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Autore: Vago    23/12/2015    3 recensioni
Libro Primo.
Dall'ultimo capitolo:
"Che schifo.
Dopo tanto tempo che passi con qualcuno ti ci finisci per affezionare.
Non so chi, tra di loro, mi mancherà di più.
Forse tutti, o forse nessuno. Prima o poi dimenticherò i loro nomi.
In fondo, mi sono divertito a seguirli.
Sai, la mia ironia non ha perso l’occasione di affiorare.
Ho visto cose incredibili. Draghi, fate, esseri fantastici… e poi la magia. Quant’è bella?
Peccato che, se mai uscirai da lì, non potrai vederla con i tuoi occhi…
Nel mio viaggio con quei cinque ragazzi ho visto cose veramente incredibili.
Questo nuovo mondo è pieno di sorprese. Sarebbe bello poterlo esplorare assieme a te… Come ai vecchi tempi…
[...]
Ho visto perfino le armi elementari all’opera ancora una volta.
Non mi è dispiaciuto fino in fondo questo lavoro… O forse sì.
Il finale è stato bello e, nonostante tutto, devo ammetterlo, perfino io mi sono commosso, ogni tanto.
Un ragazzo si è sacrificato per i suoi compagni. Forse c’è ancora qualcuno non corrotto, in fondo.
[...]
Incredibile.
Non ho mai visto cose di questo tipo in tutta la mia vita…
Aspetta un attimo, così potrai vedermi anche tu."
------------
Storia revisionata
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Passarono così molti mesi, giorno dopo giorno Ardof cominciò a capire i più sottili usi della magia e dell’arte della spada, in parallelo alle altre materie più o meno utili che riempivano le sue giornate.
Fu chiamato solo una volta in missione come Cavaliere, a dispetto di quello che gli aveva promesso Drake il suo primo giorno.
Durante quell’uscita, ebbe inoltre la sfortuna di doversi muovere con il freddo delle notti che occupano la fine inverno.
Uscì dal palazzo la mattina presto, con il giaccone avvolto sull’armatura che gli avevano impostavano di portare. Poco distante dalla porta della guardiola, uno dei soldati in armatura crepuscolare lo attendeva tenendo Zefira per le briglie.
Quello scelto per la missione era un gruppo composto da cinque ragazzi, compreso lui, e dal generale Gibber. Ultimamente, dei briganti avevano cominciato ad attaccare i convogli dei mercanti e questi si erano rivolti all’Ordine per avere protezione.
Ardof si accorse quasi per caso che erano tutti umani.
Aveva sentito che alcune persone facevano ancora distinzioni tra elfi e umani e richiedevano gruppi solo dei primi o dei secondi, ma si era convinto che fossero solo voci infondate messe in circolazione.
Il gruppo di Cavalieri si prese ancora un paio di minuti per controllare che i finimenti dei rispettivi cavalli fossero stati stretti a dovere, per poi partire al galoppo verso sud, in direzione di una delle tre grandi città portuali umane.
Gibber l’aveva nominata solo una volta: Derout.
Ci impiegarono cinque giorni di cavalcata serrata solo per arrivare al punto d’incontro con il mercante.
L’uomo aveva tre carri pieni delle merci più disparate da portare fino a Liun, la città elfica più a sud.

A quanto pare, al nostro caro mercante non piace essere scortato dagli elfi ma non si face scrupoli a prendere i loro soldi.
Mi sono sempre piaciute le persone coerenti.


Il mercante volle partire la sera stessa, senza lasciare al gruppo di Ardof il tempo di riprendersi dal lungo viaggio d’andata.
Ad Ardof venne affidato il fianco destro del carro di coda e lì dovette stare senza mai smontare dalla sella di Zefira per tre giorni, quando, finalmente, il mercante si decise ad ascoltare le parole del generale Gibber e a far fermare il convoglio in una piana vicino a un tratto del Vrag, non molto distante dalla sua ultima biforcazione.
La gelida notte passò tranquilla, con solamente il verso dei gufi a rompere il silenzio. Ardof si sedette lentamente su di un ceppo, pronto a cominciare il suo turno di guardia, le mani, intanto, gli corsero alle sue cosce, ora costellate di vesciche sanguinolente. Dai suoi palmi parve fuoriuscire un piacevole tepore, tanto intenso da superare gli strati di stoffa e ferro che aveva indosso e raggiungere la carne martoriata, facendo richiudere i piccoli tagli nati dalla cavalcata.

Incredibile, alla fine ha davvero usato un incantesimo il cui unico scopo è quello di guarire le vesciche. E la gente dice che non sono utili magie del genere.

Il giorno seguente arrivò comunque troppo presto e la carovana si dovette rimettere in viaggio, trascinandosi avanti con una lentezza esasperante attraverso le ore del giorno.
Il Cavaliere cremisi si accorse quasi per caso, quel pomeriggio, di un uomo solo, ritto in mezzo alla piana.
Gli ci volle un attimo, poi, per capire quello che stava facendo. Aveva un dito puntato contro la carovana e Ardof giurò di averlo visto muovere la bocca.
Non ebbe neanche il tempo di chiamare il generale, agì puramente d’istinto, puntò la mano verso l’uomo, le parole nacquero sulla sua lingua quasi autonomamente.
- Destari jionn! “ Fuoco colpisci!”- una freccia di fuoco si formò dal palmo schizzando poi verso l’uomo e andandolo a colpire esattamente nel petto, trafiggendolo.
Era il primo incantesimo di offesa che gli avevano insegnato.
L’uomo cadde a terra e per poco non fece lo stesso il ragazzo.
Aveva ucciso una persona con una facilità disarmante.
E se avesse sbagliato?
Se non fosse stato un mago?

