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Autore: Jenny Ramone    06/12/2015    5 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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“Armand ti ha cercata ancora? Gliel’hai fatta pagare vero Irène?”-Wiliam non riusciva a trattenere la curiosità e mi guardava come se aspettasse una rivelazione divina.
Assunsi un’aria misteriosa:” Mah, tu cosa dici?-domandai.
Armand ha avuto quello che gli spettava, devi solo avere pazienza.
Però adesso torniamo alla nostra storia, non divaghiamo.
Marion si riprese in qualche giorno, per fortuna non era così grave però ci eravamo spaventate, ci eravamo davvero spaventate tutte quante.
Solo nel momento in cui era entrata in casa tutta sanguinante ci eravamo davvero rese conto di quanto fosse pericoloso quello che avevamo deciso di fare, una di noi stava per lasciarci.
Una sera mentre eravamo nella nostra sede,durante uno dei rari momenti in cui non avevamo nessuno che richiedesse il nostro aiuto, ci raccontò quello che le era successo alla Bastiglia.
Non ne aveva più voluto parlare e credevamo non l’avrebbe fatto.
Ci disse che era stata ferita da un proiettile sparato dall’interno della fortezza e che un gruppo di soldati aveva approfittato della confusione per prenderla prigioniera dopo lo scontro e interrogarla, cercando di capire se facesse parte di coloro che avevano organizzato l’attacco: lei aveva continuato a sostenere che fosse stato il popolo stesso a decidere di buttare giù la Bastiglia, come in realtà era successo, ma loro non volevano crederle.
Alla fine era riuscita a convincerli che si era trovata tra la folla quasi per caso e si era lasciata trascinare dagli eventi, si era finta una povera ingenua e ignorante, molto più di quanto lo fosse in realtà, e loro avevano deciso di lasciarla libera perché non avrebbero potuto ricavare nessuna informazione utile: era stata la sua salvezza.
Aggiunse che a lei non importava quell’esperienza: “Sono contenta di aver combattuto per la libertà,sono pronta a correre altri rischi se serve,accanto a voi, nulla può fermarmi!”-proclamò.
I mesi passarono: andammo avanti con la nostra vita di sempre, ogni giorno più povere, a parte Edith e Julie che con la vendita delle coccarde guadagnavano un po’ di più del solito.
Ogni giorno eravamo  più motivate finchè accadde un fatto che fu davvero provvidenziale.
Quando ormai non avevano più denaro, non so dirti se fu un segno del Cielo o fu quello che in seguito avremmo chiamato Essere Supremo.
Ti ricordi la signora per cui a volte lavavo?
Era una anziana vedova, suo marito era stato un appartenente alla borghesia più ricca però era morto giovane e lei non si era più risposata anche se più di uno aveva chiesto la sua mano.
Era sola al mondo: non aveva che me e un paio di cameriere.
Io nonostante fossi solo una lavandaia ero la più fidata e spesso quando riportavo i panni mi chiedeva di tenerle compagnia.
Ormai erano anni che lavoravo per lei quindi si era affezionata, diceva che le cameriere nonostante trascorressero più tempo con lei fossero solo delle pettegole.
Un giorno mi fece chiamare e mi disse che aveva preso un’importante decisione: mi consegnò un pacchetto contenente delle monete d’oro e mi disse che essendo ormai vecchia e conoscendo la situazione difficile in cui vivevo, sapendo che avevo un bambino piccolo e che un mio grande desiderio sarebbe stato sposarmi con Jean però non avevamo denaro, aveva pensato di consegnarmi in anticipo la mia eredità.
Rimasi davvero con un palmo di naso.
A me un’eredità?
Denaro? A una semplice lavandaia? Non ci potevo credere.
La ringraziai, le dissi che non la meritavo, che non la volevo ma lei fu irremovibile.
Nascosi il denaro nella tasca del grembiule e tornai a casa cantando a squarciagola, felice come non mai.
