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Autore: Deline    25/12/2015    1 recensioni
“Vuoto di ogni essenza perché possa catturare la vostra”
Recita una incisione sul retro di un antico specchio.
Una ammonizione che la giovane Nere ha voluto ignorare per sfuggire, anche solo per qualche giorno, alla noia della routine.
Così ha inizio il suo viaggio nella Chicago distopica di Divergent alla ricerca del tenebroso Intrepido che le ha rubato il cuore attraverso le pagine della saga scritta da Veronica Roth.
Una ragazza come tante e uno specchio magico che le permette di attraversare il confine tra realtà e fantasia e la trasporta, come solo un libro saprebbe fare, in un mondo nuovo, sognato e temuto allo stesso tempo.
Nere, una ragazza normale, distante anni luce dalle eroine dei libri, una di noi, insicura e fragile ma anche caparbia e fiera, che lotterà per la salvezza del suo amato e della dimensione alla quale ormai sente di appartenere.
*** *** *** *** *** *** *** *** *** ***
Il racconto si basa solo sui primi due libri e film della saga, Divergent e Insurgent.
Età e aspetto dei personaggi sono quelli dei film, per tutto il resto "salto" da libri a film, soprattutto per Divergent. Per quanto riguarda le parti di Insurgent resto fedele al libro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tori
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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     Il corridoio che Martina ha identificato come quello dell’aggressione a Tris è maledettamente buio. Sono state rotte alcune lampade al neon e non credo sia stata una cosa accidentale, qualcuno ha pianificato nei dettagli l’aggressione: i punti bui sono quelli vicino alle telecamere di sorveglianza. Io e Martina siamo appostate qui da quando il sole è tramontato e io inizio a stancarmi. Dovrei essere con Eric a svuotare scatoloni e invece sono qui vestita come una rapinatrice nel peggior film di tutti i tempi. Nessuna delle due aveva un passamontagna e quindi abbiamo usato vecchi collant neri di quelli coprenti, sono stata più volte a un passo dal soffocare e non vedevo quasi niente.
«Tini, sei sicura che sia davvero questo il corridoio?» le domando mentre continuo a tirare l’estatico dei collant che dovrebbe essere sotto il mento ma che io ho spostato sulla fronte per respirare meglio.
«Sì ne sono certa. Ho letto quella parte del libro almeno una ventina di volte mentre tu perdevi tempo a rileggere la parte in cui Eric parla con Jeanine»
E’ vero, Tris sente Eric e una donna parlare prima dell’aggressione. So che avrei dovuto leggere la parte dopo ma lo stava già facendo Martina e così mi sono messa fantasticare su com’era vestito Eric, che espressioni aveva mentre parlava, come muoveva la testa, le spalle e quelle meravigliose mani capaci di… Santo cielo, sono proprio affamata…e cotta, stracotta, andata. Sorrido come un’ebete mentre mi immagino con Eric.
«La pianti di farti film prono con l’essere peloso? Siamo qui per un motivo serio. Concentrati!» dice quasi seccata.
«Cos’hai contro gli uomini con qualche pelo sul petto?»
«Contro quelli niente ma Eric non ha qualche pelo sul petto, ha una pelliccia! Fagli una ceretta»
«I veri uomini non si depilano» le dico con lo stesso tono che uso per le frasi: “i veri Intrepidi…”
Martina fa un verso di disgusto e poi si sporge per vedere se arriva qualcuno. Tendo l’orecchio, silenzio totale.
«Tini, non è che la dimensione sta seguendo il film?»
«Tris non è uscita dalla residenza e quindi o l’aggrediscono oggi o quando quando tornerà dal quartier generale degli Eruditi»
Quindi potrebbe essere una lunga, noiosa e inutile attesa. Potevo essere tra gli scatoloni con Eric e invece sono seduta sul gelido pavimento di un corridoio buio e umido.
«Ripassiamo tutto di nuovo: li vediamo, aspettiamo che prendano Tris, ci buttiamo su Al e lo spingiamo nel corridoio davanti a noi, io gli dico quello che gli devo dire e poi lo mandiamo via»
«Come la camuffi la voce? Alla Fantozzi? Ci manca sciarpa, molletta, patata, imbuto e pentolone. Lo sai fare l’accento tedesco?» le domando ridendo.