Tranquillo ragazzino, era un mago anarchico… pessimo abbinamento. Soprattutto visti i suoi precedenti con l’uomo che stai scortando.
Sapevi che prima del Cambiamento il tuo mercante era uno strozzino? E si, e aveva mandato in bancarotta quel povero diavolo che tu hai fatto fuori.
Poveraccio.
Ma, tranquillo, se può farti star meglio hai fatto bene il tuo lavoro.


- A rapporto! Subito! Chi ha fatto cosa?- urlò Gibber dalla testa della carovana.
Ardof spronò la cavalla ad aumentare il passo per raggiungerlo, stupendosi per l’ennesima volta di quanto Zefira fosse resistente.
Non appena si fu accostato al generale gli cecò di spiegare l’accaduto.
- Signore, Ardof Neghyj, lato destro dell’ultimo carro. Ho visto sulla piana un uomo puntare un dito verso la carovana e parlare da solo. Un mago probabilmente. L’ho colpito con un incantesimo di fuoco.-
- Bene. Hai fatto una cosa degna di nota e la riferirò ai tuoi superiori, ma la prossima volta chiedi il permesso prima di ripetere un’azione simile. Intesi?-
- Signorsì, signore.-
- Puoi tornare alla tua posizione. Manderò qualcuno a controllare il cadavere.-
Fortunatamente il Fato sorrise alla carovana e non si dovette ripetere una cosa del genere per tutto il resto del viaggio fino a Liun e, da lì, fino al Palazzo del Mezzogiorno.
Ardof non avrebbe mai creduto di poter essere così felice nel rimettere piede nella sua stanza.

Due anni, tra lezioni che spaziavano da uno studio sempre più approfondito della magia alla scherma, passarono rapidi come il battito d’ali d’un colibrì, arrivò infine il giorno che ogni studente all’interno di quell’alto edificio scuro stava aspettando sin dal primo giorno di quella vita.

Che diavolo di ellissi temporale è questa?
Mi ero ripromesso di non interferire con la Trama del Reale ma questo è troppo. Dopotutto se il Fato non avesse voluto che noi ci impicciassimo nel tessuto della realtà non ci avrebbe dotati, tra gli altri, del dono di leggere l’universo.
Ora faccio vedere io a questo narratore onnisciente dei poveri come si fa a fare un’ellissi degna di essere chiamata tale.
Allora: Era uno schifo, va bene? Tutti questi poveracci hanno passato gli ultimi due anni chiusi nel Palazzo della Mezzanotte a studiare cose che non gli serviranno mai nella vita, magia e un po’ di scherma.
L’unica cosa che rende degno di nota questo giorno in particolare è che finalmente il suo addestramento passerà a un altro livello.
Visto? Non era poi così difficile.
Ora me ne esco dalla Trama del Reale, che mi viene mal di testa ogni volta che ci entro a farmi un giro.

Al suono della campana che sanciva la fine dell’orario del pasto, Ardof e i suoi compagni vennero portati in una sezione del campo d’addestramento resa completamente sgombra. Drake, Gibber, Jenga e altri sei uomini che il ragazzo aveva visto solamente di sfuggita in quegli anni li fecero mettere i riga vicino alla parete del Palazzo.
- Finalmente potrete ricongiungervi ai vostri draghi. – disse Drake facendo un passo avanti, addosso portava la solita cotta e i guanti di maglia che tintinnavano a ogni suo movimento – Questa sarà anche una prova per voi. La prima cosa che dovrete fare è riconoscere il vostro compagno, la seconda è dargli un nome nell’antica lingua. Tutto ciò servirà a rafforzare il legame tra i due. Quindi, se siete tutti pronti, che i draghi atterrino!-
Due uomini chiusero gli occhi e puntarono il volto al cielo.
Ardof provò una punta d’invidia verso di loro, stavano senz’altro comunicando attraverso i loro pensieri con i draghi o con gli istruttori che li stavano guidando, inoltre, ci volevano anni di allenamento per riuscire a rendere la propria mente sufficientemente forte per poter mandare anche solo piccole istruzioni e lui era ancora lontano da quella meta.
I ventidue draghi atterrarono, schierandosi per colore. Bianchi, azzurri e blu, rossi e arancioni, verdi e marroni.
Il Cavaliere carminio riconobbe il suo compagno alla prima occhiata, non poteva che essere il drago rosso scuro con una lunga cicatrice sul muso. Il sesto da destra.

Difficile non riconoscerlo con quel marchio sulla testa. Tanto valeva mettergli un cartello intorno al collo.

