Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: franci893    19/12/2015    5 recensioni
Battaglia di Hastings, 1066: Guglielmo il Conquistatore sconfigge il re dei Sassoni e viene incoronato re d'Inghilterra. Una volta confiscate le terre ai nobili sassoni, le concede ai suoi cavalieri come ricompensa. Tristyn Le Guen, secondogenito di un conte bretone, riceve in cambio dei servigi offerti un piccolo feudo in Northumbria, regione fredda e montuosa al confine con il regno di Scozia.
Tristyn pensa che ora la strada sia tutta in discesa, ma governare un castello sarà veramente così semplice come pensa?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
13.
 
 
La notte prima del matrimonio Lynn non riuscì a dormire.
Nei giorni precedenti si era sforzata di non pensare al grande passo che stava per compiere, ma, una volta rimasta sola nel buio della sua stanza, aveva dovuto fare i conti con se stessa.
Emozioni contrastanti le laceravano l’animo, e per quanto cercasse di analizzare razionalmente la situazione, ogni volta le immagini del suo futuro assumevano le tinte della paura, della rabbia, della confusione e, infine, del rimorso.
Lynn non sopportava i sensi di colpa: erano creature subdole, capaci di starsene nascoste nell’ombra per tempo incalcolabile per poi uscire nei momenti più inaspettati. Erano anche spietate, perché colpivano i punti deboli della persona che li provava, facendola cadere in un baratro di impotenza e disperazione da cui era poi difficile risalire. Per questo, nei limiti del possibile, Lynn aveva fatto di tutto per tenere sopiti i propri demoni interiori, soprattutto dopo l’arrivo dei Normanni.
Quella notte però, erano tornati a bussare alla sua porta e lei non aveva potuto evitarli in alcun modo.
Di solito, l’immagine che Lynn associava al suo rimorso era quella del padre, il vero signore di Welnfver, il quale si sarebbe rivoltato nella tomba nel vedere il suo castello lasciato in mano agli invasori. Non era stato facile per la ragazza riuscire a convincersi di aver fatto la cosa giusta, ma col tempo i risultati le avevano dato ragione, e il suo senso di colpevolezza si era affievolito a poco a poco.
Stavolta, però, il viso che le si parò di fronte non fu quello paterno. Era quello di Tredan.
Mentre si rigirava inutilmente tra le lenzuola bagnate dal sudore, Lynn lo vedeva chiaramente davanti a sé, ferito e sanguinante eppure imperturbabile, lo sguardo deluso e arrabbiato diretto a lei.
 
“ Sul serio, Lynn? Stai davvero per sposare quell’uomo? Lo stesso uomo che mi ha ucciso?”
 
Il corpo del fratello non era mai stato ritrovato, ma Lynn si era rassegnata all’idea di non vederlo tornare a casa. Non sapeva chi fosse il responsabile della sua morte, e sebbene le importasse relativamente poco conoscere l’identità del suo assassino, dopo che i Normanni si erano insediati a Welnfver, aveva pregato spesso che non fosse stato Stefan o, ancora peggio, Tristyn.
La sola idea le dava la nausea.
Con il passare del tempo se ne era quasi dimenticata, eppure ora, quel pensiero subdolo era tornato più vivo che mai. Tristyn aveva partecipato alla battaglia di Hastings e, da ciò che aveva sentito, aveva ucciso molti soldati sassoni. Tra questi avrebbe potuto esserci benissimo anche suo fratello.
 
“ Come puoi farlo, Lynn?”
 
La ragazza sudava freddo, nello sforzo di cacciare via quell’immagine, quella voce, quelle parole dalla sua testa. Non erano reali. Suo fratello non le avrebbe mai mosso un’accusa del genere.
Tutto ciò era illogico, tuttavia più tempo passava, più Lynn provava disgusto per se stessa.
 
