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Autore: Deline    22/12/2015    1 recensioni
“Vuoto di ogni essenza perché possa catturare la vostra”
Recita una incisione sul retro di un antico specchio.
Una ammonizione che la giovane Nere ha voluto ignorare per sfuggire, anche solo per qualche giorno, alla noia della routine.
Così ha inizio il suo viaggio nella Chicago distopica di Divergent alla ricerca del tenebroso Intrepido che le ha rubato il cuore attraverso le pagine della saga scritta da Veronica Roth.
Una ragazza come tante e uno specchio magico che le permette di attraversare il confine tra realtà e fantasia e la trasporta, come solo un libro saprebbe fare, in un mondo nuovo, sognato e temuto allo stesso tempo.
Nere, una ragazza normale, distante anni luce dalle eroine dei libri, una di noi, insicura e fragile ma anche caparbia e fiera, che lotterà per la salvezza del suo amato e della dimensione alla quale ormai sente di appartenere.
*** *** *** *** *** *** *** *** *** ***
Il racconto si basa solo sui primi due libri e film della saga, Divergent e Insurgent.
Età e aspetto dei personaggi sono quelli dei film, per tutto il resto "salto" da libri a film, soprattutto per Divergent. Per quanto riguarda le parti di Insurgent resto fedele al libro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tori
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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     Dalle stelle alle stalle. Sono nella sala dello scenario della paura anche se a me sembra più un’umido seminterrato. C’è un’unica grande finestra sul fondo della stanza, ricorda molto i grandi specchi delle sale interrogatori dei film americani, solo che questa ha un normalissimo vetro che lascia intuire cosa c’è nell’altra stanza: niente. Credo che sia la camera per il terzo modulo, dove l’allenamento fisico e quello mentale verrano testati durante la simulazione. Questa stanza non è il miglior posto per chi soffre di claustrofobia, non è una delle mie paure, ma non amo posti del genere dove l’unica fonte di luce proviene da delle lampade al neon che sembrano essere sul punto di fulminarsi. Continuo a guardarmi intorno cercando di non sembrare troppo inorridita e noto che a neanche un metro dal macchinario per la simulazione c’è una piccola pozza d’acqua. Osservo il soffitto sopra ad essa e vedo una grossa macchia verdognola di umidità dalla quale ogni tanto cade qualche goccia d’acqua. Mi chiedo quanto sia sano far entrare delle persone in un luogo chiuso con della muffa sul soffitto.
Quattro sta spiegando la nuova fase dell’iniziazione mentre alcuni Intrepidi stanno sistemando su un tavolo di ferro delle fialette che suppongo contengano il siero da iniettare. Ringrazio il cielo di non essere un’iniziata e di evitare che quella strana sostanza chiara mi finisca in una delle vene del collo. Mi preoccupo per Eric, anche se è una cosa stupida, chissà quante volte si è fatto iniettare quella roba e quindi non può fargli male, però non mi piace che strane sostanze gli girino per il corpo.
Eric mostrerà agli iniziati come affrontare uno scenario della paura e io potrò seguire tutto in tempo reale nella mia mente. Non mi piace, non è una cosa che voglio fare. Guardare nella sua mente una cosa tanto intima come le sue peggiori paure è una cosa che preferirei non fare. Vorrei che fosse lui a parlarmene, quando sentirà che è il momento di farlo, mentre così mi sembra quasi di violentarlo.
Metterlo completamente a nudo e poi violentarlo.
Questo è il pensiero che ossessivamente tormenta la mia mente. Vorrei dirgli che non guarderò, che voglio che sia lui a parlarmene, ma non posso, lui sa che Nere ha accesso ai filmati e che li ha guardati tutti e quindi sa già quali sono le sue paure. Ora lo farà davanti a me, aprirà le porte della sua mente e lascerà che io veda tutte le sue paure mente si materializzano dentro di lui.
