Verità nascoste
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Una breve one-shot ambientata nella puntata 1x19, "Verità
nascoste", con qualche variante... Scritta d'impulso sull'onda di
un'improvvisa ispirazione dopo aver rivisto il finale della prima stagione. Una
nota per gli Huddy fans: leggetela fino alla fine...sono solo poco più di 3000
parole...potete farcela!
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Odiava
quel ciccione pelato. Ciccione. Pelato. E con un ego addirittura più smisurato del suo.
Vogler.
Il
secondo colpo di fulmine della sua vita. Solo che stavolta era stato "odio" a prima vista.
Se
c'era una cosa che odiava particolarmente di lui era il modo in cui lo guardava
dall'alto in basso. Con il suo metro e novanta, quello era qualcosa che in
genere spettava a lui. Guardare la gente dall'alto in basso. Ecco cosa si
provava ad essere Cuddy! Ma nel caso di Vogler non era solo questione di
altezza. Con Cuddy era uno scontro alla pari, anche se era lei il capo. Stima. Quello era il motivo per cui
aveva sempre accettato di farsi comandare da quella donna. La prendeva in giro.
La derideva. La metteva a disagio davanti a tutti. E lei rispondeva sempre e
puntualmente al suo sarcasmo. E questo...aumentava ogni volta la sua stima per
lei. Vogler invece lo guardava dall'alto in basso, ma in modo completamente
diverso. Un uomo che pensava che i suoi soldi potessero comprare le persone. Più
arrogante di lui. Più saccente di lui. Ed era qualcosa a cui lui non era abituato.
"Sai
perché ti sto obbligando a licenziare uno di loro?" gli aveva detto con la
sua aria saccente e altezzosa "Perché devi provarmi di essere parte della mia squadra"
Parte della sua squadra...
se non fosse stato il doppio di lui avrebbe volentieri preso quel pallone
gonfiato a calci nel culo. E poi Cuddy avrebbe preso lui a calci nel culo. Non
solo metaforicamente.
Chase. Cameron. Foreman.
Non voleva licenziare nessuno dei tre. Ma soprattutto non aveva nessuna
intenzione di piegarsi a lui. Questo era il suo pensiero mentre saliva sul
palco della National Cardiology Conference per sponsorizzare il Viopril, nuovo ACE-inibitore che avrebbe riempito le
straripanti tasche di Vogler più di quanto non lo fossero già.
Non
guardò la platea mentre sistemava il microfono. Non voleva essere fulminato in
anticipo da quegli occhi grigio-azzurri che lo fissavano da uno dei tavoli in
attesa del suo discorso. Lei lo conosceva abbastanza bene da prevedere le sue
mosse...troppo bene per non sapere che non si sarebbe comportato bene come gli
aveva esplicitamente chiesto di fare... di certo non sotto minaccia...non quando
quel grassone gli aveva apertamente lanciato una sfida.
Troppo
orgoglioso...troppo orgoglioso per mostrarsi debole o per cedere in una
sfida... Una persona sola riusciva a tenergli testa. E lei era un'eccezione. Lo
erano sempre stata. Sapeva gestire le sue battute sarcastiche, i suoi commenti
inappropriati, sessisti, taglienti... Era uno dei motivi per cui la rispettava.
Uno. Non il solo.
L'esatto
opposto di quel coglione di Vogler!
Non
aveva avuto bisogno di guardarla per sapere che aveva alzato gli occhi al cielo
e si era poi coperta gli occhi quando lui aveva pubblicamente annunciato
davanti a centinaia di orecchie attente che quel nuovo farmaco era una truffa.
Sapeva
di essere tante cose. Stronzo.
Misantropo. Egoista. Ma di certo non era un imbroglione. Né un burattino
pronto, per paura, a cedere a un ricatto. Non era disposto a svendere quel poco
di dignità che gli rimaneva. Era stato
sicuro di questo mentre parlava dal palco. E altrettanto sicuro mentre lasciava
quel palco.
Un'ora
dopo, seduto davanti ai tasti del suo pianoforte, non era più sicuro di aver
fatto la scelta giusta.
Chase o Cameron.
Uno dei due avrebbe pagato per il suo orgoglio. Non Chase. Si era salvato il culo facendo la spia per Vogler. Non gli
avrebbe mai permesso di licenziarlo.
Cameron.