Non appena iniziò ad albeggiare, decise che ne aveva abbastanza.
Si avvolse in un pesante scialle e, a piedi nudi, uscì dalla sua stanza e scese le scale in silenzio. Faceva molto freddo, al punto che le battevano i denti quando raggiunse la piccola cappella di famiglia, incuneata a metà strada tra il pianterreno e i sotterranei del castello. A quell’ora la luce non riusciva ancora a penetrare in quello spazio angusto, e Lynn si mosse lentamente nella penombra fino a che raggiunse l’altare. Accese una candela e subito una luce tenue rischiarò la cappella. A quel punto la ragazza si lasciò cadere a terra, quasi quell’azione l’avesse svuotata delle sue ultime energie. Per un po’ stette immobile a fissare i movimenti sinuosi della fiammella e i giochi di luce proiettati sulla parete.
Probabilmente quella era una delle ultime occasioni che aveva per restare completamente sola, e voleva godersene ogni istante. Tuttavia c’era anche un motivo per cui si era recata proprio lì.
- Pensavo potessimo parlare – disse, infine.
Nessuno le rispose, ovviamente, ma Lynn non si lasciò scoraggiare.
- Oggi mi sposo – pronunciò quelle parole in tono forzatamente allegro – l’avresti mai detto che sarei riuscita ad arrivare all’altare? – scherzò.
Rimase zitta per qualche istante, quasi si aspettasse davvero una risposta dal suo interlocutore invisibile.
- Penso che approveresti. E’ un brav’uomo, in fin dei conti, e mi tratta bene. E tiene molto a Welnfver, sta pure imparando il sassone, anche se non è un granché – cercò di sorridere, nonostante sentisse gli occhi riempirsi di lacrime.
Prese un respiro profondo.
- Mi manchi, Tred – disse, mordendosi il labbro inferiore nello sforzo di non piangere.
- Non dovevi morire, maledizione! – sbottò arrabbiata - E io non posso sapere se Tristyn ti ha ucciso oppure no! Non puoi farmene una colpa! – la voce si ruppe, e iniziò a singhiozzare, disperata.
Da mesi si era privata del lusso di piangere, per mostrarsi forte e combattiva davanti agli abitanti di Welnfver, ai Normanni, e infine per difendere se stessa, ben sapendo che se fosse crollata, difficilmente sarebbe riuscita a rialzarsi come se niente fosse. A quel punto però, a poche ore dalla cerimonia, non aveva trovato più alcun motivo per resistere al dolore che aveva accumulato in quei mesi.
- Mi dispiace tanto, Tred – mormorò, tra i gemiti – non doveva andare così, non doveva andare così…ma non posso farci niente, ormai, devo sposarlo, capisci? – si tirò le ginocchia al petto, come faceva sempre da bambina, continuando a mormorare quella litania, ancora e ancora.
La porta di legno scricchiolò, facendola sobbalzare.
Si asciugò in fretta le lacrime e fece per alzarsi in piedi, quando riconobbe la sagoma che si stagliava all’entrata della cappella.
