Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: StellaDelMattino    09/12/2015    1 recensioni
Ognuno possiede un po' di oscurità in sé. Semplicemente perché è nella nostra natura: ogni persona, anche la più buona, ha nell'anima una macchia scura che contamina ciò che avrebbe potuto essere perfetto.
Madison Huddle è solo una ragazza dal passato turbolento e con uno sguardo ironico sul mondo, quando arriva nella Città, ma da quando incontra Red, tipo eccentrico e misterioso, capisce che non è e non sarà mai normale.
Eppure, il vero problema non è questo, bensì il fatto che nella Città nessuno è normale.
Basti pensare a Gianduiotto, mutante che ama prendere la forma di un macaco e braccio destro di Red, o a Zwinky e Twinky, bariste del "De Vil", o ancora a Maude Maggots, strega della congrega della Mezzaluna, brillante e combattiva.
Per non parlare di Alexander Morales, l'uomo (se si può definire così) forse più potente e spietato, il capo della Famiglia, l'affascinante giovane che Madison non riuscirà mai a capire.
Dal primo capitolo:
"Che ne dici, tesoro" disse una voce sconosciuta attirando la sua attenzione e facendola fermare "se ti do qualche spiegazione sul perché ti sei svegliata in mezzo a una marea di matti?"
Genere: Dark, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8
Before all Hell breaks loose

 

Madison fissò il cadavere per un tempo indeterminato.
Lentamente cadde sulle ginocchia, appoggiando la schiena al muro. Lacrime calde e imperturbabili cadevano dai suoi occhi talmente lucidi che quasi non vedeva.
A uno spettatore esterno quella disperazione, pietosa, era ben chiara e nessuno avrebbe potuto negare la sofferenza della ragazza. Eppure lei, in quel momento, si sentiva completamente vuota, congelata nel tempo, nella sua mente non si affacciava nemmeno un pensiero. La gola le si stringeva a causa di un doloroso groppo e lei piangeva, ma non sentiva nulla, non provava assolutamente nulla.
Rimase in questo mutismo emozionale per un tempo che non avrebbe saputo quantificare, poi una fitta al braccio, dove era stata ferita dal lupo, sembrò risvegliarla. Aveva ucciso una persona. Era stata autodifesa, certo, ma aveva comunque ucciso una persona.
Guardò il proprio braccio, insanguinato, la ferita pulsava.
Doveva andarsene, prima che qualcuno arrivasse e finisse il lavoro dell'altro lupo, ora morto. Una parte di lei voleva rimanere lì ad aspettare la morte, che le sembrava ormai quasi meritata. Aveva ucciso, che diritto aveva di mantenere la vita?
È la Città, si disse. Madison non avrebbe mai fatto una cosa del genere, era stata obbligata.
Si alzò, tenendosi il braccio, e fu colpita da un dolore che l'avrebbe fatta urlare, se non avesse saputo che non doveva attirare l'attenzione. Strappò un pezzo della maglia, poi avvolse la ferita come meglio riusciva.
Ormai stava arrivando la sera, le membra di Madison furono scosse da un brivido.
Camminò più velocemente che poteva, tenendo la testa bassa, fino ad arrivare al De Vil, dove già iniziava ad arrivare un po' di gente. Mad ringraziò di non avere il turno quella sera, poi guardò nel bar, da lontano, individuando Zwinky che lavorava. Riabbassò lo sguardo, continuando la sua strada verso casa.
In quel momento pensò che sarebbe dovuta andare all'ospedale, chiedere indicazioni, sempre che un ospedale ci fosse, ma in realtà voleva solo andare a casa. Probabilmente Connie era molto preoccupata.
Arrivò davanti al suo appartamento, salì a fatica le scale, dunque fu davanti alla porta.
Il braccio bruciava, ma le lacrime si erano fermate. In quel momento, però, sentì una chiara esigenza: l'esigenza di non raccontare ciò che era successo. Furono forse gli anni in cui non si era mai sentita amata, quello sguardo diffidente e accusatore di chiunque la guardasse, che le provocarono questa reazione.
Il peso che l'aveva oppressa a causa di quella sensazione che in lei ci fosse qualcosa di tremendamente sbagliato, il sentirsi un mostro senza davvero capirne il motivo l'avevano portata ad essere com'era in quel momento: sola e spaventata. Non voleva ricominciare a sentirsi in quel modo, non voleva che Connie la guardasse con disprezzo e con paura. Probabilmente era solo una codarda, ma aveva già perso troppe cose per poter sostenere un'altra perdita, soprattutto dal momento che avrebbe dovuto affrontare la sua azione. Aveva preso una vita: le sue spalle erano troppo esili per sopportare quel fardello da sole.