Sapeva
che non aveva scelta.
'Io ti piaccio'
le aveva detto mentre aspettavano il risultato dei test del Senatore Wright.
Non una domanda. Un'affermazione. Mettere insieme indizi era una delle sue
migliori qualità. Sapeva di piacerle, non aveva bisogno di chiederglielo. Ma la
vera domanda era... 'Perchè?' Aveva cercato di analizzare quel rebus, ma non
era riuscito a risolverlo. Non ancora. Lui non era affettuoso e tenero. Di
certo non lo era mai stato con lei, né con i suoi pazienti, né con nessun altro
in ospedale. E lei...lei era un tenero
animaletto di peluche... Lui di certo non era affatto il suo tipo. E
allora... perchè?
Si
era sentito a disagio mentre lei lo fissava. Sentirsi a disagio era un'altra
cosa a cui non era abituato. Il sarcasmo era il suo modo di rispondere al
disagio...ma non era riuscito a trovare nulla di acuto e brillante da dire e si
era limitato a continuare a guardarla prima di lasciare la stanza con un'altra
domanda 'Cosa vuoi sentirti dire?'
Cosa voleva sentirsi dire?
Che ricambiava i suoi sentimenti? Che lei gli piaceva? O addirittura che ne era
innamorato?
Gli piaceva?
Gli piaceva ...lavorare con lei. Era dolce e carina. A volte talmente carina da
essere irritante. Ma riusciva sempre a vedere il lato buono dei pazienti ed era
un pezzo fondamentale della squadra. In un certo senso lei era l'anti-House. Non voleva rinunciare a
lei...non come membro della sua squadra.
Ma
lei aveva scelto per lui. Nel momento in cui aveva dato le dimissioni.
Quel
'addio House' riecheggiò nella sua mente. Insieme a quelle sue ultime parole...
'Ci sono solo due modi in cui posso
affrontare le cose . Uno dipende solo da me. Ed è...andarmene...'
Aveva
scelto di andarsene. Di non lasciare a lui la scelta e allo stesso tempo, di
non affrontare i suoi sentimenti per lui.
Gli
sarebbe mancata? Non riuscì a rispondere a quella domanda. Di certo...non gli piaceva perdere.
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Un
turbinio di eventi era seguito a quella sera. Portandolo a questa sera. Guardava la sua immagine riflessa nello specchio. Una
cena con Cameron. Non da colleghi. Aveva specificato lei. Una cena da soli. Un
appuntamento. Questa era stata la sua condizione per tornare nella squadra.
Quella proposta l'aveva spiazzato. Cosa voleva? Stare con lui a tutti i costi.
Credeva di essere strato chiaro...beh forse non chiaro...ma l'aveva evitata e
aveva evitato quella conversazione... Ma non aveva detto di no. La rivoleva nel
team. E se quella era la condizione per il suo ritorno, l'avrebbe portata a
cena fuori.
Una cena.
Non l'aveva illusa. Era stato chiaro. Solo
una cena.
'Non sprecarti a mettere qualcosa
di trasparente' le aveva detto quando gli aveva chiesto
dove l'avrebbe portata, ma lo sguardo di lei ancora una volta gli aveva fatto
capire che non era stato abbastanza convincente.
Si
passò una mano tra i capelli guardando la sua immagine riflessa nel vetro della
sala della differenziale. E ripensò agli
eventi che avevano portato a quella sera.
Vogler
aveva di nuovo imposto la sua autorità e lui stesso aveva davvero rischiato il
posto. Sapeva che Vogler non avrebbe mai avuto l'unanimità del Consiglio per il
suo licenziamento. Poteva anche convincere gli altri nove del Consiglio, ma
Wilson e Cuddy erano dalla sua parte. Poteva mettere la mano sul fuoco su
questo. Ma anche la sua sicurezza si era per un attimo incrinata, nell'istante
in cui Wilson era stato estromesso dal Consiglio e invitato a
dimettersi...prima che la stessa sorte toccasse a Cuddy.
Cuddy. L'uomo del secolo!
Uomo.
Non
poteva non sorridere alla sua stessa battuta. Quella donna era tutto tranne un
uomo, ma a volte aveva più palle di lui e Wilson messi insieme. Di certo aveva
avuto più palle di Vogler.
Ancora
una volta era stata lei a salvargli il culo. Rischiando la sua carriera per
lui.