- Oh, Lynn – mormorò Tess, la voce addolorata.
La ragazza cercò di scacciare via la nuova ondata di lacrime, ma il suo corpo continuava a tremare, come se non avesse ancora buttato fuori tutte le emozioni represse in quei mesi.
- Sto…sto bene – mormorò, stringendosi le braccia attorno al corpo.
L’amica la raggiunse e l’abbracciò, e a quel punto Lynn non riuscì a resistere.
- Tess, è tutto così ingiusto – singhiozzò, aggrappandosi a lei disperata – non posso sposare Tristyn, non posso….che cosa direbbe Tredan? E papà? Come posso sposare l’uomo che forse li ha uccisi? Non posso farlo! –
- Calmati adesso – le sussurrò la cognata, facendola sedere a terra e accarezzandole piano la schiena.
- E se li avesse veramente uccisi lui, Tess? Non potrei sposare il loro assassino! – mormorò Lynn.
I singhiozzi si erano fermati, e lungo le sue guance continuavano a scendere solo lacrime silenziose.
- Devi stare tranquilla, Lynn. Nessuno può sapere chi li ha uccisi, probabilmente nemmeno loro hanno visto in faccia il loro assassino. Nella furia della battaglia non guardi chi hai di fronte, pensi solo a sopravvivere – Lynn sentì la cognata rabbrividire, e la strinse forte.
- Sono morti sapendo a cosa andavano incontro, Lynn. E per quanto a lungo possiamo interrogarci su chi li abbia uccisi, questo non li riporterà indietro. Hanno fatto il loro dovere. Tu hai fatto il tuo, e lo continui a fare, ogni giorno. Pensi davvero che ti odierebbero per questo? Per aver salvato la tua gente e impedito che Welnfver fosse rasa al suolo? Per tutti gli sforzi che hai fatto per far funzionare i rapporti con i Normanni? No, io penso che loro sarebbero fieri di te – Tess la guardò con gli occhi lucidi.
Lynn l’abbracciò forte.
- Non ce l’avrei mai fatta senza di te – le disse, mentre la sentiva piangere silenziosamente contro la sua spalla. A quanto pareva anche per Tess era arrivato il momento di sfogarsi.
- Mi manca, Lynn. A volte non posso credere che non lo rivedrò più – disse, tra le lacrime.
Lynn sentì gli occhi inumidirsi di nuovo, ma questa volta era il suo turno di consolare l’amica.
Non aggiunse nulla, si limitò a stare lì, in silenzio.
Per quanto il dolore fosse bruciante, sapere che non era l’unica a sentirsi in quel modo la consolava, per qualche strano motivo. Lei e Tess vivevano quella perdita in modo diverso, eppure condividerla con qualcuno la rendeva più leggera, più facile da accettare, se questo fosse mai stato possibile.
In lontananza, il gallo intonò il suo canto mattutino.
- Dobbiamo andare a prepararti – le disse Tess, asciugandosi le guance umide.
Lynn prese un bel respiro, prima di alzarsi.
L’ora era arrivata, e lei non poteva fare più nulla per aggirarla.
- Andiamo –
 
