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Autore: ilaperla    10/12/2015    2 recensioni
Federica si trova in un momento imbarazzante della sua vita. Le sue amiche, quelle poche, iniziano a sposarsi e lei dovrà andare al ricevimento tutta sola, data la sua poca familiarità con il genere maschile.
Ma... se invece riuscisse a ideare un piano per trovare un ragazzo da portare quel giorno e poi disfarsene? Niente di più facile... almeno a dirsi. Niente di più imperfetto e pericoloso.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 5

 
-Allora, ammettilo. Sono un figurino in quel completo- ridacchiò lui, uscendo dal portafoglio la carta di credito per pagare il tutto.
Federica sbuffò, guardando le mani perfette e allenate della commessa strisciare la carta nel lettore.
-Non lo dirò per dare aria al tuo ego.
-Invece dovresti dire: Luca eri favoloso- si pavoneggiò lui, strizzando l’occhio alla giovane e appetitosa ragazza dietro il bancone.
“Poteva flirtare così spudoratamente?” Pensò Federica indispettita.
-Ti correggo: Luca sei solo fastidioso- detto ciò, girò sui tacchi e si diresse alla porta. Sorrise all’usciere e appena fu in strada inforcò i suoi occhiali da sole e guardando l’orario sul led della farmacia difronte, decretò che fosse arrivata ora di tornare al negozio e mangiare il suo panino al tacchino. Ne aveva una disperata voglia, anzi… sarebbe andato bene tutto pur di allontanarsi da quello sbruffone insopportabile.
Avanzò di alcuni passi alla sua sinistra ma il suo percorso durò poco.
-Hei, dovresti aiutarmi con queste buste- le gridò Luca dietro, mentre la raggiungeva a grandi falcate.
-Perché dovrei?
-Perché… tecnicamente dovresti essere la mia fidanzata.
Federica si ritrovò a ridere, una risata sincera, sperando che riuscisse a mascherare il brivido sulle braccia a quell’affermazione del ragazzo.
Era la prima volta che qualcuno usava quella parola in sua presenza, per definire una relazione che includesse lei ma la risata trovò presto la sua morte, perché era tutta una menzogna, una scusa orrenda e che ogni volta che ci pensava la faceva dipingere come una persona senza pudore e senza speranza.
-Non vedo gente che ci conosce in giro, non dobbiamo fingere con nessuno- disse lei, tornando seria.
-Ma dovremmo prendere l’abitudine, altrimenti saremmo sempre dei pezzi di legno come quella volta al bar- spiegò lui.
Federica bloccò di scatto la sua camminata, voltandosi a guardare quel ragazzo che la guardava interrogativo. Si era così calato nel personaggio che non riusciva a capire quando finire di prenderla per il culo?
-Senti- iniziò lei, cercando di non perdere la pazienza -non c’è bisogno di tutta questa pantomima più del necessario, limitiamoci a quel maledetto matrimonio. Faremo credere che non possiamo frequentarci con loro perché siamo pieni d’impegni, il che da parte mia è vero perché lavoro ogni santo giorno e non so nemmeno cosa tu faccia durante le ventiquattrore ma non mi importa, quel giorno ci limiteremo a sorridere a parlare con gli altri e a farci delle foto. Chiuso l’argomento.
Fermò il suo monologo, pronta a essere mangiata viva da lui, che la guardava impassibile dietro le lenti scure dei suoi occhiali alla moda. Avrebbe voluto gettarli via e vedere la sua espressione dietro quell’ostacolo. Ma sarebbe stata un’azione troppo intima per due sconosciuti che fingevano di avere una relazione stabile.
-Se è quello che vuoi, va bene- acconsentì lui, con voce seria.
Federica abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, non aspettandosi per niente quell’accondiscendenza da parte sua, avrebbe pensato che lui si sarebbe svoltato male come il loro primo incontro e in quel momento capì che era una persona altamente lunatica.
-Ora cosa facciamo?- Tornò a chiedere lui.
Ecco, lunatico probabilmente era il suo secondo nome.
-Io torno al negozio a mangiare, devo aprire tra poco.
Rimasero in silenzio, indecisi su cosa fare, fino a quando lei non gli fece un cenno con la mano e si allontanò da quella vita che non le sarebbe mai appartenuta.
 
Guardò il suo triste panino con il tacchino e insalata e sospirò in modo sconfitto.
