-
E con questo capitolo
del libro concludiamo lo studio della Francia. Ci sono domande?-
L'intera classe sembrò risvegliarsi da uno stato di trance.
Il
professor Nicholas se ne accorse, ma fece finta di nulla.
Lanciò
sguardi di fuoco a tutti i suoi studenti prima di continuare.
-
Visto che siete tutti così bravi, la prossima lezione faremo
un
test. E non si discute.-.
Un mormorio di disappunto percorse tutta
la stanza. Il professore stava per aggiungere altro, quando
suonò la
campanella.
Mi alzai controvoglia e uscii senza guardare nessuno.
Mi diressi verso il mio armadietto, dall'altra parte della scuola.
Arrivato a destinazione, sentii qualcuno che mi chiamava.
- Ehi
Gav!- Voltandomi per indagare andai a sbattere contro un altro
studente. Non mi scusai. Avevo ben altre cose per la testa. Dal nulla
spuntò un ragazzo piuttosto basso, dagli occhi nocciola e
dai
capelli biondi.
- Terra chiama Gav... Mi senti?-. Sospirai. Era su
di giri. Brutta storia.
- Amico, devi starmi a sentire. C'è in
programma una festa al porto per domani. Posti limitati. E indovina
un po'? Ho due biglietti. E visto che siamo migliori amici... Tu
verrai con me.-.
- Una festa?-. Il mio tono dubbioso fece
imbronciare il viso del ragazzo. - Chris, ti ho già spiegato
che a
me le feste non piacciono. Vacci con qualcun altro, io ho di meglio
da fare.-.
Chris si interpose tra me e l'armadietto. I suoi occhi
non ammettevano un no come risposta. Incrociò le braccia, in
attesa.
Quando capì che non mi sarei espresso in merito,
parlò di nuovo.
-
Mischa Gavriilov.-.
Ahia, nome completo. Adesso mi fa una
ramanzina coi
fiocchi, pensai.
- Domani è il tuo diciannovesimo compleanno.
Non posso permettere che lo festeggi da solo, a casa. I tuoi zii sono
fuori città. Sei single. Libero. Super libero. E stai
dicendo di no
a una delle feste più fantastiche della storia?-.
Scossi il capo.
In effetti aveva ragione. Nonostante odiassi le feste, dovevo
ammettere che la proposta era allettante. Tanto non ho nulla
di
meglio da fare.
- D'accordo,
ci sto. A delle condizioni.-. La luce della vittoria negli occhi di
Chris scemò quasi subito.
- Condizioni? Non ti basta che io,
Chris O'Neil, il ragazzo più popolare della scuola, ti abbia
invitato a questa meravigliosa festa salvandoti dalla
solitudine?-.
Scoppiai a ridere. La modestia di questo ragazzo era
davvero inesistente.
- Oh, potente sovrano Chris O'Neil!-. Risi di
nuovo. - Le condizioni sono che andiamo con la tua auto, sia andata
che ritorno. E mi devi riportare a casa mia,
non tua. Chiaro?-. Lui annuì, poco convinto. Prima di
dirigermi
verso la lezione successiva, decisi di precisare un'altra cosa. - Ah,
non contribuirò alla spesa per la benzina.-. Mi allontanai
ridendo,
con le minacce e imprecazioni di Chris in sottofondo.
Quando
suonò l'ultima campanella mi sentii sollevato. Mi affrettai
verso il
parcheggio. Non vedevo l'ora di arrivare a casa. Zia Olga e zio
Mikail sarebbero stati fuori città ancora per un paio di
giorni.
Salii in macchina e misi in moto. Uscii dal parcheggio e mi infilai a
tutta velocità nella superstrada. La casa degli zii era
sperduta in
mezzo ai boschi, distante da qualsiasi altra abitazione. Mi
piaceva.
Perso nei miei pensieri quasi non mi accorsi dell'animale
che mi si parò davanti. Inchiodai, sperando di non colpirlo.
Durò
solo un secondo.
Con il fiatone per lo spavento, mi feci coraggio
e scesi dalla macchina. L'animale era fuggito. Ringraziai il cielo
che l'animale stesse bene e che la mia macchina non avesse subito
danni. Mi rimisi alla guida, mantenendo la velocità al di
sotto i
limiti. Arrivai a casa con ancora il cuore a mille.
