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Autore: DARKOS    15/12/2015    1 recensioni
Roxas era ormai al terzo anno della Twilight Town University, l’accademia di prestigio della regione. Ormai un “veterano”, era anche la celebrità del campus: la storia di come avesse trionfato sul Consiglio Studentesco e sull’utopia di Xemnas neanche due anni addietro era ormai leggenda e tramandata a tutte le matricole. E come ogni leggenda, anche paurosamente gonfiata: lo stesso Roxas aveva addirittura sentito una versione secondo la quale lui aveva affrontato da solo tutti i tirapiedi di Xemnas in dieci diverse prove di abilità, per poi battere il capo stesso con eleganti mosse di judo. Non poté trattenersi dal ridere, primo perché lui non conosceva nemmeno il judo, secondo perché di sicuro non aveva fatto tutto da solo: era solo grazie ai suoi amici che se l’erano cavata.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Sesto Capitolo

Roxas e Xion si evitarono per i sette giorni seguenti. Gli altri notarono ovviamente questa frattura, ma ebbero abbastanza giudizio da non intromettersi. Anche Larxene capì che stavolta la faccenda era seria, e Axel dedusse che non era il caso di intervenire appena dopo un’occhiata a Roxas. Quest’ultimo non volle parlare con nessuno, e aveva la strana sensazione che invece Xion avesse contatti con loro ma non gli importava.
Tutti appresero con sgomento che la seconda prova era Informatica, ovvero la materia di Xion: e ovviamente la ragazza non si era esercitata né era dell’umore adatto per farlo. Provare a rimandare risultò inutile, e quindi non si poté fare altro che rassegnarsi e accettare l’inevitabile.
Demyx e Luxord trascinarono Roxas gentilmente ma con fermezza fino all’arena e la seconda prova ebbe quindi inizio.

