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Autore: Mary P_Stark    12/12/2015    2 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Un amico ci accetta per come siamo e ci aiuta ad essere quello che dovremmo.
(Anonimo)
 
 
 
Vigilia di Natale (Alec)
 
 
 
 
 
La Vigilia di Natale.
 
Era un bel giorno per rivedere sua figlia e, al tempo stesso, un giorno terrificante.
 
Perché, all’aeroporto, non ci sarebbero stati soltanto Alec e Penny, ad attenderla – lui le mancava terribilmente, più ancora di quanto avesse immaginato in un primo momento – ma anche la sua futura suocera.
 
In quei mesi di lontananza, sia Alec che Penny si erano impegnati a sottolineare con Erin quanto Irina fosse tutto tranne che temibile. La figlia, letteralmente, ne era entusiasta, ma quello non l’aveva stupita.
 
Dopo il trattamento subito dai suoi ‘veri’ nonni– sia materni che paterni, tolti i genitori di Marcus – non l’aveva sorpresa sentirla così eccitata.
 
A Penny sarebbe bastata mezza parola carina, per trovarla simpatica, ma questo non le aveva certo detto di più, sulla madre di Alec. Certo, poteva apprezzare il fatto che Penny fosse ben voluta e amata, ma la cosa finiva lì.
 
Come ogni donna sapeva fin dall’inizio dei tempi, due femmine nella stessa casa difficilmente andavano d’accordo. La territorialità era innata in qualsiasi creatura dotata di gene XX, a maggior ragione se si trattava di due licantrope.
 
Come avrebbe trovato, quindi, Irina Petrova Dawson? Sarebbe stata la donna tanto decantata dai suoi due amori, o avrebbe trovato un’infida serpe che le si sarebbe annidata in seno?
 
Conosceva davvero poco la famiglia Dawson e, a parte ciò che aveva saputo da Patricia e le parole smozzicate e piene di incubi di Alec, aveva ben poche frecce al suo arco.
 
A onor del vero, però, Alec non avrebbe difeso a spada tratta una persona meno che meritevole e, soprattutto, non una che avesse trattato male la piccola Penny.
 
O no?
 
Sbuffando per l’ennesima volta, Erin deglutì a fatica quando l’aereo toccò finalmente terra. Era inutile rimuginare oltre. Avrebbe affrontato a testa alta la donna e non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da nessuno.
 
Non giungeva lì come ospite, ma come futura Prima Lupa.
 
Scese quindi in buon ordine dal velivolo e, dopo essersi incamminata per raggiungere il nastro scorrevole per recuperare la sua valigia, osservò torva la distesa di bagagli scorrere dinanzi a lei uno accanto agli altri.
 
Il resto delle sue cose sarebbe arrivato tramite corriere; con lei, aveva portato il minimo indispensabile per poter soggiornare a casa di Alec senza dover acquistare in toto abiti e quant’altro.
 
Quando, infine, il suo trolley rosso fuoco la raggiunse, Erin lo afferrò senza fatica e si diresse alle file per i controlli di routine.
 
Non impiegò più di mezz’ora per il disbrigo dei controlli al metal detector e, quando finalmente poté mettere piede nel terminal d’uscita, sorrise spontaneamente nel vedere la figura di Alec.
 
Imponente e statuario come lo ricordava, portava i capelli leggermente più lunghi rispetto alla zazzera militare con cui lo aveva conosciuto a Belfast pochi mesi addietro.
 
Accanto a lui, una donna minuta e dai corti capelli bianchi stava sorridendo ad Alec – Irina? – che, nel piegarsi su un lato, mise infine in mostra la figura di Penny.
 
Seminascosta dalla corporatura massiccia di Alec, Penelope sembrava essere immersa in un pesante piumino azzurro cielo, lungo fino a metà coscia. Il colletto di pelo le nascondeva in parte il viso, ma non i capelli che, a Erin, parvero un tantino diversi da come li ricordava.
 
Un attimo dopo, ne comprese il motivo.
 
La lunga chioma era sparita, sostituita da un taglio più sbarazzino e dalla linea scalata, che le faceva risaltare il visetto da fata.
 
Tra i capelli, portava un cerchietto col fiocco che Erin non le aveva mai visto.
 
A ben vedere, niente di quello che indossava sembrava provenire dal suo guardaroba originale.
 
