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Autore: Lynn Universe    13/12/2015    4 recensioni
E se il mondo delle gemme non fosse riservato solo a quelle creature di luce?
E se anche gli umani volessero iniziare a capire e a comprendere?
L'incontro tra Jackie e la gemma Lapis Lazuli creerà un nuovo intreccio tra questi due mondi.
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Avvertimento spoiler per chi non ha ancora finito di vedere gli episodi della seconda e terza Stevenbomb.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Lapis Lazuli/Lapislazzuli, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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I am Lapis Lazuli

Act 5: It's good to see you again

 
Era la seconda volta che assistevo alla rigenerazione di una gemma. Non pensavo che i miei occhi avrebbero mai assistito ad uno spettacolo del genere per una seconda volta e invece ero lì, paralizzata sull'uscio della camera con i pugni serrati e gli occhi spalancati in attesa del peggio.
La luce ormai aveva invaso la stanza, era così abbagliante pur avendo una fonte così minuta. 
-Jackie, stai indietro!- Mi avvertì Lapis lasciando cadere la gemma sul pavimento della stanza. 
Io ubbidii allontanandomi di un passo dalla porta, potevo vedere delle catene azzurre arrotolate intorno alle sue braccia. Era pronta. 
La luce iniziò a prendere una forma: sembrava un manichino vuoto, privo di caratteristiche, ma già potevo intuire la corporatura della gemma. 
Era incredibilmente massiccia e alta, ora capivo perché Lapis aveva paura di lei. 
Dopo qualche secondo riuscii a sentire la sua voce. Era come se stesse soffocando un ringhio, come se stesse cercando di trattenere qualcosa. 
Come se volesse parlare, dire innumerevoli parole ringhiate con quella voce di cui già potevo intuire il suono. 
E in quell'ultimo istante, proprio mentre la sua voce iniziava a schiarirsi, quell'essere prese forma rivelando il suo vero spetto. 
La prima cosa che notai furono i suoi lunghi capelli bianchi, erano così lunghi e folti e familiari, in un certo senso, come se li avessi già visti. 
La pelle era colorata di un arancione chiaro e delle striature rosse le attraversavano le braccia a dir poco muscolose, come tutto il resto del corpo. 
E quegli occhi grandi e ambrati non facevano altro che fissare il pavimento della stanza. 
Non appena il suo corpo fu abbastanza denso per poter essere toccato le catene di Lapis le avvolsero il petto con una specie di imbracatura a "X", legandosi poi ai suoi polsi per costringerla a tenere le braccia dietro alla schiena. 
Non sentii altro che un lamento a quel gesto mentre cascava a terra sulle ginocchia a capo chino e  denti stretti. 
Passò un secondo prima che riuscissi a distogliere lo sguardo da lei per volgerlo a Lapis che, pur essendo concentrata a tenere le catene intorno a quell'essere, ora la osservava con la fronte corrugata ed un'espressione confusa. 
Si aspettava altro da parte sua? Doveva ancora arrivare il peggio? 
-Lapis…- Sibilò lasciando uscire un sospiro profondo, come se stesse assaporando l’aria stessa.
-Ciao Jasper.- Rispose l’altra, sempre concentrata a stringere le catene tra le sue mani che sembravano così inutili contro un essere del genere. 
-Alla fine riesco a guardarti di nuovo in faccia, eh? Dì un po’, come ci si sente ad avere di nuovo due braccia?- La schernì, alzando nuovamente la testa per guardare avanti a sé.
E fu in quel momento che incontrai il suo sguardo freddo e impassibile a cui non potei fare a meno di rabbrividire, scrollando impercettibilmente le spalle. 
-Oh no, non lo avrai fatto ancora spero…- Con un borbottio girò la testa, rivolgendosi alla gemma dietro di se che la teneva ferma. 
-Se ti stai riferendo a lei si, l’ho fatto, e non pensare neanche di farle del male.- Rispose fredda Lapis dando uno strattone alle catene. 
A quel tira e molla la vidi barcollare sulle ginocchia, non sembrava del tutto in forze. 
Con un lungo e pesante sospiro, seguito da un ringhio soffocato, Jasper si lasciò cadere di lato, sdraiandosi completamente sul pavimento di legno laccato.
A quel gesto allargai gli occhi, alzando lo sguardo verso di Lapis che, a quanto pare, era sorpresa tanto quanto me di vederla in quelle condizioni. 