- Sono a
casa!-. Buttai la cartella di scuola sul divano e mi diressi in
cucina. Mi voltai appena in tempo per vedere Cody venirmi addosso.
-
Cody! Smettila di leccarmi la faccia!-. Cody era un regalo degli zii
per il mio quindicesimo compleanno. Di razza meticcio, aveva quel
non-so-che di pastore tedesco.
Mi alzai ridendo. Gli feci i
grattini dietro le orecchie prima che se ne tornasse a dormire sul
divano.
Guardandolo trotterellare verso il soggiorno mi ricordai
cosa ci facevo in cucina.
Aprii il frigo e impiegai tutta la mia
concentrazione per farmi un sandwich al tonno. Mi accomodai su uno
sgabello vicino al bancone, ripensando all'animale di prima. Cercai
di scervellarmi per ricordare che bestia fosse, ma non ricordavo
assolutamente niente. Dopo interminabili minuti decisi che avrei
dimenticato l'accaduto. Finii di mangiare e mi diressi in camera mia,
al secondo piano.
La porta era aperta. Ero sicuro di averla
lasciata chiusa prima di uscire. Mi avvicinai lentamente. Dei passi
risuonavano all'interno della stanza. Sbirciando all'interno notai
una figura minuta che percorreva il lungo e il largo la camera, come
se cercasse qualcosa. I cassetti del mio armadio erano stati
spalancati e svuotati, il contenuto riverso a terra.
Inspirai
piano. Dovevo fare qualcosa. Raccolsi tutto il coraggio che avevo, e
spalancai la porta.
Per una frazione di secondo i nostri sguardi
si incrociarono. I suoi occhi, l'unica porzione del viso scoperta,
erano di un colore che mai avevo visto. Lilla.
Non feci in tempo a
parlare o a muovermi, che la figura sparì attraverso la
finestra che
dava sulla strada. Corsi a controllare, sicuro che chiunque fosse si
sarebbe fatto un male cane saltando dal secondo piano. Ma quando mi
sporsi dal balcone non c'era nulla. Non un corpo, non un segno di
passaggio. Nulla.
Mi girava la testa. Come era
possibile? Chi era? Che ci faceva in camera mia? Che cosa...
Non
ebbi tempo di finire la domanda della mia mente, che tutto divenne
scuro.
Mi accasciai al suolo.
Mi
svegliai con gli squilli del mio cellulare. La testa mi girava
ancora, ma raggiunsi le mie tasche e presi il telefono. Era zia
Olga.
- Mischa, tutto okay?-. Aveva un tono preoccupato. - Ti ho
chiamato tre volte, ma non hai mai risposto! Ero in pensiero...-. Ero
ancora un po' intontito.
- Scusa zia, è che ho avuto un altro
svenimento. Adesso sto bene, non agitarti.-. Non era la prima volta
che perdevo i sensi senza motivo. Lei lo sapeva, ma nessuno conosceva
la causa.
Silenzio.
- Zia Olga, ci sei ancora?-. Il suo
improvviso silenzio mi preoccupava.
- Quando è stata l'ultima
volta?- La domanda arrivò inaspettata. Il tono serio usato
non
prometteva nulla di buono.
Ci pensai su qualche istante. - È
stato due giorni fa, se non ricordo male. Ma che centra? Parlami di
voi piuttosto! Come sta andando il lavoro? Lo zio sta bene?-. Volevo
solo cambiare discorso.
- Scusa tesoro, devo andare. Tuo zio mi
chiama. Ti richiamo io più tardi.-. Senza aspettare una mia
risposta
riattaccò.
Rimasi imbambolato con il telefono all'orecchio. La
reazione di zia Olga era insolita.
Il ricordo di cosa era accaduto
prima che svenissi mi colpì come uno schiaffo. Mi alzai in
fretta,
guardandomi intorno.
Era tutto in ordine. Non un oggetto fuori
posto. Pensando di essermi immaginato tutto mi diressi verso il
bagno, deciso a farmi una doccia calda. Avevo bisogno di
calmarmi.
Tolsi la maglietta e la gettai nel cesto. C'era qualcosa
che non andava in me. Mi guardai allo specchio.
- Non c'è nulla
che non va, scemo.-. Finii di spogliarmi e mi infilai sotto il getto
d'acqua bollente.
Sto diventando pazzo, sicuro.
