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Autore: Peanuts_e_Chocolate    15/12/2015    1 recensioni
[Spoiler per chi non avesse letto il quarto libro!]
Non me l’ero più sentita di restare, di vedere Lissa che si preoccupava per me, ma nei suoi pensieri ardeva di desiderio per usare il suo potere e quando lo faceva, anche solo per far migliorare la fioritura delle piante sul balcone o per guarire qualche ferita o per piccole cose, la mia testa esplodeva, il mio umore iniziava a variare da triste, ad arrabbiato senza un motivo.
Ma sentire le sue emozioni mi ha fatto riflettere molto, o meglio agire con il mio solito carattere irresponsabile.
E alla fine presi l’unica decisione che avrebbe permesso alle mie emozioni di sfogarsi senza far del male a nessuno e a lei di usare il suo potere. Scappare, di nuovo.
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Nuovo personaggio, Rose Hathaway
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardiani.

Passò più di una settimana da quando ero ospite dei Valentine e dal giorno dopo che avevo inviato la lettera, ne avevo rimandata un'altra indirizzata ad Adrian dove gli avevo scritto di perdonarmi se non mi ero più fatta sentire ma che stavo provando a rifarmi una nuova vita lontano dalla corte, ed era esplicito che non stavamo più insieme. Controllavo poco la mentre di Lissa, anche perché lei non mi faceva mai entrare. Ormai aveva alzato la sua barriera personale e difficilmente riuscivo a far breccia nei suoi pensieri.
 Ero solo riuscita a sapere che i guardiani mi stavano cercando nei paesi vicini al ponte e perciò dovevo stare più all’erta e muovermi con discrezione.
*.
Nelle due settimane che erano passate mi ero allenata spesso, avevo insegnato alcuni esercizi utili a Daniel, sentendomi dire ogni volta che si vergognava di essere istruito da una ragazza e che sarebbe dovuto essere il contrario. 
 Con lui stavo instaurando un bel rapporto di amicizia ma fatto anche da battibecchi e ogni volta tentava di convincermi a restare li con sua madre e suo padre e di fare da guardiana a loro. Ci avevo pensato realmente e come idea non sarebbe stata male, ma prima di prendere le mie decisioni dovevo essere certa di quello che volevo e di quello che facevo.
  Spesso pensavo che tra le battute che ci dicevamo e gli sguardi che lui mi lanciava c’era dell’altro, ma ogni volta mi davo mentalmente della stupida, dicendomi che probabilmente era una mia impressione e che si comportava solo in modo gentile e protettivo perché era più grande e probabilmente gli ricordavo una delle sue sorelle.
  Nella settimana passata avevo imparato a dedicarmi alle mansioni casalinghe con Mary, Robert e Daniel complimentandomi con me stessa quando riuscivo a far bene qualcosa, visto che ero sempre stata negata.
 “Perciò non hai mai cucinato?” Mi chiese Daniel mentre aiutavamo Mary a pulire alcune verdure. 
 “Già. Vivendo in accademia e poi a Corte non ci prepariamo il pranzo ma ce lo preparano. E anche se esiste un corso di cucina non ho tempo per frequentarlo e non mi interessa nemmeno molto.” Dissi sincera.
 “Invece sei brava. Sai usare molto bene gli utensili e tagli perfettamente le verdure.” Mi sorrise.
“Merito dell’allenamento con i paletti. Penso che aver imparato a recidere le arterie mi è stato più utile per le verdure.” Risi, ma Daniel non trovò divertente la mia battuta.
  “Ti insegnano davvero queste cose? Nel senso… Ti insegnano ad essere un assassina?”
Quelle parole mi stupirono e in un certo senso quasi mi ferirono. Non parlavamo spesso di queste cose ma notavo che Daniel tirava fuori il discorso solo quando eravamo soli io e lui.
 “Non sono un’assassina. Almeno non mi ci reputo. Non uccido la gente su commissione o per divertimento. Lo faccio per proteggere chi è indifeso e non può lottare. Moroi, dhampir, umani, tutte persone che rischiano di sparire per mano degli strigoi. Sono una…”
 “Guardiana, sì.” Finì lui per me. “Ma non trovo giusto che già alla tua età sappiate come uccidere e dove si trovano le arterie da recidere.”