Accigliandosi, Erin cominciò ad avvicinarsi a loro, domandandosi nel frattempo cosa diavolo avesse combinato Alec in quei mesi di lontananza. Non le aveva completamente rifatto il guardaroba, vero? Vero?
 
Tremò al pensiero di doversi imporre anche su quello. Come avrebbe fatto a far capire a un uomo testardo come Alec, che non si potevano accontentare tutti i capricci di Penny?
 
Lasciando per il momento perdere quel pensiero, levò un braccio per farsi vedere dal gruppetto in attesa e, infine, Erin esclamò: “Ehi, sono qui!”
 
Subito, Alec registrò la sua voce e, con possenti falcate, la raggiunse rapido per poi afferrarla possessivo alla vita. Un attimo dopo, la schiacciò contro il torace e fece sua la bocca della donna, imponendosi su di lei senza troppi complimenti.
 
Erin se ne compiacque. Le era mancata davvero la sua forza, così come i suoi modi di fare spicci e sbrigativi.
 
Istintivamente, gli avvolse le braccia attorno al collo e approfondì il bacio, infischiandosene del luogo e della tempistica. Che li guardassero pure. Non aveva nulla da nascondere.
 
Fu la risatina di Penny, però, a farli scostare l’uno dall’altra e, nel lanciare un’occhiata divertita alla figlia, Erin si piegò per abbracciarla, mormorando: “Ciao, amore mio. Come stai?”
 
“Sto bene, mamma. E mi sembra anche tu” chiosò la bimba, ammiccando all’indirizzo della madre.
 
Lei rise, arrossendo leggermente e, quando si rimise diritta, si ritrovò a curiosare dei profondi e limpidi occhi chiari, color ghiaccio, che la stavano ammirando con aria ammaliata.
 
Erano molto simili a quelli di Alec, ma del tutto privi della tempra da guerriero del licantropo che lei amava.
 
“Dalla reazione di mio figlio, non poteva essere che Erin. E’ un piacere conoscerla, finalmente” esordì Irina, allungando una mano verso la giovane. “Io sono la madre di Aleksej. Irina.”
 
Oh, già, Aleksej.
 
Si era sorpresa non poco nello scoprire il vero nome di Alec e, soprattutto, il motivo per cui non lo usasse mai.
 
Suo padre era stato solito chiamarlo così quando lo picchiava, o durante i suoi abusi più cruenti, perciò il licantropo aveva finito con il detestare anche solo il suono di quel nome.
 
A quanto pareva, però, sulle labbra di Irina assumeva un significato del tutto diverso, visto che al licantropo pareva non dare fastidio.
 
“Il piacere è mio, Mrs Dawson. Spero che mia figlia non l’abbia annoiata a morte, con le sue chiacchiere” si premurò di dire Erin, sorridendo poi alla figlia.
 
Irina, però, lanciò un’occhiata amorevole a Penny e, scuotendo il capo, replicò: “Non potrebbe mai stancarmi. Ha allevato un angioletto, Erin. E, da quel che ho capito, anche il padre di questa creaturina è stato un uomo degno d’onore e rispetto.”
 
Sorpresa, Erin fissò la figlia con aria piena di sorpresa ma lei scosse il capo, lanciando poi un’occhiata di straforo ad Alec, che stava facendo di tutto per non farsi notare.
 
Sorridendo spontaneamente di fronte a quella scoperta, la donna si avvicinò a lui per dargli un bacetto sulla guancia sfregiata e, in un sussurro, disse: “Grazie per aver decantato i doni di Marcus.”
 
“E’ merito suo se Penny è così, non certo tuo” ghignò per contro l’uomo, guadagnandosi un pizzicotto in un fianco.
 
Anche questo le era mancato; i suoi continui scherzi, le due punzecchiature spontanee.
 
I suoi rari sorrisi.
 
Era difficile comprendere come, un carattere così spigoloso e difficile, potesse piacerle, eppure era così. Marcus era stato la quintessenza della gentilezza e dell’amore, eppure non era mai riuscita del tutto a ricambiare una simile affezione.
 
Con Alec, invece, tutto era stato difficile fin dal principio, eppure si era sentita spinta verso di lui come l’ago magnetico di una bussola punta il Nord.
 
Lei non era fatta per le svenevolezze e i salamelecchi. Voleva un uomo di polso, che sapesse tenerle testa. Alec era tutto questo, oltre che un’ottima guida e un protettore per Penny, che letteralmente lo adorava.
 