-Non ho intenzione di giocare, Jasper, lo so che sei abbastanza forte da radere al suolo questa città con le tue mani, non prendermi in giro con questi trucchetti.- Affermò Lapis, dando un secondo strattone alle catene. 
-Hey, perché non ti guardi un po’ intorno? Ti rendi conto di dove siamo?- Replicò Jasper, senza neanche provare ad alzare la testa per guardarla. 
A quelle parole i suoi grandi occhi blu si spalancarono, iniziando ad osservare l’ambiente circostante, io non riuscii a distogliere lo sguardo dall’altra gemma che, di tanto in tanto, mi lanciava delle occhiate con il solo scopo di studiarmi ed osservarmi. 
-Esatto, sulla Terra, lontane da casa, abbiamo fallito la nostra missione e ti sei alleata con un’umana, cosa dovrei fare? Mettermi a distruggere questo posto rischiando così di attirare l’attenzione di quelle Crystal Gems?-
A quelle ultime due parole le vidi fare una smorfia disgustata solo al pensiero di quelle tre gemme che, se non erravo, erano non solo traditrici ma anche “difettose” agli occhi della loro stessa specie. 
-E vai a sapere dove si sarà cacciata Peridot, probabilmente si sarà frantumata…- Continuò, socchiudendo gli occhi. 
-Sono sola e prigioniera ancora un’altra volta.- Concluse, stavolta girando lo sguardo per fissare il muro davanti a sé. 
A quelle parole non potei fare altro che riflettere sulla situazione, finalmente comprendendo gli individui con cui mi stavo confrontando.
Era il mio carattere, non potevo non aprire bocca anche in quella situazione. 
-Io penso di potervi dare una mano.- Mormorai, facendo un passo in avanti per rientrare all’interno della stanza.
Subito ottenni la sua attenzione, convincendola ad alzare lo sguardo verso di me. 
Sfortunatamente per me il suo sguardo mi trapassò da parte a parte, quegli occhi sembravano quelli di una bestia.
-Ah, ma certo, scommetto che lei ti ha convinto con qualche bella parola, con una qualsiasi scusa scadente, convincendoti a prenderla in custodia. Ma tu non sai niente…- Rispose, corrugando le sopracciglia, prima di abbassare nuovamente lo sguardo verso il pavimento.
-Lei è solo una bugiarda.- Mormorò per concludere, serrando le labbra subito dopo.
A quelle parole Lapis non riuscì neanche ad alzare gli occhi da lei, non riusciva a guardarmi in faccia pur sapendo che la stessi osservando, pur sapendo che le parole di Jasper non avevano cambiato la mia visione dei fatti.


-Ci sei?- Le chiese Lapis, piegandosi appena verso di lei per riuscire a guardarla.
-Si…- Fu la risposta di Jasper, che avevamo deciso di sistemare sul divano per il resto della serata. Almeno lì potevamo tenerla d’occhio.
-Non pensare neanche di provare a liberarti.- La intimò Lapis rimanendo in piedi davanti a lei con lo sguardo fisso sulla sua “prigioniera”.
-Stai scherzando spero, non riesco neanche a reggermi in piedi, il solo camminare da lì a qui è stato uno strazio e continui a pensare che io voglia ribellarmi?- Rispose lei con un sorrisetto, usandolo ovviamente per schernire la sua interlocutrice.
-Certo che anche con tutto quel tempo passato fuse insieme non hai proprio imparato nulla su di me, eh?- Aggiunse con una leggera risata.
-Come se tu avessi imparato qualcosa su di me.- Replicò Lapis, aggrottando le sopracciglia.
-L’unica cosa che bisogno di sapere su di te è che sei una bugiar-
Proprio prima che riuscisse a finire di pronunciare l’ultima sillaba di quella frase le catene che le stringevano le braccia ai lati del corpo si strinsero di colpo, lasciandola senza fiato, impedendole di continuare a parlare.
Lapis non aveva pietà con lei, non aveva neanche intenzione di lasciarla libera per un secondo nonostante le sue condizioni.
Era evidente che non aveva neanche le forze per alzarsi, si era letteralmente trascinata per le scale, e, se non fosse stato per le labbra serrate, si sarebbe anche lamentata per il dolore.
Eppure non la smetteva, ma ero sicura che lo avesse capito.
-Lapis, credo che ne abbia avuto abbastanza, smettila.- Mormorai, mettendomi dietro di lei per avvicinarla.