Il modo in cui era conciata, però, non avrebbe potuto passare inosservato, né il fatto che fosse tornata a quell'ora. In quel momento Mad pregò che Connie non avesse detto nulla a Whisky.
Prese le chiavi e le infilò nella serratura, benché non si sentisse pronta ad affrontare la situazione.
In realtà, l'appartamento era piuttosto silenzioso, se non per l'acqua che scorreva. Madison sorrise: Connie era sotto la doccia.
Velocemente, Mad aprì l'armadio e si cambiò i vestiti, in particolare prese una felpa molto larga, che copriva la fasciatura improvvisata che si era fatta. Utilizzando l'acqua del lavandino della cucina, si lavò la faccia e le mani, sciacquando via il sangue, e si legò i capelli in una coda morbida. Mad sapeva di avere un aspetto orrendo, immaginava il suo volto: gli occhi lucidi e gonfi, i capillari rotti che disegnavano infiniti puntini rossi proprio dove c'erano le ampie occhiaie, il volto pallido. Tremava.
Un “clic” della porta del bagno indicò che Connie era uscita. Quando la vide, corse con impeto verso Madison e l'abbracciò con forza. Mad emise un gemito, il dolore era esploso nella ferita e le lacrime minacciarono di uscire dai suoi occhi.
“Mi sono preoccupata tantissimo!” esclamò l'amica, allontanandosi.
Madison si sforzò di sorridere in modo convincente. “Sono successe un sacco di cose” iniziò, con cipiglio divertito “Mi dispiace davvero averti fatto preoccupare. Ti pregò, però, ora concedimi una doccia.” Ridacchiò, apparentemente tranquilla. Il suo animo piangeva.
Connie annuì, leggermente delusa. “Preparo la cena” aggiunse, con un sorriso.
A Madison si strinse lo stomaco, da una parte davvero sentiva la fame, infatti non mangiava da un sacco di tempo, dall'altra ben sapeva che non sarebbe riuscita a mandar giù neanche un boccone.
Aprì l'acqua della doccia e la lasciò scorrere, mentre toglieva la fasciatura. La ferita era, in realtà, meglio di quanto pensasse. Comunque aveva bisogno di punti, ma Mad aveva ormai deciso che nessuno avrebbe saputo di quella ferita.
Sbuffò, certo non sarebbe stata la prima volta che si curava da sola.
Si ricordava di una volta, quando aveva circa sedici anni, che era salita sul tetto di casa, senza ascoltare i divieti della madre. Andare lì le piaceva moltissimo: si sentiva calma, serena, quasi felice, lì sul tetto. Un giorno era scivolata, poi si era tagliata tutte le dita cercando di aggrapparsi alle tegole e, sebbene non fosse caduta, si fece un taglio lungo tutto il polpaccio.
Se avesse detto a sua madre cos'era successo, probabilmente questa l'avrebbe buttata fuori di casa: l'ipotesi di confessare ciò che era accaduto non rientrava nelle opzioni possibili, non era neanche da considerare.
Non le restava che provare a curarsi da sola: suo padre era un medico, per questo in casa c'erano dei libri di medicina, libri che Mad aveva già letto per soddisfare la propria curiosità. Per questo, bene o male già sapeva cosa fare. Dalla teoria alla pratica, però, c'era un oceano.
In ogni caso era sopravvissuta anche quella volta e non riuscì a contenere un sorriso quando pensò che, uscita dalla Città, loro le avrebbero voluto bene, bene davvero. Per quello doveva sopravvivere, per riconquistare quella vita che era stata drammaticamente condizionata dalla maledizione della Città.
Quel lupo, si disse, era già condannato. Se lei non l'avesse ucciso, probabilmente sarebbe morto in un altro modo, perché questo era ciò che la Città voleva.
Neanche questo, però, poté scacciare l'opprimente senso di colpa di Mad, che di nuovo cercò di scacciare questo pensiero.
Decise che il giorno dopo si sarebbe procurata il necessario, per ora, dopo aver disinfettato la ferita, avrebbe solamente messo una benda e limitato i movimenti. Si lasciò scorrere addosso l'acqua, con lo sguardo fissato su un punto indeterminato della doccia. Era difficile trattenere le lacrime, che continuamente minacciavano di uscire. Non poteva piangere o Connie non avrebbe mai creduto che fosse tutto a posto.
