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Autore: Lunastorta_Weasley    09/12/2015    1 recensioni
Ed Sheeran, è un ragazzo di 20 anni che si è appena trasferito a Londra per inseguire il suo sogno : quello di diventare un cantautore. In poco tempo, si ritrova catapultato in una città fredda e caotica, che non sembra intenzionata a far posto agli stranieri, ma dopo uno strano incontro che lo lascia stupito, le cose cambieranno per Ed, ma non solo in meglio...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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~~Capitolo 18

- Tesoro coraggio, corri dalla mamma! -
Leah incitò il bambino dai capelli rossi a correrle incontro.
- Arrivo mamma -
Il piccolo prese a correre con le braccia spalancate, sorridendo in direzione della madre. Correva sorridendo. Mancavo pochi passi per colmare la loro distanza, quando un'enorme voragine si aprì sotto i piedi del piccolo
Provò a gridare, ma nessun suono uscì dalla sua bocca. Si piegava e si contorceva eppure non riusciva a muoversi, quasi come se delle forze invisibili cercassero di trattenerla. Dopo vari tentativi, riuscì a liberarsi. Leah corse verso il buco nel terreno e vi guardò dentro, ma era troppo tardi. Per suo figlio non c'era più alcuna speranza.

Si svegliò gridando, completamente sudata. Si era addormentata in bagno, stremata dagli attacchi di nausea.
Fece leva sulle braccia per alzarsi e si guardò allo specchio. Era ancora scossa dall'incubo, e ciò non aiutava a migliorare il suo aspetto. Delle enormi occhiaie le comparivano sul volto bianco, quasi cadaverico.
Aprì il rubinetto e si sciacquò la faccia, cercando di ridare un po' di colore alle sue guance. Fu tutto inutile. Quel sogno era ancora vivido nella sua mente. Le grida del bambino le rimbombavano nelle orecchie assordandola, e la fitta al cuore che aveva provato nel vederlo cadere era ancora lì. Era questo il destino che attendeva suo figlio? Sempre che fosse incinta. Non ne era sicura, non del tutto. Decisa nel mettere fine a tutti quei dubbi e alle paure, uscì nuovamente di casa. Erano solo le 10.45. William non sarebbe rientrato prima delle 13.00, e lei avrebbe avuto il tempo di fare tutto senza farsi scoprire.
Scese in strada e puntò dritta verso la farmacia a soli tre isolati dal palazzo. Mentre camminava, teneva al massimo volume l'I-pod di Edward. Potrebbe sembrare una cosa da stupidi, e effettivamente la era, ma era anche l'unica cosa che glielo ricordava. Perfino la sua musica riusciva a calmarla. Quando vide l'insegna verde a forma di croce, mise in pausa ' Monkey see, monkey do' di Eminem e entrò spingendo la porta in vetro.
La prima cosa che percepì fu l'odore di disinfettante. Quasi fastidioso per una che amava la natura e il caos, come lei.
- Buongiorno signorina, posso aiutarla? -
La commessa, una donna di mezza età con un paio di occhiali rosa sulla punta del naso, le sorrise cordialmente mentre si aggiustava il tesserino con il nome, accuratamente appuntato sul camice bianco.
Leah sorrise flebilmente e si avvicinò al bancone.
- Buongiorno. Sì, vorrei un test di gravidanza, per favore -
La donna, che stando a quanto diceva il tesserino si chiamava Betty Ross, fece una smorfia e spalancò gli occhi.
- Serve a te? Non sei un po' giovane? -
- Sì, serve a me, ma che ci posso fare? -
Il tono brusco di Leah spaventò Betty, che borbottando scomparve nel retro, per poi tornare con in mano una scatolina bianca e azzurra.
- Sai come si usa? - le chiese freddamente.
- Veramente no, ma ci sono le istruzioni, no? - disse, sperando di uscire da quel posto il prima possibile. Lo sguardo della signora Ross, unito all'odore del disinfettate e all'idea di una possibile gravidanza la rendevano nervosa.
- Sì. Sono 4.75£ -
Leah pagò e cercò di percorrere la strada a ritroso nel minor tempo possibile.
Alle 11.15 esatte, varcò la soglia di casa.
Tornò in bagno e scartò il test. Un foglietto tutto spiegazzato era infondo alla scatola. Lo prese e con suo grande sollievo, notò che erano le istruzioni. Non sembrava complicato da usare, così fece tutto quello che c'era scritto.

