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Autore: MerlinAndCharming    07/12/2015    2 recensioni
Un romanzo breve, cross-over tra le due serie televisive “Merlin” e “Once Upon a Time”.
La storia di questa particolare fan-fiction racconta eventi successivi all'ultimo episodio di “Merlin”, e alla puntata numero 12 della quarta stagione di “Once Upon a Time”, “Eroi e Cattivi” (Heroes and Villains).
Un’opera scritta da Valerio Brandi.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù, Sir Leon | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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9) Nuovi Cavalieri (Completato il 28 febbraio 2015)
 
La cerimonia di investitura dei nuovi cavalieri era sempre più imminente.
Artù aveva mandato dei messaggeri per far si che i nominati provenienti da regioni lontane avessero il tempo di arrivare, mentre per chi si trovava a Camelot o negli immediati dintorni, c’era ancora da aspettare.
I giorni passavano, e Merlino era sempre meno in ansia. Sembrava che la paura per le parole del drago si stesse pian piano spegnendo.
E i preparativi erano accompagnati da un altro lieto evento: la regina era incinta.
Non era dunque il caso di allarmare Artù e il reame, in poche parole.
Tutto tranquillo, dunque, finché il re non entrò nello studio di Gaius portando con se una pesante armatura.
«Merlino, il re ti desidera»
«Arrivo!»
Merlino entrò tutto sprizzante di felicità, finché non vide cosa Artù aveva in mano.
«Quella che è?»
«Va bene essere idioti, Merlino, ma fino a questo punto… È un’armatura!»
«Questo lo so… Ma cosa dovrei farci?»
«E me lo chiedi pure? Dovrai lucidarla, ovviamente!»
«Ancora? Pensavo che ormai le cose fossero diverse… Sono ancora il vostro servitore?»
«Siete tutti i miei servitori, non funziona così? Io sono il re… Ma da domani non lo sarai più come prima. E questa armatura…sarà l’unica che dovrai lucidare d’ora in poi. A meno che non ti trovi, con il tuo stipendio, un servitore personale. E mi raccomando, in quel caso, fa che non sia come te!»
«Volete dire che…»
«Si, Merlino. Domani verrai nominato Cavaliere!»
«Quindi quella è la mia armatura?»
«Certo, da mettere almeno domani. Se poi in futuro vorrai continuare ad indossare i tuoi soliti tre stracci, o quelle tuniche da vecchio… senza offesa Gaius…»
«Ci mancherebbe, sire»
«… beh, in quel caso, vedremo. Ma domani metti questa!»
«Maestà…io non so come ringraziarvi…»
«Nemmeno io, sai, mi dovrò abituare a vederti…ecco…meno inferiore…Quindi, è meglio finirla qua che domani sarà già abbastanza difficile»
Artù sorrise e gli tese il braccio. Merlino lo afferrò con decisione, sorridendo anche lui con assoluta complicità. E poi il re lasciò la stanza senza dire altro.
«I miei complimenti, Merlino. Anni fa, quando sei entrato qui, eri solo un ragazzo ingenuo ricco di talento. Oggi sei un uomo fatto, e non solo hai riportato la pace e la magia positiva in questo regno, ma da domani sarai anche un Cavaliere della Tavola Rotonda. Credimi, non c’è onore più grande»
«Lo so, Gaius. Lo so bene»
La mattina seguente Merlino si alzò di buon ora, e dopo aver fatto colazione tornò in camera per prepararsi a mettere la sua armatura. Anche se, a pensarci bene, farlo da solo era un po’ faticoso. Stava per decidere di usare la magia, quando la porta bussò.
«Sei presentabile, Merlino?» chiese Gaius «C’è una visita per te»
«Fate entrare»
La porta si aprì, e Ginevra entrò con un sorriso più solare del giorno che stava per cominciare.
«Gwen…Che ci fai qui? Non dovresti essere nella sala delle cerimonie…»
«C’è tempo… e vedo che hai bisogno di aiuto»
«No, davvero, non disturbarti. E poi, voi siete la regina…»
«Ora mi dai del voi? Davanti agli altri fai pure bene, ma quando siamo da soli… io rimango sempre la tua migliore amica, non scordartelo»
«Bene, ma non dovete lo stesso fare questo per me…»
«Ricordi che sono stata la prima ad insegnarti come si mette un’armatura? Oggi voglio mettertela per festeggiare l’uomo che sei diventato. E anche perché…non ti ho ancora veramente ringraziato per aver salvato la vita ad Artù. Gaius lo aveva dato per spacciato, mentre tu sei riuscito nel miracolo. E se penso a tutte le volte che con la magia mi hai salvato la vita, ma io non l’ho mai saputo… Meriti molto più di questo, Merlino»
«Più di diventare cavaliere? Non ditelo ad Artù, già si è trovato in difficoltà a portarmi questa notizia….»