La sua vita sembrava attraversata da una bomba nucleare e ora era alle prese nell’aggiustare il tutto, salvando il salvabile. Che cosa aveva fatto di male nelle sue vite precedenti per meritare tanto disordine e scompiglio? Non che se ne lamentasse, ma almeno lei sperava in uno scompiglio più armonioso e soprattutto… positivo.
Tirò un morso al panino, aggiustando il fazzoletto di carta sul bancone dell’ingresso per evitare briciole sconvenienti.
Il comportamento di Luca era alquanto egocentrico e insopportabile potesse sopportare, ma la verità è che lui era se stesso. Non poteva di certo annullare il suo vero “io” solo per un contratto di lavoro.
Contratto? Di lavoro? Era davvero questo? La risposta poteva essere unica e sola: si.
Mentre mangiucchiava svogliata, sentì il rumore del campanello posto sopra la porta.
Alzando gli occhi al cielo, Federica borbottò tra se e se -non ho voglia di…- ma s’interruppe non appena vide una chioma bionda e una bruna venirle incontro.
-Di cosa non hai voglia?- Chiese una raggiante Viviana.
-Di lavorare- improvvisò sul momento Federica, ingoiando a fatica il boccone secco del pane.
-Tieni duro, oggi è sabato- la illuminò Dotty, chinandosi sul bancone per appoggiare i gomiti sul legno.
-Che ci fate qui?- Domandò Federica, guardando prima una che l’altra.
-Eravamo andate a fare la prova dell’abito ed eravamo di passaggio- spiegò Viviana guardandosi attorno e tastando qua e la qualche oggetto antico.
-Capisco- cincischiò Federica aspettandosi da un momento all’altro una novità. Non erano solite venire nel suo negozio quelle lì, c’era sempre qualcosa sotto.
Quando nessuno si decideva a parlare, Federica sbottò per prima. Era sempre così, lei era sempre la più razionale.
-Che c’è?- Chiese, sedendosi sullo sgabello dietro al bancone dove si trovava.
-Non le spezzare l’entusiasmo- ridacchiò Dorotea, tirandosi su.
-Addirittura è entusiasmata?
-Non sai quanto!
-Oh insomma, smettetela voi due- si difese Veronica, passandosi le mani nella coda alta, facendo sventolare la chioma fluente. Federica aveva sempre invidiato i suoi capelli, non quelli biondi, ma il fatto che non si siano mai rovinati in tanti anni che si conoscevano. E Viviana era solita non mantenere per più di due anni la stessa tinta. Se avesse fatto lei una cosa del genere, probabilmente non avrebbe nemmeno un pelo riccioluto in testa.
-Scusami tesoro- la canzonò bonariamente Dotty, spingendola con un fianco.
-Sto morendo dalla curiosità, dai Viv- la esortò Federica, sorridendo a quel quadretto. Era vero dopotutto, amava le sorprese.
-Va bene, va bene- prese fiato Viviana, chiudendo gli occhi.
Quando gli riaprì, scintillavano di emozione ed eccitazione.
-La sala ricevimenti, dove si terrà il matrimonio, ha invitato gli sposi, che saremmo io e Carlo…- prese fiato e nel mentre Federica si chiese se non facesse riferimento a Cracco, ma si mantenne dal chiederlo per non far infuriare Viviana e non far ridacchiare Dorotea.
-…i genitori degli sposi e… mantieniti forte, i testimoni più vari ed eventuali tra cui rientra la nostra adorata Dotty.
Il sorriso di Federica si spense.
-Sono impegnata.
-Ma se non ti ho detto ancora il giorno…- si lamentò Viviana mettendo il broncio.
-Sarò occupata e poi… voglio rimanere con la sorpresa di quello che sceglierai.
-Dai Fede, non puoi darmi buca a questo evento così importante.
-Ringrazia che non ti dia buca il giorno del matrimonio- la prese in giro Dotty facendo sorridere Federica.
-Lo sai che per me queste sono solo stupidaggini e poi non ne capisco niente di cibo e fiori. Sarebbe tutto tempo sprecato- si difese Federica, armeggiando con il registratore di cassa.
-Ma sono eventi importanti per me e vorrei avervi tutte vicine.
Ecco, aveva giocato l’unica carta che Federica odiava. La pietà. Non poteva giocare a quel gioco sapendo che qualche moina e il tono di voce mellifluo facesse vacillare l’acidità della ragazza.
-E va bene! Ti odio quanto fai così.