Xion si era tirata su il cappuccio, e poco la distingueva dai Foretellers: sei figure mute e incappucciate. Stavolta l’elemento a disagio era Vanitas, che si guardava attorno perplesso. Il solito arbitro si fece avanti e illustrò le regole: “Davanti a voi ci sono tre computer e cinque monitor, due dei quali serviranno solamente a passarvi i codici necessari alla sfida. I vostri obiettivi sono di infiltrarvi in alcuni siti protetti creati appositamente per l’occasione, prelevare le informazioni, unirle in un collegamento ipertestuale, e creare un minuscolo programma basato su di esso. Cominciate!”
“Zex, ma non è illegale infiltrarsi nei siti? Così promuovono la pirateria!”
“Non necessariamente. Per poter individuare gli hacker devi sapere come operano ed essere capace di fare altrettanto. Certo, potrebbero usare questo sapere per azioni malvagie… diciamo che la loro reputazione garantisce per loro.”
Axel si sdraiò su un divanetto. “Qua ne so ancora meno che sull’arte. Tenetemi aggiornato se si capisce qualcosa di decisivo.”
Roxas avrebbe voluto essere altrettanto distaccato, ma si impose di assistere almeno in quanto capitano della squadra. Non che ci fosse molto da giudicare stavolta: i concorrenti digitavano in fretta sulle tastiere sequenze di simboli ignote a chiunque altro. Per quanto riguardava il biondino, avrebbero potuto benissimo scrivere in sumero e il risultato sarebbe stato ai suoi occhi lo stesso.
Larxene diede voce ai suoi pensieri: “Santo cielo, sembra di stare su un altro pianeta. Ehi, ma i Rettori se la caveranno? Sono quasi certa che quando andavano a scuola loro si usavano le tavolette d’argilla.”
“Hanno uno staff che li assiste nella decisione e hanno seguito un corso accelerato di base nei mesi passati. Persino loro sono tornati a studiare.”
Tutti si voltarono verso la voce, e videro Ephemera sulla soglia della loro tribuna. Il ragazzo sorrideva in modo amichevole, come se fosse naturale per lui essere lì.
“Che ci fai qui? Dovresti essere con la tua squadra.” Zexion sembrava un po’ più freddo del solito.
“Calma, vengo in pace. Non mi gioverebbe a molto intromettermi, no? …la vostra amica mi sembra diversa, e ho saputo avete provato a rinviare la gara. Mi spiace che l’organizzatore vi abbia detto di no, noi vi avremmo aiutato. Sappiate che se è successo qualcosa e volete farlo presente appena finita la gara, avreste il nostro supporto.”
“Non è successo nulla che ti dovrebbe interessare, e non ci ripareremo dietro alcuna scusa nel caso dovessimo perdere. Aria.” Classica risposta da Larxene.
Ephemera non si fece impressionare, e poggiò una mano su Roxas: “Anche tu mi sembri molto giù. C’è qualche problema?”
Axel gli afferrò il polso e lo scostò, senza fargli troppo male. “Mi pare ti sia stato detto che non è giornata. Abbiamo avuto problemi, sì, quindi ci scuserai se non siamo troppo amichevoli. È comunque una competizione.”
Secondo Roxas erano tutti davvero troppo rudi. Sora e Riku andavano bene, ma tutto a un tratto Ephemera si stava prendendo troppe confidenze?
Il ragazzo parve non farci caso e accettò placidamente l’attacco. “Hai ragione pure tu. Mi ritiro allora. In bocca al lupo per le sfide!”
Terminato l’imprevisto, l’attenzione tornò alla gara. Perfino con le loro inesistenti conoscenze della materia era evidente che Xion fosse in difficoltà: le mani le tremavano e si bloccava di frequente, oppure ricontrollava il muro di codici e riscriveva febbrilmente interi pezzi. Era ovvio che aveva la testa altrove. Anche Vanitas pareva distratto da qualcosa: era nervoso e sbuffava spesso. I Foretellers procedevano col loro ritmo da catena di montaggio.
Suonò nuovamente il gong, con grande sgomento di Xion. Da come aveva reagito si poteva ampiamente dedurre non fosse andata bene. Roxas si alzò e uscì dalla stanza.
“Roxas?” Provò a chiamarlo Sora, ma lui nemmeno si girò. Non poteva tollerare di avere contribuito col suo atteggiamento alla sconfitta di Xion.

Era ormai notte fonda. Roxas non mangiava dalla sera precedente ed era vestito leggero, ma non gli importava. Continuava a rimanere rannicchiato a braccia conserte agli angoli di un marciapiede ignaro di ciò che lo circondava. Una figura si stacco dalla folla di passanti che transitava per le vie affollate e si sedette vicino a lui, senza dire nulla. Passarono molto tempo in silenzio a fissare l’asfalto e gli edifici.
“Alla fine Xion ha perso.”
“Chi ha vinto?”
“Il Foreteller con il serpente. Pure Vanitas ha fatto degli errori di distrazione. Pare che Chirithy abbia fatto ritorno al Departure College poco dopo la sua sfida.”
“Strano.”
“Abbastanza, sì.”
“…Axel. Tu sei stato a capo dei Nobodies per due anni. Ti sono mai capitate situazioni simili?”
“Come questa, mai. Ecco perché non ho mai voluto ragazze nella squadra. Non è sessismo, ma tutto si complica se tra due persone nasce qualcosa. L’amore è bellissimo, ma andrebbe tenuto separato dal lavoro, se capisci cosa intendo.”
“…”
“Con questo non voglio dire che sia sempre filato tutto liscio. Zexion ce ne ha messo di tempo prima di smettere di trattarmi con sufficienza, Demyx non aveva la forza di volontà di fare nulla e far aprire Lexaeus è stata un’impresa.”
“Non mi pare siano cambiati molto su quei fronti.”
“Non devono. Io non li voglio cambiare, non sono Xemnas. Dirigere i tuoi compagni è da leader. Costringerli ad eseguire la tua volontà è da dittatore. La differenza è a volte sottile, ma c’è. Non dimenticarla, Roxas.”
“…che dovrei fare? Già prima le cose con Xion andavano male, e ora non so nemmeno come guardarla in faccia.”
“Beh, scusarsi mi sembra la cosa migliore.”
“…”
“Non sei convinto di avere torto, eh? In ogni caso devi affrontarla. Come caposquadra è tuo dovere rendere conto delle sconfitte e delle vittorie dei tuoi membri, prima di tutto con i membri stessi. Se proprio non potete perdonarvi, almeno tornate a una relazione neutrale fino alla fine dei Campionati.”
“Tu sai cosa è successo, vero?”
“Se mi stai chiedendo se so qual è stato il problema, sì, me ne sono fatto un’idea. Ma tu vuoi in realtà chiedermi se sono d’accordo con te oppure no.”
“Immagino di sì.”
“Ho chiaramente una posizione. Ma non te la dico. Ora sei tu il pezzo da novanta, devi gestire la partita fino alla fine con le tue decisioni.”
Axel si alzò e lo lasciò a riflettere su ciò che era appena stato detto. Lo facevano in molti ultimamente, pensò Roxas. Ma stavolta lo seguì a breve distanza e rientrarono al castello.