Ci pensai su e non aveva tutti i torti.
 “Già. Ma è una vita come un’altra, in alcune parti del mondo ci sono bambini che fin dalla nascita sanno che non arriveranno al giorno dopo.” Gli dissi, alludendo ai bambini del terzo mondo che lui aveva visto.
 “Già….” Mi sorrise, “Sei furba con le parole.”
Continuai ad affettare le verdure senza rispondere, felice di aver avuto la meglio su quello scambio di parole. 
 “E cosa altro ti insegnano? Dico, oltre a… uccidere.” Gli sorrisi. 
“Ci insegnano un sacco di cose. Quando sei in accademia ci sono materie basilari sulla difesa, l’attacco, tecniche avanzate di combattimento, teoria Bodyguard e protezione personale, pesi e potenziamento muscolare, lingua e letteratura, comportamento e psicologia animale, arte slava, cultura moroi…”
Non mi fece finire  “Cultura moroi? E Psicologia animale? A cosa vi servono?”
  “La cultura moroi scontata, dobbiamo sapere la loro storia, le casate reali, gli stili di vita, e tutte quelle cose lì. E per la psicologia animale, sapere cosa pensano o come si comportano è utile. Soprattutto con gli psico-segugi.”
   Mi guardò non capendo. “Sono dei lupi, un po’ cresciuti e più intelligenti che spesso la scuola manda per rintracciare persone o per avere qualche informazione. Ne ho dovuti affrontare alcuni, ma non sono forti come gli strigoi. Per mia fortuna.” 
Daniel posò il coltello buttando alcune verdure nell’acqua. “Capisco. Sempre uccisioni.”
 “È il mio lavoro.” Finii con le verdure e lasciai il resto a Daniel andando nell’orto ad aiutare Robert che si lamentava per la schiena. 
 “Dov’è andata Mary?” Chiesi prendendo al suo posto dei pomodori nati più in basso. 
“Grazie Signorinella! Ma sappi che ancora non sono così vecchio da non potermi abbassare.” Ridacchiò.
 “Ne sono certa.” Gli porsi i pomodori.
“Mary è scesa un attimo in paese, purtroppo i cinghiali ci hanno mangiato tutte le patate come puoi vedere!” Mi indicò una parte del recinto dove il legno era stato spezzato e per terra si vedeva chiaramente i segni delle zanne dei cinghiali che avevano scavato.
 “Cavolo, eppure date spesso quel prodotto sulle piante.” Dissi.
“Già, ma purtroppo non possiamo darlo sempre o le piante si sciupano poi ora che ha piovuto è inutile, l’acqua se lo porta via.” Affermò.
In effetti in quei giorni aveva piovuto, non molto ma aveva fatto aumentare l’umidità nell’aria e sembrava anche più caldo..
 “In questo posto il tempo varia spesso, ho notato.” Guardai il cielo, era limpido e c’era il sole, ma in lontananza dei grossi nuvoloni coprivano il cielo. Invece il giorno prima aveva piovuto abbastanza e notai anche che il fiume si era ingrossato un po’.
  “Sì, è sempre stato così. Cambia spesso, non come nelle vere montagne ma quasi. Ma ci si abitua dopo un po’ e si impara a conoscere il clima. Anche se non sempre.” Ridacchiò ed entrammo in casa dove porsi i pomodori a Daniel il quale sbuffò. 
“Preferivo restare a mangiare spaghetti e pizza in Italia se sapevo mi mettevate a tagliare pomodori e verdure.” Robert rise alla battuta del figlio. “Non lamentarti Dan, ci sono cose peggiori di tagliare pomodori.” 
  “Sì, come uccidere strigoi o lupi e rischiare di morire per un’amica succhia-sangue!” Quella battuta non mi piacque per niente e nemmeno a Robert. “Daniel!”
Lui stesso si rese conto in ritardo di quello che aveva detto e mi guardò mortificato per la sua battuta.
 “Rose, scusami io… Non volevo. Ho esagerato.” Si voltò verso di me. 
Non seppi cosa rispondere. Mi sentii ferita da quello che aveva detto, anche se in fondo era la verità. Sentii il bisogno di andarmene, come se l’aria si fosse fatta pesante.