Lo guardo, non sembra preoccupato o imbarazzato, ha un’aria spavalda come suo solito. Non sia mai che gli iniziati lo vedano con un’altra espressione, una qualsiasi di quelle che non mettono in soggezione.
«Qualcosa non va?» mi chiede Eric.
«No, perché?»
«Hai l’aria preoccupata»
Certo, sto per violentare la tua mente, che altra aria dovrei avere. Quanto vorrei dirglielo davvero. Inizio a sentire il mio segreto come un peso che sta diventando insopportabile. Lui mi ha detto tutto di lui mentre io faccio i salti mortali per evitare di mentirgli, lascio che creda che io sono la Nere che lui conosce, o meglio, crede di conoscere. Nere non esiste, è solo un falso ricordo creato dallo Specchio Vuoto.
«La muffa. Dovreste fare qualcosa» rispondo indicando il soffitto.
«Tutto questo lato della residenza ha i tetti da rifare ma non c’è abbastanza materiale»
«Eric, il mio appartamento è su questo lato vuoi dire che presto mi troverò la muffa in casa?!»
«Non ti preoccupare la leveranno e imbiancheranno come hanno fatto sei mesi fa»
Ho la muffa in casa? Sto dormendo con enormi macchie di muffa che stanno per invadere i miei soffitti. Storco il naso disgustata.
«Sul lato del mio appartamento il tetto è messo meglio se fossi in te…» ammicca lasciando la frase in sospeso.
«Eric, casa tua è un enorme open space, non è una casa vera, non ha le stanze»
Si avvicina di più a me e appoggia la sua mano poco sotto le mie scapole.
«Ci sarebbe un appartamento vuoto, sotto il lato buono del tetto, con quattro stanze, due bagni, un terrazzo enorme ed è su due piani…» ritrae la mano come se quello che dice lo imbarazzasse.
«Potremmo prendere in considerazione l’idea di andare a viverci» continua, fissandosi la punta degli stivali.
Andare a vivere con lui? E’ un grande passo. Anche se in pratica già viviamo insieme la cosa mi fa sentire una strana sensazione.
Sarebbe come ufficializzare tutto.
Non mi importa molto di quello che gli Intrepidi penseranno quando scopriranno che viviamo insieme, è il fatto che la cosa sarebbe ufficiale. Sono sempre scappata da questo genere di responsabilità e non so quanto io sia pronta.
«Però dobbiamo dare una risposta a Max entro questa sera. Pensaci ok?»
Mi da un veloce bacio sulla tempia e si avvicina al gruppo degli iniziati.
L’Intrepido seduto davanti al computer che comanda il macchinario mi fa cenno di sedermi accanto a lui.
Mi siedo su uno sgabello mentre Eric fa lo stesso ma sulla poltrona delle torture. Quattro gli inietta il siero e poi mi raggiunge e resta in piedi a fianco a me.
Davanti a noi c’è un grosso monitor. Niente elettrodi che mi spareranno dritte nel cervello le peggiori paure di Eric, solo un monitor che io posso tranquillamente ignorare. Mi sento più tranquilla, non sono costretta a curiosare nella sua mente.
Dodici, nel libro Four, è questo il numero delle paure di Eric. Dodici colpi del tasto verde di quella strana tastiera e sarà tutto finito e io non avrò sensi di colpa.
Sento il bip della macchina che controlla i battiti cardiaci, la simulazione comincia e io vorrei avere dei tappi per le orecchie, perché so che questo lento bip presto accelererà, diventerà irregolare e sarà insopportabile, uno stillicidio in fast forward che mi farà scoppiare la testa.
Il monitor si accende, io fisso il suo bordo superiore cercando di fingermi calma e interessata alle paure di Eric quando in realtà sto guardando lui su quella poltrona mentre l’angoscia cresce dentro di me seguendo i suoni del cardiofrequenzimetro che stanno iniziando a farsi più veloci.