- Andate!- li incitò Drake.
Il ragazzo partì verso il suo drago più veloce di quanto avrebbe voluto, rimanendo immischiato nel resto della massa.
Gli ultimi passi li fece incerti.
Il drago, il suo drago, era molto più grande di quanto non si fosse aspettato e solamente rimanendoci vicino si sentiva in soggezione.
Mosse lentamente le gambe, cercando di superare la paura che l’animale gli incuteva, avvicinandoglisi al muso e guardandolo in uno dei grossi occhi rubino.
Le sue dita corsero alla cicatrice, appoggiandovici sopra e sentendo le dure squame in rilievo lungo la scanalatura chiara. Il drago in tutta risposta si sdraiò, rivelando una sella simile a quella di Zefira, incastrata tra due spine cervicali grosse quanto il braccio del Cavaliere.
Il collo della creatura protese in avanti, permettendo all’appuntita estremità del muso di toccare il petto del ragazzo.
- Quindi alla fine non sono riusciti a fare niente per questa dannata cicatrice, vedo. Mi spiace.- disse guardando l’animale nell’occhio e passando l’indice per tutta la lunghezza della scanalatura.
Si sentiva male, sapeva che era colpa sua se un’animale così fiero era rimasto sfregiato.
“Non l’hanno neanche guardata quella cicatrice. Non so neanche se l’abbiano notata.” Gli rispose una voce calda.
Ardof si guardò intorno, intimorito da quella presenza che avvertiva vicina.
Nessuno lo stava guardando, o, almeno, nessuno con quella voce. - Chi ha parlato?- chiese intimorito.

Tuo zio.
Pensaci un po’, chi può essere stato? Cresciuto si, ma svegliato ancora no, vero?


Il drago carminio produsse un verso strano, come se qualcosa gli fosse andato di traverso.
Di nuovo la stessa voce riprese. “Cosa vi hanno insegnato sui draghi in quella scuola?”
- I punti di forza e quelli deboli. Più tutte le capacità che hanno. Perché?- rispose Ardof guardandosi intorno.
“Nessuno vi ha mai parlato del contatto empatico?”
- No. Che cos’è? Un’altra capacità dei draghi?-
“Più o meno. Ogni drago stringe un legame con il suo Cavaliere o Domatore. Un legame che si manifesta esteriormente con la mano che assume il colore delle squame del drago, ma non solo. L’umano o l’elfo che si legano a un drago acquisiscono, oltre alla capacità di avvicinarsi più facilmente alla magia e a un allungamento notevole della vita, la capacità di sentire i pensieri del proprio drago. Come tu stai facendo ora.”
- Quindi sei tu? Cioè io… ti sento i pensieri?-
“Si. Ora, tornando alle cose serie, mi devi dare un nome. Senza di quello mi sento né più, né meno che un mero animale.”

Bah, questo mi sembra un po’ esagerato.
Ti dico per esperienza personale che se per uno o due secoli nessuno ti chiama con il tuo nome, quello perde di significato.
E poi molto spesso i soprannomi sono molto più incisivi e appropriati di un semplice nome. Non per niente per tutti sono diventato soltanto il Viandante, nessuno, oltre il Fato che me lo diede, ha bisogno di conoscere il mio vero nome.


- Si… certo, certo. Ora ne trovo uno… Dammi solo un minuto.-
Ardof pensò a ogni parola nella Lingua del Potere che conosceva, ripassando intanto quel che sapeva del drago e quello che aveva passato durante il viaggio tra i due Palazzi. Non molto dopotutto.

Non è stata una furbata separare cuccioli e Cavalieri immediatamente, appena arrivati. I due non hanno avuto il tempo di stringere un legame abbastanza saldo.


“Mi piace quello…” disse il drago.
- Ma non te l’ho ancora detto!-
“Con il contatto io riesco a sentire delle parti dei tuoi pensieri.”
- Quindi potremmo parlare con il pensiero, noi due?-
“Solo se tu riuscirai a allargare la tua coscienza fino alla mia.”
- Comunque, davvero ti piace quel nome?-
“Si… Erdost. – si ripeté assaporandolo – Salvezza Segnata. Mi sembra una parola inventata solo per me.”
- Erdost, posso salirti sulla sella?-
“Certo, è lì per te. Non permetterei a nessun’altro di salirci.”
Per tutta la durata della lezione, Ardof stette sul dorso del suo drago, senza mai ascoltare davvero quello che il capo stalliere diceva. Perdendosi ogni dieci secondi nei riflessi delle spine cervicali o delle squame rosse del drago.
Alla fine del pomeriggio il ragazzo guardò con le lacrime agli occhi il suo drago volare verso est, perdendosi tra i corpi dei suoi simili. Avrebbe preferito potersi librare in aria con lui, almeno una volta.
Non voleva lasciarlo andare, aveva assaporato per un paio d’ore la sensazione di avere qualcuno davvero vicino e non voleva perderla così presto.
Fu una stilettata ancor più dolorosa quando, alla fine della giornata, gli si avvicinò il generale Gibber con sguardo serio.
- Prepara il mantello. Domani mattina dovrai partire per una missione ai piedi dei Muraglia. Avrai più informazioni domani all’ingresso.-
Aver visto il proprio drago per così poco tempo e dover subito ripartire rese il suo umore nero.

Non capisco se questo sia un cattivo scherzo del Fato oppure semplicemente sfortuna, ma perché devo preoccuparmi? Tanto riderei della comicità della cosa in entrambi i casi.