L’atmosfera era lugubre e silenziosa. I Foretellers a quanto pare non celebravano le loro vittorie, e ovviamente né la TTU né il Departure erano dell’umore adatto.
Tutti gli amici di Roxas erano nella sala comune, fingendo indifferenza ma chiaramente ansiosi che tutto si risolvesse. Nessuno pareva biasimarlo, ma essendo amici di entrambi era ovvio fossero molto a disagio. Xion era ben visibile sul balcone di fuori, ancora col cappuccio.
Pareva una scena simbolica di un videogioco. Roxas inspirò e si fece coraggio.
Si avvicinò ma non disse nulla, né lei diede segno di averlo sentito.
Alla fine il ragazzo si fece coraggio e raccolte le forze, aprì la bocca per parlare.
Fu allora che Xion parlò.
“Non ho scuse per il fallimento di oggi.”
“Nessuno ce l’ha con te per questo.”
“Io ce l’ho con me. Non avrei dovuto fallire, non io. E se anche il nostro screzio ha influito al riguardo… è comunque colpa mia.”
Roxas non sapeva cosa dire. Xion era una studentessa modello, figlia del rettore e con un brillante futuro. E questi erano i suoi unici Campionati. Se anche avessero portato a casa il trofeo per chi vinceva più sfide, lei non avrebbe avuto il riconoscimento per la sua competizione. Un gran passo indietro nella sua carriera, un’occasione mancata. Avrebbe voluto abbracciarla, ma si trattenne.
“Xion. Non ho bisogno di dirti cose come ‘ce la farai’, o ‘io so che sei brava’. È stato orribile, inutile negarlo. Ma non sarà la tua ultima occasione per brillare come talento. E in quanto leader, ti prometto che mi impegnerò a vincere.”
“…Sì. Fallo. È ciò che ti viene richiesto.” Non sembrava molto, ma lui avvertì la sua approvazione. Xion si accinse a rientrare, ma prima aggiunse: “Roxas, cerca di non andartene di nuovo prima della fine di una competizione. Demoralizza e dà prova di sfiducia.”
Perfino adesso lei gli dava consigli. Roxas non poté che sorridere nonostante tutto e stava per tornare dentro, quando dei movimenti nel giardino sottostante attirarono la sua attenzione.
Due figure stavano parlando, e a giudicare dalla mimica uno era molto agitato. Continuò a gesticolare ma a un certo punto si bloccò, evidentemente per qualcosa che il suo compagno gli aveva detto. Rimase in silenzio e se ne andò poco dopo, visibilmente intimorito e tremebondo. La figura quieta lo guardò allontanarsi e poi si incamminò a sua volta.
Mentre tornava dentro e assisteva alle espressioni sollevate dei suoi amici per la scampata crisi, Roxas non poté fare a meno di chiedersi cosa Ephemera avesse potuto dire a Vanitas per spaventarlo così tanto.
   
 
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