*
 
Era fatta.
Le cose si erano svolte molto più velocemente di quanto avesse temuto, pensò Tristyn, mentre sedeva al posto d’onore della grande tavolata. La sala grande del castello era stata addobbata per l’occasione ed era gremita di uomini e donne, Sassoni, Normanni, persino alcuni Scozzesi.
Tristyn non si era aspettato l’arrivo di tutta quella gente per il suo matrimonio: in fondo lui era solo il figlio cadetto di una famiglia bretone, con un buon nome certamente, ma non così importante da giustificare la presenza di tutte quelle persone, che erano venute lì per festeggiare, almeno in apparenza. Tristyn lasciò vagare lo sguardo su diversi volti accanto a lui, alla ricerca di qualcosa di sospetto, e finì per incrociare quello del povero cinghiale arrosto che troneggiava in mezzo alla tavola.  Per quanto assurdo potesse sembrare, Tristyn provava molta più empatia nei confronti dell’animale rispetto a tutti gli invitati presenti, forse perché anche lui si sentiva senza vie di scampo. L’unica differenza era che lui non era finito arrostito.
“ Al diavolo Tristyn, è un matrimonio, mica una condanna a morte!” pensò, seccato con se stesso.
In vita sua aveva affrontato situazioni ben peggiori, aveva rischiato la vita più volte, eppure non si era mai sentito così inerme. Forse perché in questo caso non aveva avuto alcun margine di scelta, e il solo pensarci lo faceva andare in bestia.
“ Devo solo guardare il tutto sotto il giusto punto di vista” si disse, accarezzandosi le tempie.
- Propongo un brindisi per questa deliziosa coppia! – gridò qualcuno, e subito si levarono cori di congratulazioni da ogni angolo della stanza e diverse paia di occhi si puntarono su di lui. Ecco, ci mancava solo questa.
Tristyn alzò il calice, facendo buon viso a cattivo gioco, ma il suo sorriso si gelò non appena incrociò lo sguardo dell’uomo che aveva dato il via alle ovazioni.
Maledetto Gospatric!
L’uomo sogghignò, mentre chinava leggermente il capo nella sua direzione, e tornò a sedersi.
Quel lurido verme! Non solo era stato uno degli artefici delle sue nozze, ora aveva pure il coraggio di schernirlo pubblicamente. Ah, ma sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe ballato sulle sue ceneri!
- Calmati, Tristyn – sussurrò Stefan, seduto accanto a lui, lanciandogli un’occhiata di monito.
- Vorrei vedere te al posto mio - gli rispose stizzito, mollando la presa sul coltello che inconsapevolmente aveva afferrato. Calmo, doveva restare calmo.
Quel giorno era all’insegna della diplomazia, e non poteva rovinare tutto. Guglielmo non lo avrebbe affatto gradito.
L’amico sbuffò, e bevve un sorso di vino.
- C’è chi sta molto peggio di te – disse, e mosse il capo dall’altra parte della tavola.
Tristyn guardò in quella direzione e gli si strinse lo stomaco.
Seduta rigida al suo posto, sua moglie – Cristo, suonava così strano! – osservava con particolare interesse il contenuto del suo piatto. Era pallida e due aloni scuri circondavano i suoi occhi stanchi, tuttavia quel giorno era davvero bella. Il velo bianco le dava un’aria più adulta, ma un ricciolo ribelle era scivolato fuori dall’acconciatura, un particolare che lo fece sorridere.
La ragazza alzò lo sguardo, accorgendosi di lui.
Per la prima volta da quando si conoscevano, Tristyn provò un moto di empatia nei suoi confronti. Sembrava così fragile, al punto che sarebbe voluto andare da lei e rassicurarla, dirle che in qualche modo se la sarebbero cavata e che sarebbe stato un buon marito per lei. Mentendo spudoratamente su quest’ultimo punto, perché lui non si era mai immaginato in quella veste, perlomeno non alla sua età. Molti suoi amici erano sposati da un pezzo ma Tristyn non si era mai sentito attirato da quel genere di vita. Gli interessava altro, tutto qui.