Nel monitor scorrono delle immagini ma per me sono solo macchie colorate, il mio sguardo è concentrato su Eric. Lo vedo inspirare profondamente e poi espirare, senza accorgermene sto facendo la stessa cosa, insieme a lui. I miei muscoli si contraggono e poi si distendono seguendo il ritmo dei suoi come se fossimo un’unica persona. E’ una tortura per me, non voglio immaginare quanto lo sia per lui, faccia a faccia con le sue paure. Il martellante bip inizia a rallentare, l’Intrepido al computer preme un tasto e io mi rilasso.
Uno. Ne mancano undici.
La nostra perfetta sincronia di respiri e contrazioni muscolari continua per altre cinque volte quando sento Quattro ridacchiare. Mi volto verso di lui cercando di non fulminarlo con lo sguardo.
«E’ migliorato molto, cinque paure in meno» dice con una espressione infastidita.
Ti rode che il mio uomo si stia avvicinando al tuo record, vero?
«Vediamo come se la cava con l’ultima, la peggiore» dice tornando a fissare il monitor.
Stupidamente io faccio la stessa cosa e quello che vedo mi fa gelare il sangue.
Nello schermo appare un prato con al centro un grande albero solitario. E’ lo stesso che ho visto nella mia mente quando ho deciso di attraversare lo Specchio Vuoto. Sembra quasi di essere nella mia mente e non in quella di Eric. L’unica differenza tra le nostre visioni è la figura che, ne sono certa, tra un po’ apparirà da dietro l’albero.
Io ho visto lui e quindi lui dovrebbe vedere…ME.
Vedo me stessa sbucare da dietro il grande albero. Non indosso i classici abiti degli Intrepidi ma un abito bianco, con la vita molto alta, appena sotto il seno, che scende con una gonna lunga e così leggera che sembra fatta di chiffon. Sotto il seno ha un nastro di seta rosa antico che forma un fiocco nel centro del petto.
Sto correndo verso di lui, sembra una di quelle scene a rallentatore da film d’amore ma ho paura che non finirà in modo smielato, so che sta per accadere qualcosa di orribile che avrà anche me come protagonista.
La mia immagine mi sorride dal monitor, sembra felice, più di quanto io lo sia mai stata nella mia vita. All’improvviso macchie rosse invadono lo schermo e per un attimo non capisco cosa sta succedendo. Sento il battito di Eric aumentare velocemente, molto più velocemente che nelle altre paure. Sul bianco candido del vestito si allarga una macchia rossa e il sorriso della me stessa del suo scenario si spegne mentre barcolla e cade tra le braccia che io riconosco essere quelle di Eric. Vedo il mio corpo cadere a terra, i miei occhi immobili e inespressivi mi fissano attraverso il monitor. Sono morta.
L’inquadratura si sposta verso il grande albero e ai suoi piedi vedo una donna bionda con un tailleur azzurro che stringe in pugno la pistola ancora fumante, è Jeanine Matthews.
Il bip della macchina è talmente veloce da spaventarmi, mi guardo intorno, Quattro sembra preoccupato ma non muove un dito. Oltre il monitor vedo il corpo di Eric tremare, è terrorizzato.
L’Intrepido che controlla la simulazione è tranquillo, non muove un dito, come se il cuore di Eric sul punto di scoppiare non lo riguardasse minimamente.
«Dobbiamo fermare la simulazione!» grido.
L’Intrepido mi guarda e poi torna a fissare il suo monitor come se niente fosse, come se non sentisse l’inferno dei bip che suonano come un allarmi impazziti.
Quattro si avvicina all’uomo ma lui lo ferma con un gesto della mano.
«Non siamo ancora arrivati al limite massimo di sopportazione» dice calmo.
Il limite massimo di sopportazione? Ovvero il punto in cui il suo cuore può fermarsi? Il suo cuore con i suoi battiti regolari che mi cullano tutte le volte che dormo con la testa appoggiata al suo petto. Quel cuore che sento battere più forte quando mi abbraccia o mi bacia. Il suo cuore che batte insieme al mio…il nostro cuore.
