutto bene! Finora
niente di grave!!”
Niente di grave, dice…
“Controlliamo la prossima!” fece voltando
la successiva.
Questa volta rappresentava una tramonto su una spiaggia, dai colori
aranciati
ed il mare piatto e calmo.
“Aaaah mi piace moltissimo questa carta! Mi ricorda tanto la
mia cultura!”
“Presumo perché i giapponesi sono persone
tranquille…”
“TSUNAMI: indica la calma prima della tempesta. Ti sta
consigliando di fare
sonni tranquilli stanotte che ne avrai bisogno!” fece sempre
sorridendo.
“N..ngh non so se voglio andare avanti con queste
cavolate…” constatò Syu che,
nonostante tutto, un po’ di tremarella l’aveva
eccome.
“Ehi ehi non mettere in dubbio il potere delle carte!!
Potrebbe rivoltartisi
contro!!”
“Tanto peggio di così…” fece
roteando gli occhi.
“Ecco!! E’ uscito L’OFFESO. Le carte se
la sono presa!” lo rimproverò mostrando
il tarocco che rappresentava un mazzo di carte buttate casualmente su
un
tavolo.
“Ma non possono offendersi!! Sono solo delle stupide
car…!!”
Ma Fukigen non lo stava a sentire.
Si era improvvisamente zittito.
Stava osservando con attenzione l’ultima carta che aveva
voltato.
“Mh…? Che succede?” chiese il ragazzo
avvicinandosi al cuoco.
Riuscì così a scorgere l’ultimo dei
quattro tarocchi che stavano analizzando…
era completamente NERO.
Nessuna figura lo riempiva, nulla che potesse essere interpretato in
qualche
maniera improbabile, com’era successo finora.
“E questa che significa…?”
Fukigen si voltò a guardarlo.
“Questo…” fece una pausa e
sospirò.
“Questo significa morte.”