  “No, non devi scusarti.” 
Uscii di fretta da quella casa, sentendo l’aria umida e calda.
  Dietro di me la voce di Robert mi diceva di aspettare, ma senza accorgermene già stavo correndo. Le pozzanghere che si erano formate per via della pioggia mi macchiarono le scarpe e mi schizzarono le gambe. 
  Anche se non sapevo dove correre, la mia mente aveva una meta precisa. 
Mentre correvo avevo l’impressione che qualcuno mi seguisse e mi resi conto che i miei spettri erano tornati a farmi compagnia.
 “Andatevene!” Gli urlai ma loro erano ancora li e cercai di ignorarli, mentre mi sentivo seguita e non capivo se era per gli spettri o meno.
  Attraversai un piccolo ponte che avevo fatto altre volte con Mary e che ogni volta mi ricordava quello dell’incidente con gli strigoi e ancora quel qualcuno mi seguiva e gli spettri mi davano noia alla vista. In poco mi ritrovai quasi a rivivere quella notte, finché una mano non mi bloccò, mi voltai di scatto pronta ad attaccare ma rimasi quasi bloccata. 
Dimitri. 
No, era Daniel. Ma per un secondo di troppo mi ricordò lui, di nuovo.
   “Rose, mi dispiace! Io non volevo.” Strattonai il braccio. Quasi mi diede noia quel contatto.
“Lasciami!” mi ritrovai quasi a ringhiare. “Tu non sai cosa provo. Tu non sai cosa si prova ad essere un guardiano. E non sai cosa si prova ad essere Rosemarie Hathaway.” Lo guardai con rabbia.
  La sua espressione era identica a quella di Dimitri e mi fece rabbia. La tenebra stava avendo il sopravvento e i miei spettri continuavano ad aumentare. “E non hai il diritto di dirmi cosa è meglio per me. Non hai il diritto di reputarmi un assassina. E non hai il diritto di chiamare Lissa, succhia-sangue quando non la conosci, quando non conosci niente!”
  Non sapevo nemmeno perché gli stavo sputando con rabbia quelle cose. Alla fine non mi avevano veramente fatto male, certo non era stato carino, ma alla fine la mia reazione era stata anche troppo esagerata. L’unica cosa che veramente mi aveva dato noia era stato sentire Lissa essere chiamata ‘succhia-sangue’ quando nemmeno la conosceva. Anche se, sentirmi dire che ero un assassina mi aveva un po’ ferita, non volevo che nessuno pensasse di me una cosa del genere. Io se uccidevo era per uno scopo del tutto giusto. Gli strigoi erano il male e i moroi andavano difesi. Tutti, anche gli umani andavano difesi da loro.
 D’un tratto cercai di calmarmi, nella mia testa sentivo caldo e capii che Lissa doveva aver usato il suo spirito in questi giorni e probabilmente lo stava facendo anche ora. Ma non capivo perché non mi faceva entrare dentro di lei e ciò mi causava ancora più rabbia.
 “Rose, io non pretendo di sapere. E mi dispiace se quello che ti ho detto ti ha ferita.” Mi prese per le spalle e ancora sentii che quel contatto mi dava quasi noia. 
  Dimitri, pensai ancora, ma scossi la testa cercando di guardarlo e vedere che era Daniel.
“Rose davvero, mi dispiace.” Lo guardai, calmandomi. Riuscendo a vederlo, a non confondere i suoi tratti con quelli di Dimitri. I suoi occhi nocciola dorato erano sinceramente dispiaciuti e le figure degli spettri se ne stavano andando e con essi la rabbia. Mi sentii svuotata ma realizzai di aver fatto una scenata per niente.
 “Rose. Non volevo. Mi dispiace.” Si era abbassato alla mia altezza e continuava a fissarmi mortificato mentre la sua fronte quasi si era appoggiata alla mia.
 “Io, ecco...” Non sapevo cosa dire. “Scusami Daniel. Non sarei dovuta andar via in quel modo…”
“Rosemarie?” Mi voltai di scatto a quella voce femminile e professionale che conoscevo. Serena.
