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Autore: Alina Alboran    14/12/2015    0 recensioni
Lei.
Una vacanza per sfuggire dal passato che continua a perseguitarla nonostante gli anni passati.
Una madre esuberante e forse irresponsabile che la manda a vivere con una persona che non vede da dieci anni.
Un’amicizia che sembra amore e un amore che non è nemmeno amicizia.
Lui.
Una ferita che ancora brucia e un odio all’apparenza inspiegabile.
Una madre decisamente troppo fiduciosa che si fa convincere a farlo rimanere a casa da solo per ben due mesi.
Un’amicizia distrutta per sempre e una che forse si può recuperare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Le situazioni di lui e lei

Capitolo 3

Lei

Laura se ne era andata da qualche minuto – si era defilata dicendo di dover fare qualche commissione per la madre – lasciandomi in cucina a riflettere sulle sue parole. Il modo in cui aveva descritto Marco, gli aggettivi che gli attribuiva e gli aneddoti che mi aveva raccontato mi ricordavano così tanto il bambino biondo con cui ero cresciuta…           
Anche se è durata per pochi anni, la sua amicizia è stata talmente importante per me che in quegli anni più di una volta avevo sfogliato il vecchio album di fotografie che la mamma custodiva gelosamente nella cassettiera in camera sua. Un giorno, quando la nostalgia ebbe la meglio, presi una foto dall’album e la misi nella bacheca di sughero in camera mia. Con il tempo quella foto è stata ricoperta da tanti post-it, fogli e disegni, ma sapere che era lì, che mi sarebbe bastato alzare lo sguardo per intravederla, mi ha sempre tranquillizzata in qualche modo. Quando quella maledetta sera la paura mi impediva anche di gridare, quella foto mi ha dato la forza di divincolarmi e di scappare. Una lacrima sfuggì al mio controllo quando i ricordi  diventarono sempre più vividi. Non mi accorsi nemmeno di Marco che mi stava fissando, seduto dall’altra parte del tavolo.       
«Perché piangi?», mi chiese aprendosi una lattina di birra e offrendomi un sorso. Rifiutai con un sorriso timido prima di scrollare le spalle.              
«Ricordi di una notte spiacevole». Parlare con lui era così facile. Se solo avesse smesso di essermi così ostile, di volermi continuamente deridere…    
«Non so che dirti, io mi diverto sempre la notte». Ed ecco che aveva ancora una volta rovinato tutto. Stavo per ribattere quando mi resi conto che non aveva senso. Voleva prendersi gioco di me? Che lo facesse pure, non me ne importava.                       
Il cellulare squillò proprio in quel momento, ma prima che potessi anche solo pensare di prenderlo, Marco lo afferrò e rispose al posto mio.  
«Miranda? No, non conosco nessuna Miranda». Il sorriso di scherno sul suo volto mi fece infuriare ancora di più.           
«Dammi quel telefono, Marco! E smettila di giocare, non hai dieci anni».   
«Pronto?». Nella foga nemmeno controllai chi mi avesse chiamata.            
«Miranda, chi era quello?».  
Di bene in meglio.      
«Era Marco, il mio nuovo coinquilino».        
«
Ah. Il tuo amico d’infanzia».           
«Già».
Chiusi gli occhi qualche secondo, cercando di recuperare la calma che Marco mi aveva fatto perdere. Mattia era il mio ragazzo, e mi sentivo davvero in colpa ad essere così fredda con lui, ma già da tempo i rapporti si erano raffreddati. Eravamo una coppia, ma entrambi eravamo consapevoli che i sentimenti che provavamo l’uno per l’altra non erano duratori o veritieri. Lui voleva una ragazza, io volevo dimostrare che avevo sconfitto i fantasmi del mio passato, e perciò decidemmo di metterci insieme. Da qualche tempo però Mattia era cambiato e io non sapevo come prenderlo. Era diventato geloso, quasi possessivo e alcune volte mi faceva paura. Non ne avevo mai parlato con nessuno, neppure con Dennis, perché pensavo che fossero solo paranoie, che vedessi cose che in realtà non esistevano.     