A quelle parole girò la testa di scatto verso di me, le labbra socchiuse come se l’avessi interrotta da un dialogo che stava avvenendo tra lei e Jasper. 
-Tu pensi che LEI ne abbia avuto abbastanza?- Quelle parole uscirono dalle sue labbra come una risata isterica. 
-Si, non può muoversi e sai bene in che situazione si trova, non hai il diritto di continuare a trattarla così. Per qualsiasi cosa abbia fatto ha già scontato la sua pena, lo sai.- Aggiunsi, senza spostarmi di un millimetro dalla mia posizione. 
Esattamente cinque secondi dopo aver pronunciato quelle parole mi resi conto dell’errore che avevo commesso. 
Lapis si girò completamente verso di me, i suoi grandi occhi blu erano fissi sui miei in quella che potevo definire come una minaccia visiva, qualcosa che potevo tradurre in: “Se continui a parlare ti rivolto da dentro a fuori come un calzino”, quello era lo sguardo che avevo su di me in quell’esatto momento. 
Inutile aggiungere che il mio cure saltò un battito non appena il braccio che controllava le catene si abbassò di colpo, lasciandole a penzoloni. 
-Lei ha già scontato la sua pena…e io non ho il diritto di trattarla in questo modo, dici?- Stranamente il suo tono non era cambiato, aveva una voce delicata e tranquilla. Poteva essere la calma prima della tempesta? 
-Anche te hai detto di esserti pentita di quello che hai fatto, perché non riesci a vedere che lo stai facendo di nuovo? Guardala, è stremata!- Le risposi, indietreggiando di un passo. 
Per la prima volta da quando avevo accolto Lapis all’interno della mia vita sentivo di doverla temere, avevo paura di lei. E non era una paura leggera, un timore come quando sai di aver rotto un vaso e di doverne pagare le conseguenze, no, era un terrore viscerale. 
Avevo paura di morire per mano sua. 
-Io non sto facendo nulla di male, Jackie. Vorresti paragonare quello che mi ha fatto passare lei durante quei giorni passati sulla nave? Quando mi ha guardata negli occhi e mi ha detto che dopo questa missione sarei stata frantumata, o peggio.- Aggiunse, potevo vedere l’acqua delle catene iniziare a tremare, a perdere consistenza.
Sembrava come il glitch di un videogioco, oscillava ed andava fuori fase ad intervalli regolari, ormai delle gocce avevano anche bagnato la stoffa del divano.
-Io mi ero fidata di te, mi ero fidata…- Ringhiò a denti stretti, cambiando istantaneamente espressione.
-Lapis, puoi ancora fidarti di me, devi solo…-
-NO! Non posso fidarmi di nessuno, ne di te, ne di lei, ne di…-
Mi interruppe ma non riuscì neanche a finire la frase, la voce le si spezzò in gola mentre distolse lo sguardo dai miei occhi, abbassandolo verso il pavimento.
Lo stomaco mi si stava contorcendo in un modo che già conoscevo bene, in un modo che avevo già avuto il piacere di conoscere diverse volte.
Con mio padre, con la mia malattia, tante volte, ma quella era la prima volta che potevo sentire le lacrime agli occhi accompagnate da quel dolore muto.
E come cercavo di soffocarle, come cercavo di bloccarle aggrottando le sopracciglia e contorcendo la bocca.
-Bene, se pensi che lei non abbia bisogno di questo trattamento allora ti darò ascolto.-
A quelle parole spalancai gli occhi, in rumore dell’acqua che gocciolava sul pavimento era tutto quello che mi serviva per capire cosa avesse inteso.
Le catene che avvolgevano la gemma seduta sul divano iniziarono lentamente a disfarsi, a lasciarsi andare a dei rivoli che scesero dalle sue braccia al petto, fino ad andare ad assorbirsi nella stoffa chiara del divano.
Con il mio stupore, accompagnato da quello di Jasper che non riusciva a credere di essere libere da quelle catene, Lapis fece comparire le sue ali azzurre.
-Vediamo come te la cavi a modo tuo con lei.- Concluse, senza neanche alzare lo sguardo dal pavimento per guardarmi.
Mi dette le spalle e iniziò a camminare verso la porta di casa, io la seguii con lo sguardo, non riuscivo a muovere un muscolo.
-Lapis, aspetta, non…- Mormorai, facendo un passo verso di lei.