“Direi che possiamo andare… o pensate di vegetare qui?” buttò lì Alec, avvolgendo le spalle di Penny, che passò un braccio attorno alla sua vita stretta.
 
“Sempre il solito elegantone, vero?” celiò Erin, cercando il suo trolley.
 
Nel vedere che era già nelle mani di Alec, sorrise.
 
No, non sarebbe mai stato un esempio di bon ton e cortesia vittoriana, ma era il maschio giusto per lei. Ruvido fuori, quanto morbido dentro.
 
***
 
La vista del cottage immerso nel verde la soddisfece – pur sapendo bene come fosse, grazie alle fotografie inviatele da Penny – e, quando si ritrovò di fronte al camino acceso e con una cioccolata calda tra le mani, sospirò tranquilla.
 
Alec e Penny erano fuori, nella legnaia, per fare scorta per la sera, mentre Irina sedeva con lei nel salotto, la voce dello speaker del TG a fare da sottofondo a quel pomeriggio sereno e passato in famiglia.
 
“La ringrazio per come ha accolto mia figlia. Immagino che debba esserle parso tutto molto strano. Vede partire suo figlio per una specie di caccia ai mostri, e torna con una bambina e…” indicandosi, Erin sorrise divertita. “… una donna pronta a invadere il suo territorio.”
 
Irina sorrise e, nello scuotere il capo, replicò con sincerità: “Mi ha sorpresa, questo è sicuro, ma in positivo. Erano anni che sognavo un futuro sereno per il mio ragazzo, un futuro che la mia viltà gli aveva impedito di avere.”
 
Irina quindi sospirò, lanciando un’occhiata alle lingue di fiamma che bruciavano nel camino, prima di proseguire.
 
“Roland non ha mai amato i suoi figli. Di certo, non quelli di primo letto, e neppure quelli di secondo, se è per questo” mormorò la donna. “Il fatto di poter procreare lo rendeva orgoglioso perché lo faceva sentire virile, ma il suo essere padre iniziava e terminava lì.”
 
Erin rammentava bene la storia della bambina che, il padre di Alec, aveva ucciso per errore. Non la stupiva che Irina sapesse dei trascorsi del marito, e non provasse rancore o altro.
 
Era più probabile che sentisse più dolore e compassione per quella perdita innocente, che odio verso la donna che l’aveva partorita.
 
Le donne che avevano generato i figli di Roland Dawson erano state vittime di un licantropo violento e senza scrupoli, ugualmente prigioniere di un uomo senza alcuno scrupolo morale.
 
“Sa, vero, dei trascorsi di Aleksej con suo padre?” le domandò l’anziana, fissandola dubbiosa.
 
Erin annuì. “Me ne parlò prima di partire. Di se stesso e di Patricia.”
 
“So che mia figlia è nel suo branco. Lei e Andrew stanno bene?” si informò allora Irina, tornando a sorridere.
 
“Sì, e mi hanno detto che verranno a Bradford per festeggiare il Capodanno con noi” la informò, vedendola illuminarsi tutta a quella notizia. “Le ho portato anche delle foto, se vuole vedere suo nipote.”
 
Subito, Irina si avvicinò a Erin per meglio vedere e, quando l’ebbe a portata di mano, la baciò su una guancia, sorprendendo appieno la giovane licantropa.
 
Erin la fissò basita, ma Irina si limitò a dire: “Grazie. Per tutto.”
 
“Non ho fatto molto…”
 
Un sorriso canzonatorio sorse sul volto dell’anziana, che ribatté: “Mi hai lasciato in custodia tua figlia, e ridato un figlio che pensavo di aver perso per sempre a causa della mia viltà. Ti pare poco, cara?”
 
Il gergo confidenziale le venne spontaneo e, nel prendere nelle sue una mano di Erin, Irina proseguì dicendo: “Ciò che hai fatto è enorme, e non potrò mai ringraziarti abbastanza, per questo.”
 
Stringendo quelle mani fragili e sottili, la giovane mormorò in risposta: “Alec ci ha salvate. Perciò, dovremmo essere noi a ringraziare. Diversamente, io avrei continuato a vivere solo per mia figlia, senza pensare a un futuro anche per me. E mia figlia sarebbe cresciuta senza un padre a proteggerla, o anche solo ad amarla.”
 
“Se non ti spiace, mi sentirò ancora in debito con te per un po’. Ma lo farò con discrezione” le propose allora Irina, ammiccando.
 