Decisi che avrei diviso il denaro in modo equo: non potevo sopportare l’idea di diventare ricca tutto d’un colpo e lasciare le mie amiche nella miseria più nera, tanto più che sarebbe stato pericoloso se fosse successo perché la mia improvvisa ricchezza avrebbe destato dei sospetti tra gli abitanti di Montmartre e, sai,  il popolo parla per dar aria ai denti.
 Per cui le chiamai tutte a casa mia e dividemmo il denaro in parti uguali, riservandone una parte per aiutare le donne.
Non volevo essere egoista e utilizzarlo tutto per il mio matrimonio: ero fidanzata con Jean da cinque anni, un anno in più o un anno in meno non avrebbero fatto la differenza, ormai avevo perso la fiducia nel fatto che sarebbe mai diventato mio marito.
Pensai che evidentemente non era destino che ci sposassimo.
Il denaro della ricca signora però in breve tempo finì, almeno quello che avevo dato alle mie amiche, io ero più previdente e ne avevo conservato un po’ che utilizzavo con grande attenzione.
“ Cittadina ma insomma… tornare a casa con tutto quel denaro e non voler nemmeno utilizzarlo per te e per quello che avevi bisogno… com’è possibile che tu sia ancora qui e che Jean non ti abbia fatto pentire della tua decisione?”.
“ Beh… diciamo che a Jean non ho detto tutta la verità.
Gli ho mostrato solo la mia metà del denaro che comunque restava una bella somma, senza soffermarmi sul fatto che una parte era stata spesa e un’altra divisa.
Dettagli William, dettagli.
A lui venne quasi un infarto quando vide il denaro rimasto, figurati se avesse contato l’intera somma.
Comunque ti starai chiedendo che fine avesse fatta Armand, vero?”.
William annuì:” Stavo per domandartelo però mi hai detto di non chiederti nulla e non mi osavo…”.
“Fai bene.
Armand continuò a scrivermi lettere intimidatorie, lasciandole sotto la porta della mia vicina di casa, senza mai farsi vedere in volto, il vigliacco.
Non le lasciava a casa mia perché aveva paura che potessero essere intercettate da un suo potenziale “successore” che se la sarebbe presa.
Armand Delacroix si è sempre distinto per perfidia ma mai per coraggio.
Un essere viscido, un uomo  non uomo, un po’ come Robespierre.
In ogni lettera chiedeva la stessa cosa: potermi vedere per parlarmi a quattr’occhi”.
Io non gli rispondevo oppure gli rispondevo con brutte parole, dicendogli di lasciarmi in pace.
Fu allora che commisi il primo errore, il primo di una lunga serie che non mi sarei perdonata.
In una delle lettere di risposta lo minacciai: “ Se non mi lasci stare te la dovrai vedere”…-scusami Willian, non dovrei commuovermi però non sono ricordi belli da rievocare” Te la dovrai vedere con il mio uomo”.
Glielo scrissi.
Da allora cominciò l’Inferno.
Credevo che lo avrei spaventato ma il mio piano sortì solo in parte l’effetto desiderato, in parte mi si rivoltò contro.
Per un periodo non mi scrisse più ma sarebbe tornato, peggio di prima.
Ad agosto venne proclamata la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.
Mi ricordo ancora quel giorno: era il 26 Agosto 1789.
Ero riuscita a procurarmene una copia e l’avevo letta ai miei amici, seduti attorno al tavolo di casa mia, trepidanti.
Eravamo tutti emozionati per quello che era contenuto in quella dichiarazione.
 “I rappresentanti del popolo francese costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo… Di conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino " :
Volevo andare oltre i primi due articoli ma dopo che ebbi letto queste parole:
Art. 1 – "Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti.
 Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune" .

Art. 2 – "Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo.
Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione".

Mi dovetti fermare perché successe un fatto inaspettato.
Jean si alzò in piedi, tirò fuori dalla tasca una scatolina e si inginocchiò davanti a me, con una solennità di cui non lo credevo capace.
Sgranai gli occhi: all’interno della scatola era contenuto questo anello, guarda"-sorrisi, mostrando la mano sinistra con all'anulare un sottile anello d’oro.
Non volevo immaginare quanta fatica, quanto lavoro e quanti sacrifici dovesse essere costato a Jean quell’anello.