Ma non ottenni nulla da quel richiamo, girò il pomello e se ne andò.
Scomparì nella notte con un battito d’ali.
E mi lasciò lì, da sola.
A reggere la porta con una mano e il naso all’insù, cercando disperatamente la sua sagoma nel cielo tempestato da miliardi di stelle.

Con un tonfo sordo mi sedetti sulla poltrona sistemata a fianco del divano, non riuscii a trattenere un sospiro all’impatto con il cuscino.
Presi in mano il cellulare che tenevo nella tasca dei pantaloncini e lo avvicinai agli occhi per controllare lo schermo.
Tre chiamate perse da mia madre e dieci messaggi sempre da parte sua, nulla di nuovo.
Ma no, aspetta Jackie, invece qualcosa di nuovo c’è.
Sgranai gli occhi a quei messaggi, iniziando a scuotere leggermente il capo non appena lessi le parole “Torno tra tre giorni, vedi di trovare una spiegazione alla tua assenza.”
-Oh no…- Mormorai tenendo gli occhi fissi sul piccolo schermo.
A quelle parole sentii un rumore provenire dal divano, Jasper si era mossa di qualche centimetro sul cuscino.
Io spostai immediatamente lo sguardo verso di lei deglutendo, a quanto pare stava iniziando a riprendere le facoltà motorie, proprio quello che mi serviva. Mia madre stava tornando, Lapis era scappata e mi aveva lasciata da sola con quella bestia che stava anche iniziando a riprendersi.
-Hey, non è che proverai a farmi del male, vero?- Quasi sputai quelle parole.
-Mi sembra ovvio che proverò a farti del male, scommetto che saresti anche un’ottima avversaria, giusto?- Mi rispose, le vedi flettere un sopracciglio.
Se quello era il suo senso dell’umorismo potevo dire con certezza che non lo trovavo per nulla divertente, ma almeno sembrava tranquilla.
-Conosci le Crystal Gems?- Le chiesi nuovamente, lasciando cadere il cellulare sulla poltrona.
-Se le conosco? Cinquemila anni fa ho combattuto contro di loro su questo pianeta e non so quanto tempo fa una di loro si è presa gioco di me.- Ringhiò a denti stretti.
-Quella cosa non dovrebbe neanche esistere, gemme deboli ed insignificanti…- Aggiunse, lasciandosi andare contro allo schienale del divano.
Sembrava esausta, eppure pensavo che il periodo passato all’interno della gemma avrebbe dovuto restituirle tutte le forze.
-Perché sei così debole? Non hai accumulato abbastanza energia mentre eri lì dentro?- Mormorai alzando lo sguardo verso la sua gemma.
Stavolta i suoi occhi si spostarono abbassandosi verso di me, sembrava alquanto seccata.
-Ma non hai niente di meglio da fare? Devi proprio darmi fastidio? Hai una vita corta, vai a viverla.- Rispose fredda.
-Tsk, si, certo, come no, perché mi resterà proprio tanto tempo da vivere.- Replicai a quelle parole, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo.
-Mia madre sta tornando a casa, non sa che ho un alieno gigante sul divano del soggiorno e l’unica fonte di risposte alle mie domande se ne è volata via da quella porta lasciandomi da sola, sono già morta, gigantesco ammasso di muscoli.- Aggiunsi aggrottando le sopracciglia.
Neanche avevo più voglia di provare a sopravvivere, che senso aveva.
Tutto quello che avevo fatto era risultato inutile e non avevo più una guida che mi aiutasse.
Ma chi volevo prendere in giro, avevo sfruttato Lapis tanto quanto lei aveva sfruttato me per avere una nuova vendetta, per avere un'altra prigioniera.
Perla, Garnet, Ametista e Steven mi avevano aiutata e io avevo ingannato tutti solo per soddisfare un mio capriccio. Oddio, non solo meritavo quel tormento, ma probabilmente avrei meritato di peggio.
Eppure non riuscivo a pensare ad altro se non a quella sensazione di vuoto che avevo nello stomaco causata dalle parole di Lapis, dai suoi singhiozzi, dai suoi sospiri.
-Hey, HEY! Mi stai ascoltando?!- Un ringhio attrasse la mia attenzione.
Tornai a guardare Jasper che subito serrò le labbra.
-Cosa?- Le chiesi, quasi imitando alla perfezione il tono con cui mi aveva chiamata.