Perciò quando mi disse che prima o poi sarebbe venuto qui per vedere Marco, pensai che la sua fosse semplice preoccupazione.         
Il biondo non si era mosso di un millimetro per tutta la durata della conversazione, anzi sembrava teso e pronto a scattare da un momento all’altro.       
«Chi è Mattia?».         
Non gli risposi, decisa a ignorarlo completamente. Se inizialmente volevo almeno che riuscissimo a convivere civilmente, il suo comportamento mi aveva fatto capire che sarebbe stato impossibile, era troppo prevenuto e io non avevo intenzione di sforzarmi oltre per fargli cambiare idea.           
Uscii di casa senza dirgli dove stessi andando o quando avessi intenzione di tornare, violando una delle poche regole che le nostre madri ci avevano imposto: essere sempre, sempre, a conoscenza di dove fosse l’altro.         
Raggiunsi i miei amici in spiaggia, ma erano tutti a farsi il bagno. Tutti eccetto Daniele che mi guardava abbattuto. Senza che ci fosse alcun bisogno che mi spiegasse, capii subito cosa era successo.
«Andiamo a bere qualcosa, Dani?», annuì, alzandosi e scrollandosi di dosso la sabbia che gli si era attaccata ai vestiti. Sabbia che, ovviamente, mi investì in pieno.
«Cosa ha fatto questa volta?». Ilaria era una delle mie più care amiche, ma ero più che sicura che fosse stata lei ad aver causato il litigio.         
«Non la capisco più. E mi sono stancata di lei e delle sue reazioni esagerate». Daniele è calmo e pacato, ma in quel momento potevo percepire tutta la rabbia e il dolore che stava trattenendo con difficoltà.  
«È gelosa. Quando le ho detto che mi piaceva, mi ha risposto che per lei ero solo un amico, e ora si permette di essere gelosa e di comportarsi da pazza isterica?». Si passò una mano tra i capelli umidi, imbrattandoli di sabbia. Daniele era un bel ragazzo, gentile e affettuoso, ma si era innamorato della persona sbagliata. Ilaria non cercava una relazione seria, voleva divertirsi senza rendere conto a nessuno. Sapevo che non le era completamente indifferente, ma la paura di farlo soffrire, che la sua sarebbe stata solo una cotta passeggera, le impediva di godersi appieno questa relazione. Perciò, pur sapendo che non poteva avere alcun tipo di pretesa su Daniele, non la biasimavo. Più di una volta sia io che Martina avevamo cercato di aiutarla a superare questo ostacolo, ma ogni volta ci aveva risposto malamente e si era allontanata imbronciata. Ilaria è difficile, scorbutica e incapace di esternare i propri sentimenti.    
«Dalle tempo e capirà di amarti». Non ero l’unica a conoscenza di quello che provava la mia amica. Daniele era sì ingenuo, ma non stupido e capiva perfettamente che dietro alle risposte malevole di Ilaria e ai suoi capricci si nascondeva un segreto che ancora non era riuscita ad ammettere nemmeno con se stessa ma che tutti avevamo intuito.           
«Non è detto che quando lo capirà io sarò ancora disposto ad ascoltarla». Non risposi: aveva perfettamente ragione e non c’era altro che io potessi aggiungere.      
Non potemmo continuare la nostra conversazione perché gli altri ci raggiunsero in pochi minuti. Dennis era diventato rossissimo e non potei trattenermi dal ridere quando vidi una porzione di pelle più bianca del resto del corpo. Martina mi raccontò che si era addormentato con la mano sulla pancia, e quando loro se ne sono accorti era già troppo tardi.                       
«Ridi pure, stronza, vuoi che ti ricordi di quando ti sei addormentata con gli occhiali sul naso?». Smisi di ridere mentre i miei amici scoppiarono in una fragorosa risata.      