«Ja cretinen» risponde in tono seccato ma poi scoppia a ridere.
Dal fondo del corridoio sentiamo dei passi e delle voci. Parlano troppo piano per poter capire qualcosa e per riconoscere le voci ma sono sicura che sono loro, gli Intrepidi non bisbigliano, urlano.
Vedo tre figure scure nascondersi nel corridoio di fronte al nostro, per fortuna abbiamo seguito la loro idea e abbiamo rotto le lampade di questo corridoio e ora il buio ci protegge. Al è il più alto di tutti, non avremo problemi e identificarlo anche con i collant sulla faccia.
Aspettiamo. Nei film di solito accade tutto velocemente ma nella realtà è tutto lento e noioso. I minuti passano ma di Tris neanche l’ombra, almeno siamo sicure che il posto e il momento sono quelli giusti. Ripeto il nostro piano e immagino la scena nella mia mente. Sarà dura spingere via Al, ma la fortuna è dalla nostra parte. Il corridoio dove sono nascosti non è esattamente di fronte al nostro, è spostato di qualche metro e quindi avremo abbastanza spazio per scattare verso di lui e spingerlo di nuovo nel corridoio dal quale uscirà.
Sento dei passi, è una persona sola, è Tris. Calo sul viso la versione disastrata di un passamontagna e mi preparo.
Il gruppo sbuca dal corridoio e prende Tris e inizia a trascinarla verso il Pozzo. Riconosco subito Al.
Io e Martina schizziamo fuori dal corridoio e ci buttiamo entrambe su di lui. Tutti e tre cadiamo e rotoliamo a terra fino all’imbocco del corridoio dal quale è uscito. Il resto del gruppo pare non aver notato la mancanza di Al, sono troppo impegnati a trascinare Tris che urla e scalcia.
Trasciniamo Al il più possibile dentro al corridoio, giusto in tempo per non farci vedere da Quattro che sta correndo nella direzione del Pozzo. Vorrei godermi la scena di Quattro che li suona come tamburi ma sono costretta a subire l’ultima parte del piano di Martina.
Al si dimena e cerca di alzarsi, non riusciremo mai a trattenerlo, ma sarà comunque una vittoria, sicuramente scapperà e quindi non prenderà parte all’aggressione. Una vittoria parziale, non so se basterà a fargli tenere la bocca chiusa con Tris. Se confessa lo ripescheranno dal fondo dello strapiombo e quello che abbiamo fatto questa notte sarà stato inutile.
Cerco di trattenerlo a terra con tutte le forze che ho ma lui è decisamente più forte di me e riesce ad alzarsi. Lo vedo fermarsi di scatto, alzare le mani e indietreggiare.
Mi alzo e vedo Martina puntare una pistola contro Al. Lei cammina verso di lui costringendolo a mettersi con le spalle contro il muro del corridoio. Martina gli si avvicina e preme la canna della pistola sotto il mento di Al.
«Ascoltami bene, tu questa notte non eri qui, ok?»
Al cerca di controbattere ma Martina lo zittisce.
«Dimentica tutto quello che è successo. Tu non hai fatto del male a Tris, sono stati gli altri, loro ti hanno costretto, tu non volevi farlo» mormora con una voce che io stessa quasi non riconosco come sua.
Avvicina le sue labbra all’orecchio di Al e continua: «Tu ami Tris e loro lo sanno. Ti conoscono bene e sanno che avresti confessato tutto a Tris e lei ti avrebbe odiato per averla aggredita»
Fa un passo indietro, scuote il capo ridacchiando e fa scivolare lentamente la canna della pistola sul petto di Al dando un insano tocco erotico alla scena.
«Vogliono farti fuori. Sanno quanto sei fragile. Non volevano solo Tris infondo allo strapiombo, ci volevano pure te. Due posti liberi al prezzo di uno»
«C…come fai a dirlo?» balbetta Al terrorizzato.