-Tsk, non provare a fare l’aggressiva, umana, più che altro pensa a cosa potrà fare Lapis.- Aggiunse, tenendo lo sguardo fisso su di me.
-Cosa può fare? Non si avvicinerà alle Crystal Gems, ha paura di loro.- Le risposi.
-E da quando ha paura di quelle tre?-
Mi presi un secondo per rispondere, abbassai lo sguardo verso il pavimento.
-Da quando ha capito che non avrebbe più rivisto Steven.-

Potevo sentire delle gocce cadere sul tetto della casa, a quanto pare si stava avvicinando un temporale.
-Sicuramente non avrà problemi con l’acqua.- Mormorai tra me e me mentre prendevo una coperta ed un cuscino dall’armadio della camera.
Mentre scendevo gli scalini per tornare nel salotto lo sguardo mi cadde sulla gemma seduta sul divano, era completamente assorta a guardare lo schermo della televisione. Era perennemente sintonizzato su canali che mandavano solo documentari, cosa ci trovava di così interessante?
-Hey, umana, cosa stai facendo?- Mi chiese non appena mi avvicinai al divano.
-Per l’ennesima volta, mi chiamo Jackie.- Sospirai lasciando cadere il cuscino vicino al bracciolo del divano.
-E non sto facendo niente, mi sto solo preparando per dormire.- Risposi sedendomi vicino al cuscino.
Con un movimento veloce spiegai la coperta rossiccia e mi coprii le gambe, lasciandomi cadere sul cuscino con un sospiro leggero.
-Non ho capito, cosa?- Mi chiese nuovamente, le sentii spostare il braccio per evitare di essere toccata dalle mie gambe.
-Spengo il mio cervello per qualche ora e recupero le energie.- Le risposi nuovamente.
Sentendola silenziosa girai la testa di lato per guardarla, mi stava guardando con aria confusa.
-Mi “ritiro nella mia gemma” per qualche ora.-
Cercai di spiegarle il concetto in termini a lei più conosciuti e alla fine qualcosa capì. Certo le sembrava comunque una cosa stupida e senza senso, ma almeno non protestò più di tanto a quella mia abitudine.
-E perché non vai a dormire da un'altra parte?- Borbottò tenendo lo sguardo fisso su di me.
-Perché sul mio cuscino c’è ancora l’odore di Lapis, non riesco a dormire nel mio letto.- Risposi mormorando con la guancia contro al cuscino.
-Il suo…odore? Tu riesci a sentire l’odore di Lapis?- Replicò, muovendosi appena sul divano per piegarsi verso di me.
-Sento anche il tuo di odore, dov’è il problema?- Le risposi roteando gli occhi.
Avevo sonno ed ero distrutta, non avevo bisogno di un interrogatorio.
-Sei un’umana, non dovresti essere in grado di sentire il nostro odore…- Sbuffò stizzita.
Aveva un tono di voce basso, potevo sentire le vibrazioni della sua gola anche se ero all’altro capo del divano.
-Beh, mi dispiace, ma se odora come la spuma dell’oceano non è colpa mia, per non parlare dei suoi capelli che quando si muovono si lasciano dietro una scia di profumo salato, come se fosse il mare ad avere il suo odore e non il contrario…-
Mi ritrovai a mormorare quelle parole ad occhi socchiusi, biascicando le sillabe prima di piombare in un sonno profondo.

La mattina seguente mi svegliai per via di un forte botto che sentii provenire da fuori casa.
Il rumoroso scroscio delle gocce che cadevano sul tetto della casa mi impedì di prendere sonno una seconda volta.
Osservai lo schermo del mio cellulare per controllare l’ora: era presto, troppo presto per alzarmi da quel tiepido giaciglio, ma non troppo presto per controllare lo stato della mia nuova coinquilina.
Alzai leggermente la testa dal cuscino per osservarla. Era sempre fissa sul suo posto, non si era spostata da quel cuscino.
Sembrava rigida, teneva le braccia lungo i fianchi e lo sguardo basso sul pavimento.
Ad ogni tuono e lampo che il cielo faceva cadere su quella terra il suo corpo si scuoteva impercettibilmente, poteva essere che avesse paura dei tuoni?
-Hey…-
Al mio richiamo il suo sguardo si spostò velocemente verso di me, a quanto pare l’avevo colta di sorpresa.
-Hai finito di dormire, umana?- Borbottò, sistemandosi meglio sui cuscini.