Adesso capivo perché da un po’ di tempo tornava a casa più tardi del solito: rimaneva alla fonderia oltre il proprio turno; il padrone che ormai lo conosceva da anni, essendo stato con Étienne il suo primo operaio dato che la fonderia era stata aperta quando loro erano solo dei ragazzi che inizialmente facevano i garzoni, probabilmente aveva accettato che Jean prolungasse il turno in modo da poterlo pagare di più così che potesse pian piano mettere via il denaro per compararmi quell’anello e poi sicuramente aveva arrotondato con vari lavori da carpenteria, spesso lo faceva..
Con la voce rotta per l’emozione mi disse:

“Irène, quello che hai appena letto mi ha aperto gli occhi e ho realizzato che da questo momento sono davvero un cittadino libero e ho il diritto di vivere la mia vita senza più oppressione e catene.
So bene di essere molto povero, di non avere una grande cultura come quella che hai tu, so che tu meriteresti il più bello dei palazzi e io non posso offrirti altro che una misera mansarda, che meriteresti un bell’anello di brillanti ma io non mi sono potuto permettere che questo con grande fatica.
Però io ti amo Irène.
Mi sono innamorato di te il giorno in cui ti ho visto tutta sola in quel Cafè.
Eri una ragazzina disperata, persa in una grande città, però ho capito da subito che eri una persona unica.
Oggi che finalmente forse potrò offrirti una vita felice, ho deciso di chiedertelo, Cittadina Irène Fournier, mi faresti l’onore di diventare mia moglie?”.


Non riuscivo a credere alle mie orecchie: ci fu un attimo di stupore generale.
Subito mi ripresi e urlai:” Si, lo voglio! Lo voglio e non mi importa se mio padre non me lo permetterà, non mi interessa se non abbiamo soldi, questa volta ci sposiamo! Ti amo Jean”-dissi abbracciandolo e baciandolo mentre tutti applaudivano e Amèlie commentava incantata, parlando con Edih:” Che scena romantica!
Ne voglio anche io uno così.
Possibile che sono tanto sfortunata in amore? I miei uomini sono sempre stati degli approfittatori”.
Si sarebbero posti dei problemi con la mia famiglia, quello lo sapevamo entrambi, però questa volta eravamo determinati.
Dopo un po’ di tempo mi chiese di continuare a leggere.
Arrivai agli articoli sette e nove e li lessi con maggiore emozione rispetto agli altri:Art. 7 – "Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla Legge, e secondo le forme da essa prescritte. Quelli che sollecitano, emanano, eseguono o fanno eseguire degli ordini arbitrari, devono essere puniti; ma ogni cittadino citato o tratto in arresto, in virtù della Legge, deve obbedire immediatamente: opponendo resistenza si rende colpevole".
Art. 9 – "Presumendosi innocente ogni uomo sino a quando non sia stato dichiarato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla Legge.
Ero talmente contenta per queste parole!
Le consideravo la mia ancora di salvezza “Ogni Cittadino è presunto innocente finchè non è stato dichiarato colpevole”.
Dimenticai Armand.
Dimenticai la paura, i ricordi dolorosi: mi sentii libera come non mi succedeva da anni.
Art. 11 – "La libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge”.
Anche questo era un articolo che mi interessava personalmente: la libertà di pensiero fino ad allora era qualcosa di inimmaginabile ma i giornali stavano sempre più acquistando importanza e adesso sarebbero stati tutelati: finalmente i giornalisti non avrebbero più avuto bisogno di nascondersi e forse un giorno io stessa avrei potuto diffondere le mie idee scrivendo, già allora quello era il più grande desiderio.
Io e Jean che ci saremmo sposati il prima possibile: non persi tempo e scrissi a mio padre.
“Irène perché non ci sposiamo subito? Sposiamoci domani, con solo i nostri amici, senza aspettare la risposta di tuo padre, lo sai che mi odia!”-mi aveva implorato Jean.