“Come crede…”
 
“Dammi pure del ‘tu’, cara, e chiamami pure ‘mamma’, se vuoi. Non ti obbligherò, ovviamente, ma mi renderesti felice.”
 
Gli occhi d Erin si fecero densi di lacrime che, però, non versò e, debolmente, mormorò: “E le … ti starebbe bene, come dote, la figlia che ho avuto da un uomo che non mi ha neppure voluta?”
 
“Penny non ha colpe per ciò che fece il suo padre naturale, come tu non ne hai per la viltà di questo lupo che non vi ha volute. La bimba è cresciuta sotto l’ala di una donna forte e di un uomo d’onore, che vi ha amate e protette. Ora, Penny diverrà donna con un altro uomo forte e che distruggerà il mondo, piuttosto che vederla infelice. Certo, che la voglio. Come voglio te come figlia, tesoro.”
 
Erin sbuffò per l’imbarazzo, si fece aria con una mano per darsi una calmata e, ridendo nervosamente, esalò: “Oh, cielo… beh, non so che dire… non me l’aspettavo, ecco.”
 
“Ero molto in ansia, proprio perché Penny mi aveva detto che, con i tuoi genitori, ci sono delle cose in sospeso” ammise Irina, sorprendendola.
 
“Non hanno accettato la mia decisione di tenere Penny” assentì Erin, adombrandosi in viso. “Ritennero stupida la mia scelta di aver giaciuto con un licantropo dalle spiccate doti di seduttore e, quando seppero della gravidanza, andarono su tutte le furie.”
 
“Posso solo dirti che io sono felice tu l’abbia tenuta e, nei limiti del possibile, cercherò di esserti d’aiuto. Non mi intrometterò, né sarò di peso alcuno. Me ne starò per i fatti miei, e…”
 
Erin sgranò gli occhi, di fronte alla lista di cose che Irina le pose innanzi e, soprattutto, alla sua decisione di non essere presente nella loro vita. Bloccandola perciò sul nascere, esalò: “No, no, no. Irina, la prego… ti prego! Questa è casa tua da un sacco di anni, e ci hai abitato con tuo figlio per lungo tempo. Sono io l’ospite, qui.”
 
“Non ospite, cara, ma futura moglie di mio figlio.”
 
“Non desidero che tu resti in disparte. Ci vorrà del tempo, perché io mi ambienti all’interno del branco, e saperti al mio fianco assieme ad Alec, mi rincuorerebbe” ammise Erin, sorridendole speranzosa. “Inoltre, non vorrei mai darti l’impressione di essere venuta qui per allontanarti da tuo figlio.”
 
“Il mio appoggio non ti mancherà mai, cara, ma preparati a un fuoco incrociato di domande, perché sia Hati che Sköll vogliono sapere come tu abbia fatto capitolare il loro Fenrir” ironizzò l’anziana, facendola sorridere.
 
Ridendo divertita, Erin esalò: “E hanno tutti e due il carattere di Alec?”
 
“Peggio, oserei dire. Come direste voi giovani, sono dei veri ‘bad guys’, ma adorano già Penny e hanno minacciato formalmente il branco di punizioni severissime, se fosse stato torto un capello alla bambina” ironizzò a quel punto Irina.
 
Erin si immaginò due licantropi grandi e grossi, con tanto di zanne esposte, mentre proteggevano la sua figliola da un branco in attesa di notizie.
 
La cosa la fece sorridere e, quando percepì l’arrivo di Alec, Erin si volse a mezzo per domandare: “E così, i tuoi ragazzacci hanno difeso Penny?”
 
Sentendosi interpellare, Alec lanciò un’occhiata divertita alla madre, che fece spallucce e, nel poggiare la legna nella cassa accanto al camino assieme a Penny, dichiarò: “William e Spike sono due teste calde, come avrai modo di scoprire, ma mi sono totalmente fedeli e, ora, sono i guardiani di Penny.”
 
“Devi conoscerli assolutamente, mamma. Sono simpaticissimi! Will mi ha anche portato sulla sua Harley e…”
 
Tappandosi la bocca un attimo dopo, Penny fissò spiacente un cereo Alec e una sorpresa Erin e, contrita, esalò: “Ops. Questo non dovevo dirlo, mi sa.”
 
“Vado ad ammazzarlo” ringhiò subito Alec, già pronto a battagliare contro il suo Hati.
 