«Io so tutto. Sapevo di Edward, sapevo di questa aggressione» dice indicando la videocamera di sicurezza con la pistola.
«Questo posto ne è pieno e non trasmettono solo video ma anche audio»
«Io…» cerca di dire Al, ma Martina lo zittisce di nuovo.
«Tu ora te ne torni al dormitorio, ti fai una bella dormita e domani ti comporterai come se nulla fosse successo. Non dirai mai nulla a Tris, così lei continuerà a volerti bene e magari un giorno, quando sarete due Intrepidi…» Martina lascia la frase in sospeso. Al sicuramente ha capito come sarebbe continuata perché arrossisce e si lascia scappare un timido sorriso.
«Ora vattene e acqua in bocca» conclude Martina indicandogli il corridoio con la pistola.
Al tentenna per un attimo e poi scappa via.
Mi levo quel fastidioso travestimento, mi lascio scivolare sulla parete e mi siedo a terra. Sono stremata, non ho fatto nulla ma la tensione non mi ha mai abbandonata e ora mi sento come se avessi corso per chilometri.
«L’avrà bevuta?» domando a Martina.
«Tutta fino infondo» mi risponde sedendosi accanto a me.
La prima parte dell’operazione “salvate il soldato Al” è andata a buon fine, mi chiedo se anche la seconda parte avrà la stessa sorte. Ora è tutto nelle mani di Al, o meglio, nella sua mente e nel suo cuore. Mi chiedo come possa un ex Candido tenere un segreto del genere. Dovremo stargli addosso, controllarlo e non so quanto Martina riuscirà a concentrarsi sulla sua parte del lavoro senza farsi distrarre dai muscoli di qualche Intrepido. Per quanto riguarda la mia parte cercherò di essere una brava psicanalista anche se non ho idea di cosa farebbe una vera psicanalista. Sarò una psicanalista-amica, quello dovrebbe riuscirmi bene, ma siamo nel momento peggiore dell’iniziazione, quello dello scenario della paura e in più c’è Eric che si diverte a prenderli in giro per i loro fallimenti.
Eric, l’uomo che amo ma al quale mento. Come faccio a concentrarmi quando l’unica cosa che penso è com dirgli chi sono e da dove vengo senza che lui mi creda pazza.
«Martina, io non ce la faccio più a tenermi tutto dentro, ho bisogno di dire a Eric chi sono e da dove vengo»
«Scordatelo. Tu continuerai a fingerti di questa dimensione fino a quando tutto non sarà sistemato»
«Che differenza fa se lui sa oppure no? Renderebbe tutto più semplice e magari riusciremo ad evitare la rivolta e tutto il resto se lui sapesse a cosa andrà incontro»
«Così tu vuoi andare da lui, rivelargli che vieni da un’altra dimensione, che la sua amata Nere esiste solo da un paio di settimane e che i ricordi che lui ha di lei sono stati generati dallo Specchio Vuoto?»
«Martina io lo amo, non ce la faccio più ad andare avanti a mentirgli» le dico esasperata.
«Così decidi che è meglio spezzargli il cuore. Come credi che la prenderà eh? Come credi che reagirà sapendo che la sua Nere non esiste e che tu gli hai mentito per tutto questo tempo?»
E’ una cosa a cui non avevo pensato. Se mi credesse non reagirebbe bene, gli ho mentito ma non è questa la cosa peggiore, tutto quello che ha creduto reale, tutti i suoi ricordi di Nere sono stati creati dallo Specchio Vuoto. Non saprebbe più cosa è reale e cosa non lo è, sarebbe lui a rischiare di impazzire e la colpa sarebbe solo mia. Finirà con l’odiarmi e ne avrebbe tutte le ragioni. Sono stata io a giocare con la sua realtà, sapevo che lo Specchio Vuoto avrebbe guardato dentro di me e avrebbe visto quello che provavo per Eric e agito di conseguenza creando in lui falsi ricordi. L’unica persona che lo trattava come un uomo come tutti gli altri e non come il capofazione bastardo, l’unica che gli dimostrava un po’ di affetto, in realtà non è mai esistita.