Uscì dalla propria stanza il mattino seguente ancor prima che il sole potesse filtrare dalla sua finestra, in modo da non trovarsi immerso nel mare di ragazzi.
Nel corridoio gli si avvicinò uno del secondo anno, il mantello che portava appena appoggiato sulle spalle copriva a stento l’armatura blu acceso.
Lo salutò con un cenno del capo e accelerò il passo, vedendo i primi studenti che uscivano dalle stanze.
Il Palazzo della Mezzanotte ospitava tre annate, più o meno sessanta ragazzi per anno, e quando i corridoi si popolavano la mattina e la sera diventava impossibile muoversi.
Arrivò davanti all’inferriata e fece un cenno ai soldati di guardia, che la sollevarono quanto bastava per far uscire i due ragazzi.
Fuori dalle mura Gibber li stava aspettando con altri nove ragazzi, due uomini senza il mantello e cinque cavalli, tra i quali Ardof riconobbe Zefira. Una delle ragazze della spedizione la conosceva anche, erano stati promossi al grado di capo-spedizione praticamente assieme e si erano più volte incontrati alle riunioni dei gradi più alti.
Era un’umana e doveva chiamarsi Niena Garvà, se ben ricordava.
La ragazza dai corti capelli neri lo salutò con un sorriso appena abbozzato.

Come dimenticare Niena?
Era Numero 2 della mia lista di sospetti… comunque meglio per me, con due ragazzi assieme devo fare un viaggio di controllo in meno al giorno.
E poi, non mi dispiace dover passare con lei un po’ di tempo.
Non so come, ma sento delle vibrazioni positive in lei… ma questa è un’altra storia e ve la racconterò con calma davanti a un fuoco.


- Bene. Questa è una missione di scorta divisa su due livelli. Dovrete andare a prendere uno scienziato a Vinat, la città umana più a ovest, e scortarlo fino a Gyun, il villaggio più a est della metà occidentale delle terre. Intesi? I due livelli saranno la scorta a cavallo con cui il nostro scienziato dovrà viaggiare e una scorta di riserva, sui draghi. – Gibber scoccò un’occhiata a Niena e ai tre ragazzi appena maggiorenni che Ardof non aveva mai visto, non aveva auto molte occasioni di incontrare persone delle altri classi parallele alla sua. – I draghi serviranno solo come sentinelle e, solo in caso di assoluta necessità, come animali da trasporto. Non vogliamo far credere alla gente che serviamo solo a trasportare le persone da una parte all’altra. Garvà, tu capitanerai la squadra a dorso dei draghi e dovrai portare con te Mall per tenerti in contatto con Neghyj che capitanerà la squadra a cavallo. Tutto chiaro?-
- Signorsì, signore.-
- Partite.-
Ad Ardof venne il magone quando vide i suoi cinque compagni di viaggio salire sui quattro draghi e prepararsi al volo.
Il ragazzo accarezzò il muso della cavalla e le salì in groppa.
Data un’ultima occhiata ai ragazzi del primo e del secondo anno che, montati sui cavalli, attendevano un suo comando e assicuratosi che non ci fosse nulla fuori posto diede l’ordine di partire.

Mi sono tolto ogni dubbio. Questa è una dimostrazione dell’umorismo scadente del Fato.

Dopo la prima ora di viaggio il ragazzo si accostò al mago che cavalcava con il suo gruppo.
- Voglio vedere se attraverso di voi riesco a parlare abbastanza velocemente con il capitano lassù, digli questo: “ Niena, non darti troppe arie sul tuo drago che rischi di volare via.”-
L’uomo chiuse gli occhi e riferì il messaggio con un mezzo sorriso.
Per fortuna, anche lui aveva il senso dell’umorismo, si disse il ragazzo.

Wow. Nel profondo sto ridendo per questa incredibile battuta, ma bisogna scavare parecchio per arrivare così in basso.
Vi prego, dei, non fate rispondere Niena a tono, non posso sopravvivere a un’altra freddura, vi prego. Se mi esaudite vi pago una birra dai nani!


Ardof sentì una pressione alla base della testa e allentò le mura che gli proteggevano la mente.

Ti prego Niena, non…


“ E tu là sotto non alzare troppo la cresta che rischi di prendere un ramo.” Per lo meno, si disse il ragazzo, non sarebbe stato un viaggio noioso.

…Rispondere.
No! Perché mi fate questo? Sono un ragno attaccato al posteriore di una cavalla, dovevate proprio far peggiorare la situazione? Cosa vi ho fatto di male per meritarmelo?


Fu comunque un viaggio estremamente lungo ed estenuante.
Impiegarono sei giorni per arrivare a Vinat, dove trascorsero la notte per riprendersi dalla cavalcata, per poi ripartire con lo scienziato verso Gyun il mattino seguente.
L’uomo sosteneva di aver scoperto una nuova specie senziente che chiamava Homo-Alfa che, solo un paio di giorni dopo, scopri Ardof, era un mezzosangue tra uomo e un elfo.

Che gran scoperta… ammettiamolo, quell’uomo non è uno scienziato, è un furbo che, trovata un’ovvietà la vuole spacciare per verità scientifica.
La cosa triste e che può farlo.
C’è poco che io possa dire, se non che è decisamente un esemplare della specie Homo-Furbo.