- Sembri un gufo pronto a balzare sulla sua preda – gli disse una voce, facendolo voltare di scatto.
Conrad sogghignò, addentando una pagnotta fragrante.
Indossava una tunica rossa dai toni sgargianti e finemente intessuta – l’ultima moda di Londra, a suo dire – e a vederlo, chiunque avrebbe potuto scambiarlo per il novello sposo. Il solito egocentrico.
- E’ un tuo nuovo modo di conquistare le donne? Mi auguro che usi delle creature più adeguate a mo’ di paragone, altrimenti dubito che possa funzionare – ribatté, sarcastico.
L’amico scoppiò a ridere sonoramente, e diverse teste si girarono dalla loro parte.
- Non capirò mai perché ti ostini a nascondere agli altri questo tuo lato comico, fai molto male, credimi. Alle donne piacciono gli uomini che le sanno far ridere. Vedi? – gli disse, facendo un lieve cenno con il capo di fronte a sé.
Lynn li stava osservando, e un piccolo sorriso le aveva increspato le labbra, il primo di quella giornata, e che prontamente scomparve non appena si accorse di lui.
- La stai di nuovo guardando come un gufo – ci tenne a informarlo Conrad.
- Giuro che se non la smetti di…- iniziò Tristyn, pronto a scattare, ma l’amico lo fermò immediatamente.
- Stefan ha ragione, devi proprio darti una calmata. Cristo, nemmeno prima di una battaglia ti ho mai visto così – gli disse, in tono serio.
- E’ facile parlare per voi – borbottò, bevendo un sorso di vino.
- Già, perché tu hai proprio fatto un brutto affare a sposare una donna come quella! Penso che metà degli uomini in questa sala ti invidi parecchio – osservò.
- Non è lei il problema, per l’amor di Dio! – Tristyn si guardò intorno, per assicurarsi che nessuno lo ascoltasse – è il fatto di non aver avuto alcuna voce in capitolo. E’ la mia vita, e altri hanno deciso per me! –
- Senti…- iniziò Conrad.
- Non cominciare a fare i tuoi discorsi ragionevoli e diplomatici con me, non siamo a Londra, maledizione! – sbottò.
Si rese conto di aver esagerato quando vide passare un lampo negli occhi dell’amico.
- Adesso ascoltami bene, brutto bastardo arrogante. Non so cosa tu ti sia messo in testa in questi mesi, ma sei sempre un suddito di re Guglielmo. Se sei qui ora, se queste terre ti appartengono, non è solo per il fatto che sai cavartela bene in battaglia, ma perché il re te le ha concesse, e così come te le ha date, se le può anche riprendere. La prima persona a cui devi rispondere non sei tu, Tristyn, ma il tuo sovrano, ed è così per tutti noi. Pensi di essere il primo costretto a sposarsi con una donna sassone? Be’, non lo sei, e non sarai nemmeno l’ultimo. Quindi, invece di stare a commiserarti, metti una pietra sopra al tuo dannato orgoglio e vai avanti, anche perché c’è chi sta molto peggio di te – sussurrò, guardando verso Lynn.
Cristo, quel giorno i suoi amici volevano proprio farlo sentire in colpa!
Dopo quel piccolo screzio, Conrad tornò a comportarsi normalmente, ma le sue parole continuarono a ronzare nella mente di Tristyn per tutto il resto di quell’interminabile banchetto.
Il suo orgoglio bruciava ancora, però su una cosa l’amico aveva ragione: doveva andare avanti e cercare di far funzionare le cose, perché lui non era l’unica persona coinvolta.
Lanciò un’occhiata a Lynn.
Si era fatta sempre più piccola, quasi volesse sparire, e il viso era diventato di un pallore preoccupante. Sì, c’era chi stava decisamente peggio di lui.
  