Quindi uscì dalla doccia e si fasciò la ferita.
Quando aprì la porta del bagno, un profumo di cioccolato le invase le narici e, per un secondo, si dimenticò di tutto. La Città, il lupo, i problemi. Tutto.
Fu solo un momento, un breve, piccolo istante.
Poi la voce trillante di Connie, il suo cristallino tono vivace, la fece risvegliare in quel mondo di sofferenze.
“Allora, cos'è successo?” aveva chiesto con ingenuità.
Mad sentì una stretta al cuore, ma sorrise.
Le raccontò, dunque, tutto ciò che le era successo prima dell'incontro con il lupo. Quando Connie seppe che probabilmente Mad era una strega, pensò esattamente ciò a cui aveva pensato Mad: non doveva morire. Era viva, vicina all'umano, in un certo senso.
Connie sorrise e l'abbracciò, di nuovo.
“Hai detto qualcosa a Gianduiotto?” chiese Mad dopo un po'. Connie scosse la testa.
“No, è passato oggi verso l'ora di pranzo, gli ho detto che avevi delle commissioni da fare, sapevo che non avresti voluto che glielo dicessi.” Mad sorrise, lei e Connie non si conoscevano da molto, ma Connie aveva già iniziato a capirla. “Però mi stavo davvero preoccupando. Non si sa mai cosa potrebbe accadere in questa città, ti avrebbero potuta assalire, rapire, magari uccidere! Lo sai che se qualcosa succedesse a te o a me avremmo bisogno di lui. Quindi...”
“Se una delle due scompare, si aspetta un giorno e poi si chiama Gianduiotto, ok?” la interruppe, risoluta.
“Esattamente ciò che avrei detto io.” Connie sorrise e le porse una mano, che Mad strinse. Quello era un patto.
Dopo ciò, Connie la invitò a tavola, dove le aspettava un risotto. Mad ringraziò di avere un coinquilina con la passione per la cucina. Avvicinò la forchetta alla bocca, pronta per mangiare quello che sembrava un piatto delizioso.
Ho ucciso una persona.
Questo pensiero proruppe nella sua mente con un'irruenza spaventosa e Mad fu scossa da un brivido. La gola le si chiuse, ma doveva mangiare, lo sapeva.
Mandò giù a fatica il boccone e Connie sembrò accorgersene, ma non disse nulla, si limitò ad inarcare un sopracciglio. Le sue difficoltà a magiare diminuirono man mano, fino a che non riuscì a mangiare normalmente. Riuscì addirittura a mangiare una fetta della torta al cioccolato che la coinquilina aveva preparato.
Subito dopo cena decise che era ora di andare a dormire e, con poche parole, si congedò lamentando la stanchezza.
Prima che si sdraiasse sul letto, l'immagine del lupo morto si riaffacciò nella sua mente, prepotentemente. Mad rabbrividì, poi deglutì e si sforzò di non pensarci.
Non sapeva come reagire, al pensiero. Non si sentiva capace di affrontare quella situazione, sapeva di aver ucciso una persona, ma non sentiva di averlo fatto. Quell'azione era come dissociata da lei, forse perché non riusciva a pensare di essere un'assassina.
Rimandava il pensiero, cercando di convincersi che prima o poi avrebbe sarebbe riuscita a gestirlo, anche se ben sapeva che non sarebbe stato così.
Si mise sotto le coperte e chiuse gli occhi, ma ancora l'immagine del morto si affacciò sulla sua mente e, finalmente, le lacrime sgorgarono.
Passò così gran parte della notte, fra un tormentato sonno pieno di incubi e ore di pianti silenziosi, in cui non poteva fare a meno di pensare che stava diventando un mostro.
In uno di questi periodi insonni, circa alle 4 del mattino, mentre ancora si tormentava per ciò che era successo, sentì distintamente alcune parole nella sua mente.
“Sei un assassino” disse in un sussurro una voce che sembrava provenire dall'oltretomba, ma con una nota vagamente squillante. Una voce che, di sicuro, non apparteneva a Madison.
Di nuovo, quella frase si ripeté nella sua mente con quel tono accusatorio e Mad si accorse di una cosa: aveva detto assassino, non assassina, aveva usato il maschile.
Il cuore iniziò a battere velocemente nel suo petto. Chiunque stesse parlando nella sua testa, in qualche strano modo sapeva che lei aveva ucciso il lupo, ma non sapeva chi lei fosse, quale fosse la sua identità.