Io però non gli avevo dato ascolto: era vero che non vedevo mio padre da anni, che non avevo un bel rapporto ne con lui ne con i miei fratelli però rimaneva sempre mio padre e mi avrebbe fatto piacere chiarire le cose una volte per tutte con lui, senza contare che avevo bisogno di denaro e riscuotere la mia dote mi sembrava un’utile scusa per cui decisi di scrivergli per invitarlo al matrimonio.
Dopo numerose lettere si degnò di rispondere e si presentò a casa mia il giorno prima della cerimonia, deciso ad affrontare Jean.
Prima però parlò con me, facendo una sfuriata.
Vedi William, mio padre non era ricco, anzi.
Dopo la morte di mia madre aveva trovato però lavoro presso la famiglia Delacroix come cocchiere e con gli anni era stato trattato con un occhio di riguardo dal padrone, tanto che, quando mio padre era stato mandato a lavorare da una parente dei Delacroix in Bretagna, Monsieur aveva permesso che io rimanessi a vivere con loro nella villa in Provenza per poter “ fare qualcosa di più di questa bella ragazzina, per farne una signora e non una servetta”, aveva detto: si sarebbe notato più tardi quali erano i suoi piani.
Lui era stato ben felice di potersi liberare di me: mio fratello più grande era stato mandato in collegio e rimanevano mio fratello minore e mia sorella a cui badare per cui una persona in meno in famiglia sarebbe stata gradita.
Il giorno prima del mio matrimonio mio padre entrò nella soffitta come una furia e mi affrontò.
“Ora basta Irène, questa tua ribellione è durata anche troppo: deciditi a tornare in te!
Cosa fai qui a Parigi?
Vivi come una miserabile, tu che avresti potuto aspirare a una scalata sociale nonostante provenissi da una famiglia povera.
Perché sei voluta tornare nella miseria?
Non puoi sposare questo ragazzo, piccola stupida!
Tu devi sposare un uomo ricco per aiutare la famiglia, hai capito?
Non hai un minimo di giudizio, non ci pensi ai tuoi fratelli? Certo, c'è Maxime... Ma posso forse fare affidamento su Maxime? Quell'uomo é uno spiantato, non lo vedo quasi mai e non mi aiuta economicamente perché spende tutto il suo denaro in donne e vino!
Céline e Alain devo mantenerli io finchè non lavoreranno sai?
Sto invecchiando e non riesco più a lavorare ai ritmi di una volta!
Tu adesso vieni con me, torni in Provenza e vai ad implorare in ginocchio Armand che ti sposi!
Madame Delacroix sarebbe felice di sapere che quel viziato irresponsabile di suo figlio ha sposato una ragazza che conosce da tempo e poi tra voi c’era già stato qualcosa…
Senza contare che anche con tutte le raccomandazioni di questo mondo nessun altro ti sposerebbe dato che non sei più… dato che hai già un figlio”-concluse imbarazzato.
Jean aveva assistito a tutta quella scena senza dire una parola, meditando con attenzione le frasi da dire a mio padre infine mi pregò di uscire e lasciarli soli, raccolse tutta la pazienza di cui era capace e provò a ragionare.
Io spiai tutta la scena dal buco della serratura.
Per l’occasione, il mio rivoluzionario fidanzato si rivolse addirittura a mio padre con “Monsieur” al posto di “Cittadino”: voleva dare l’impressione migliore che poteva.
Monsieur, ascoltatemi vi prego.
Io amo vostra figlia e in questi cinque anni non le ho mai mancato di rispetto, l’ho amata e ho cercato di farle avere tutto ciò di cui potesse avere bisogno, nei limiti delle mie possibilità.
Sono povero è vero però lavoro duramente e sono un uomo onesto, credetemi.
Abbiamo avuto un bambino prima del matrimonio e che anche questo è un punto che voi non condividete per la vostra profonda religiosità, io non discuto che siate nel giusto, però vi chiedo di rifletterci.
Fatelo per Irène, vi prego.
Rimane vostra figlia, con tutti i difetti che può avere e merita di essere felice.
Io vi prometto che se mi concederete la sua mano farò qualunque cosa per lei, anche a costo di spezzarmi la schiena ogni giorno non le farò mancare nulla e la tratterò con ogni riguardo, avete la mia parola”.