La guancia sfregiata stava già pulsando minacciosa.
 
Penny, però, lo afferrò alla svelta a una mano e, con occhi sgranati e pentiti, mormorò: “Ti prego, ti prego, ti prego, perdonaloooo. E’ stato attentissimissimo. Mi ha fatta sedere davanti a lui, così che non potessi scivolare e non ha fatto più dei… dei…”
 
Assottigliando le iridi di ghiaccio, Alec ringhiò: “Spero, non più delle trenta miglia orarie, o lo eviro.”
 
“Alec!” esalò Erin, fissando sgomenta la figlia prima di frizzare con lo sguardo l’amato.
 
Penny, però, non fece alcun caso al suo linguaggio e, ridacchiando, celiò maliziosa: “Lorainne ci rimarrebbe mooolto male, se tu lo facessi.”
 
Levando un sopracciglio con evidente interesse, Alec si piegò su un ginocchio per avere gli occhi di Penny a tiro e, curioso, le domandò: “E tu che ne sai, ranocchietta?”
 
Erin sbuffò – aveva detestato quel nomignolo fin dall’inizio, almeno tanto quanto a Penny era piaciuto – ma Alec non le fece caso.
 
“Sei un maschio. Certe cose non le vedi” sentenziò la bambina, ghignando furba.
 
“Noto che ormai il suo contegno e la sua educazione sono andate a farsi benedire…” sospirò Erin, pur sorridendo. “Ormai è come te.”
 
“Cioè, è più che perfetta” sintetizzò Alec, battendo il cinque con la piccola.
 
“Non ho speranze, con voi” esalò la giovane madre, scuotendo esasperata il capo, ma gioendo dentro di sé.
 
Sì, Alec sarebbe stato un padre eccellente, per Penny.
 
Irina le sorrise complice e, mentre Penny spiegava ad Alec i motivi dei suoi sospetti in merito a una cotta di Lorainne – una delle sentinelle del branco – per il loro affascinante William, il campanello suonò.
 
“Oh, bene. Quei due squinternati sono arrivati” dichiarò Alec, levandosi in piedi e tirandosi dietro la bambina.
 
“Chi aspettiamo?” domandò curiosa Erin.
 
“Brianna e Duncan, la Prima Coppia del clan di Matlock” le spiegò Irina, sorprendendola non poco.
 
Sorridendo spontaneamente nell’apprendere quella notizia, Erin si levò in piedi per raggiungerli e, non appena intravide la chioma biondo castana dell’amica, le corse incontro per abbracciarla con foga, esclamando: “Ora è una Vigilia perfetta.”
 
“Lieta che lo sia. Non siamo riusciti ad arrivare prima, scusaci. Volevamo esserci anche noi, all’aeroporto” asserì Brianna, stringendola a sua volta con calore.
 
Duncan seguì l’esempio di Brie, abbracciando con affetto l’amica e, nello scostarsi da lei, le sorrise dicendo: “Ora che sei qui, mi sento un po’ più tranquillo.”
 
“Dubitavi di lui?” ironizzò Erin, lanciando un’occhiata da sopra la spalla in direzione di Alec, che ghignò.
 
Anche Duncan scrutò l’amico e, nel dargli una pacca sulla spalla, chiosò: “So quanto sia facile cadere nello sconforto, se separati dalla persona amata, perciò… mi sento più sereno, sapendoti finalmente al suo fianco.”
 
“Il solito sdolcinato” borbottò Alec, sollevando un pugno in direzione del licantropo.
 
Duncan lo imitò e, pugno contro pugno, si salutarono reciprocamente.
 
Irina li salutò con abbracci più delicati, pur se sentiti e, insieme, si diressero nell’ampio salone, dove Brianna si accomodò sul divano assieme all’anziana lupa e a Penny.
Scrutando poi il resto dei presenti, la wicca sospirò lieta e chiosò: “Vigilia di Natale migliore non poteva esserci.”
 
“Concordo in pieno, cara” assentì Irina, battendole una mano sul braccio.
 
Brie le sorrise con calore, annuendo, e Penny, non potendo farne a meno, domandò all’amica: “Farai volare ancora Alec per la stanza? E’ stato buffo, l’altra volta.”
 
Brianna scoppiò a ridere con la ragazzina e, nello stringerla a sé in un abbraccio, strizzò l’occhio ad Alec e chiosò: “Tu che dici, Alec?”
 