Inizio a tremare, non di paura ma di rabbia.
«Ferma la simulazione, ora!» urlo.
L’uomo non si cura minimamente di quello che ho appena detto.
Eric inizia a muoversi su quella maledetta poltrona delle torture io non sento più il bip ma solo il mio cuore che sembra battermi nel cervello.
Prendo il taglierino che nella mia dimensione è la mia unica arma da difesa personale e lo punto alla gola dell’Intrepido mentre con l’altra mano lo tiro per i capelli costringendolo a piegare la testa indietro lasciando il suo collo ben esposto alla lama affilata.
«Ferma questa fottuta simulazione o domani ripescheranno dallo strapiombo il tuo corpo insieme a quelli della tua famiglia» gli sussurro all’orecchio con voce calma mentre provo un piacere che non avrei mai immaginato nel sentire quanta freddezza c’è nel mio tono di voce.
L’uomo mi guarda e quando incontra il mio sguardo freddo, si blocca, come se l’avessi trasformato in pietra. Premo la lama del taglierino sulla sua pelle fino a quando non vedo qualche goccia di sangue scivolare lungo il suo collo. Lo sento deglutire. Sto per aggiungere un altro taglio, un po’ più lungo e profondo, accanto a quello che sta ancora gocciolando sangue, quando l’uomo preme il tasto e alza le mani in segno di resa.
Non è finita qui, mi ricorderò di te bastardo.
Corro da Eric. Ha gli occhi sbarrati e sta tremando.
«Eric, respira, calmati»
Lui continua a guardare nel nulla. Afferro le sue spalle e lo scuoto. Nessuna reazione.
«Eric. Eric guardami. Per favore, Eric, guardami» gli dico con un tono di voce calmo ma deciso. Lui non reagisce e io inizio a sentire il panico invadermi.
Salgo sulla poltrona e mi siedo a cavalcioni sopra di lui.
«Eric amore, sono qui, sto bene» gli prendo il viso tra le mani e aggiungo: «Non era reale»
Sbatte le palpebre e mi guarda. Lo stringo forte al mio petto come se fosse un bambino spaventato, il mio bambino che si è appena svegliato dal più spaventoso degli incubi.
«E’ tutto ok, sono qui con te» gli sussurro.
Le sue braccia ancora tremanti mi stringono mentre affonda il suo viso tra i miei seni. Gli accarezzo i capelli in modo materno e mi stupisco di quello strano istinto uscito dal nulla, in un attimo. E’ qualcosa che non ho mai avuto e non credevo che avrei mai avuto.
Sento Eric rilassarsi, il suo respiro e il suo battito cardiaco sono tornati regolari.
«Ricomponiti, dobbiamo andare da Max per la nostra nuova casa» gli sussurro.
Dovrei stupirmi nel sentire quelle parole uscire dalla mia bocca, prima che Eric si sedesse sulla poltrona delle torture avevo molti dubbi e paure mentre ora sono svaniti. E’ assurdo come vederlo terrorizzato e con il suo cuore vicino al fermarsi abbia fatto svanire ogni dubbio e mi abbia convinta ad andare a vivere con lui. Nell’istante in cui ho realizzato che avrei potuto perderlo per sempre, tutto è cambiato, ho capito che senza di lui nulla avrebbe avuto più senso, che senza di lui io sarei persa.
Dopo quello che ho appena visto non riuscirò a tenere nascosto dentro di me il mio segreto a lungo. Vedermi morire, perdermi è la sua più grande paura. Mio Dio, sto mentendo a un uomo innamorato, che mi ha confessato la cosa più imbarazzante per un uomo e che non ha avuto riserve nel lasciarmi vedere tutte le sue paure compresa la più grande, la più intima. Devo trovare il modo di dirgli tutto senza che lui mi creda pazza. Devo fargli attraversare lo Specchio Vuoto, è l’unico modo che ho per farmi credere. Quando saremo dall’altra parte, a casa, potrò finalmente raccontargli tutto di me.
   
 
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