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Autore: Jenny Ramone    11/12/2015    4 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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“Dove eravamo rimasti? Ah si, al matrimonio.
Scusami se sono un po’ fuori di me però ultimamente sono più le notti che non chiudo occhio che quelle che dormo…e ho lavorato in redazione tutto il giorno, l’incendio di quella fabbrica in periferia ha causato molti danni e con tutti i morti che ci sono stati perfino il governo è stato smosso!”-incominciai, sbadigliando.
“Si, anche io ci ho lavorato Cittadina.
Insomma, si sa che i bambini e le donne sono sfruttati però nessuno ne parla mai, sembra che per il popolo inglese sia accettabile questo comportamento… tanto finchè non è un problema loro i cari Lords si tengono ben alla larga.
Magari con quello che è successo saranno costretti ad aprire gli occhi e migliorare le condizioni dei lavoratori, finalmente.
Dai Irène, non ti sei ancora abituata al the inglese che non dormi? Mi sa che dovrai tornare in Francia se non riesci a convivere con il the”-scherzò William.
Lo guardai rattristata.
“Non è per il the, William.
Jean è stato male di nuovo… va a periodi… ci sono settimane più tranquille e settimane come questa.
Ormai sono abituata, lui stesso mi dice di non preoccuparmi però non ci riesco, così lo veglio per intere nottate senza chiudere occhio.
Capirai cosa vuol dire amare una persona al punto di sacrificarsi in tutto per lei, occuparsi di lei e starle vicino anche quando arriva a farsi schifo da sola,sostenerla davvero nella buona e nella cattiva sorte.
E’ ancora lontano il momento in cui ti parlerò di Jean”.
William annuì.
“Dopo il matrimonio Jean tornò al lavoro ma presto il padrone della fonderia si vide costretto a diminuire i salari per cui noi ci trovammo ad arrancare sempre di più.
Nel frattempo a settembre Jean Paul Marat stava per fondare il suo giornale, “L’Ami du Peuple” .
Quell’uomo mi piaceva parecchio.
Mi piaceva il suo impegno sincero per il sanculotti, la sua capacità di istigare le masse, di organizzarle e la sua voglia di conferire più potere al popolo, umiliato e maltrattato e di riuscire a distruggere il potere monarchico.
All’epoca queste caratteristiche stavano emergendo e non erano ancora così evidenti come sarebbero diventate di lì a qualche anno ma io avevo già compreso che mi sarei schierata a suo favore.
Presto ne parlai con Jean: decise che Marat valeva la pena di essere seguito e da quel momento ogni parola dell’Amico del Popolo per noi divenne legge.
                                                                                                                **********
Un pomeriggio stavo servendo ai tavoli del Cafè Procope quando mi si era avvicinato un uomo sulla cinquantina, i capelli neri avvolti in una specie di asciugamano che puzzava terribilmente di aceto, una vecchia giacca verde e uno sguardo beffardo: Jean Paul Marat in persona.
“Cittadina!”
Sconcertata, lo avevo osservato con aria ebete.
Lui aveva continuato:
” Si, tu.
Seguimi”.
Eravamo saliti nel sottotetto del Cafè e mi aveva apostrofato:” Cittadina Irène, vero?
Mi sono informato su di te, sembri una ragazza sveglia e mi hanno detto che hai anche una certa cultura rispetto alla media delle masse popolari… mi dicono che vendi giornali quindi saresti già abituata al lavoro che voglio proporti.
Forse sai già che presto inizierò a pubblicare un giornale che si chiamerà “L’Ami du peuple”.
Se ti proponessi di lavorare per me e occuparti delle vendite, accetteresti?”-domandò.
Ero davvero senza parole.
Sconvolta.
Ebbi la forza di pronunciare un “Si, certamente Cittadino!”.
“Molto bene.
La tipografia si troverà qui in soffitta, se avessi bisogno di venire a parlare con me.
Per il resto, il giornale verrà venduto all’alba al prezzo di un soldo.
Tutto chiaro?”.
Annuii e tornammo al piano inferiore.
Finito il turno quella sera me ne tornai a casa, in silenzio, cercando di evitare le vie affollate.
Volevo meditare sulla nuova possibilità che mi era stata data.
“Jean!
