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Autore: Petricor75    12/12/2015    1 recensioni
Su una linea temporale, questo racconto si colloca un po' di tempo dopo la fine della terza stagione. Ruota soprattutto intorno a Bea e ad un personaggio originale. Boomer la fa da padrona per le parti divertenti.
Questa fanfiction è stata scritta e pubblicata prima che venisse rilasciata la quarta stagione, i personaggi originali sono totalmente inventati e farina del mio sacco.
Wentworth e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
Genere: Comico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Quando la porta della sua cella si aprì, alzò di scatto la testa, appoggiando malamente il libro al lato del letto. Il sorriso le morì sulle labbra quando si accorse del modo in cui Bea entrava. La porta si richiuse sbattendo e la rossa le stava già addosso, con un ginocchio le premeva sul fegato e le mani afferravano strette il colletto della canottiera bianca, la faccia era a pochi centimetri dalla sua, poteva sentire il suo caldo respiro affannato. Il libro rotolò giù, finendo a terra con un tonfo sordo.
"Adesso mi dici cosa cazzo stai organizzando con quella schifosa di Lucy Gambaro!", ringhiò minacciosa. Dopo l'iniziale sorpresa, la rabbia montò in Dawn, che riprese il controllo della situazione sfruttando le sue tecniche di difesa e combattimento e ribaltò la situazione in un attimo. Con un colpo di reni allontanò il peso che l'altra esercitava col ginocchio e nello stesso tempo sciolse la presa sul torace.
In meno di un secondo, controllando la propria forza per evitare di farle del male, mandò Bea a sbattere la schiena sulla parete. Le era a cavalcioni sulle cosce e con una mano allargata sulla gola la teneva inchiodata alla parete.
Ancora una volta, nel giro di pochi attimi, si ritrovò a un soffio dal suo viso, "Io dico che se ne può anche parlare senza tutte queste scenate da boss della mafia! Sei d'accordo? Prometto che non dico a nessuno che adesso ci sei tu appiccicata al muro, perché tanto di fare la ganza con l'intento di prendere il tuo posto, proprio, non me ne può fregare di meno!", disse in tono cinico.
Molto lentamente, senza attendere risposta, allentò la presa, guardandola negli occhi. Poi di colpo si alzò, e dandole le spalle, si accanì sul water con un calcio disordinato.
"Ma non sei stanca? Di sospettare sempre di tutto e di tutti, di non avere un attimo di pace? Di respiro? Cazzo! Non si usa più chiedere, perdio?", domandò frustrata, voltandosi a guardarla. Bea non aveva ancora recuperato la forza di parlare. "Ok!", esclamò Dawn trascinando la sedia di fronte a Bea e sedendosi. Si sporse in avanti con i gomiti sulle ginocchia guardandola negli occhi, "Ricominciamo daccapo, che ne dici?", negoziò.
"Te l'ho chiesto stamattina, cosa volesse Gambaro.", "Già ed io ti ho risposto di non preoccuparti!", "Con questo tuo atteggiamento paternalistico vuoi farmi credere che Gambaro non ti ha chiesto di far arrivare un po' di roba?", "Certo che me lo ha chiesto! Per ben due volte! Ma non nel senso che credi tu! Se proprio lo vuoi sapere, mi ha chiesto di portarti a letto! Ecco cosa mi ha chiesto! Di usare il sesso per distrarti! Per tenerti impegnata! Per farti distogliere l'attenzione dal resto!", il boss deglutì rumorosamente, ma rimase in silenzio.
"C'è bisogno davvero che io ti dica cosa le ho risposto?", domandò con freddezza. "Cazzo, non ci posso credere!", continuò con voce delusa. Finalmente la Smith si rianimò, "Allora perché non mi hai detto subito a cosa puntava Lucy, quando stamattina te l'ho chiesto? E come mai hai pregato Doreen di mandare del denaro su ad Adelaide?", insistette.
L'altra sgranò gli occhi esterrefatta, si prese la testa tra le mani. "No, no, davvero, dimmi che è uno scherzo di cattivissimo gusto!", "E perché prima di andare da Doreen non sei venuta da me?", incalzò con un sorriso acido.
"E cos'avrei dovuto raccontarti riguardo Lucy? Che mi ha chiesto d'infilarmi nuda nel tuo letto? E a proposito di Doreen, ma tu chi cazzo ti credi di essere, eh? Era una cosa privata! E assolutamente pulita! Devo chiederti il permesso anche quando vado a pisciare?", le chiese sottovoce in tono rabbioso. Rimasero a fissarsi per un po' in silenzio.