“Che stavolta passo” scrollò le spalle il licantropo, sospingendo poi Erin e Duncan verso il secondo divano. “Ne ho avuto abbastanza dei tuoi modi da bulla, streghetta.”
 
“Da che pulpito…” ironizzò Brianna, fissandolo con aria di sfida.
 
Alec, a quel punto, si levò in piedi a sorpresa e, dopo aver afferrato la ragazza a un braccio, la sollevò di peso dal divano e, ghignante, dichiarò: “Fuori. Io e te. Vediamo chi la vince, stavolta.”
 
La Prima Lupa di Matlock non poté che scoppiare a ridere e, divertita, lo seguì fuori, già pregustando un’altra vittoria.
 
Mentre i due contendenti si spostavano nel prato sul retro del cottage, ricoperto da una leggera coltre nevosa, dietro di loro si formò un piccolo capannello di curiosi.
 
Posizionatisi sotto l’architrave della porta, il gruppetto li studiò con interesse ed Erin, rivolta a Duncan, domandò: “Perché ho idea che questa diatriba sia nata ben prima del nostro incontro a Belfast? Ricordo che ne avevano accennato qualcosa.”
 
“Se vuoi saperlo, dovrai spillare la verità a uno di quei due. Nessuno me l’ha voluto dire” asserì esasperato Duncan, sorprendendola.
 
“Che cosa? Non sai nulla neppure tu?” esalò Erin, sgranando gli occhi.
 
In quel mentre, Brie si mise a braccia conserte di fronte ad Alec che, concentrato e teso allo spasimo, ringhiò: “Stavolta finirai tu con il culo a terra, streghetta.”
 
“Tutto da vedersi” replicò Brianna con aria tronfia.
 
Alec, allora, ghignò al pari di uno squalo e, aperta volontariamente la mente alla wicca, le trasmise immagini di sé ed Erin in atteggiamenti più che intimi.
 
Questo non solo colpì di sorpresa Brie, ma la fece anche arrossire fino alla radice dei capelli, distraendola.
 
Ciò permise ad Alec di avvicinarsi a lei senza vedersi sbarrata la strada dai suoi poteri e, con un sorriso trionfante, la afferrò alla vita e la sollevò su una spalla, vittorioso.
 
“Battuta!” gridò poi esultante.
 
“Non è valido, così!” strillò per contro la ragazza, che a stento sovrastava le risate provenienti dal loro pubblico.
 
“E chi lo dice?”
 
“La buona educazione!” sbottò Brianna, picchiandolo sul fondoschiena, a portata di pugni. “E chiudi quella cavolo di mente, Alec! Non ho intenzione di vedere tutto!”
 
Ridendo, Alec la accontentò e, nel rimetterla a terra, la abbracciò per un attimo, mormorando al suo orecchio: “Grazie di tutto, streghetta. Davvero.”
 
“Non c’è di che” replicò lei, rispondendo con calore a quel gesto così inconsueto, per Alec.
 
Un attimo dopo, però, si ritrovò ad affondare con il sedere nella neve fresca e, mugugnando un’imprecazione, la giovane esclamò contrariata: “Alec! Non è valido!”
 
“Neanche questo?” rise di gusto lui prima di venire afferrato a un braccio, strattonato e gettato a sua volta nella neve fresca.
 
Incurante del freddo, Alec continuò a ridere e si sdraiò a terra, lasciando che la neve lo bagnasse del tutto.
 
“Amen” sussurrò a quel punto Brie, imitandolo.
 
“Due a uno, streghetta.”
 
“Non la finirai mai di tenere il conto, Alec?” gli domandò lei mentre il resto del gruppo si avvicinava loro.
 
“Così, avrò sempre una scusa per vederti e tentare di batterti, no?” le strizzò l’occhio lui, sorridendo sghembo.
 
A Brie vennero gli occhi lucidi per le lacrime, a quelle parole, ma le trattenne.
 
Non avrebbe mai sentito dire ad Alec ‘ti voglio bene’, ma quella era la dimostrazione d’amicizia più bella che avesse mai ricevuto in vita sua.
 
Annuendo senza cedere alle emozioni, lei si rialzò a sedere e, quando vide la mano di Duncan pronta ad aiutarla, asserì: “Ci batteremo ancora, non temere. Finché vorrai.”
 
“Andata, streghetta” assentì Alec, aiutato da Erin a rialzarsi.
 