 Jean!
Non indovinerai mai cosa mi è capitato oggi!”.
“Avanti, sentiamo, mi devo preoccupare?”.
“Assolutamente no.
E’ una cosa bella.
Jean Paul Marat mi ha proposto di lavorare per lui”.
Jean, che stava accendendo una candela, per lo stupore si bruciò un dito  con il fiammifero e imprecò.
“ Cosa?????”-riprese rivolgendosi a me” Marat ti ha proposto di lavorare per lui?
Proprio quel Marat?
Il sostenitore dei sanculotti?
Non ci credo”.
“Ebbene si, credici.
Lavorerò per Marat.
Vedrai, vedrai che ci aiuterà per davvero, me lo sento”-gridai in preda all’emozione.
“D’accordo, non sono più fiero di mia moglie.
Sono assolutamente stupefatto.
Hai sentito figlio mio, che madre che hai?
L’ho sempre detto che sei una donna di talento Irène, io non sbaglio mai nelle mie scelte”.
Bussarono alla porta.
“Irène, sono io.
Sono passata per parlare della divisione del denaro per quelle ragazze che sono venute da noi l’altro giorno…”.
Era Véronique.
Ultimamente stavo molto attenta a chi bussava alla porta, avevo sempre paura che si trattasse di quei capelli biondi.
Jean uscì sul tetto a fumare la pipa mentre noi ci sedemmo e cominciammo a discutere e fare i conti.
Il mio progetto di insegnare alle mie amiche a leggere e scrivere stava proseguendo bene e Verònique riusciva già a leggere cose semplici e scribacchiare: ero contenta sia di lei che delle altre.
Dopo un paio d’ore sentimmo un colpo molto forte e un vetro della finestra si spaccò: ci alzammo in piedi di scatto.
Jean si lanciò nella stanza chiedendoci cos’era successo mentre Renè si era spaventato e piangeva.
Mio marito si avvicinò alla finestra, senza farsi vedere, per controllare il danno e trovò un grande sasso;pensavamo fosse stato un ladro.
“Véronique!
Lo so che sei lì!
Scendi!
Lo so che sei lì, ti ho seguita e tu sei tanto stupida che non te ne sei nemmeno accorta!
Scendi troia!
Fammi vedere i miei figli!
Sophie!
Gérard!
Maledetti  quella puttana e quel mentecatto che ti hanno ospitata e ti reggono la parte.
Vieni giù che ti faccio vedere io!”-urlò una voce da uomo.
Vèronique impallidì.
“E’ Serge, il mio fidanzato.
E’ ubriaco.
Mon Dieu… mi dispiace, non avevo idea che mi seguisse.
Adesso scendo così risolviamo tra noi, non vi voglio mettere nei guai oltre”-sussurrò, con le lacrime agli occhi.
“Non ti preoccupare Véronique, ci penso io.
Farò in modo che non ti dia più fastidio.
State in casa.
Chiudetevi dentro e non aprite qualunque cosa succeda”-Jean si era già avviato per le scale.
“Per carità Cittadino Jean, non andare!
E’ fuori di sé, ti farà del male!”.
“Lavoro in fonderia, ho le braccia forti.
Fidati Véronique, gli farò passare la voglia di darti fastidio.
Io sono bravo ma quando mi si prende nel quarto d’ora sbagliato posso essere poco raccomandabile.
Chiedi a Irène.
Se ne ricorderà per un pezzo”.
Ci affacciammo alla finestra: sotto casa nostra si era radunata una piccola folla e le luci delle case vicine erano accese.
Serge aveva urlato tanto forte che i vicini si erano preoccupati.
Sentivo dei signori commentare:” Il Cittadino Jean? No, è impossibile che si sia messo nei guai, è un bravo ragazzo”.
Un gruppo di ragazze della mia età invece, molto fantasiose, non perdeva occasione per fare apprezzanti su mio marito e fantasticava su chissà quale duello.
“Si si vi dico che il Cittadino Jean si batterà in duello con quell’uomo!
Sicuramente sarà l’amante della Cittadina Irène!”-incominciò una.
“Ma cosa dici Charlotte!
La Cittadina Irène non è stupida e ne sa in fatto di uomini.
Non tradirebbe mai Jean.