Avrebbe
pagato per poterla vedere mentre pronunciava quelle parole al Consiglio prima
di alzarsi e andarsene ...ma le sue parole avevano comunque fatto il giro
dell'ospedale in meno di un'ora...
'Se pensate che House meriti di
andarsene, se pensate che io meriti di andarmene, che Wilson meritasse di
andarsene...allora votate sì. Ma se lo state facendo perché avete paura di
perdere i suoi soldi, allora ha ragione lui. Vi ha comprati. Potete scegliere.
Forse sarà l'ultima volta in cui potrete farlo.'
Aveva
salvato lui. Wilson. L'intera squadra. perdendo i cento milioni di dollari di
Vogler. Il minore dei due mali.
Si
abbottonò la camicia tornando consapevole della presenza di Chase e Foreman nel
suo ufficio, il primo sdraiato sulla sua chaise-long e il secondo seduto sulla
sedia di fronte alla sua scrivania, mentre lui cercava di farsi il nodo alla
cravatta. Non era riuscito a toglierseli dai piedi da quando avevano saputo di
questo appuntamento. Aveva chiesto a Cameron di non divulgare al mondo intero i
termini del suo contratto...ma a quanto pare lei non era stata della stessa
opinione. Gossip. Chase ci andava a
nozze. E a quanto pareva anche Foreman. Lo
scontroso e burbero diagnosta di mezza età e la bella, giovane e dolce dottoressa che cercava di far breccia
nel suo cuore di pietra. House alzò gli occhi al cielo al solo pensiero,
ridendo tra sé e sé al pensiero che era di certo comparso nella loro mente. Che
se la fosse già portata a letto.
Lo
guardavano e gli davano consigli. Aprile
la porta. Falle i complimenti per gli orecchini. Per le scarpe. Come se non
fosse mai uscito con una donna!
"Sono
stato ancora ad un appuntamento" disse sbuffando mentre Foreman gli dava
ancora consigli sugli argomenti di conversazione per la serata e lui cercava
per l'ennesima volta di annodarsi la cravatta.
Parlate dei suoi sogni. Speranze.
Aspirazioni.
Sorrise
tra sè a quel pensiero. Sì, in effetti, di sicuro da molti anni non aveva un primo appuntamento!
"Non
dimenticare i preservativi!" disse Chase guardando il suo capo con un
sorrisetto malizioso.
House
si voltò a guardarlo.
"Cosa
sei? Il nuovo testimonial dello spot sul sesso sicuro?" rispose
ironicamente prima di infilarsi la giacca e uscire dalla stanza lasciandoli a
fantasticare su quell'insolita coppia.
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Café Spoleto. Tavolo
per due. Conversazione civile.
Le
aveva fatto i complimenti per le scarpe. E per gli orecchini.
"Secondo
Freud..." disse Cameron toccandosi il collo " e sto
parafrasando...l'istinto d'amore verso un oggetto richiede la padronanza sullo
stesso per poterlo ottenere, e, se una persona sente di non poter controllare
quell'oggetto, o si sente minacciato da esso, allora agisce negativamente nei
suoi confronti. Come un bambino di otto anni che tira i codini alla bambina che
gli piace."
House
si morse il labbro trattenendo un sorriso.
"Io
ti tratto male, quindi, secondo questa teoria, tu mi piaci davvero molto"
disse guardandola e alzando un sopracciglio "E Chase. E Foreman.
E...Cuddy" disse non distogliendo lo sguardo e studiando la sua reazione.
Cameron
non si scompose e continuò a sorridergli toccandosi un orecchino.
"E
secondo Freud...cosa vuol dire invece se comincio ad essere carino con
te?" continuò House
"Che
ti senti a tuo agio con i tuoi sentimenti" aveva risposto semplicemente.
House
annuì, mentre un sorrisetto compariva sulle sue labbra.
"Quindi...non
c'è niente che io possa fare per farti pensare che non mi piaci?" le
chiese scuotendo leggermente la testa
Lei
rise scuotendo a sua volta la testa, ma sostenendo il suo sguardo.
"No,
mi dispiace" disse passandosi la lingua sulle labbra "Ho
l'opportunità di passare una serata con te e non voglio sprecarla parlando di
quale vino ti piace...o di quali film detesti... voglio sapere cosa provi...per
me..."