Lui

«Sì! Sì! Goal!». Abbandonai lo joystick per terra, esultando e pavoneggiandomi della mia bravura.          
«Vaffanculo». Emanuele era un tipo permaloso e non mi meravigliai quando si alzò e uscii sbattendo la porta di casa. Rimasto solo – e poiché mancava ancora qualche ora prima del falò – accesi il computer e misi a caricare la nuova puntata di Hannibal. Mentre aspettavo che lo streaming partisse, ripensai alla conversazione di Miranda con quel Mattia.
L’avevo vista irrigidirsi sul posto e stringere con forza il telefono. Credo che lei non se ne fosse nemmeno accorta, ma dopo qualche secondo il suo respiro si era accelerato notevolmente e la voce le tremava un poco. Non conoscevo niente di quel tipo, ma per aver suscitato quelle reazioni non doveva essere stato molto garbato.   
Quando l’avevo vista piangere il senso di colpa per averla trattata male divenne sempre più opprimente, ma era bastato ripensare a come mi aveva deriso insieme a Dennis per permettermi di risponderle a modo. Non riuscivo a spiegare nemmeno a me stesso cose sentissi per quella ragazza. Da una parte la odiavo perché anche adesso mi ingannava con il suo comportamento – voleva passare per la vittima, quando in realtà ero l’unico per aver sofferto in tutta quella situazione – dall’altra il suo volto rosso per il sole e i suoi occhi chiari mi ricordavano troppo la bambina di cui – ingenuamente come solo un bambino sa fare –mi ero innamorato.  
Scrollai la testa nella speranza che con quel semplice gesto sparissero tutti quei pensieri che mi stavano facendo venire il mal di testa. 
Non mi resi conto quando, ma dovetti essermi addormentato durante la puntata perché quando mi svegliai era già notte inoltrata. Quando qualcuno accese la luce in soggiorno mi girai dall’altra parte. Infastidito. Chi altro poteva essere se non Miranda? Fingendo di essere ancora profondamente addormentato, mi misi in ascolto. Mi sentivo stupido a fare una cosa del genere, ma nessuno mi avrebbe mai scoperto quindi…           
«Rimani a dormire con me?». Stava veramente proponendo a uno sconosciuto di passare la notte con lei in casa mia?           
«Non credo che Marco sarebbe d’accordo». Quando riconobbi la voce di Dennis tutto divenne un poco più chiaro.           
«Come se me ne potesse importare». Evidentemente nessuno dei due si era accorto della mia presenza.   
«Si comporta male con te?». Nella sua voce potevo chiaramente percepire rabbia e apprensione.  
«No, tranquillo».        
«Posso parlare con tua madre se vuoi, sai che mi darebbe ascolto e potresti trasferiti con noi già da domani». Perché mai avrebbe dovuto? Non è che la stavo maltrattando o altro. E perché mai la madre avrebbe dato ascolto al fidanzatino della figlia?         
«Anche se odio questa situazione – non poter trascorre ogni istante con voi ragazzi – capisco quello che mamma vuole fare». La voce cominciò a tremarle un poco, e da come la sentii tirare col naso qualche istante dopo, capii che stava piangendo.     
Non dissero più nulla, sentii solo il sospiro sconsolato di Dennis. Fui tentato di aprire gli occhi per vedere chiaramente cosa stava succedendo nel mio ingresso, ma la paura di essere scoperto mi fece desistere. 
«Devo imparare a non avere più paura. E Marco è l’unico che mi possa aiutare». Aiutare a fare cosa?     
«Non sei a disagio con lui?». 
«Sì, ma non so come spiegartelo… Le sue parole mi feriscono, ma sento che mi posso fidare». Dennis sbuffò ancor una volta: non doveva essere piacevole sapere che la propria ragazza preferiva abitare con un altro.                    
Il biondo, dopo averla salutata, se ne andò. Miranda rimase invece qualche altro minuto in cucina prima di salire le scale e andare in camera sua. 
Io rimasi in soggiorno, pensando ancora e ancora alle sue parole. Si fidava. Si fidava di me. Non avevo capito niente del suo discorso, ma non riuscivo a togliermelo dalla testa.