  Non dissi una parola, troppo stupita e incredula di averla davanti ai miei occhi. 
Un tumulto di emozioni si scatenò dentro di me. Se lei era li voleva dire che erano tornati. Mi stavano ancora cercando.
 “Sei viva.” Il suo tono era quasi sollevato ma Daniel mi si parò davanti.
“Va via Rose.” Lo guardai intuendo che voleva farmi guadagnare tempo. Serena non era una minaccia, ma in ogni caso non sarei potuta rimanere li.
 “Cosa vuoi fare?” Non sapevo se andarmene veramente o meno, se Serena lo avesse attaccato?
“Vogliamo solo parlare.” Serena era realmente preoccupata, ma se c’era lei c’erano anche Dimitri e Albert e non so quanto ci avrebbero messo a riportarmi via, probabilmente entro sera sarei già tornata a Corte.
 “Ho detto vattene.” Aveva un’aria quasi minacciosa e sembrava che non volesse che Serena si avvicinasse. 
*
Non seppi il perché, ma le mie gambe cominciarono a muoversi da sole, continuando la corsa che avevo interrotto.  Sentii la voce di Serena che mi urlava e fece cenno di inseguirmi ma intravidi con la coda dell’occhio Daniel che la bloccò. 
 Corsi, senza assistere a quello che accadde dopo. Ma non mi preoccupai, sapevo che non si sarebbero scontrati e non mi fermai fino a quando non intravidi le case e toccai con i piedi la pietra che delineava l’inizio del paese con il piccolo bosco che lo circondava. 
Sentendo pulsare la ferita e con il batticuore cercai con lo sguardo Mary, non la trovai. 
  A passo anche troppo veloce percorsi tutto il paese, andando dal panettiere, dai pasticceri e dalla fioraia, dove la vidi uscire, con un mazzo di margherite e di rose in mano. 
 “Rose,” Mi sorrise. “Che ci fai qui?” 
  Avevo un bel fiatone e lei si accorse che avevo corso e si avvicinò, toccandomi una spalla
“Cara, che ti è successo? Ma guarda, hai anche tutte le gambe  e le scarpe bagnate e sporche di fango.” Non risposi, continuando a inspirare l’aria. “Rose, se non parli non ti leggo nella mente.” Mi sorrise dolce. “Avanti, vieni.” Mi fece strada e la seguii fino ad arrivare ad una panchina.
  Nel centro della piazza c’era una bella fontana tonda in marmo, con raffigurati tre angioletti che spruzzavano acqua dalla bocca e in torno alla fontana c’erano alcune panchine dove ci eravamo sedute.
 Mary tirò fuori qualcosa da una busta e quel gesto mi rese il cuore più leggero e mi stupì parecchio. Mi porse una fetta di torta di mele, calda e appena sfornata e la addentai, lasciando che quel dolce sapore mi inebriasse e mi riscaldasse calmandomi e riuscendo a metabolizzare quello che era successo.
  “Allora Rose, cosa ti è successo per venire fin qui così di corsa?” Il suo sguardo era preoccupato ma cercò di non darlo molto a vedere compensando con un tono sicuro.
 “Ecco, Daniel mi ha detto delle cose poco carine mentre stavamo preparando le verdure che ti servono per la cena.” La vidi sgranare gli occhi e spalancare la bocca. “Ma non è quello il punto. Mi sono sentita male quando ha detto quelle cose, come se avessi realizzato cosa faccio realmente e che non è bello. Ma la cosa che mi ha dato più noia è che ha offeso la mia amica. E non solo, mentre adesso stavo venendo qua, un guardiano che conosco mi ha... trovata”
 Strinsi la mascella, rendendomi conto che era più simile ad una bambina che aveva bisogno di consolazione più che una guardiana.
  “Mi dispiace se ha detto qualcosa di poco carino sulla tua amica. Daniel ha un carattere che spesso non si rende conto di controllare. È impulsivo e molte volte dice le prime cose che gli passano per la testa. Qualsiasi cosa abbia detto non devi dargli retta. E per... il guardiano. Sei preoccupata? Qualcosa ti turba.” La guardai cercando di capire io stessa perché avevo reagito così appena avevo visto Serena.