“Sei un'assassina” disse nuovamente la voce.
Ma, chiunque fosse, la stava scoprendo.

***
 

Maude Maggots uscì dalla congrega con usuale tranquillità. Niente di nuovo, quel giorno: riferisci, incassa.
Saggiamente, non entrò nella zona del branco di Connor, che notò subito essere in uno stato di allarme, molti dei volti delle sentinelle preoccupati, più vigili, alcuni erano persino arrabbiati.
Un nuovo omicidio, senza dubbio. Un gatto doveva essersi nuovamente intrufolato e, dopo esser stato scoperto, aveva ucciso un lupo. Di nuovo, sbuffò Maude.
Ecco c'era aria di vendetta fra i lupi. La situazione era sempre più tesa.
In ogni caso, Maude mantenne la sua tranquillità e non accelerò il passo, prendendosela comoda. Con calma camminava per le vie, fino a giungere alla sua destinazione, il centro della Città, dove si ergeva quel palazzo che ormai le era davvero famigliare, alla cui vista fu invasa da un sentimento di asprezza.
“Come al solito sempre puntuale, Maude” disse Alexander Morales, con ironia, mentre le si avvicinava.
“Sempre” rispose lei con altrettanta ironia, consapevole del quarto d'ora di ritardo.
Lui le fece un segno con il braccio per invitarla a entrare nel palazzo, la casa della Famiglia.
“Spero che tu abbia buone notizie” disse Alexander, appoggiandosi al muro, dopo che furono giunti in un salottino al primo piano.
Maude scrollò le spalle. “Niente di nuovo, questa settimana. Il che, immagino, non sia una buona notizia per te.”
Alexander sorrise, in modo quasi diabolico, ma non disse nulla.
“Con il branco leader in questo stato, gli altri branchi sono quieti, o più che altro confusi. Nel branco di Julien sono tutti diffidenti, hanno paura, i piani dell'alfa sono piuttosto oscuri, ma francamente non credo che sappia cosa fare. Il branco di Connor è il più forte, nonostante questa guerra li metta in difficoltà.”
“Se gli altri branchi aiutassero i gatti, la guerra sarebbe già finita” commento Alexander, vagamente sprezzante.
Maude annuì. “Sono cani, sono fedeli, nonostante il modo in cui si sta comportando Connor, non lo tradiranno mai.”
Alexander sorrise nuovamente. Maude era una ragazza intelligente, con un buon occhio per le strategie: era un'ottima alleata e una temibile nemica, lui sapeva che, sebbene ora l'avesse in scacco, non l'avrebbe potuta controllare ancora per molto.
“Cosa pensano le congreghe di questa situazione?”
Maude sospirò. “Indecisione. Non siamo soliti invischiarci negli affari di gatti e cani, ma la situazione sta degenerando. Non posso neanche passare nella zona di Connor se non voglio rischiare la vita e i gatti stanno esagerando: ieri sera hanno ucciso un altro lupo.”
Alexander, senza dire una parola, si avvicinò a un tavolino su cui era appoggiata una bottiglia contenente un liquido chiaro, senza dubbio liquore. Se ne versò un po', mentre meditava sulle informazioni che aveva ottenuto.
“Se devo essere sincera” disse Maude, interrompendo il silenzio che si era formato. “Penso che le congreghe stiano aspettando te.”
Alexander si girò verso di lei vagamente incuriosito. Inarcò un sopracciglio, guardandola per qualche secondo, zitto.
“Voglio dire” continuò Maude, avvicinandosi a lui. “Nella Città è in corso una guerra e non è una delle solite guerre in cui dopo un paio di morti e vendette ci si stringe la mano e ricominciano i dispetti. Questa guerra sta coinvolgendo tutta la Città. Nessuno si aspettava che tu avresti lasciato a Connor e ai gatti così tanto potere. Alcuni iniziano a pensare che tu non esista, come se tu fossi solo una brutta favola che si racconta ai nuovi arrivati per spaventarli e tenerli sotto controllo.”
Alexander rise, di gusto, con una certa soddisfazione. “Credono che la Famiglia sia solo una favola? Ah, non hanno ancora capito che l'uomo nero, il lupo cattivo e la strega malvagi, qui, sono tutte verità? Devo solo decidere quale cattivo essere e, credimi, quando sarà giunto il momento sarò il peggiore di tutti.”