∞∞∞

Il giorno seguente mi svegliati con la schiena e il collo talmente doloranti che a malapena riuscii a mettermi seduto. Miranda, seduta su una poltrona, mi stava fissando. 
«Che hai da guardare?». Di prima mattina ero sempre scorbutico, e il non riuscire neppure ad alzarmi non migliorava di certo il mio umore.     
«Pensavo che mi sei più simpatico quando dormi».  
«Ha ha. Ma quanto sei spiritosa?». La smorfia di dolore sul mio viso la dovette far impietosire perché si offrì di farmi un massaggio e di spalmarmi una crema che secondo lei mi avrebbe fatto passare il dolore in pochi minuti. Ero riluttante ad accettare, ma alla fine cedetti al suo sguardo determinato.        
«Sia chiaro, non lo faccio perché mi stai simpatico, ma perché mi fai pena». Sorrisi, attento però a non farmi vedere da lei. Non volevo che si facesse venire strane idee in mente.  
«Spero davvero che tu sappia cosa fai».       
«Tranquillo, quando Dennis ha avuto l’incidente con la moto l’ho accompagnato a ogni seduta di fisioterapia e ho imparato qualcosa». Quando si rese conto di avermi confidato troppe cose, si tappò la mano con la bocca e senza aggiungere altro mi aiutò a stendermi.           
«Dovresti toglierti la maglietta».        
«Perché non me la togli tu?». La mia era solo una battuta, non mi sarei mai immaginato che se la prendesse tanto. Accadde tutto così velocemente che quasi non me ne accorsi. Solo quando sentii una porta sbattere capii che si era chiusa in camera sua. 
Mi alzai a fatica – mi ci vollero più di cinque minuti – e la raggiunsi, intenzionato a fare chiarezza sul suo comportamento. In quei tre giorni non avevo dato il massimo, e certe volte mi ero comportato da stronzo, ma questa volta ero sicuro di non aver fatto niente di male.      
«Miranda, apri la porta».       
«Vattene!». Qualcosa non andava, lo sentivo dal suo tono di voce. 
«Maledizione, apri questa porta e smettila di comportarti come una bambina».       
Non sentire alcuna risposta mi fece preoccupare. Non sapevo cosa stesse succedendo, ma Miranda mi stava nascondendo un segreto e io ero intenzionato a scoprirlo. Pensai agli avvenimenti dei giorni precedenti, alla quasi litigata di Miranda con sua madre prima della partenza…     
«Miri, apri la porta, ti prego».
Sentii il rumore della chiave che girava nella toppa e vidi la maniglia che leggermente si abbassava.         
Il suo volto era solcato dalle lacrime, gli occhi erano rossi e gonfi. Ad ogni passo nella sua direzione, lei ne faceva un altro all’indietro, allontanandosi da me.                    
«Miranda…».
«Va tutto bene. Ho avuto un incubo questa notte e sono ancora un po’scossa».     
Quando mi si avvicinò pensai che volesse parlare, confidarsi. Senza che io potessi fare niente per fermarla, prese il cellulare dal letto e scappò ancora una volta da me. Mi buttai a peso morto sul letto, dimenticandomi per un momento del mal di schiena che ancora mi tormentava.           
Avrei dovuto indagare, ma ero così sicuro che mi stesse solo prendendo in giro che finii per dimenticarmene e archiviare quel episodio come un sogno, come qualcosa che non fosse successo veramente.         

Lei

Non avrei dovuto andarmene a quel modo, non avrei dovuto ignorare i suoi occhi che chiedevano una spiegazione, ma era troppo per me. Quella notte avevo deciso di avvicinarmi a lui, come avevo detto a Dennis, Marco era la persona più adatta ad aiutarmi a superare le mie paure. Parlare con lui era facile, confidargli le cose era spontaneo, e questo mi faceva paura. Volevo instaurare un rapporto di amicizia, non fidarmi ciecamente di lui. Sembra assurdo, ma la sicurezza che mi trasmetteva mi terrorizzava. Le persone non sono sempre quello che fanno vedere, l’avevo capito sulla mia pelle con Michele, e sebbene una parte di me sapeva che quelle erano solo inutili paranoie, temevo che anche Marco in un modo o nell’altro mi deludesse.
Mi erano bastato sentire la sua voce preoccupata per capire che non era cambiato affatto – era diventato più sfrontato e egocentrico – ma sentivo che da qualche parte c’era ancora il bambino di dieci anni prima. Io, però, non ero rimasta la stessa.

   
 
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