*
 
Distesa tra le lenzuola fresche, Lynn aspettava.
In qualche maniera era riuscita a sopravvivere alla cerimonia e al banchetto nuziale, e ora mancava solo l’ultimo atto a mettere la parola fine a quella lunghissima giornata.
Non si sentiva agitata come aveva creduto. Sapeva, a cosa andava incontro, in linea di principio almeno. Tess gliene aveva parlato poco prima, mentre l’aiutava a prepararsi per la notte, eppure l’idea la spaventava solo fino ad un certo punto. Si sentiva molto stanca, e distante con la mente, e l’unica cosa che desiderava era che tutto finisse il prima possibile così da poter poi andare a dormire.
Tuttavia il tempo passava, e di suo marito – suonava così strano! – non c’era traccia.
Il fuoco scoppiettava allegramente nel camino, e la stanza matrimoniale era immersa nel silenzio, ad eccezione del crepitare delle fiamme. Era paradossale come, in un momento del genere, Lynn si sentisse in pace con se stessa, come non accadeva da diverso tempo.
A poco a poco, complice il tepore proveniente dal focolare, il vino bevuto al banchetto e la stanchezza dei giorni precedenti, la ragazza cadde in un sonno profondo, senza sogni.
Quando si risvegliò, non sapeva quanto avesse dormito, ma le fiamme avevano esaurito la loro energia e la stanza era caduta nella penombra. Stava per alzarsi a buttare altra legna sul fuoco quando con la coda dell’occhio percepì un movimento vicino a sé. Lanciò un grido spaventato, mentre l’ombra a pochi passi da lei balzò all’indietro, colta di sorpresa.
- Sono solo io, maledizione! –
Lynn si zittì immediatamente, mentre iniziava a distinguere il volto dello sconosciuto.
- Ma siete voi! – esclamò, quasi non l’avesse sentito.
- Aspettavate qualcun altro? – chiese Tristyn, raccogliendo i ciocchi di legno che gli erano scivolati dalle mani e buttandoli sul fuoco, per ravvivare le fiamme.
In pochi istanti, una luce aranciata tornò a invadere la stanza, e la ragazza si ritrovò faccia a faccia con l’uomo che da poche ore era diventato suo marito.
- Mi dispiace, non vi avevo sentito entrare – si scusò.
Tristyn si passò una mano sulla fronte, sospirando.
- No, è colpa mia, non volevo spaventarvi – disse.
Nessuno dei due aveva altro da aggiungere, e restarono a guardarsi in silenzio, per un tempo che a Lynn sembrò lunghissimo. Alla fine, poiché lui non dava segno di voler parlare, decise di rompere il ghiaccio.
- Vi siete rasato la barba – osservò.
Tristyn sorrise, quasi questo fatto lo imbarazzasse, e annuì.
- Mi sembrava giusto, vista l’occasione – spiegò, accarezzandosi il mento sovrappensiero.
Lynn era stata talmente agitata quel giorno, che non se ne era nemmeno accorta, sebbene la differenza fosse evidente. Sembrava molto più giovane, più umano, e le ricordò l’uomo con cui aveva ballato alla festa di Lughnasadh.
- Posso? – le chiese, indicando il letto.
La ragazza annuì, poco convinta. A quanto pareva, suo marito non voleva perdere troppo tempo in chiacchiere. Inconsciamente, arretrò fino a che sentì i cuscini premerle contro la schiena, e rimase in attesa.
Iniziava a capire perché le spose fossero così agitate la loro prima notte di nozze. Un conto era immaginarlo, un conto era passare ai fatti.
Tristyn si sedette accanto a lei, e la fissò.
La studiava, come se non l’avesse mai vista per la prima volta.
- Non mi ero mai accorto che i vostri capelli fossero così rossi – disse, infine.
Lynn strabuzzò gli occhi. Era tutto lì quello che aveva da dire?
Non che si fosse aspettata delle lodi sperticate sulla sua bellezza esteriore, ma insomma, si poteva fare di meglio! Cercò di stare zitta. Sul serio, ci provò con tutte le sue forze.
- Mi sembra strano, visto che è l’unica cosa che notano tutti – disse, mordendosi subito la lingua.
Tristyn la guardò, sorpreso, e poi si mise a ridere.
Non lo aveva mai sentito ridere.
- Sì, avete ragione – scosse la testa, si alzò in piedi e uscì dalla stanza senza dire una parola.
Lynn stava iniziando seriamente a chiedersi cosa gli passava per la testa, quando lo vide rientrare e chiudere la porta a chiave. In mano teneva un piccolo astuccio di velluto scuro.
Tornò a sedersi accanto a lei e la guardò dritto negli occhi.
- So che avete già un anello – disse, prendendole la mano e accarezzandole il piccolo anello che ora ornava il suo anulare sinistro – tuttavia…-