Maude fece un passo avanti, mossa da una forza interna, come fosse comandata dalla giustizia. Provava, infatti, forse solo inconsciamente, un senso del dovere non tanto verso la Città, quanto verso i suoi abitanti.
Già era difficile sopravvivere quando c'era la pace, la guerra avrebbe significato la morte di almeno tre quarti della popolazione. Tutti sarebbero diventati mostri, forse tanto da non poter tornare indietro.
Se fosse arrivata in Città prima, Maude avrebbe saputo davvero cosa comportava una guerra nella Città e il suo pensiero non si allontanava molto dalla verità, ma la ragazza, come del resto facevano molti, credeva che la Città fosse sempre stata così e non si era mai chiesta nulla a proposito del suo passato.
La Città dei mostri ne aveva viste di guerre.
“Allora poni fine a questa situazione!” disse Maude con convinzione, alzando il tono di voce.
Alexander inclinò la testa, squadrandola. “Tu cosa mi consiglieresti di fare?”
La ragazza ridacchiò. “Vacci piano” disse “O invece di pagarmi come spia mi dovrai pagare come consigliere.” Fece una breve pausa, ma dal momento che Alexander non diceva nulla, continuò.
“Occupati dei gatti. Presentati all'assemblea dei nove capi e fagli capire la lezione. Gli altri gatti non avranno il coraggio di ribellarsi, si salveranno la pelle. Così facendo, i lupi ti accetteranno come liberatore e capo. Lo stesso Connor sarà riconoscente.”
Non faceva una piega.
Alexander sorrise compiaciuto, ma non commentò il consiglio, né diede segno di avere intenzione di seguirlo.
“Tieni, te lo sei meritato” disse lui, porgendole una boccetta, contenente alcune erbe.
Maude guardò l'oggetto, poi riportò lo sguardo su Alexander. “Quando mi lascerai libera? Julien peggior, le dosi non sono più abbastanza.”
Lui serrò la mascella, poi sorrise aspramente. “Prima o poi” si limitò a dire.
Maude sospirò, quindi afferrò la boccetta. Sul subito, Alexander non lasciò la presa.
“Sii paziente” disse lui, guardandola negli occhi. “Sta arrivando il momento, lo sento. In questo momento ho bisogno di te più che mai, poi ti lascerò andare. Sta tornando, devo essere pronto.”
La strega, in risposta, rise. “Non capisco ciò che stai dicendo, parli per indovinelli.”
Alexander sorrise, lasciando la presa. “Dovresti sentire Felix: lui sì che è incomprensibile.”
Maude non replicò. Si girò e camminò verso la porta, con la stessa indifferente tranquillità con cui era entrata. Quando fu sulla soglia, Alexander la fermò.
“Maude, so che mi odi, ma davvero ti lascerò libera.”
Lei sospirò, poi alzò le spalle. “Non ti odio, Alex. Odio il fatto che tu abbia il controllo su di me.”
“Ti prometto che non appena sarà tutto finito farò in modo che tu e tuo fratello non siate mai più in pericolo, vi proteggerò” replicò lui e in quelle parole ci credeva realmente.
“Se c'è una cosa che ho capito da quando sono in Città è che non ci si deve fidare di nessuno. Delle tue promesse non me ne faccio assolutamente niente” disse, con risentimento, e senza aggiungere una parola se ne andò.

*Angolo dell'autrice*
Quanto tempo! Scusatemi, ma è un periodo davvero molto impegnato e non ho il tempo materiale per scrivere un capitolo a settimana. Meno male che stanno arrivando le vacanze di Natale!
In ogni caso, la mia soluzione per il momento è di scrivere capitoli un po' più lunghi, invece di scriverne più corti ogni settimana. Spero vada bene!
Capitolo intenso, eh?
Mad e i suoi sensi di colpa sono tornati a casa, ma una strana voce sembra cercare la sua identità. Chi/cosa pensate che sia?
Per quanto riguarda il discorso fra Maude e Alexander: spero si sia capito che Alexander tiene in scacco Maude, usandola come spia, poichè la ragazza ha bisogno di alcune erbe (il perché lo scoprirete) per il fratello, un lupo mannaro, che si chiama Julien.

Per quanto riguarda il "passato della Città" a cui ho fatto cenno: ciò che intendo è che non tutto è sempre stato così. La Famiglia, lupi e gatti, come ogni cosa anche la Città non è sempre stata così, ma di questo ne riparleremo più avanti. Mi sembra di aver detto tutto :)
Fatemi sapere il vostro parere!
StellaDelMattino

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: StellaDelMattino