Entrambi risero di gusto. E in pochi minuti Merlino era completamente vestito.
La cotta di maglia, la spalliera, la cappa rossa con i dragoni d’oro ai lati.
Era strano vederlo vestito così e non con la sua solita giacca marrone e il foulard al collo.
E lo notò anche Gwen.
«Forse dovresti farti crescere i capelli. Magari ti darebbero un aspetto più epico»
«Dici?»
«Quando succederà lo sapremo meglio» e con questo si congedò.
Si guardò allo specchio e poi uscì pure lui dalla sua stanza, e naturalmente c’era Gaius ad aspettarlo, con la sua tunica migliore.
«Andiamo Merlino, non vorrai fare tardi proprio questo giorno?»
«No, assolutamente»
E si incamminarono per le vie del castello a passo svelto.
Nella sala grande del trono già si stavano formando i gruppi. A destra i cavalieri veterani, a sinistra quelli che aspettavano di essere investiti.
In fondo vi erano tre scranni, e su quello più basso c’era già seduto l’anziano Geoffrey di Monmouth.
Alla destra della sala i primi cavalieri erano naturalmente Ser Leon e Ser Percival.
Mentre a sinistra Merlino non riconobbe quasi nessuno. Avrebbe aspettato che Artù li nominasse per sapere chi fossero. Gaius si andò a posizionare in fondo alla sala, tra gli ospiti. Una lunga linea retta era lasciata libera per far si che il re e la regina potessero entrare e andare a sedersi sui troni.
E così avvenne, poco dopo. Tutti si inginocchiarono al loro passaggio. Una volta arrivati, Artù accompagnò Ginevra al suo posto, e poi si sedette al suo. Geoffrey invece si alzò.
«Benvenuti a tutti i presenti. Vogliamo ringraziare, a nome del re e della regina, i nomi di tutti i cavalieri, soldati e civili che sono morti per riportare la pace nel nostro regno. Camelot deve molto a loro, non verranno mai dimenticati. E per questo facciamo un minuto di silenzio»
Tutti chinarono il capo, finché il minuto fu interrotto da Artù, che si alzò e sfoderò con ardore Excalibur al cielo.
«Lunga vita a Camelot!»
«Lunga vita a Camelot!!!» Fu la risposta di tutta la sala.
«E ora, con la benedizione della mia regina, del mio ciambellano, e dei cavalieri presenti, comincia la cerimonia di investitura»
Artù chiamò una serie di nomi, molti di loro erano semplici soldati che a Camlan che si erano battuti con onore.
Poi si passò agli sconosciuti, almeno per Merlino. Molti di loro erano stati consigliati ad Artù da Leon, che essendo uno dei pochi cavalieri ancora vivi investiti con l’antico codice usato da Uther, era a conoscenza di molte famiglie nobili alleate del reame.
Nel villaggio dove era nato Lancillotto vi era uno di questi, e il suo nome era Galahad.
Non era alto quanto Percival ma la sua altezza era comunque imponente, anche per via del suo fisico ben piazzato, molto muscoloso e con due spalle larghe.
I suoi capelli erano biondi e neanche molto lunghi.
Ma più che l’altezza era il suo volto a fare da paragone con il più alto dei cavalieri di Camelot. Nonostante fosse giovane, di soli 27 anni di età, era già definito come Galahad il puro, famoso per la sua bontà d’animo e altruismo nel suo villaggio, e non solo. Quindi, anche la sua faccia ricordava quella di un eterno ragazzo, o dolce bambino.
Poi toccò a Bors, grande amico di quest’ultimo.
Avevano anche la stessa età, ma erano tanto diversi. Lui era più basso, ma talmente di poco che solo un occhio vigile se ne sarebbe accorto. Era però meno dotato fisicamente, ma di certo non meno letale, l’agilità era il suo forte. Un tipo più duro e concreto, a giudicare dai capelli folti e bruni, uniti a un gran bella barba ma perfettamente curata. Si diceva che era particolarmente esperto nell’insegnare a combattere, quindi era quasi certo che Artù gli avrebbe affidato il ruolo di maestro d’armi.
Dopo di lui Geoffrey chiamò Lionel, un uomo, o forse sarebbe stato più giusto definirlo un ragazzo, visto che le sue primavere erano solamente 24.
Il più giovane tra i nuovi investiti, era come Galahad un uomo di bell’aspetto, con capelli biondi lunghi fino alle spalle, anche se decisamente più basso di lui, visto che non raggiungeva il metro e ottanta.
Era accompagnato dalla moglie Juliana, una bellissima donna dai lunghi capelli rossi. Il suo sguardo a prima vista poteva sembrare un po’ duro e severo, e infatti il suo carattere era fiero e combattivo, ma alla fine era una donna buona e saggia.