Viviana batté le mani entusiasta, mentre Dotty assecondava con la testa alzando un pugno in aria e in quel momento anche Federica partecipò a quel quadretto ridacchiando. Alla fine, perché non godersi la compagnia delle sue amiche nei preparativi per un giorno così importante?
-Ovviamente è invitato anche Luca.
 
Quando Federica finalmente tornò a casa, si lasciò cadere a peso morto sul divano dell’ambiente unico non appena si accedeva nell’appartamento al terzo piano della palazzina dove abitava. La casa era silenziosa e vuota, era abituata al movimento di sua madre che svolazzava a destra e a sinistra sempre impegnata in qualcosa e le mancava fare il tragitto di ritorno a casa con suo padre sul sedile del passeggero che le intimava di andare piano e fermarsi a tutti gli stop e a tutti i dare precedenza che trovava.
Mancavano da due giorni in casa ma sembravano essere passati anni, l’avevano chiamata dicendole che sarebbero tornati nella serata sul tardi perché avevano trovato traffico e dentro di se Federica non vedeva l’ora di parlare con loro. Voleva togliersi quel peso che si era formato sul petto quando ignorava la gravità della situazione e suo padre le era parso molto nervoso e stressato, tutto ciò non presagiva di certo delle novità buone.
Si portò un braccio sugli occhi, oscurando la visuale già scura di se. Non le andava bene niente ultimamente nella sua vita e avrebbe preferito quasi continuare la noiosa e monotona vita di Federica Belli di alcune settimane fa.
Si tirò su di scatto quando sentì il citofono suonare, era troppo presto per i suoi genitori.
Così, leggermente impaurita andò a spiare dalla finestra alla romana del salotto in cui si trovava, scostò le tende ma non riuscì a  vedere nulla. Era troppo in alto rispetto al portone.
Quando si decise di non considerare il campanello, questo tornò a suonare ancora più insistentemente.
-Ma che diavolo?- Borbottò Federica, decidendosi finalmente a finire quella pantomima. Erano le 21.30 di un sabato sera, chi poteva essere di così stupido da rapinare proprio la loro squattrinata casa annunciandosi al citofono?
-Chi è?- Chiese quasi sussurrando.
-E finalmente, quanto ci metti a rispondere?
Non poteva essere, Federica non poteva credere alle sue orecchie.
-Ero sotto la doccia- rispose appoggiandosi al muro ridacchiando.
-Interessante, il tuo fidanzato potrebbe vedere qualcosa?
-Lo sai che questo si chiama stalking?
-Non direi, ho portato da mangiare. Scendi?
Federica soppesò la richiesta, aveva già passato metà mattinata con Luca e non avrebbe voluto continuare con questa situazione ma mancavano ancora troppe ore per il rientro dei suoi genitori e sarebbe impazzita nell’attesa, il suo cervello avrebbe galoppato verso praterie inesplorate e si sarebbe contorta nella disperazione.
-Arrivo- decretò alla fine, senza neppure pensare come il ragazzo facesse a sapere dove abitasse, afferrando la borsa che aveva posato per terra e fiondandosi giù per le scale, non prendendo minimamente in considerazione l’ascensore. Ci avrebbe messo un sacco.
Quando varcò la soglia del portone, rimase con la mano per aria e la bocca spalancata.
Indicò l’oggetto su cui era appoggiato Luca, sbattendo le ciglia per accettarsi che non fosse frutto della sua immaginazione.
-Cos’è quella cosa?- Chiese, facendo un passo in avanti.
-Una navicella.
Federica chiuse la bocca e sorrise divertita, portandosi al petto le braccia incrociate.
-E tu saresti l’alieno?
-Se gli alieni sono affascinati come me, potrei esserlo…
Federica ridacchiando e scuotendo la testa, gli si avvicinò.
-Io sopra questa cosa non ci salgo.
-Il tuo problema, cara la mia Federica, è che non affronti il pericolo, l’ignoto- disse lui, staccandosi con un colpo di bacino dalla sua Ducati Monster nera, tirata a lucido con le sospensioni in grigio metallizzato.
Federica si sentì spiazzata, senza riuscire a ribattere in modo pungente com’era suo solito.
Luca aveva ragione e il fatto preoccupante è che si conoscevano da pochissimo tempo ma lui l’aveva già inquadrata in modo veritiero. Federica desiderava la novità nella sua vita, quel pizzico che le mancava per viverla al meglio, ma la verità è che tutto quello che era nascosto ai suoi occhi le faceva paura. Preferiva rimanere nel suo mondo, piuttosto che affrontare una cosa ignota.