Il viaggio si preannunciava particolarmente noioso, secondo le loro stime ci sarebbero voluti otto giorni per arrivare al villaggio ai piedi dei Muraglia, diventato come un ritrovo per le migliori menti in qualunque campo, e altri quattro per tornare al Palazzo.
Erano all’altezza di Liun quando Ardof sentì la solita pressione alla testa, prodotta da chi vuole entrare nella mente per poter parlare.
“A tutti i Capitani, questo è un messaggio dal Palazzo della Mezzanotte. Jingher, mi sente?”
Ardof riuscì a anche sentire una vaga e lontana risposta. “Si.”
“Neghyj e Garvà?”
“Si.” Rispose Ardof avvertendo tra i suoi pensieri anche la risposta della compagna.
“Vergy e Burre?”
“Si.” Risposero.
Ardof si sorprese. Non sapeva che Frida fosse partita per una missione.
Buon per lei, si disse. Probabilmente era stata convocata poco dopo di lui.
“Ermon?”
“Si.”
“Bene. Tornate immediatamente al Palazzo. Lasciate solo gli studenti del primo e del secondo anno a portare avanti la missione capitanati da un esperto in lettura della mente. Tutti quelli che viaggiano via terra lascino la propria cavalcatura nel maneggio più vicino in pensione e si faccia caricare su uno dei draghi dei suoi compagni. Urgenza alta.”
Ardof alzò il braccio e fece fermare Zefira. Spiegò velocemente ai componenti del suo gruppo la situazione e, staccandosi da loro, puntò Liun galoppando.
Non era la prima volta che una missione veniva troncata, ma non era normale che tutte quelle in corso venissero fermate insieme.
Quando Ardof lasciò la cavalla in una stalla di servizio dell’Ordine alla periferia della città, Niena fece atterrare il suo drago per permettere al compagno di salire in sella.
- Sappi che non ho mai cavalcato un drago!- urlò Ardof all’altro capitano davanti a lui.
- Davvero?-
- Ho avuto il tempo di dare il nome al mio e sono dovuto partire per questa missione.-
- Allora, tranquillo. Il più è il decollo. Una volta che il drago è in aria sembra di cavalcare un cavallo. Più o meno.-
- Come più o meno?!-
- Rilassati.- disse solo l’altra.
Il suo drago balzò verso l’alto, spiegando le ali verdi.
Solo quando furono in aria, con il muso della creatura che puntava verso il palazzo e il vento che gli soffiava sul volto, Ardof riconobbe l’utilità della visiera trasparente dell’elmo.
Alle loro spalle, i restanti componenti della squadra aerea volavano in silenzio.
- Secondo te è successo qualcosa di grave?- chiese Ardof, tentando di rompere il silenzio.
- Non credo, al massimo l’eremita ha deciso di farci visita. E poi sono sicura che non mi succederà mai niente di grave.-
- Come fai a dirlo? Infondo siamo soldati… più o meno. Comunque ci hanno preparati per il combattimento, nel caso ci fosse la necessità.-
- Tanto se te lo dico non ci credi.-
- Ho visto il Cambiamento e sono diventato Cavaliere dei Draghi. Penso di essere pronto a qualsiasi rivelazione.-
- Mi prenderai per matta, ma… Sono sicura di avere un angelo custode che mi segue. Più o meno due mesi prima del Cambiamento ho cominciato a notare delle cose strane…-
- In che senso strane?-
- Niente di eclatante, ma… per esempio animali che mi seguivano oppure che si giravano mentre passavo… o ancora persone che mi seguivano per minuti interi per poi sparire in un soffio. So che è strano, ma sono davvero convinta di avere un angelo custode che veglia su di me.-

Ops… colpa mia. Scusate.
Potrei essere stato un po’ distratto con lei… vabbè, meglio che pensi di avere un angelo custode, piuttosto della verità.
Certo, però, che me la ricorda veramente tanto…
Dopotutto sapere che un superstite di una razza estinta ti sta seguendo per conto di un organizzazione che lo schiavizza da secoli non è un pensiero rassicurante.