“E ora che vi siete bagnati ben bene, possiamo andare a cena?” domandò loro Erin, sorridendo ai due contendenti.
 
“Eccome! Ho una fame da lupi” dichiarò Alec, mentre il suo corpo si avvolgeva di pura energia per asciugarsi.
 
Nell’imitarlo, Brianna trattenne Duncan perché non rientrasse assieme agli altri e, quando furono a distanza di sicurezza, asserì: “Quando ci trovammo al Peak District per la riunione tra clan, io e Alec avemmo un diverbio verbale, che sfociò in uno scontro di auree. Ovviamente, grazie al mio potere di wicca, lo respinsi con facilità. Lui, allora, mi accusò di essere troppo potente, e che questo avrebbe innescato gelosie e pericolosi dubbi in tutti i capiclan, qualora io avessi parlato di ciò che era successo tra noi, e di come fossi riuscita a trattenere un Fenrir del suo calibro.”
 
Duncan annuì, perfettamente immobile al suo fianco, in attesa del resto della storia.
 
“Io, però, gli dissi che non avrei riferito a nessuno – nemmeno a te – di quanto successo tra di noi, perché non avrebbe avuto alcun senso. Subito, non mi credette e irrise le mie parole ma, quando si rese conto che non avevo parlato, mi fece capire che si era sbagliato, che mi aveva giudicata male, e che il mio silenzio aveva significato molto, per lui.”
 
“E perché me lo dici ora?” volle sapere a quel punto Duncan.
 
“E’ il mio regalo di Natale per te” gli spiegò Brie, sorridendogli.
 
“Davvero strano, come regalo” ironizzò Duncan, levando un sopracciglio con ironia.
 
“Non voglio che ti rimangano dei dubbi su Alec. E’ un buon amico per entrambi, oltre che un valido alleato per il nostro clan. Non c’è altro in sospeso, tra di noi, ora.”
 
“Non avevo alcun dubbio. Mi è bastato vederlo in quella grotta, alle Svalbard, quando continuava a lottare come un forsennato per coprirmi le spalle, in modo che io potessi raggiungerti sull’isola” le spiegò Duncan, sorridendole mentre rientravano in casa.
 
“Davvero?”
 
Annuendo, il licantropo mormorò: “Ha lottato come un indemoniato e, quando sei svenuta per la stanchezza durante il viaggio di ritorno, ha pensato in prima persona a tenerti al caldo.”
 
Brianna sbatté gli occhi, sorpresa, e Duncan aggiunse: “Sulle prime, non volli concederglielo, ma poi mi disse – mi pregò – di lasciarglielo fare, perché si sentiva in debito con te. Non volle mai spiegarmi perché, ma ora capisco.”
 
“Pensi che sia per quel fatto del Peak?”
 
“Non proprio. Credo piuttosto perché tu gli hai fatto capire che poteva fidarsi veramente di qualcuno che non fosse se stesso, o la sua cricca ristretta. Credo non gli fosse mai capitato prima, in tanti anni, e questo lo ha condizionato molto.”
 
Sorridendo nel chiudersi la porta di casa alle spalle, Brianna mormorò: “Anche questo è un bel regalo di Natale.”
 
“Spero che anche l’altro mio regalo potrà piacerti, dopo questo” ironizzò Duncan, baciandola dietro l’orecchio, nel punto in cui la carne era più sensibile.
 
Lei ansimò, annuendo, e disse: “Non prima di cena, ti prego, o non saprò come fare a trattenermi.”
 
Ridendo, Duncan assentì e, nel veder sbucare il volto accigliato di Alec dalla porta del salone, esclamò: “Arriviamo, arriviamo!”
 
“Stare zitti mai, vero, lupastro?” brontolò Alec, sulle cui gote chiare aleggiava un leggero rossore.
 
Duncan rise e Brie, nel corrergli incontro, gli stampò un bacio sulla bocca e disse: “Buona Vigilia di Natale, Alec!”
 
“Anche a te, streghetta” replicò lui, dandogli un pizzicotto sul naso. “Anche a te.”





Note: Pensavo fosse carino che il segreto mantenuto da Alec e Brianna riguardo ai fatti del Peak, fosse finalmente chiarito e portato alla luce. E che diventasse qualcosa di speciale come, per l'appunto, un regalo di Natale.
E, visto che siamo nel periodo giusto, auguro a tutti/e un meraviglioso Natale!

 
 
 
  
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