-Che ne dici di affrontarlo con me?- Chiese lui, allungandole una mano aperta con il palmo verso l’alto.
Federica guardò scettica prima lui e poi quella mano tesa. Non si fidava ma qualcosa in quella voce le fece desiderare di provare e mentre afferrava quella mano ruvida e grande, non pensava alla paura di cadere nel burrone di chissà quale insidia ma pensava solo a quello che si sitava perdendo.
Luca sorrise vittorioso e l’aiutò a salire dopo di lui.
Federica rimase impacciata, con i piedi ancorati in modo precario ai lati di quel bolide e immobile ad aspettare sue indicazioni.
-Prima di tutto metti quella borsa a tracolla, la prossima volta non voglio vedere oggetti svolazzanti sulla mia moto.
-Se non ci rimetto le penne prima…
Luca fece finta di non sentirla, aspettando paziente che si mettesse quella borsa rossa e bianca a tracolla.
-Ora infila questo- le disse passandole il suo casco.
Federica lo prese tra le mani costatandone la pesantezza. Era pesante ma non troppo, quello che la fece preoccupare era la grandezza. Era enorme per la sua piccola testa.
-E tu cosa metti?- Chiese intimidita.
-Io sono un professionista tesoro, l’anguilla qui sarai tu e non mi va di vederti spiattellata per terra.
Federica fece una smorfia disgustata.
-Non essere sofisticata, una caduta ogni tanto ci sta- ridacchiò Luca, guardando la sua espressione dallo specchietto.
Federica decise di non ribattere, altrimenti sarebbe corsa nuovamente nel suo appartamento, infilò il casco e lasciò che Luca stringesse la cinghietta sotto il mento. Sentire le sue lunghe dita che le sfioravano il mento, le fecero correre i brividi sulle braccia e sperò che lui non se ne accorgesse, altrimenti avrebbe incolpato il vento. Peccato che quel giorno di giugno non ci fosse un bavero di aria.
-Fossi in te, mi aggrapperei a qualcosa- la invitò lui, mettendo in moto.
-Mi stai invitando a metterti le mani addosso?- Chiese in tono alto lei, credendo che lui non la sentisse dentro a quel casco gigante.
-Guarda che ti sento- ridacchiò Luca posando un piede sul pedalino -e comunque, per farmi toccare non mi servono questi trucchetti da adolescente- detto ciò non aspettò la risposta, accelerò però solo quando si accertò che Federica fosse con tutti e due i piedi piantati sulla moto.
Il contraccolpo la fece balzare in avanti, facendole sbattere il casco sulla spalla di Luca. In un gesto involontario, abbracciò l’addome del ragazzo chiedendosi se non gli facesse freddo sfrecciare nella notte con solo una camicia di lino, lei aveva freddo sulle braccia nude e l’aria le sferzava i capelli lasciati sciolti sotto il casco.
Quando passarono a velocità sostenuta vicino a una macchina in movimento Federica strinse forte la prese del ragazzo chiudendo gli occhi. Se fosse scesa viva da questo mostro, lo avrebbe ammazzato.
Ma in quel momento decise di rischiare, aprì piano gli occhi e lasciò che le lucine della citta le passassero accanto senza pericolo alcuno.
Sentiva il vuoto d’aria nello stomaco alle curve, mentre si allontanavano dalla città e le piacque. Stare lì sopra liberava la mente, la faceva sentire più leggera, come se non ci fosse stato niente e nessuno d’inopportuno nella sua vita.
Le piacque, staccò leggermente la testa dalla spalla del ragazzo e voltò il capo dall’altra parte, verso la campagna. Stavano salendo su di una collina e le parve di essere stata solo alcuni attimi sulla moto, che subito dopo si trovò ferma sul terreno, appioppata ancora a Luca.
-Non respiro- si lamentò lui, prendendola in giro.
-Era il mio intento- gli rispose lei, aspettando che lui scendesse.
Luca l’aiutò a slacciare la cinghietta del casco, facendole sentire ancora quella corrente che pensò essere solo elettricità statica.
-Libera- le sussurrò lui, appendendo il casco sul manubrio della moto.
L’aiutò a mettere i piedi per terra e lasciò che la ragazza prendesse familiarità con l’ambiente circostante.
Era una strada provinciale, illuminata dai fari della strada. Tutto attorno a loro c’era odore di fresco e quell’odore pungente delle campagne, del grano e della terra umida.
Non lo trovò un posto brutto, anzi tutt’altro. Era naturale, semplice e senza pretese. Non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo così mondano conoscesse quel posto.