  “Non lo so." La guardai e mi sorrise, capendo che io stessa non capivo il mio comportamento. 
 “Sai, Daniel si è affezionato molto a te Rose. Anche se è passato poco tempo, fin dal primo giorno ho visto che ci teneva a te. Lo conosco bene ormai, è mio figlio. Ma non per questo devi farti condizionare.”
  Annuii. “Quello mai..” 
Lei mi sorrise e io la guardai e ricordai che lei stava con Robert ed aveva sette anni in più di lei. Come tra me e Dimitri. E realizzai che ancora mi faceva così male pensare a Dimitri perché lo amavo…
 “Dai, torniamo a casa. Devo finire di preparare la cena e se non ci sbrighiamo inizierà a piovere di nuovo.”
Si alzò e così feci anche io. Ci avviammo verso casa e sulla via del ritorno non ci furono tracce ne di Serena e ne di Daniel. Mentre percorrevamo gli ultimi metri iniziò a piovere e ci salvammo a pelo.
Entrammo in casa e subito Robert si alzò venendomi in contro appoggiando una sua mano sulla mia spalla. 
 “Stai bene signorinella??” Mi chiese ed io annuii. 
Mary appoggiò la spesa sulla tavola e sistemò i fiori. “Dov’è Daniel?” Chiese non vedendolo in casa.
 “Ha seguito Rose, poi è tornato ed è riuscito senza dire una parola. Pensavo che era con voi. Ma è grande abbastanza per badare a se stesso.” Alzò le spalle incurante.
 Ma io non ero sicura, che gli fosse capitato qualcosa con Serena?
No, se era tornato voleva dire che con lei aveva finito di parlare. Non sapevo perché, ma avevo l’impressione che c’entrassero i guardiani.
 “Rose, vai a farti una doccia, ti rinfrescherà. Se ti servono dei vestiti, tanto sai dove sono e quelli sporchi mettili pure nella cesta.” Sorrise Mary.
 “Va bene.” Salii al piano di sopra ed entrai nella camera delle ragazze, aprendo il cassettone ed estraendo un’altra maglietta raffigurante una rock band, una morbida felpa leggera ed estiva e un jeans nero. Pensai che Hannah doveva essere una tipa Rock e di quelle che vestivano solo di nero o quasi. A differenza di Ashley che aveva vestiti in tinte pastello o comunque molto delicati.
 Loro due, mi ricordavano tanto me e Lissa. Hannah con capi più appariscenti, in un certo senso. Mentre Ashley aveva vestiti più raffinati.
  Sorrisi a quel dettaglio e uscii dalla camera chiudendo la porta ed entrai nel piccolo bagno, accesi la luce e iniziai a spogliarmi, riponendo gli indumenti nell'apposita cesta. 
Aprii la doccia ma l’acqua che ne uscì era gelida e dovetti lasciarla scorrere per qualche minuto e mentre aspettavo, mi ritrovai a guardarmi  allo specchio. 
 Mi chiesi come sarebbero state le cicatrice. La mia pelle, diversamente da tante altre assorbiva meglio i tagli e quelli che mi ero causata negli scontri erano quasi scomparsi tutti. Ma ero certa che questi mi sarebbero rimasti per molto tempo o forse per sempre.
 “Accidenti Rose, perché ti cacci sempre nei guai?” Dissi alla mia figura allo specchio che aveva un’aria amareggiata. Esattamente come me. 
 Sospirai levandomi anche l’intimo e ringraziando che almeno la bellezza del mio corpo era ancora tutta intatta. Non che mi servisse in grossi modi, però mi faceva sentire più sicura in un certo senso.
  Entrai in doccia, dove adesso l’acqua era della giusta temperatura. Bagnai prima il mio corpo e lentamente provai a mettere la testa sotto il getto, sentendo l’acqua che batteva sulla ferita fastidiosamente ma strinsi i denti e stetti molto attenta a lavarmi i capelli cercando di non far andare il sapone sopra i tagli. 
 Stetti in doccia una buona mezz'ora, mi rilassai e lasciai l’acqua scorrere per il mio corpo. Facendo si che si portasse via anche parecchi dei miei pensieri e pian piano, iniziai a guardare un salotto moderno con divano in pelle bianca e un camino acceso.