«Io non voglio fargli del male ma non voglio neanche continuare a mentirgli, più continuerò a farlo e peggiore sarà la sua reazione»
«Lo so. Troveremo una soluzione e vedrai che alla fine le cose andranno a posto»
 dice sorridendomi in modo materno mentre si alza.
Ci incamminiamo lungo il corridoio ma appena voltato l’angolo ci troviamo davanti Eric.
Il livello di rabbia del suo sguardo è incalcolabile, forse mille o duemila.
«Eric…» dico con voce tremante.
«Cosa sta succedendo?» domanda scandendo ogni singola parola. Non l’ho mai visto così freddo, so che è infuriato ma la calma con la quale pronuncia quelle parole mi fa tremare.
«Niente, facevano una passeggiata» risponde Martina con voce tranquilla. Ho paura che questa volta Eric non ci cascherà.
«Non credo proprio, Martina»
Martina sbianca e fa qualche passo indietro. Mi guarda come se io avessi il potere di calmare la belva feroce che abbiamo davanti. Niente può fermare Eric quando è furioso, neanche Nere.
Eric si avvicina a me, io resto immobile, che altro posso fare? Lui è più forte e veloce di me, non posso sfuggirgli. Chiudo gli occhi e mi preparo alla sua esplosione di rabbia e violenza.
Prende con dolcezza le mie mani tra le sue e mi massaggia il pollice, sento bruciare, mi devo essere graffiata come faccio sempre quando sono nervosa.
Lo guardo, la sua espressione è severa ma non minacciosa come temevo.
«Cos’è quella storia assurda di specchi, ricordi e dimensioni?» mi domanda con voce calma mentre continua a massaggiarmi le mani.
«Eric, avrei voluto dirtelo subito ma tu non mi avresti creduto, mi avresti presa per pazza» mormoro prima di correre tra le sue braccia come una bambina che cerca disperata l’affetto del padre dopo aver fatto qualcosa di molto grave.
«Il mio nome non è Nere, sono in questo posto solo da due settimane. Tutto quello che ricordi di Nere prima del giorno che mi hai vista sul tetto sono solo illusioni, ma tutto quello che c’è stato dopo è reale, è vero. Io sono stata vera con te, solo il mio nome e la mia origine non lo erano» confesso tutto mentre mi stringo a lui.
Le gambe mi tremano e sento che sto per andare in pezzi. Lui ora mi odierà, non vorrà più avere nulla a che fare con me, si sentirà preso in giro. Non posso dargli torto, gli ho mentito per tutto questo tempo mentre lui è stato sempre sincero e paziente. Ho paura che la sua pazienza sia finita, dopo questa confessione, tutto finirà tra di noi.
Eric mi stringe e mi accarezza i capelli, lentamente, facendoli scivolare tra le sue dita. Mi accarezza in questo modo solo per farmi calmare quando sono agitata. Perché lo sta facendo? Io l’ho ferito, gli ho mentito e lui non è arrabbiato. Non mi sta facendo una sfuriata ma sta cercando di calmarmi come farebbe un padre quando la sua bambina si sveglia terrorizzata da un brutto sogno.
«Siamo pazze o stai sognando. E’ questo quello che stai pensando giusto?» domanda Martina mettendo fine al silenzio che sembrava volesse durare in eterno.
«Oppure mi state facendo uno scherzo» risponde Eric.
«Nessuna delle tre. Ragazzi, dobbiamo parlare e visto l’argomento, questo non è il luogo adatto» dice mentre ci fa segno di seguirla. La seguiamo senza dire una parola.
Ora riconosco la Martina forte, risoluta e saggia, quella con la quale sono cresciuta e che si è presa cura di me in questi anni di convivenza. Lei è quella forte e pragmatica mentre io sono l’eterna sognatrice che ha sempre la testa tra le nuvole e l’autostima sotto i piedi. Senza di lei avrei continuato a infilare sogni nei cassetti e a sospirare guardando il cielo, probabilmente vivrei ancora con i miei se non mi avesse sempre sostenuta e spronata a inseguire i miei sogni e a farlo in maniera concreta.
 
   
 
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