-Vuoi ammazzarmi per caso?- Gli chiese, girandosi a guardarlo mentre Luca tirava fuori dal piccolo bagagliaio una busta di carta marrone.
-Se ti dicessi che ho preso in serie considerazione di farlo, mi crederesti?
-Probabile, visto che anche io ho pensato lo stesso per te.
-Ma io ho una moto per scappare.
-Io ho… le gambe?
Luca scoppiò a ridere, mentre appoggiava la busta sul sellino e ne tirava fuori dal bagagliaio un asciugamano.
-Aiutami piccola killer.
Federica aiutò Luca a stendere un telo da spiaggia poco distante dalla moto, diretto verso la luna che illuminava il cielo in modo chiaro e trasparente. Era una vista spettacolare.
Lei si sedette e portò le gambe al petto guardando l’infinità del cielo, un po’ le faceva paura tutto quel cielo buio, inesplorato e accattivante. Da piccola aveva sempre ammirato i bambini che dicevano “da grande voglio fare l’astronauta”, mentre a lei era sempre piaciuto costruire le case con i mattoncini e diceva che sarebbe diventata un grande architetto, avrebbe costruito il monumento più bello che avrebbero mai visto, lo avrebbero ammirato anche dallo spazio, anche a mille anni luce.
-Hai fame?- Chiese Luca, sedendosi accanto a lei e incrociando le lunghe gambe. Solo allora Federica si rese conto che aveva abbandonato i vestiti di quella mattina, ora aveva un jeans e una camicia di lino chiaro, si sorprese di non trovare gli immancabili mocassini, ma probabilmente non erano adatti a guidare quel dinosauro della sua moto, ora aveva delle semplici scarpe da ginnastica nere. Lei bhè… non aveva avuto nemmeno il tempo di cambiarsi. Sperava di non puzzare di sudore.
Assecondò con la testa e lo guardò mentre appoggiava sul telo, tra loro, vari contenitori.
-Abbiamo: involtini primavera, ravioli a vapore e nuvole bianche. Per dessert delle fantastiche barrette kit-kat. Ma…- si bloccò lui, guardando Federica.
-Ti piace il cinese, vero?- Chiese allarmato mentre lei gli sorrideva divertita.
-Preferisco il giapponese, ma mi accontenterò- rispose scherzando, rassicurandolo.
Luca aprì le vaschette e fece cenno alla ragazza di servirsi pure.
Rimasero in silenzio mentre sgranocchiavano gli involtini e le nuvole di drago.
-Posso chiederti il perché di tutto questo?- Domandò Federica, pulendosi le dita tra le labbra e indicando tutto quello che la circondava.
Luca abbandonò il cibo e si allungò con le gambe davanti a se, appoggiando i gomiti ai lati del busto.
-Mi annoiavo e avevo voglia di tornare in questo posto, l’ho scoperto solo ieri.
-Luca Morelli che si annoia? Non ci credo- lo canzonò lei, afferrando un raviolo e gustandolo silenziosamente.
Luca la osservò mentre la ragazza chiudeva gli occhi e lasciava che il sapore di quel piccolo raviolo l’esplodesse tra le labbra. Era un gesto semplice, involontario, che però Luca non si lasciò sfuggire. Era troppo intenso per lasciarselo sfuggire.
Quando Federica riaprì gli occhi, Luca tornò a guardare il cielo, accavallando le gambe.
-Ogni tanto capita- spiegò sintetico.
-Di sabato sera?- Tornò a chiedere la ragazza, interessata.
Luca si strinse nelle spalle -di solito mangio prima e poi esco. Ero solo a casa allora ho pensato di cenare con qualcuno.
L‘affermazione fece sussultare Federica, era venuto da lei solo perché non sapeva con chi passare la cena, quando avrebbe finito si sarebbe incontrato con i suoi amici, con le persone del suo calibro che non avevano niente a che vedere con lei. Probabilmente persone che avevano l’armadio pieno di camicie sartoriali, di polo e quei dannatissimi mocassini che lei odiava. Li avrebbe fatti sparire dal mondo con molta contentezza.
Non sapeva perché se la prendeva così tanto, probabilmente perché sapeva che quel mondo non sarebbe mai stato il suo.
-Probabilmente andremo a ballare da qualche parte e devo avere per forza la pancia piena- continuò lui, non accorgendosi dell’immobilità apparente della ragazza.
-Capisco- rispose lei, deglutendo quella sensazione che le si era appena aggrappata in gola.