Continuava a fissare il suo quaderno, senza però scrivere nulla. Erano ore ormai che quel maledetto foglio era bianco e la chitarra non suonava. Non riusciva più a comporre nemmeno una canzone. La rabbia, il dolore e la tristezza che l'avevano accompagnato in quei mesi, e che gli avevano fatto scrivere tutte quelle strofe, l'avevano abbandonato. Era semplicemente vuoto, ora. Uno scrigno senza più nulla da custodire. Era successo proprio ciò che pensava. Ora nemmeno le fotografie gli ricordavano più il suo profumo. Persino i ricordi di loro due gli apparivano sfocati, e spesso non riusciva nemmeno a completarli.
Furioso Edward, tirò il quaderno contro al muro e gridò. Solo dopo se ne pentì, quando Simon entrò nella stanza.
- Ed, cos'è successo? -
Edward si lasciò ricadere sulla sedia e gettò la testa fra le mani.
- Non riesco più a scrivere, Simon. Mi manca, cazzo se mi manca!-
L'uomo prese una sedia e andò accanto a lui. Sapeva benissimo a chi si stesse riferendo. Nelle canzoni non parlava d'altro, e nella vita di tutti i giorni non era da meno. Leah Hunt, la ragazza dai capelli biondo-lilla era al centro dei pensieri del rosso a tal punto che chiunque conoscesse lui, non poteva non conoscere lei.
- Coraggio, ragazzo, le storie vanno e vengono, non devi lasciare che la tua vita finisca perchè lei se n'è andata. Sai cosa mi diceva sempre mia madre? Alla fine andrà tutto bene, e se non è così, allora non è la fine -
Ecco perchè voleva bene al suo manager. Fra tutte le stronzate che si sentiva dire, le sue erano le meno stupide. Quella frase non lo fece sentire meglio, ma gli diede un briciolo di speranza là dove non c'era nient'altro che buio. Aveva ragione. Tutto faceva schifo in quel momento, ma era solamente perchè era appena a metà del suo viaggio. Quell'uomo era come un padre per lui.
- E per le canzoni come facciamo? Non posso smettere di essere un cantautore. So fare solo questo, o almeno, fino a due giorni fa ne ero capace -
Simon ci pensò un po' su, accarezzandosi i baffi.
- Sai, qualche settimana fa si è presentata qua una ragazza. Amy mi pare si chiamasse. Comunque, questa Amy mi ha chiesto di farle fare una prova, e così le ho chiesto di cantarmi qualcosa. Ha una voce notevole, ma non suona nessuno strumento. Che ne dici di collaborare con lei? Potrebbe aiutarti a far ripartire la scintilla che hai dentro -
Collaborare. Uno strano verbo per Ed. Era sempre stato un solista. L'unica volta che aveva collaborato con qualcuno, aveva undici anni e aveva messo su una band con dei suoi amici. Purtroppo la cosa non era finita bene. Ma al tempo era solo un ragazzino, forse avrebbe potuto tentare. Non voleva dichiararsi un cantautore fallito, non senza aver prima provato qualunque cosa per tornare in sella. Non era il tipo che si arrende e basta.
- Va bene, possiamo provare -
Simon gli scompigliò i capelli con fare affettuoso e il rosso finse di sorridere.
- Così mi piaci, ragazzo! Domani le dirò di venire in studio. Tu, ora fatti una tazza di thè e rilassati, vedrai che le cose si aggiusteranno -
Perchè per gli inglesi tutto si poteva aggiustare con una tazza di thè? Anche lui era inglese e amava quella bevanda, ma che diamine, mica era la soluzione ad ogni problema. Di certo, un po' di acqua calda con dentro una bustina non gli avrebbe riportato indietro la sua Leah.
Sbuffando, si rialzò dalla sedia e raccolse il quaderno da terra. Lo chiuse e lo mise accanto alla chitarra, sicuro che anche per quel giorno, nessuno dei due gli sarebbe servito.