Stupita mi ritrovai ad essere nella mente di Lissa e mi chiesi perché.
*
  “Va tutto bene?” La voce di Dimitri mi risuonò nella testa facendomi stringere il cuore. E lo vidi, in piedi davanti a Lissa con una tazza in mano e un’aria apprensiva.
 “Sì, sto bene. Grazie.” Lissa prese la tazza di tè freddo dalle mani di Dimitri, il quale le si sedette accanto. 
 “La stiamo ancora cercando, Serena dice di averla vista ma a quanto pare con lei c’era un uomo e l’ha fatta scappare.” Le disse.
Sentii Lissa tirare su col naso. “Perché non è venuta con Serena? Perché è scappata via?” Iniziò singhiozzando e Dimitri le mise una mano sulla spalla.
  “È colpa mia, lo so. Se non fosse per me a quest’ora non sarebbe mai successo.” Disse con la voce rotta dal pianto. “Se non volesse più tornare... Se volesse rifarsi una vita diversa. Forse l’ho delusa… Oh Dimitri, ti prego. Dobbiamo trovarla.” Lei alzò lo sguardo su di lui il quale aveva la sua stessa preoccupazione negli occhi.
  Ormai sapevo leggere i suoi sguardi.
 “La troveremo anche a costo di rimanere qui un anno. Rose è sicuramente da queste parti. Starà alloggiando in qualche casa nel piccolo paese che c’è tra le montagne. Serena l’ha vista da quelle parti. Dovremo avere pazienza.” Gli fece un flebile sorriso e Lissa bevve della tazza sentendosi più sicura di quelle parole.
 “E se lei non vorrà tornare? O se magari come ha detto Serena quell'uomo sta cercando di non farla tornare da noi?” Non nascose tutta la sua paura e mi sentii il cuore a pezzi nel vederla e sentirla così.
 “Serena ha detto che il ragazzo con cui era la proteggeva. Probabilmente penserà che le vogliamo fare del male. Mi chiedo solo perché Rose non abbia detto il contrario.” Dimitri parve più che preoccupato. Negl’occhi aveva qualcosa che non aveva con chi doveva solo proteggere o sorvegliare. Lissa lo guardò in cerca di una speranza. 
 “Senza contare che quel ragazzo deve sapere chi è. Era un dhampir ma non è un guardiano. E Serena ha detto che le ha riferito che non farà tornare Rose con noi.” Le parole che disse mi spiazzarono, così Daniel aveva detto queste cose. Provai quasi rabbia nei suoi confronti ma non perché aveva detto una cosa simile ma perché ha pensato di poter dire queste cose al mio posto.
  “Ho paura Dimitri. Ho paura che non la faccia tornare da noi ed ho paura che lei non voglia tornare da noi.” Lissa lo guardò e Dimitri aveva uno sguardo quasi minaccioso, ma qualcosa nella sua espressione stonava. 
 “Sembra che lui sappia di noi, di lei.”  Mentre disse quelle parole lo vidi, era uno sguardo di fastidio.
 Ma Lissa non lo notò, provando solo ammirazione e sentendosi sicura quando lui parlava. Come se avesse le sue speranze riposte in lui.
   “Io voglio riabbracciarla Dimitri e voglio che torni a Corte ma soprattutto voglio che ritorni la mia migliore amica. E non voglio che questo ragazzo, chiunque sia la porti via. Che me la porti via!”   Quelle parole mi spezzarono. Anche io volevo stare con lei ma non volevo essere schiacciata dalla tenebra.
 “Non preoccuparti, a costo di ispezionare tutte le case dalla prima all'ultima la troveremo. Non torneremo a Corte senza di lei. Non senza Rosemarie.” La determinazione che c’era nella voce e nello sguardo di Dimitri furono come uno schiaffo che mi sveglio e che mi riportò alla realtà.
*



N.d.a: Ed eccomi con l'ottavo capitolo! Qui vediamo i sentimenti di Daniel uscire fuori più prorompenti, ma se pensate che tra i due ci sia del tenero.... chissà! :D
 I prossimi capitoli saranno più corti, visto che mi sono resa conto che supero le 3000 parole! :3

 
   
 
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