Dio, è così bello!”-rispose un’altra mentre una terza diceva:” Prima quell’ubriacone che urlava chiamava “Véronique”, forse è una delle amiche della Cittadina Irène, lui sta solo cercando di difenderla!”.
Jean raggiunse Serge, che se ne stava appoggiato al muro, tranquillo come se niente fosse.
“Cittadino, spiegami cosa ci facevi a notte fonda davanti a casa mia e per quale motivo pensi di poter venire qui a urlare come un pazzo e a spaccare i vetri.
Pretendo che me li paghi.
E soprattutto che sparisci e lasci in pace Véronique e i bambini, non ti vogliono più vedere”.
Serge gracchiò:” E chi sei tu per dirmelo? Non mi fai paura.
Non ti immischiare se non vuoi che ti faccia male.
E adesso lasciami passare che me la vedo io con la mia ragazza, quella puttanella da quattro soldi”.
“Vedi Cittadino Serge… io non credo che lo farai.”-sibilò Jean, mentre si toglieva la giacca.
“Mi stai sfidando, Cittadino?”.
Jean sorrise, con il suo sguardo più falso:” Può darsi”.
Veloce con il vento mollò a Serge un potente pugno in faccia.
Il fidanzato della mia amica lo guardò un secondo, pulendosi il sangue che gli usciva dal labbro come se non volesse credere di aver subito un tale affronto.
“Allora vuoi la guerra….”-urlò mentre aggrediva Jean.
Mio marito si difese bene e per qualche minuto lo caricò di pugni,lasciandolo sanguinate e tumefatto sul marciapiede.
Serge non perse tempo e scappò come un ladro, deriso da mezza Montmartre, mentre si lamentava e bestemmiava.
Il “pubblico” applaudì come se si fosse trattato di uno spettacolo teatrale.
“Sono felice  di avervi allietato la serata.
Buonanotte Cittadini”-concluse Jean abbozzando un inchino.
Quando tornò in casa noi stesse applaudimmo mentre Véronique si sprecava in ringraziamenti.
Jean la accompagnò fino alla nostra sede perché la mia amica, dopo essersi trovata un lavoro al mercato, si era stabilita nella stanza da letto della vecchia casa abbandonata con i bambini: quella notte le avrei proposto di dormire da noi ma i bambini erano a casa da soli e non potevano essere avvertiti.
“Serge sparì dalla vita di Véronique? Jean si è davvero fatto valere, avrei voluto godermi lo spettacolo.
E poi che è successo?”-William mi si avvicinò sollevando la penna in aria, sempre più coinvolto dal racconto.
Gli feci segno di sedersi:” Non sei mica alla tribuna William, calmati.
Dai che adesso arriva un incontro che ti interesserà”.
Quando il mio collega si ricompose, ricominciai.
“Un mattino di fine settembre all’alba me ne stavo in strada a vendere l' "Ami du peuple": ne avevo già vendute quasi tutte le copie, me ne rimaneva solo più una.
Stavo per andarmene quando mi si avvicinò un uomo.
L’Ami du Peuple Cittadina.
Sono ancora in tempo?”.
Lo osservai.
Puoi immaginare chi fosse quell’uomo.
“Sono finiti.
E non si vendono ai monarchici, nemmeno se li pagano bene”-finsi indifferente.
Lui però non si arrese e mi parlò all’orecchio: “E  chi ti dice che io sia un monarchico?
Come sei prevenuta.
Non va bene, dovresti essere un po’ più umile, Cittadina Fournier”.
Mi credi se ti dico che in quel momento se fossi stata da sola con lui lo avrei strozzato?
“ Sei un uomo sbagliato dalla testa ai piedi.
Sparisci Armand.
E non ti azzardare mai più ad avvicinarti a me o ai miei cari”-sussurrai con una voce agghiacciante.
Armand mi passò una mano tra i capelli:
” Sparisco.
Ma non per molto, te l’ho detto.
Comunque è stato un piacere rivederti Irène, sei sempre più bella!”.
Quel pomeriggio andai a sistemare delle faccende per le donne: quando arrivai c’era la fila, mi stavano aspettando, ognuna con un problema diverso.
Thérèse e Marion ne avevano già congedate il maggior numero possibile in mia assenza ma erano rimaste quelle che volevano parlare specificatamente con me.