Aprì l’astuccio e fece scivolare il contenuto sul palmo della sua mano.
- Questo anello apparteneva a mia madre – spiegò, mentre Lynn lo osservava più da vicino – poco prima di morire lo diede a me e mi chiese di regalarlo alla donna che avrei sposato – Tristyn sorrise a quel ricordo – per cui vorrei che lo aveste voi -  disse, tutto d’un fiato
- Grazie – disse Lynn, non sapendo che altro aggiungere.
- Non lo provate? – le chiese, un po’ agitato.
La ragazza provò a infilarlo ma era troppo stretto per le sue dita, persino per il mignolo.
- Vostra madre doveva avere delle mani molto piccole – osservò.
- Sì, era piccola di statura ma aveva molte energie – rispose lui.
Di nuovo rimasero a fissarsi in silenzio.
Solo che questa volta lei non sapeva più cosa dire. Si era aspettata che lui facesse quello che doveva e che poi se ne andasse via, non di trascorrere la serata a guardarsi negli occhi muti come due pesci rossi.
- Vi è tornato un po’ di colore sulle guance, prima eravate bianca come un cencio– osservò lui.
Lynn ridacchiò.
- Perché ridete? – chiese, incuriosito.
- Avete un modo tutto vostro di fare i complimenti ad una donna – disse.
- Forse dovrei imparare da Conrad, lui sa sempre quali sono le cose giuste da dire – ribatté lui, leggermente imbarazzato.
- No, mi piace il vostro metodo. E’ un po’ diretto, ma almeno è sincero…siete arrossito veramente?- chiese, divertita.
Quella serata si stava rivelando più facile del previsto, almeno finora.
- Certo che no!- ribatté lui, indignato.
- Se lo dite voi…- lo stuzzicò Lynn.
- State rischiando grosso – la avvisò lui.
- Ah sì? Perché io…ehi! – gridò la ragazza, sentendosi afferrare per le caviglie.
In un secondo si ritrovò supina, il naso di Tristyn ad un centimetro dal suo.
Presa dall’imbarazzo, disse la prima cosa che le venne in mente.
- Non mi ero mai accorta che i vostri occhi fossero così azzurri.
- Mi sembra strano, visto che è l’unica cosa che notano tutti – le fece il verso lui.
Lynn ridacchiò, mentre continuava ad osservarlo da vicino. Doveva ammettere che suo marito era più attraente di quanto avesse pensato. Non che l’avesse mai considerato brutto, ma averlo ad un palmo dal naso rendeva le cose molto diverse e…
- Siete arrossita – la prese in giro lui, sogghignando.
Lynn si sentì avvampare.
- Certo che no! – rispose.
- Mi state osservando come un gufo – mormorò, e poi scosse la testa, quasi non credesse nemmeno lui a quello che aveva appena detto.
- Come prego? – chiese Lynn, spalancando gli occhi.
- Non è niente di importante – borbottò Tristyn.
- Ma io lo voglio sapere ugualmente – lo incalzò lei.
Quella conversazione stava diventando paradossale.
- Be’, io non ve lo voglio dire – ribatté lui. La fissò intensamente, e all’improvviso l’atmosfera tra loro cambiò. Mantenendosi sempre sopra di lei, sollevò una mano e le accarezzò delicatamente una guancia, le sopracciglia, la fronte. Lynn deglutì, e rimase immobile.
La mano del marito scivolò lungo il collo, sempre più giù, fino a sfiorarle il seno.
Lynn trattenne il fiato e chiuse gli occhi, in attesa.
Improvvisamente, però, Tristyn si sollevò e si allontanò da lei.
- Non posso farlo – disse.
Se ne stava ai piedi del letto, e ansimava nervosamente.
- Perché? – gli chiese Lynn, tirandosi su a sedere – Non è quello che fanno le persone sposate? Io pensavo…-
- So benissimo cosa fanno le persone sposate – replicò lui, lapidario – ma non intendo farlo.
La ragazza non poteva credere alle sue orecchie.
- Ma…ma…- iniziò a balbettare – non possiamo non farlo! Lo verranno a sapere tutti domani se noi non…- sentì il viso andare in fiamme, e sperò che lui avesse capito cosa intendeva.
Tristyn le lanciò un’occhiata in tralice, e non disse nulla.
- Se è solo questo che vi preoccupa – sbottò infine, avvicinandosi a lei, minacciosamente.
Estrasse il pugnale dal fodero e con un colpo secco si tagliò il polso sinistro.
Alcune gocce di sangue caddero sulle lenzuola, macchiandole.
- Ecco fatto – disse, riponendo il pugnale.
Lynn lo guardò, pietrificata. Era impazzito, per caso?
- Dove…dove state andando? – riuscì a chiedere, vedendolo aprire la porta.
Tristyn non rispose.
- Buonanotte, milady –
La porta si chiuse con un colpo secco.
A quanto pareva, non avevano più nulla da dirsi quella sera.
 