Furono i tre minuti più snervanti della sua vita, ma avrebbe preferito che non fossero mai passati. Specialmente quando vide la seconda tacca blu comparire su quella specie di schermo minuscolo. Prese il foglietto e controllò il risultato. Incita, diceva. Due tacche significava sì, una no. Quei due segnetti blu, per lei segnavano la fine di tutto. Si appoggiò al lavandino e fissò il bastoncino per un'eternità., mentre mille domande le si formavano in testa. Come avrebbe fatto a dirlo a suo padre? Si immaginava già la scena. Lei che arrivava simulando un sorriso a trentadue denti, e William che cadeva a terra. Come avrebbe fatto a crescerlo? Da sola non ce l'avrebbe mai fatta. Avrebbe dovuto chiamare Edward? No, non aveva neanche il suo numero di cellulare. Che incosciente, farsi mettere incinta da un ragazzo che non si ha nemmeno in rubrica. Avrebbe dovuto cercarsi un lavoro migliore? Lasciare il tirocinio dal tatuatore? Probabilmente sì. Una volta nato, non avrebbe più avuto il tempo di dividersi fra una lavoro e l'altro. Doveva trovare un posto fisso e bene pagato. E avrebbe dovuto farlo in poco tempo.
Si guardò la pancia e non riuscì a fare a meno di sorridere. Quel bambino inaspettato era una tragedia, ma era pur sempre un miracolo. Aveva una vita dentro di sè, e proprio come accadeva con il padre, pensando a lui non poteva far altro che sorridere. Poggiò una mano sulla calda lana a righe e chiuse gli occhi. Il gonfiore era minimo. Dopotutto era solo al terzo mese, ma fra poco non avrebbe più potuto nasconderlo. E mentre lasciava che i suoi pensieri vagassero sulle soluzioni e sull'aspetto del bambino, si carezzava il ventre, quasi come se volesse far capire a quell'affarino, che lo amava. Che nonostante non fosse stato pianificato, era parte di lei, e come tale sarebbe stato il suo tesoro più prezioso.
Due ore dopo circa, era ancora immersa nei suoi pensieri, e il signor Hunt entrò in casa. Ecco, era giunto il momento della verità. Aveva deciso che gliel'avrebbe detto. Meglio ora, che fra sei mesi, quando avrebbe partorito.
- Leah, sono a casa -
William si tolse il cappotto e lo appese nell'ingresso. Era stato furbo ad indossarlo, lui ormai era un esperto del clima canadese.
- Ciao papà, com'è andata a lavoro? -
Era riuscito a riaprire il negozio che aveva prima del trasferimento a Londra. Da generazioni gli Hunt aggiustavano strumenti musicali, e quel buco polveroso in cui lavorava, era una specie di testimone che si passavano di padre in figlio.
- Bene tesoro, e a te? -
- Bene dai, anche se sono tornata a casa prima -
Leah teneva lo sguardo fisso a terra.
- Come mai? Ti senti male, tesoro? -
Deglutì e si passò una mano sul braccio. L'avrebbe fatto come se dovesse togliersi un cerotto. In fretta e senza dolore. O almeno sperava.
- Non proprio male. Ho avuto un po' di nausea e...beh sono tornata a casa e... - più parlava, più vedeva l'espressione di suo padre farsi perplessa. Così decise di dare un taglio a quella storia - sì insomma, sono incinta -
Senza preavviso, il signor Hunt cadde a terra privo di sensi. Leah roteò gli occhi e con molta fatica lo trascinò fin sul divano. Tutto era andato esattamente come se l'era immaginato.

  
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