La prima cosa a cui fece caso fu che tutti i ragazzi erano scesi nel campo d’addestramento, la seconda fu l’enorme stormo che stava arrivando dai Muraglia.
Gli ci vollero ancora un paio di secondi prima di rendersi conto che quello era un gruppo di draghi in formazione.
Atterrarono poco lontano dalla folla e, mentre i tre ragazzi si univano agli altri studenti, Ardof, Niena e l’esperto di lettura della mente andarono a fare rapporto a Drake.
Quando ebbero finito si unirono alle rispettive classi.
- Ora che siamo tutti posso spiegarvi la situazione. Il generale Gibber al momento sta organizzando le truppe dei due Palazzi, io quindi ne faccio le veci. L’Ordine è tenuto a entrare in azione contro il re che non si sta occupando degli affari che richiedono la sua attenzione e sembra che stia ammassando un esercito alle porte della Rocca delle Due Razze. Tocca a noi intervenire per portare luce sulla questione e, se è il caso, usare il pugno di ferro. Tutti gli studenti del terzo anno verranno con noi professori e un contingente di guardie alla Rocca, quelli del secondo anno rimarranno qui a proteggere il Palazzo della Mezzanotte e quelli del primo anno faranno la stessa cosa con il Palazzo del Mezzogiorno. È per tutti chiaro quel che ho detto? Preparatevi!-
I minuti seguenti furono riempiti da una frenetica cacofonia di suoni, passi che correvano dentro e fuori dal palazzo e voci troppo alte che discutevano tra loro. La situazione non poté che peggiorare con l’arrivo dei draghi.
Ci impiegarono un’ora per terminare i preparativi per la partenza dei tre gruppi.
Ardof strinse le cinghie che gli avrebbero tenuto le gambe saldamente ferme sulla sella, poi, dopo un rapido controllo al suo equipaggiamento, si permise di guardarsi intorno.
Davanti all’ammasso di rettili multicolore che fremeva per poter partire, imponenti volatili dal lungo becco e dal piumaggio dorato erano atterrati ed ora, decine e decine di soldati in armatura crepuscolare si stavano stringendo su pedane in legno saldamente legate ai petti degli enormi uccelli, pronti a farsi condurre fino alla loro meta.
“Hanno solo un difetto.” Al Cavaliere ci volle un attimo per capire che era stato Erdost a parlare.
- E quale sarebbe?-
“Sono stupidi come pietre. Hanno sempre bisogno di qualcuno che gli dica cosa fare.”
- Meno male che non è un problema mio.- gli rispose massaggiandogli il collo muscoloso.
Il drago rispose con un basso gorgoglio di gola, che fece tremare Ardof sulla sella.
Drake, che aveva ormai assunto il completo comando dell’operazione, diede il segnale della partenza dalla testa del gruppo.
Una cinquantina di draghi spiccarono il volo insieme, riempiendo il cielo dei colori accesi delle loro squame e delle membrane delle loro ali.
Si disposero a rombo, con i quattro uccelli da trasporto in testa e i draghi dietro.
Da terra non dovevano neanche sembrare uno stormo, ma una nuvola multicolore, da quanto volavano gli uni vicini agli altri.
Ardof si chiese come facesse Erdost a non sbandare o a non toccare la punta delle ali dei draghi vicini che sbattevano a poche dita dalle sue.
- Senti, Erdost, devo recuperare le ore di sonno dell’ultima missione. Vedi solo di non farmi cadere…- il ragazzo si sistemò i piedi nelle staffe e appoggiò il torace sulla lunga sella, in modo da avere la testa abbastanza lontana dalla spina cervicale del drago carminio.
Si addormentò cullato dal battito delle ali del suo drago e dai movimenti costanti dei muscoli della sua schiena.
Viaggiarono due giorni quasi ininterrottamente verso sud-est, verso l’isoletta circondata dal Vrag su cui sorgeva la Rocca delle Due Razze.

Sai che incredibile viaggio… stretto tra decine di uomini sudati, per giunta rinchiuso dentro un armatura di ferro.
Se solo ci fosse quell’idiota di Gibber al posto di Drake li avrei potuti seguire come uccello, oppure mi sarei imbarcato su qualche drago… ma no! Devo viaggiare scomodo perché Drake percepisce la magia intorno a se!
Così devo far finta di essere un umano inconscio dei suoi poteri magici innati, invece che volare libero.
Ma infondo poteva andarmi peggio, se quell’uomo riuscisse anche percepire quanta energia magica è contenuta in un corpo non basterebbe allontanarmi di cinquecento metri per non farmi riconoscere.


Quando il Cavaliere vide la Rocca per la prima volta, questa era bagnata dalla calda luce serale di quel giorno d’autunno inoltrato.
Si fermarono poco più a ovest della loro meta per riposare e arrivare al meglio delle loro forze a destinazione.
Ardof scese dalla sella con le gambe rigide, facendo una passeggiata per il campo di tende, tutte rigorosamente delle guardie.
Essere un Cavaliere, dopotutto, dava il vantaggio di non avere necessariamente bisogno di un riparo, perché il drago poteva creare un rifugio con il proprio corpo.

Se è per questo essere una formica da il vantaggio di non aver mai bisogno di un riparo, visto che ci sarà sempre il drago di qualcun altro a coprirti. Ma che discorsi sono?
Ora… scusatemi soldatini ma io mi dileguo… Dietro a quel cespuglio, si… ecco… Non c’è nessuno qui intorno? No. E…
Ah!
Non cominciate già a pensare male. Ho solo cambiato forma.
Scusate solo un attimo ma devo sgranchirmi le ali… ecco, si… mi sembra adatta adesso la forma di corvo. Non prevedo niente di buono.
Penso che sia arrivato il momento di depennare qualche nome dalla mia lista…
Vabbè. Capita. Me ne farò una ragione.


Il Cavaliere cremisi trovò il ragazzo che cercava accucciato vicino al proprio drago bianco, con cui stava parlando.
- Vago! Tutto bene?- Gli chiese.
- Ardof! Buongiorno! Cioè, buonasera! Che mi racconti? Comunque tutto va come deve andare, ma in linea di massima si può dire che la vita mi sorrida, adesso.- gli rispose Vago spostando la sua attenzione dal drago al ragazzo.
- Noi due abbiamo un duello in sospeso, se non mi sbaglio. Adesso che ho le gambe a posto e la spada giusta vediamo chi sarà disarmato.-
- Non aspettavo altro. La sfida è arrivata due anni in ritardo ma la accetto comunque. Ringrazio gli dei. Non c’è proprio niente da fare in un accampamento militare se non parlare al proprio drago che, oltretutto, non ti ascolta neanche.-
Il drago bianco alzò una palpebra e fece un piccolo ringhio in direzione del suo Cavaliere, per poi tornare al proprio riposo.
- Benissimo. Allora tira fuori la spada che iniziamo subito.-
Vago sfoderò la sua spada con l’elsa da una mano, mentre Ardof snudò Pyra impugnandola con entrambe le mani.