*
 
Addossato al muro della torre, Tristyn imprecava silenziosamente.
Il suo corpo era attraversato da brividi intermittenti, e non riusciva a capire se fossero dovuti al freddo gelido della notte o al desiderio represso. Forse entrambi.
- Maledizione! – gridò a mezza voce, avvolgendosi meglio nel mantello di lana.
Era furibondo.
La rabbia che aveva covato in tutti quei giorni gli era scoppiata nelle vene, e l’unica cosa che poteva fare era aspettare che gli passasse. E trascorrere un paio d’ore esposto in quella ghiacciaia era sicuramente un buon modo per accelerare il processo.
Chiuse gli occhi, ma neppure questo gli permise di smettere di pensare a Lynn.
Un brivido gli scese lungo la spina dorsale, e non era per colpa dell’aria gelata.
La voleva.
Si alzò in piedi e si avvicinò al parapetto, prendendo respiri profondi.
Le cose non erano andate come aveva previsto. Prima di raggiungerla nella stanza da letto, Tristyn aveva già deciso che quella notte avrebbe agito con la massima calma. Quel giorno Lynn aveva dovuto sopportare abbastanza – come gli avevano ricordato incessantemente Stefan e Conrad, autoproclamatisi nuovi paladini delle vergini indifese– e l’ultima cosa che voleva era saltarle addosso come un animale in calore. Gli era sembrato giusto concederle un po’ di tempo, e si era sentito molto fiero di se stesso per questa sua decisione.
Eppure, non appena l’aveva vista nel letto, i capelli rossi sciolti e gli occhi verdi scintillanti, i suoi propositi avevano iniziato a vacillare pericolosamente. In più, alla luce del camino, era riuscito a intravedere la sagoma snella del suo corpo, e subito la sua mente era tornata indietro, quando l’aveva sorpresa mezza nuda nella stanza da bagno. Tristyn si era imposto di dimenticare quell’episodio, ma a quanto pareva non ci era riuscito come aveva sperato.
La voleva.
Era un uomo, per l’amor del cielo, e lei era sua moglie! Non era poi così strano, no? Soprattutto visto che era da mesi che non aveva una donna, e stava cominciando a sentirne decisamente la mancanza. Ma Lynn meritava qualcosa di meglio, lui voleva darle qualcosa di meglio.
Non aveva idea di come si comportava un marito, però l’ultima cosa che desiderava era iniziare il loro matrimonio spaventandola a morte. Non si conoscevano affatto, e forse farla parlare un po’ l’avrebbe aiutata a rilassarsi. Apparentemente quel metodo aveva funzionato, peccato che poi avesse rovinato tutto.
Tristyn rabbrividì, ricordando la sensazione del corpo di lei contro il suo. Il naso spruzzato di lentiggini e quei maledetti occhi verdi che lo osservavano impertinenti gli avevano fatto salire il sangue al cervello! Lo stesso sangue che gli si era gelato nelle vene non appena l’aveva sentita irrigidirsi sotto di lui. Aveva cercato il suo sguardo per rassicurarla, e invece l’aveva trovata con gli occhi serrati e le labbra tremanti, l’ombra della donna che fino a un istante prima aveva tra le braccia.
Lei non lo voleva.
Quel pensiero l’aveva colpito come una secchiata d’acqua gelida.
E non era riuscito a proseguire oltre.
“ Sono un idiota, un idiota!” pensò, sbattendo il pugno contro il parapetto di pietra.
La ferita al polso bruciava ancora, ma era superficiale e in pochi giorni sarebbe guarita.
Tristyn scosse la testa, ricordando lo sguardo terrorizzato di sua moglie quando aveva afferrato il pugnale, evidentemente pensava che l’avrebbe costretta con la forza. Com’era il suo proposito di non spaventarla a morte? Aveva fatto proprio un bel lavoro!
Rimase ad osservare l’oscurità della notte fino a che non si fu calmato del tutto. Da qualche parte, un gufo intonò un canto lugubre. La degna colonna sonora di quella serata.
Alla fine, quando ormai aveva quasi perso la sensibilità delle gambe, decise di tornare dentro.
Scivolò silenziosamente lungo le scale e si incamminò lungo il corridoi. Quando passò davanti alla stanza di Conrad, sentì dei gemiti attutiti e delle risatine sommesse. Figuriamoci! Il solito bastardo fortunato!
Cercando di non fare rumore, aprì la porta della sua camera e la chiuse alle sue spalle.
Il fuoco stava lentamente morendo, e solo alcune fiamme continuavano a brillare nel camino.
Raggomitolata sotto le coperte, sua moglie dormiva tranquilla.
A quanto pareva, la stanchezza di quella giornata non le aveva dato scampo, e ora riposava, il petto che si sollevava in un ritmo lieve e cadenzato. Sembrava più una bambina che una donna appena sposata Con delicatezza, si avvicinò e le scostò un ricciolo dalla fronte.
Lynn mormorò qualcosa nel sonno, ma non si svegliò. Dormiva proprio dalla grossa.
Con un sospiro, Tristyn afferrò uno dei cuscini e si distese sul tappeto di lana grezza di fronte al caminetto. Si avvolse nel mantello e chiuse gli occhi.
Lo aspettava una lunga notte insonne.



_______________________________________________________________

Ciao a tutti!
Come sempre in ritardo, ma ci sono! Ci tenevo a postare un capitolo prima di Natale, e spero che nelle vacanze riuscirò a scrivere un pochino di più:) Nonostante pubblichi a singhiozzo, la storia continua a ricevere moltissime visualizzazioni, per cui volevo ringraziare tutte le persone che leggono, la seguono, o anche solo vi danno una sbirciatina. Un grazie enorme a chi lascia una recensione, per me sono molto importanti per capire come continuare a costruire la storia, sono sempre ben accette:)
Ne approfitto per farvi tanti auguri di Buon Natale!

Un bacione
Francesca

 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: franci893