Ultimato il lavoro arrivò Sophie: si sedette al tavolo e incominciò a pettinare la sua bambola.
Alzò lo sguardo su di me:” Cittadina Irène, sei triste?
Hai pianto?
Hai una faccia…
Ti do un bacino così non sei più triste”.
Marion e Thérèse mi raggiunsero e mi squadrarono entrambe.
Chiesero a Sophie di lasciarci sole.
“C’è qualcosa che non va vero?
Cos’è successo?”-domandarono in coro.
Mi affrettai a negare, a dire che ero solo un po’ stanca ma andava tutto bene.
“Sono preoccupata per la situazione e per quello che sta succedendo in città.
Per il resto va tutto bene, davvero”-cercai di convincerle.
In un primo momento parvero convinte poi Marion mi si avvicinò:” Ti è successo qualcosa di brutto, me ne accorgo a guardarti.
Sono la tua migliore amica Irène, ti conosco e non mi puoi ingannare.
Se vuoi parlarne io ci sono, sappilo.
Ti aiuterò.
Non tenere un peso così grande per te”.
La ringraziai ma capii che non avrei potuto chiedere il suo aiuto.
Era una questione che avrei dovuto risolvere da sola ma non potevo permettere che mi assorbisse la vita.
Avevo impegni più urgenti. Il pane cominciava a scarseggiare e sentivo nell’aria che il popolo si sarebbe organizzato nuovamente: presto la mia presenza sarebbe stata richiesta per questioni più importanti di Armand.
Rientrata a casa la mia vicina mi fermò sul pianerottolo, allarmata.
“Cittadina Irène, c’è una lettera per te.
E’ una carta strana, sembra quella che hanno usato per annunciarmi la morte di mio marito…”.
Le strappai la busta di mano: era da parte di mio padre.
Una lettera listata a lutto.

ANGOLO AUTRICE: Ciao! :)
Ecco il capitolo 8!
Vi spiego la mia tecnica: lo so che non succede molto ma ho pensato di alternare un capitolo “fondamentale”, con colpi di scena e avvenimenti importanti, a capitoli più blandi e dialogici che si concentrano anche sulle vicende degli altri personaggi.
La storia l’ho detto e lo ripeto, sarà lunga e siamo solo all’inizio: abbraccerà tutta la Rivoluzione fino a Termidoro e quindi armatevi di pazienza se volete seguirla, davvero.
Cerco di descrivere solo i punti salienti per non appesantire troppo però capite che per quanto mi sforzi rimane un racconto storico e dato che i personaggi sono coinvolti così profondamente dagli eventi non si può tagliare più di tanto.
Irène ha fatto carriera, avete visto?
Adesso vende il giornale di Marat!
( E vi pareva che non ci sarebbe finita? Guarda caso… ahah).
Armand però è riuscito a intercettarla anche lì, è terribile!
La lascerà in pace almeno per un po’?
Un grande applauso per il nostro Jean che ha preso a pugni quel bastardo di Serge: sta volta non so se avrà ancora il coraggio di avvicinarsi a Véronique.
Anzi, scusate per il linguaggio di Serge: non vi scandalizzate vero?
Ho pensato di renderlo un personaggio volgare, è stato utilizzato proprio per rendere l'idea di che uomo sia, non lo faccio parlare così perchè mi diverte.
La nostra protagonista ha appena ricevuto una lettera listata a lutto: cosa sarà successo?
E poi, perché Jean sta male?
A cosa si riferisce Irène all’inizio del capitolo?
Siete curiosi?
Lo scopriremo lentamente,poco alla volta…
Alla prossima e grazie! :)
Jenny
PS: Mi sembra ovvio ma lo specifico comunque: l’incendio a cui si riferisce Irène me lo sono inventato di sana pianta, non è un fatto storico!
Mi sono ispirata ad alcuni incidenti di cui si ha notizia più che altro nell’Ottocento… anche le fabbriche che Irène descrive sono tipiche della Rivoluzione Industriale che all’epoca non era ancora all’apice però le fabbriche che io sappia cominciavano ad esserci.
Diciamo che mi sono presa una piccola licenza poetica dalla minuzia storica.

  
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