Poi si alzò allontanando la sedia e sprofondò seduta sul letto, la sua spalla contro quella di Bea. "Io ti ammiro, cazzo, e questa è una scenata veramente penosa.", confessò scuotendo il capo. All'improvviso si rilassò, poggiò la testa sul muro con un sonoro 'tug', e dopo un sospiro profondo, iniziò a raccontare.

Sono nata in una comunità religiosa molto chiusa, una setta vera e propria, per intenderci. Il nostro villaggio si trovava sulle sponde del lago Lewis, nel bel mezzo dell'Outback. Gli uomini della comunità stavano fuori per l'intera settimana, gestivano la più grossa falegnameria di Alice Springs. Le donne e bambini restavano sotto la supervisione degli anziani, che amministravano tutto, compresi gli stipendi di ogni capofamiglia. Non ho la certezza di cosa accadesse nei riti religiosi che si svolgevano ogni domenica mattina, in quanto a causa del mio aspetto ero estromessa da ogni tipo di funzione, sia religiosa che sociale.
Molto più tardi ho scoperto che l'intero villaggio era convinto che fossi la figlia del demonio e che, alla mia nascita, i miei genitori pregarono gli anziani di non allontanarli dalla comunità, a patto di non avere altri figli, di tenermi lontana dagli altri abitanti, soprattutto dagli altri bambini e di consegnarmi a loro appena avessi raggiunto la pubertà. Solo allora capii cosa cercava mia madre tra la mia biancheria sporca ogni mattina.
È successo poco dopo aver compiuto i quindici anni. Non so cosa, nelle loro convinzioni, mi rendesse intoccabile prima di quell'evento e sacrificabile subito dopo. Credo che mi temessero. So solo che mia madre trovò il sangue ed uscì di corsa, io mi spaventai, credendo di essere ammalata. Un anziano si allontanò a cavallo e quella sera tornò assieme a tutti i capifamiglia. Li vidi radunarsi con le fiaccole, i bastoni e i sacchi di iuta e addentrarsi nel deserto, verso nord. Poi il capo del villaggio venne da mia madre e lo sentii ordinare di prepararmi per il rito con i serpenti. Quando avevo sette anni, un bambino della comunità sfuggì all'attenzione della sorella maggiore e si allontanò dal villaggio. Fu ritrovato morto tre giorni dopo, era stato morso da un Taipan dell'entroterra. Non mi servì altro. Ero già preparata.
Essere esclusa da tutte le attività della comunità mi aveva permesso di imparare a cavarmela presto da sola. Sapevo che me ne sarei andata, prima o poi. Vivevo semi reclusa nel seminterrato da quando avevo quattro anni. Siccome davo l'impressione di essere molto docile, difficilmente venivo controllata. Imparai presto che durante la funzione domenicale potevo muovermi liberamente senza che qualcuno se ne accorgesse, così correvo dritta verso la casa dei vicini, dove una grande camera era stata convertita a scuola e sfogliavo i pochi libri accatastati sulla scrivania. Con fatica imparai molto lentamente a distinguere le parole. Ma il tempo a mia disposizione era sempre troppo poco. Più o meno a dieci anni riuscii a trafugare una vecchia spatola dalla cassetta degli attrezzi di mio padre.
Ormai ero abbastanza alta da arrivare alla finestra che si affacciava proprio sotto il portico della mia casa. Usai la spatola per scavare una buca nell'angolo più buio, sapevo di non poter far sparire i testi dalla scuola, dovevo copiare quello che mi serviva e nasconderlo. Il problema era che non avevo ancora la minima idea di quello che mi servisse. Sapevo solo che volevo andarmene e che per farlo avevo bisogno di organizzarmi, perché quando sentivo dire da qualcuno del villaggio che se ti allontani senza sapere come sopravvivere, o dove stai andando, non c'è modo di sopravvivere all'Outback, gli credevo.
Fortunatamente, proprio grazie al fatto che fossimo in una zona isolata, in mezzo al deserto, a scuola non mancava un manuale per la sopravvivenza. Trafugai una delle tante matite riposte in un cassetto ed ebbi la fortuna di trovare anche un blocco da cui staccai alcune pagine intonse. Vi ricopiai i vari metodi per ricavare acqua in zone aride, come costruire un rifugio, come minimizzare il rischio di imbattersi in animali pericolosi e come orientarsi di notte e di giorno. Sapevo però che non avrei potuto vagare nel deserto a lungo. Avrei dovuto raggiungere un centro abitato il più presto possibile, ma certamente, non poteva essere Alice Springs.
   
 
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