Luca si voltò a guardare il volto di Federica non appena notò il suo tono di voce, la trovò con gli occhi bassi mentre giocherellava con i bracciali che aveva al polso destro.
-Ti senti bene?- Le chiese allungando una mano a scostarle una ciocca di capelli che gli oscurava la vista per gli occhi della ragazza.
Quando sfiorò i capelli per portarli dietro l’orecchio, lasciando una scia bollente dietro, Federica sollevò lo sguardo ammirando la profondità degli occhi del ragazzo.
Per la prima volta si guardavano negli occhi senza sotterfugi e Federica ebbe la sensazione di essere in trappola, come se delle manette di fuoco la tenessero bloccata senza poter muovere i polsi. In quel momento capì che la sensazione di fastidio, avuta qualche attimo prima non era generalizzata, non era per il mondo di Luca, di cui non le importava nulla di fronzoli ed etichette, era nei confronti di Luca Morelli stesso.
Perché quel ragazzo le piaceva, le piaceva troppo e la verità era che per lui non contava nulla. Per Dio, era solo un contratto di lavoro, lo avrebbe pagato per starle accanto. Quella era la verità e lei non poteva avere alcun cedimento perché Luca era come un precipizio, profondo, insidioso e pericoloso. E Federica ne aveva paura.
Con gli occhi spaventati, guardò per lunghi attimi quelli grigi del ragazzo che la scrutavano indecifrabili. Luca Morelli era un mistero.
Un suono lontano la fece spezzare quel contatto visivo, riconoscendo la sigla di Teen Wolf come suoneria del suo cellulare. Voltò la testa facendo allontanare la mano calda e grande di Luca.
Federica si alzò in piedi e afferrò il cellulare dalla borsa, guardando il mittente della chiamata.
-Devo tornare a casa, i miei genitori mi stanno aspettando.
Luca assecondò con la testa e, aiutato dalla ragazza, aggiustò tutta la cena non consumata nel bagagliaio insieme al telo da spiaggia.
Il viaggio di ritorno fu più tranquillo, silenzioso ma più pesante.
Federica rimuginava sulle notizie che le avrebbero dato i genitori e sulla scoperta appena fatta su quel ragazzo che ora guidava nella sera buia.
Chiuse gli occhi sperando di svegliarsi nella sua stanza prima che tutto questo fosse successo.
Probabilmente Luca aveva guidato più veloce della norma, perché in un attimo apparente si trovarono sotto casa di Federica.
Aspettò che il ragazzo l’aiutasse a slacciare il casco e si preparò a quei brividi che non si fecero attendere più del dovuto.
-Allora…- dissero tutti e due contemporaneamente.
Luca ridacchiò e Federica gli sorrise anche se si sentiva impacciata.
Grazie della cena.
Luca fece un cenno della mano, colpendo l’aria e le sorrise. Un sorriso che fece vacillare Federica.
-Bhè… buona serata- disse lei, passandogli il casco.
-Anche a te.
Federica si voltò per andare al portone ma si ricordò solo allora di una cosa. Quando si voltò vide Luca che si stava infilando il casco e stava accendendo la moto.
-Luca!- Lo chiamò.
Il ragazzo si voltò a guardarla, alzando il vetrino del casco.
-Viviana ci ha invitati ad una festa di preparazione al matrimonio, capisco se tu non voglia venire… alla fine è solo una cosa…
-Fammi sapere quando- le rispose lui sorridendo.
Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, che Luca era scomparso nella notte. Di lui c’era solo una lucina rossa proveniente dalla moto.

 

Buonasera lettori!
Perdonate il ritardo nel pubblicare, ma sembra che anche una pantofolaia come me non ci sia più tempo di far niente.
Argh. Probabilmente andrò a chiedere un prolungamento delle ore gionaliere.
Ma... ora parliamo della storia.
Luca, Luca, Luca. Quando sei figo su quella moto, eh? Ammiro Federica per essere sopravvissupa alla visione. 
Focalizzatevi su un passaggio particolare, la nostra piccola Federica deve fare i conti con una verità scomoda per la sua parte cinica. Chi ne uscirà vivo?
Ora tocca a voi... fatemi sapere cosa ne pensate e sancite il vostro passaggio con qualche parolina di incoraggiamento alla me medesima.
Vi auguro un buon proseguimento e a presto.

Sempre vostra
IlaPerla

T'ho. Un Luca Morelli in moto :P 

 
  
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