Voi due! Aspettate solo un attimo!
Devo controllare solo che altri due sospetti siano arrivati e poi sono da voi!
Aspettatemi, eh?
Che poi questa sarà l’ultima occasione che avrò per vedervi.


Fu Vago a cominciare il duello, puntando contro il fianco sinistro di Ardof, come nel loro primo scontro. L’altro parò l’attacco senza difficoltà. Il Cavaliere bianco roteò il polso facendo passare la lama sotto la guardia nemica, quello carminio dovette indietreggiare per non essere trafitto dal colpo.
Ardof si rese conto che, continuando a difendersi, sarebbe stato disarmato. Nonostante fossero passati due anni, il Cavaliere bianco era ancora in vantaggio, per quanto riguardava la tecnica.
Cominciò ad attaccare, sfruttando la potenza di entrambe le braccia per far sforzare il polso dell’avversario.

E ti pareva? Non mi hanno aspettato.
Che ingrati.


Continuarono così per tutta la serata, Ardof guadagnava terreno quando riusciva ad attaccare, ma lo riperdeva quando era costretto a difendersi.
Alla fine, come per un tacito accordo, si fermarono insieme.
I due lasciarono cadere le spade e si sedettero sull’erba calpestata che aveva ospitato il loro duello.
- Penso… che la questione sia chiusa. – disse Ardof prendendo fiato – con la spada siamo pari.-
- Comunque se… se vuoi possiamo… rifarlo, qualche volta. Non troppo spesso però che… io ci lascio le penne.- gli rispose l’altro con il sorriso sulle labbra, la voce rotta dal fiatone.
Ardof si alzò reggendosi alla spada e, dopo averla infilata nel fodero, salutò l’amico e ritornò da Erdost, che lo stava aspettando sonnecchiando nello stesso punto dove l’aveva lasciato.
Per la notte il drago si arrotolò su se stesso, mettendo la coda vicino alla testa e lasciando vicino al ventre abbastanza spazio per farci stare Ardof.
Non appena il ragazzo si fu sdraiato accanto alla calda pancia del drago questo distese la sua ala membranosa sopra di lui, creando l’illusine di essere in una tenda di velluto rosso.
La notte, Ardof, la passò placidamente, era sicuro che non si sarebbe scatenata una guerra tra l’Ordine e il re, notizie come quella avevano raggiunto il Palazzo della Mezzanotte decine di volte, pressoché ogni anno. I professori dovevano aver scelto di intervenire per rassicurare la popolazione che loro erano attivi.
Probabilmente il re non si era reso conto di una strada in cattive condizioni o dell’abuso di potere degli esattori delle tasse.

Cinicamente potrei dirti anche di no, tra qualche ora tu morirai e la mia missione diventerà più facile da portare a termine, visto che così si delineeranno finalmente i sei ragazzi che dovrò pedinare da qui alle eternità, se mi va bene.
Quasi mi dispiace dovervi abbandonare, te in particolare, visto il carico di sfiga che ti porti dietro, ma ho una missione da seguire e il resto non mi interessa.
Addio, quindi.
Ora ho una stanza prenotata sotto uno dei draghi verdi, lo trovo più tranquillizzante come colore, sa di boschivo… magari mi faccio ospitare da Niena questa notte, mi piace sonnecchiare con la sua voce che canticchia in sottofondo…
Ha una bella voce lei, dovreste sentirla.
È una delle poche persone che mi spiacerebbe perdere in questa parte del mio viaggio. Ma non credo che me ne libererò molto facilmente, per una volta confido che gli dei abbiano scelto la persona giusta.

Mi sto rammollendo con l’età.