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House
aprì gli occhi nella penombra della stanza e lanciò un'occhiata alla sveglia
sul comodino. Le cinque e trenta. Di
sabato mattina. Chiuse gli occhi cercando di sprofondare di nuovo nel sonno.
Era un oltraggio al weekend anche solo aprire
gli occhi a quell'improponibile ora in una giornata di riposo! Ma la sua
gamba non era della stessa opinione e dovette controvoglia constatare che non
aveva tutti i torti visto che almeno cinquanta chili erano praticamente
rannicchiati su quella gamba. Si spostò lentamente cercando di non svegliarla
mettendosi seduto sul letto per prendere il flacone di Vicodin dal comodino. La
guardò mentre si rigirava nel letto dandogli le spalle, non potendo evitare di
soffermarsi per qualche istante sulle meravigliose curve di quel corpo seminudo...dalla
curva delle sue spalle a quella della sua vita e dei suoi fianchi.
E
non riuscì a impedire alla sua mente di tornare per un attimo alla notte
prima... solo qualche ora prima a dir la verità... e al pensiero di quel corpo
tra le sue braccia. Si sdraiò di nuovo sul letto ascoltando il suo respiro
mentre l'abbracciava, assaporando la sensazione della schiena di lei contro il
suo torace sorridendo maliziosamente tra sé alla piega che la serata prima
aveva preso nell'istante in cui era entrato in camera, prima di sprofondare di
nuovo nel sonno.
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"Buongiorno
raggio di sole" sussurrò nel suo
orecchio lasciando che il profumo del caffè inondasse le sue narici
risvegliando la sua mente ancora immersa nel sonno.
Non
rispose e non aprì gli occhi, ma un sorriso comparve sulle sue labbra.
House
appoggiò la tazza sul comodino e si chinò a baciarla facendole assaporare il
sapore del caffè sulla sua lingua.
"Caffè
a letto?" gli chiese aprendo stavolta gli occhi a guardarlo, sorridendo ma
con uno sguardo leggermente interrogativo "Hai qualcosa da farti
perdonare, House?"
"O...
qualcosa per cui ringraziare la tua bocca dopo stanotte" rispose
maliziosamente sostenendo il suo sguardo
Lei
annuì e rise prima di cercare le sue labbra per un altro bacio, più profondo
del primo.
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Lunedì mattina.
Cuddy chiuse la sua borsa da lavoro e inorridì al pensiero della pila di
documenti che avrebbe trovato sulla sua scrivania come ogni lunedì mattina.
Anzi peggio. Decisamente peggio dopo che Vogler aveva lasciato la Presidenza
del Consiglio. Era un figlio di puttana. Un enorme
figlio di puttana. In entrambe le accezioni del termine. Ma senza i suoi cento
milioni di dollari, lei avrebbe ora dovuto fare i conti con un enorme buco nel
budget... House le era praticamente
costato cento milioni di dollari! Non lui in realtà...cento milioni di dollari
era stato il prezzo della loro libertà...e
il motivo per cui alla fine il Consiglio aveva deciso per l'estromissione di
Vogler...salvando il culo ad House...e anche a lei! In effetti da un certo
punto di vista doveva addirittura ringraziarlo! Ma non glielo avrebbe mai
detto! Sorrise a quel pensiero, e al pensiero di come l'aveva guardata quando
lei gli aveva detto '...tu non vali cento
milioni di dollari, House!...' Già! Sorrise mordendosi leggermente il
labbro mentre entrava in cucina. Il dottor
House non vale cento milioni di dollari! pensò.
"Sono
in ritardo! " disse prendendo la tazza dalle mani dell'uomo ancora
seminudo in piedi di fronte a lei e bevendo un lungo sorso di quel liquido
caldo prima di restituire la tazza al legittimo proprietario. "Il
Consiglio si riunisce tra mezz'ora per l'elezione del nuovo Presidente"
"Quando
ti deciderai a licenziare quel pazzo
che è costato cento milioni di dollari al tuo ospedale e ti impedisce anche di
fare una colazione decente!" disse guardandola negli occhi
"Quando
smetterà di essere anche un genio e salvare centinaia di vite!" rispose
sospirando mentre lui la prendeva per un braccio per baciarla leggermente sulle
labbra.
Cuddy
accennò un sorriso ma si divincolò da quell'abbraccio.