L’espressione del viso di mio padre non era molto convinta… squadrò Jean da capo a piedi come se avesse davanti un disgustoso insetto.
Alla fine stava per dire qualcosa quando il suo sguardo si posò sulla coccarda che il mio fidanzato portava sulla giacca:lo afferrò per il bavero e sibilò con odio:" Tu, sei uno di quei ribelli che vogliono rovinare la Francia? Ragazzo, non mi convincevi prima e tanto meno mi convinci adesso…dovrei darti in sposa mia figlia?
Per farle rischiare la vita con un criminale come te? Preferisco morire!”.
Jean le aveva provate tutte: si stava per arrendere.
“Monsieur, cosa volete da noi? Si può sapere? Se continuate a trattare Irène come se fosse una povera incapace vuol dire che in realtà non ci tenete davvero a lei, perché continuare a preoccuparvene? Se è così disonorevole per voi averla come figlia, lasciate che viva come più le piace, lasciatela andare!”.
Potevo vedere lo sguardo concentrato di mio padre, frammisto a odio.
Fissò Jean per un istante che mi parve un’eternità e poi emise il verdetto finale” Va bene.
Sposala.
Dopotutto hai ragione, non dovrei preoccuparmi di lei perché tanto ha sempre fatto quello che ha voluto e non c’è modo di fermarla… conoscendola si sarà buttata a capo fitto in questi scontri che ci sono stati a Parigi.
Sposatevi però pongo due condizioni, una per te e una per lei: prima cosa, se non vorrà più stare con te, se vorrà lasciarti, non deve nemmeno pensare lontanamente che io la accoglierò, è stata una sua decisione e ne pagherà le conseguenze, si arrangerà.
E seconda cosa per te: se al contrario sarai tu a farla soffrire, se verrò a sapere che le fai del male, che la maltratti… te la dovrai vedere con me e ti assicuro che non sarà piacevole.
Ti farò pentire di essere venuto al mondo,ti spezzerò le ossa una per una, posso assicurartelo, ribelle.
Ci siamo capiti?”-concluse con uno sguardo truce.
Jean esultò:” Grazie Monsieur, grazie davvero!
Non deluderò ne voi ne Irène, ve lo prometto!
“E adesso sparisci dalla mia vista prima che cambi idea”.
Mi affrettai a correre in cortile fingendomi occupata a stendere il bucato mentre Jean usciva di casa, con la luce negli occhi.
 “Alla fine vi siete sposati, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino ha avuto il suo ruolo, sicuramente.
Sono davvero felice che ce l’abbiate fatta.
Però come avete fatto con i soldi?
E siamo sicuri che tuo padre non abbia rovinato la cerimonia?
O Armand?”.
Sapevo che William sarebbe voluto arrivare a quel punto.
“Per i soldi alla fine mio padre mi consegnò un po’ di denaro che aveva tenuto da parte come dote.
Non era molto però ci poteva sempre tornare utile per cui lo ringraziai.
Restava il problema che mi sarei dovuta sposare vestita da stracciona, con la mia solita gonna rattoppata già cento volte, perché non avevo certo il denaro per permettermi un abito da sposa, figurarsi.
La sera prima delle nozze feci in modo di avere il turno di chiusura al Cafè Procope: le mie amiche avevano insistito per vedermi, meglio per me, potevo sfogarmi con qualcuno del fatto che non avevo un vestito da sposa.
Quando ci trovammo sedute nel retro a bere caffè, ci fu un attimo di silenzio tombale.
Con uno sguardo solenne Marion e Edith mi porsero un baule di legno…
All’interno c’era un abito da sposa!
Lungo fino ai piedi, con alcune perline di vetro sul davanti e una coccarda tricolore appuntata sul petto.
“Abbiamo messo insieme i soldi e comprato la stoffa:l’ho cucito tutto io con le mie mani!
Ti piace?”-mi domandò Edith.
“Credi che ti andrà bene? Le perline sono state un’idea mia!”-aggiuse Véronique.
Mi veniva da piangere.