-Non riesco a dormire con tutti questi tuoni, sono troppo rumorosi.- Sbuffai in risposta sedendomi con la coperta sulle gambe.
-Hm, almeno hai qualche capacità di deduzione…-
Non appena finì di pronunciare quella frase un tuono scosse i vetri delle finestre, me lo sentii rimbombare nello stomaco per quanto fu rumoroso e fragoroso, a quanto pare anche Jasper ne aveva risentito.
Tutto d’un tratto si era ammutolita, era completamente bloccata sul divano, sembrava congelata.
Aveva gli occhi spalancati e lo sguardo fisso sul televisore ancora acceso dalla notte precedente.
La trovai leggermente comica come reazione, grande e grossa com’era aveva paura di qualche botto, ma subito dopo capii che la situazione le era più che estranea.
Alla fine non era di questo pianeta, cosa mi potevo aspettare da lei?
-Tranquilla, non è caduto vicino, siamo al sicuro qui dentro.- Le dissi cercando di sembrare il più calma e distaccata possibile.
-Caduto? È stato un oggetto a provocare quel rumore?- Mi chiese all’istante, sembrava ancora più agitata di prima.
-Ma no! Si tratta di una scarica elettrica, si forma nel cielo e poi si scarica a terra. Basta non stare in mezzo alla traiettoria tra la scarica e il terreno per stare al sicuro.- Aggiunsi cercando di tranquillizzarla.
-Scarica…elettrica? È solo un po’ di elettricità?- Mi chiese nuovamente, incuriosita dalla mia risposta.
-Si, la scarica si chiama lampo e invece il rumore che provoca si chiama tuono, semplice, no?-
In quell’esatto momento le sentii rilassare i muscoli contro lo schienale del divano, allentò anche la presa sul bracciolo. Inutile dire che per poco non aprì la stoffa mentre sfilava le unghie dall’imbottitura.
Non mi ero accorta degli artigli, anche se non sembravano retrattili le mani erano molto grandi e i polpastrelli più simili a quelli di un’animale che a quelli di un umanoide.
-Tsk, ma pensa un po’, acqua che cade dal cielo e scariche elettriche, questa palletta di fango sospesa nel nulla riserva qualche sorpresa.- Sospirò mentre andava ad incrociare le braccia al petto.
A quel movimento i miei occhi si spalancarono.
Poteva muoversi? Aveva recuperato le energie?
-Come stai? Puoi muoverti ora?- Le chiesi leggermente esitante mentre allungavo il collo per riuscire ad osservarla meglio.
-Si, posso muovermi.- Rispose secca, senza nessun giro di parole.
Quella risposta non mi sorprese, più che altro quello che mi lasciò a bocca aperta era la tranquillità con cui stava attraversando quella situazione.
-Allora perché sei rimasta?- Le chiesi nuovamente, stringendo un lembo della coperta con una mano.
-Perché non ho altra scelta. Lapis è lì fuori pronta ad intrappolarmi una seconda volta e uscire allo scoperto proprio ora non avrebbe senso. Ci sono quelle traditrici in giro, non posso affrontarle tutte e tre da sola.- Sospirò in risposta, il suo sguardo oscillò dal pavimento al televisore.
-E se rimango qua sono sicura che Lapis non tornerà a cercarmi.- Aggiunse, stavolta mi guardò dritta negli occhi.
Quelle parole mi fecero rabbrividire, l’avevo fatta grossa.
Non mi ero comportata bene con Lapis e allo stesso tempo lei non si era comportata altrettanto bene con me.
Se mi aveva sul serio mentito solo per avere la sua vendetta, allora come mai mi era venuta a cercare quella sera? Allora perché mi seguiva sempre con lo sguardo ovunque andassi?
-Già, non tornerà, questa volta tocca a me.- 

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HEY- 
Come va? c: 
Prima di tutto scusatemi per il capitolo non molto dinamico (anche se alla fine sono successe un po' di cose), il prossimo sarà molto più emozionante di questo, lo prometto. 
E secondo grazie per aver letto la mia storia fino a questo punto perché sono più che fiera di annunciare che il primo capitolo di questa fic ha superato le 500 visite e non potrei essere più felice di così, grazie a tutti. 
Vi pregherei di lasciare una recensione, se ne avete il tempo, giusto per sapere cosa ne pensate della storia. 
Ora vi lascio e al prossimo capitolo! 

-Lynn Universe

 
  
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