La mattina seguente il Cavaliere cremisi mise la coperta di lana nella bisaccia di Erdost e montò sulla sella, aspettando che Drake desse l’ordine di partire.
Il ragazzo vide i quattro grossi uccelli prendere il volo sbattendo le ali dal piumaggio marrone spento, subito seguiti dal drago arancione argilla che, aveva scoperto, apparteneva a Drake.
Il ragazzo non avrebbe mai detto che il professore potesse essere anche un Cavaliere, ma non si era mai posto il problema, dopotutto.
Erdost stirò tutti i muscoli della schiena, aprì le enormi ali e con un unico colpo si librò in aria. Altri due possenti colpi e drago e Cavaliere furono al di sopra delle chiome degli alberi che li avevano ospitati.
Ci volle un’atra ora perché il ragazzo riuscisse a cogliere ogni particolare della Rocca. La prima cosa che gli saltò all’occhio furono le dimensioni del maniero, la seconda fu il tipo di architettura.
Era un enorme pentagono, con un portone su ognuno dei lati, al cui centro si sviluppava una torre che sembrava andare a toccare il cielo.
Fu però il colore a sorprenderlo di più, aveva sentito che la Rocca era stata costruita con il marmo più bianco che la terra poteva offrire, ma quella davanti a lui aveva la base come lambita da un fuoco nero pece. Il leggendario candore era conservato solo nella parte più alta della torre.
- Chi l’ha costruita doveva essere davvero un bravo architetto… guarda come la torre sembra presa d’assedio da quelle fiamme nere.- disse ad Erdost.
“Non dovrebbe essere così. Nei due anni in cui ci hanno addestrati senza di voi mettevano alla prova la nostra resistenza facendoci volare in lungo e in largo per le terre dell’ovest. Ho visto la Rocca un paio di volte ma non è mai stata così. Ho paura che ci sia qualcosa che non va, guarda intorno alle mura.” Disse lui.
Intorno alla base pentagonale c’era un mare nero. Una distesa di figure color pece che restavano immobili in lunghe file accalcate le une alle altre.
“Neghyj, è desiderato dal generale Drake.” La voce gli rimbombò nella testa.
Erdost si alzò al di sopra dei suoi simili e si mise a sbattere le ali a ritmo più sostenuto per guadagnare velocità e arrivare in testa al gruppo.
- Neghyj, - disse Drake appena arrivarono – prendi questa e unisciti a quel gruppo là. Ma fai in fretta e non farti notare. È un ordine!- disse dandogli in mano una busta rossa sigillata.
Erdost piegò leggermente l’ala sinistra, virando a nord dove un piccolo gruppo di draghi si era radunato.

No…questo non è giusto.
Non posso lasciare che Niena vada incontro alla morte!
Perché non può mai andare una volta per il verso giusto? Devo fare qualcosa… ma cosa?
I miei sospetti si stanno allontanando, ma posso raggiungerli in poco… Cosa posso fare?
Niente. Di nuovo niente.
Maledizione all’impotenza di questa vita senza fini.
Mi dispiace, ma per te non posso fare nulla. Posso solo augurarti una morte indolore.
Mi mancherà la tua voce, così simile alla sua… Il tuo angelo custode non può aiutarti oggi. E non lo potrà mai più fare.
Perdonami.
Addio.
Sentimi, ti prego! Ti auguro un buon ultimo volo Niena Garvà, e anche a te, Savend.
Magari in futuro ci vedremo, nella Volta.
Dai, ora esci dalla formazione dei draghi e non guardarti indietro. È già successo altre volte, sai come fare…
È sempre piacevole sentire le piume calde ricoprire il mio corpo… le ali gonfiarsi sotto la brezza.
Fossi diventato un’aquila forse sarei riuscito a raggiungere il mio nuovo gruppo prima, ma la poiana da meno nell’occhio, quindi mi sono dovuto accontentare per amor di invisibilità.
Non sapevo che gli uccelli potessero piangere… beh, almeno ora lo so…
Maledizione!


Niena sentì un brivido lungo il collo. Come se una goccia d’acqua le si fosse infiltrata sotto l’armatura.
Forse aveva sentito qualcosa, poteva essere una cosa simile a un augurio.
Non le sarebbe successo niente. Lei, dopotutto, aveva un angelo custode a proteggerla.
Savend ebbe un fremito, ma non disse niente. Doveva aver sentito anche lui qualcosa, ma preferì tenerla per sé.

- Visto? Mi devi una cena.- disse qualcuno da uno dei quattro draghi davanti ad Ardof.
- Ardof! Ringrazio che Vago abbia avuto ragione.- Trado girò la testa in direzione dell’amico.
Conosceva tutti. Sui due draghi bianchi c’erano Trado e Vago, su quello marrone Codero, mentre su quello azzurro Frida imbronciata, che non perdeva di vista il gruppo di draghi che si stavano lasciando alle spalle. La mano sinistra stringeva convulsamente l’elsa del suo spadone.
- Chi vi ha detto di venire qui?- chiese Ardof senza capire il perché di quella manovra estrema da parte degli istruttori.
- Drake.- risposero gli altri quasi all’unisono.
Ardof non riuscì a trovare una spiegazione alla formazione di quella compagnia. Confidava che ci fosse la soluzione nella lettera che il professore gli aveva affidato prima di partire.

Te lo dico io il motivo della formazione di questa maledetta compagnia. Rovinarmi questa parte di vita.
Sessant’anni persi, come minimo.
E ora muovetevi, i cieli non sono il posto più adatto per un sasso incastrato tra le squame di un drago.
E… grazie, dei, per avermi di nuovo ascoltato.
Non basta quello che i mortali mi fanno, non basta che la mia vita, la mia intera esistenza venga asservita, no. No, voi dovete giocare anche con l’unica cosa di cui ho ancora il controllo, le mie emozioni.
Grazie.
Magari un giorno ricambierò il favore.
Maledizione. A tutti a voi.
E io che pensavo che non potesse andarmi peggio.

Intanto i cinque draghi continuavano a volare verso nord, senza sosta, incuranti dell’ostinato silenzio che aleggiava tra i tre Cavalieri e i due Domatori.
A loro volta, i rettili volanti non sembravano voler essere di molte parole.
L’unico rumore udibile, alla fine, fu quello del vento, che impattava sulle ali membranose e sui caschi. 

   
 
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