Mi resi conto di quanto fossi fortunata, non solo in amore ma anche in amicizia.
Avevo le amiche migliori che potessero esistere.
“E’… è meraviglioso, non so proprio come ringraziarvi! Vi voglio bene!”-dissi abbracciandole.
Il giorno dopo ci sposammo: Amèlie mi sistemò i capelli, arricciandoli con un matterello di ferro passato sulla stufa, accesa per l’occasione nonostante il caldo torrido di agosto, Thérèse mi portò un mazzo di fiori, mio padre mi accompagnò all’altare, con ancora un pò di disapprovazione nello sguardo.
Jean e Etienne, che ovviamente faceva da testimone con Marion, avevano implorato il padrone della fonderia di dargli un giorno di riposo per il matrimonio e lui aveva concesso loro anche questo favore, permettendo a Jean addirittura di stare a casa il giorno dopo il matrimonio, in via del tutto eccezionale.
“Perché vi conosco da tanti anni e so che posso fidarmi… recuperererete nelle prossime settimane.
Però ovviamente niente paga per quei due giorni!”.
Dissero che gli altri operai, rosi dall’invidia, li avevano minacciati.
Festeggiammo tutto il giorno, la sera mio padre si ritirò in una stanza d’albergo, sarebbe tornato in Provenza il giorno dopo, e noi lasciammo Renè a Edith.
Mentre sbottonavo la camicia di Jean, quella notte, lui mi fermò: sembrò che un lampo di preoccupazione gli oscurasse il volto, per essersi fermato mentre stavamo per fare  l’amore doveva davvero essere qualcosa di serio.
Infatti…
“Irène aspetta… aspetta.
Prima voglio raccontarti una cosa strana che mi è successa ieri sera quando sono andato a festeggiare con Etienne e Adrien, mi ha inquietato parecchio".
Mi raccontò che all’uscita del Café era stato seguito per un tratto da una carrozza: lui pensando che si trattasse di qualche nobile da poter insultare si era avvicinato barcollando per il vino.
Disse che una voce da uomo lo aveva chiamato:” Jean Dubois?”.
Appena lui aveva annuito, chiedendo cosa desiderasse, l’uomo aveva riso con una voce roca e aveva fatto segno al cocchiere di ripartire, scomparendo in una nuvola di polvere.
L’unica cosa che Jean aveva potuto intravedere di lui, dato che il viso era completamente immerso nel buio, era il riflesso di dei capelli biondi, illuminati dalla luce della luna.
Gli dissi di stare tranquillo, anche se io non lo ero per niente dopo quella apparizione.
Continuai a spogliarlo e baciarlo con foga: mi fece una promessa.
Adesso non posso perché non abbiamo denaro ma tra un po’ cercherò di farti il regalo di nozze, augurandomi che sarà esattamente come desideravi da tanto tempo”-mi sussurrò.
Sorrisi e lo guardai negli occhi.
Mi persi in quello sguardo profondo e dimenticai tutto il resto.
Mi abbandonai tra le sue forti braccia: niente e nessuno al mondo avrebbe potuto rovinarci quei momenti.

ANGOLO AUTRICE: Eccomi qui! :)
Irène e Jean finalmente hanno potuto convolare a nozze, che dolce è Jean?
Davvero un uomo da sposare ahah.
Il padre di Irène…. Insopportabile però alla fine ha accettato.
Le rivoluzionarie si dimostrano sempre di più delle vere amiche.
Gli articoli che ho inserito sono tratti dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” del 1789: tutti gli avvenimenti storici che cito sono avvenuti davvero e sono trattati con la massima precisione possibile,ovviamente inserendo i personaggi come funziona meglio per la storia.
E'  inquietante quell'essere che ha voluto ottenere informazioni su Jean: non trovate?
Cosa starà architettando?
Infine Jean ha promesso un regalo ad Irène… le piacerà sicuro.
Che dire, alla prossima e grazie!
Jenny
PS: ci sono degli indizi che aiutano a farsi qualche idea sul alcuni punti della storia e della vita di Irène sparsi per tutto il racconto… Fossi in voi ci starei attenta.

  
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