Al suo fianco vi era la loro figlia Kayley, una bambina di soli 6 anni ma già bellissima. Aveva ereditato molti dei caratteri di sua madre, a partire dai capelli color fuoco.
E la sua espressione ricordava entrambi i genitori: ostinata come la madre, ma anche buona come il padre.
Il suo sorriso trasmetteva la felicità per il padre che vedeva realizzato il suo sogno, ma anche il suo: da tanto tempo desiderava di visitare Camelot, da quando l’ormai Ser suo padre gli raccontava, prima di addormentarsi, le storie di Re Artù e la spada nella roccia, e di tutte le volte che aveva salvato la pace e la giustizia in Albion grazie al suo coraggio e alle sue virtù. La madre sperava che diventasse un giorno una Lady per sposare un cavaliere, ma lei sotto sotto sognava di riprendere il ruolo del padre.
Poi venne il turno dell’unico uomo che indossava un elmo per coprire il volto. All’entrata le guardie gli avevano ordinato di toglierselo, ma Artù era prontamente intervenuto, dicendo che poteva passare, e che se lo sarebbe tolto a tempo debito. E quando lo fece, prima causò lo stupore di Ginevra, e poi di tutto il resto della sala quando si decise a voltarsi verso di loro.
L’uomo era la copia esatta del defunto Galvano. Molti si voltarono verso Merlino, ma lui fece subito capire che non centrava nulla.
«Miei illustri ospiti» intervenne Artù «Quest’uomo non è uno spettro, e non è tornato dal regno dei morti grazie alla magia. Perché non è Ser Galvano, ma il suo fratello gemello»
«Esattamente, Sire. Io sono Roller Caster, per servirvi»
Ora era tutto chiaro. Merlino non aveva mai sentito da Galvano di avere un gemello. Il merito era stato di Geoffrey, che grazie ai suoi archivi aveva scoperto che Galvano era davvero di famiglia nobile, e così riuscì a risalire alla sua famiglia, che non aveva sue notizie da anni.
Quando Artù andò di persona a portare le condoglianze alla loro casa, venne a conoscenza del fratello, che si offrì di servire Camelot. E per Artù accettare tale richiesta era il minimo.
«Merlino!»
Era arrivato il suo turno.
Il giovane mago si inginocchio davanti al suo re, e attese.
Artù alzò al cielo Excalibur, e pronunciò le tanto attese parole:
«Alzati, Ser Merlino, cavaliere di Camelot» ma una volta alzato, non si limitò a mandarlo al suo posto. «Camelot ti sarà eternamente grata. D’ora in poi, oltre a prendere posto insieme a me e agli altri nobili Cavalieri alla Tavola Rotonda, difenderai il regno, non solo con la tua saggezza, coraggio, lealtà…e con la tua magia… ma anche con questa spada…prendila, è tua!»
«Sire…è un grande onore per me…ma penso che Ser Roller la meriti più di me»
«No, Ser Merlino… Galvano era un tuo grande amico, Artù me l’ha riferito. E so che è merito tuo se è diventato Cavaliere di Camelot. Lui te l’avrebbe data, come lo sto facendo io. Eppoi, io ho la mia di spada. Forgiata nella casa mia e di mio fratello. Abbiamo cominciato a diventare spadaccini grazie ad esse. E quindi quell’arma non mi è mai veramente appartenuta»
«Grazie, ad entrambi» rispose Merlino visibilmente commosso «Per amore di Camelot» urlò Merlino alzando la lama al cielo.
La stanza rispose al coro, e poi si levarono gli applausi. Sembravano non finire mai, finché una guardia aprì di colpo il portone, spezzando l’atmosfera.
«Sire, perdonatemi, ma un uomo chiede udienza»
«Siamo nel bel mezzo di una cerimonia. Gli dica di aspettare nella sala del trono minore, arriverò da lui quanto prima»
«So bene dell’importanza della cerimonia» riprese il soldato visibilmente imbarazzato «Ed è ciò che ho detto a costui. Ma lui ha ribadito che si tratta di questioni di vita o di morte, e che il reame è in pericolo»
«Va bene, fatelo entrare» Artù era meno seccato, anzi, stava cominciando a preoccuparsi.
E subito dopo l’ospite cominciò ad avanzare verso il trono.
Era un uomo alto, sul metro e ottantacinque, e sulla trentina. Capelli castano chiari, e fisico muscoloso. Era tutto vestito di marrone scuro, con una pettorina di cuoio duro. E alla cintola aveva una spada da fante.
Arrivato a pochi metri dai due sovrani, si inginocchiò.
«Alzatevi. Siate il benvenuto a Camelot. Prego, ditemi il vostro nome»
«Mi chiamo David Nolan. Ma tutti mi conoscono come il Principe Azzurro»
   
 
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