"Devo
davvero andare." disse baciandolo ancora velocemente sulle labbra "Non
dimenticarti di richiamare tua madre. Mi ha già chiamata tre volte. Io ho
finito le scuse" Disse guardandolo negli occhi e battendo leggermente con
la mano sul suo braccio.
Non
aspettò la sua risposta, ma accennò un sorriso e uscì rapidamente dalla stanza.
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House
era appoggiato al bancone delle infermiere e incrociò lo sguardo di Cuddy
mentre lei usciva dalla porta dell'ambulatorio. Chiuse rumorosamente la
cartella che teneva in mano allungandola poi a Cameron.
"Fa'
un prelievo di midollo osseo e chiamami appena hai il risultato" disse
guardandola mentre annuiva e accennava un sorriso prima di allontanarsi, lanciando
un'occhiata a Cuddy che si era avvicinata per prendere un'altra cartella dal
bancone delle infermiere. Cuddy sostenne impassibilmente lo sguardo di Cameron.
Non sorrise e continuò semplicemente a guardarla, imponendo solo con lo sguardo
la sua autorità.
Lo
sguardo di House passò da una all'altra. Poteva sentire l'elettricità
dell'occhiata che quelle due donne si stavano scambiando.
"Puoi
almeno aspettare che la piccola Cameron
abbia fatto quel prelievo di midollo prima di fulminarla, Cuddy?" disse
sarcasticamente mentre lei gli allungava la cartella che teneva in mano.
Non
rise alla sua battuta e gli fece semplicemente segno di seguirla nell'ambulatorio
1.
"Quindi..."
disse passandogli accanto mentre attraversava la porta "...il tenero animaletto di peluche è di nuovo a pieno titolo
nel tuo team?"
House
rise e scosse la testa.
"Noto
un velo di sarcasmo..." disse guardandola dritto negli occhi mentre
chiudeva la porta "...per nulla velato a dir la verità"
Lei
sorrise e annuì mordendosi impercettibilmente il labbro.
"Vogler
non ci è riuscito. Cos'è? Vuoi licenziarla tu?" le chiese alzando un
sopracciglio
Cuddy
continuò a fissarlo e rispose alla sua domanda con un'altra domanda
"Hai
un appuntamento con lei anche stasera?" gli chiese non lasciandogli però
il tempo di rispondere "Ti avviso che lo sa già tutto l'ospedale...potevi
almeno essere più discreto"
disse non abbassando lo sguardo
House
scosse la testa sorridendo.
"Perché
non ho fatto niente per nasconderlo" rispose sostenendo il suo sguardo "E
non era un appuntamento. Era una cena" aggiunse passandosi la lingua sulle labbra
"Comunque...non sono fatti dell'ospedale...o tuoi, dottoressa Cuddy" rispose con uno sguardo di sfida
"Non
sono fatti miei...?" ripeté con
uno sguardo che avrebbe potuto fulminarlo all'istante su due piedi "Tutto
quello che succede qui dentro è affare mio, House!"
"Certo,
dottoressa Cuddy...ma non sono fatti dell'amministratore di questo ospedale con
chi esce stasera il suo dipendente che
non vale cento milioni di dollari... " ripeté senza distogliere lo
sguardo
Cuddy
esitò un attimo continuando a guardarlo.
"Non
vali cento milioni di dollari dottor
House, ma quella è comunque la cifra che ho pagato per il tuo culo"
rispose a tono sostenendo il suo sguardo
House
si passò la lingua sulle labbra e scosse la testa.
"Comunque...no...non
esco con lei stasera" disse avvicinandosi leggermente a lei e trattenendo
un sorriso
"E
neanche domani" disse lei guardandolo negli occhi
House
rise.
"Neanche
domani." rispose sorridendo e scuotendo la testa
La
guardò negli occhi e lei non poté evitare di accennare a sua volta un sorriso
mentre lui si avvicinava di più a lei.
"Di'
alla mia ragazza di tornare a casa
presto stasera..." le sussurrò in un orecchio mentre il calore del suo
respiro le mandava un brivido lungo la schiena e la mano di lei si spostava ad
accarezzargli il collo e i capelli "...ho intenzione di non lasciarle
alcun dubbio sul fatto che il suo uomo
vale anche più di quei cento milioni di dollari"
.....
Fine