Rimasi
in doccia fino a che l'acqua calda non terminò. Mi asciugai
in
fretta e, senza vestirmi, iniziai a girare per casa, senza meta. Era
quello il bello di non avere nessuno per casa. Potevi fare tutto
quello che volevi, anche girare nudo.
Con un'espressione di
beatitudine tornai di nuovo in camera mia. Presi il telefono. Segnava
le 20.40.
Non avevo voglia di cenare, così indossai il pigiama.
Cody aveva la sua ciotola del cibo piena, così non me ne
preoccupai.
Corsi sotto le coperte, pronto per una notte di sonno
rigenerante. Dovevo dimenticare tutto l'accaduto della giornata.
Chiusi gli occhi, sospirando.
Con i pensieri rivolti a zia
Olga mi addormentai.
Stavo
sfrecciando attraverso la foresta. E non ero solo. Mi fermai e mi
nascosi dietro un'enorme roccia ad ascoltare. Il vento freddo della
notte trasportava odori e suoni lontani. Foglie che si agitavano,
topi che correvano veloci nelle loro tane per sfuggire ai
predatori.
Passi veloci. Erano in due.
Senza indugiare oltre
ricominciai a correre. I passi, troppo leggeri per essere umani,
erano sempre più vicini.
Arrivato in una piccola radura cercai
di riprendere fiato.
Mi
voltai giusto in tempo per vedere due ombre gigantesche uscire dagli
alberi. Appena furono illuminati dalla luce lunare un brivido mi
percorse le interiora. Lupi.
Lo abbiamo trovato, sorella.
Il lupo dal manto scuro si voltò verso la compagna.
È lui,
non c'è alcun dubbio... Gli occhi della lupa mi
squadrarono per
intero, prima di parlare. Erano di color lilla.
- Mischa
Gavriilov. Devi venire con noi. Non sei al sicuro qui.-. Scossi
violentemente la testa. Non avevo la forza di parlare. Mi limitai a
fissarli, incredulo. Anche l'altro lupo aveva gli occhi dello stesso
incredibile color lilla.
- Non costringerci a prelevarti con la
forza.-. Era stato l'altro lupo a parlare. - Stanno arrivando.
Scegli. La libertà o la schiavitù.-.
Sentivo dietro di me altri
passi. Dovevo fidarmi di loro. Se volevano uccidermi speravo fosse in
maniera veloce e indolore.
Mi diressi verso di loro, con
cautela.
Il maschio si rivolse a me. - Ottima scelta.-
Si
avvicinò fino a sfiorarmi l'orecchio con il suo lungo muso.
Lo
sentii sussurrare, ma non capii subito.
Scusami...
Poi
andai in fiamme.
Mi
svegliai di soprassalto, tutto sudato. Delle contrazioni allo stomaco
mi costrinsero a correre in bagno, dove svuotai anche la mia anima
dentro il gabinetto.
Cercai di alzarmi per rinfrescarmi la faccia,
ma non riuscivo a reggermi in piedi.
Feci una decina di respiri
profondi prima di riprovarci. Appoggiandomi al lavandino riuscii ad
arrivare all'armadietto dei medicinali. Ancora mezzo stordito ingoiai
due aspirine prima di tornare in camera.
Cazzo. Mi sento uno
schifo. Ho la febbre, sicuro.
Arrivato alla porta della mia
stanza mi fermai.
Una ragazza aveva acceso la luce e sedeva
comoda sul mio letto. Quando mi vide si alzò e mi porse un
biglietto.
È ORA DI ANDARE.
Non
riuscivo a capire. Mi voltai per chiedere spiegazioni, ma un colpo
alla testa mi fece crollare.
- Dobbiamo muoverci.-. La voce
maschile non mi era sconosciuta, ma non riuscivo a ricordare. Mi
è
così familiare...
L'uomo mi issò sulle spalle e si diresse
veloce verso l'esterno della casa. Mi sentivo ancora uno straccio, e
cullato dal movimento ondeggiante del mio rapitore, mi riaddormentai.
Ya-hoo!
Sempre io, VolkIrina!
So cosa state pensando... “Ma sto povero
cristiano è sempre privo di sensi!”
Eh lo so, ma abbiate
pazienza! Nel prossimo capitolo si farà un po'
più di
chiarezza.
RECENSITEEEEE!
Bacioni