Blue Eyes
(De
Umana Insania – Capitolo della Vendetta -)
- Capitolo Primo – Earrings of
Blood
Shikamaru Nara guardava fisso
davanti a sé il telefono della centrale di polizia.
Sakura lo osservò per pochi
attimi, prima di farsi avanti con passo incerto
e posare accanto all’apparecchio telefonico una tazza di tè fumante; lui non
degnò nemmeno di uno sguardo né la ragazza, né la bevanda, continuando
imperterrito a memorizzare ogni singolo angolo del telefono, alla ricerca e
nella speranza di un rumore o di un tremito da parte della cornetta, o di un lampeggiare
della luce verde che indicava una chiamata in arrivo.
La ragazza dai capelli
assurdamente rosa guardò impotente l’amico, non sapendo bene cosa fare, come comportarsi, mordendosi il labbro inferiore con
insistenza. Anche lei era in ansia, aveva paura per quello che era successo, ma
cercava con tutte le sue forte di mantenere la mente fredda e lucida per non
impazzire, come stava accadendo al giovane
Nara.
La porta dell’ufficio si spalancò con un tonfo, mentre Naruto che era poggiato su una delle stampelle, entrava
goffamente tenendo stretto tra i denti un sacchetto pieno di
ciambelle. Sakura gli si avvicinò apprensiva,
aiutandolo ad arrivare fino al tavolo dove il ragazzo si sistemò per bene su una
sedia, addentando poi famelico un pezzo di
dolce.
“Novità?”
Chiese a Shikamaru seduto proprio di
fronte a lui. Il giovane negò con la testa sospirando, e finalmente dopo tanto
tempo, alzò
gli occhi sui due amici che lo guardavano, compatendolo.
Ciò non fece altro che irritargli i
nervi.
Due giorni prima era entrato a
casa di Ino, dato che la ragazza non aveva risposto né alle sue chiamate, né ai suoi
messaggi. Lui non era tipo che si preoccupava facilmente per le persone. Prima di farsi prendere dal panico o da pensieri
negativi, faceva sempre passare una settimana o qualche giorno di più; ma con
Ino non si sentiva mai sicuro. Era una ragazza incosciente, che spesso e
volentieri si metteva nei guai perché non sapeva badare agli affari suoi; lui
gliel’aveva detto un sacco di volte di stare attenta e di pensare alla sua vita,
ma sembrava che le parole le entrassero un orecchio
e le uscissero dall’altro. Quindi si era recato come spesso faceva, nel condominio dove abitava Ino, aveva salutato il portiere come sempre
e aveva preso l’ascensore fino al terzo piano.
Non aveva fatto caso alla strana
sensazione che aveva cominciato a invadergli lo stomaco come una tenaglia. All’inizio aveva dato colpa al fatto che non
avesse pranzato.
Ma quando aveva bussato alla porta
dell’appartamento numero ventidue e l’aveva trovata aperta, l’inquietudine era
diventata sovrana del suo cervello, portandolo a urlare il nome della ragazza
per tutta l’abitazione; perlustrando ogni
stanza; rivoltando cassetti e coperte,
qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Alla fine
era giunto nella cucina, trovando gli articoli di giornale e il coltello sul pavimento accanto a qualche
goccia di sangue; a quella vista, nel suo cervello si stava componendo un puzzle
di frasi e immagini. Capì quello che Ino
cercava di dirgli da una settimana a quella parte, maledicendosi per essere
stato così superficiale, non avendo credendo
alla paranoie dell’amica.
La sua voce, che mai lo avrebbe
abbandonato, gli rimbombava nella testa, le sue parole di preoccupazione lo
perseguitavano: “Shikamaru, credo che
qualcuno mi stia osservando”; “Non sono
sicura, ma ho la sensazione che qualcuno sia entrato nel mio appartamento”; “Hai per caso preso la chiave di scorta di casa
mia? Non capisco, è scomparsa…”; “Shika, so che sono paranoica, ma io credo proprio
che qualcuno mi stia seguendo…”.
Tutto collegato, tutto finalmente
chiaro.
Era corso giù per le scale del
palazzo, saltando i gradini e arrivando di corsa in portineria dove aveva messo
sotto interrogatorio il vecchio custode, nella speranza che avesse visto
qualcosa o qualcuno di sospetto. E quel qualcuno c’era stato: alto, imponente,
elegante, dai capelli biondissimi, quasi argentati.
Shikamaru ricordava perfettamente
il salto all’indietro che aveva fatto il suo cuore, lo aveva sentito doloroso nel petto, come se la
cassa toracica fosse troppo stretta per contenerlo.
Era arrivato alla centrale di
polizia devastato e sconvolto; stava già
predisponendo gli uomini per una perquisizione in
casa Yamanaka alla ricerca di qualche prova, quando il telefono del suo ufficio
aveva squillato, paralizzando tutti, come se qualcuno avesse detto ad alta voce
che la persona dall’altro capo della cornetta era proprio l’uomo che stavano
cercando.
Il giovane Nara aveva risposto
tremante, sentendo la voce metallica di Hidan che lo canzonava, lo minacciava e
lo ricattava.
Voleva soldi e
lasciare il paese in modo sicuro, ma prima voleva pregare un po’ il
suo Dio, magari con qualche sacrificio umano; Shikamaru gli aveva urlato per
telefono provando a
non bestemmiare, cercando dei compromessi, qualsiasi cosa per riavere Ino
viva.
Ma Hidan era uno psicopatico, anche se questo non era stato riconosciuto
dal giudice del processo, in quanto l’uomo al momento degli omicidi era
perfettamente in grado di intendere e di volere.
Con lui non esistevano patti o
ragionamenti: o stavi con lui o contro di lui;
alle sue regole oppure morivi.
Shikamaru Nara ancora fissava il
telefono della centrale di polizia.
Naruto stava finendo la sua terza
ciambella e Sakura leggeva con attenzione il fascicolo sulla sparizione di Ino,
sperando che il suo occhio da infermiera trovasse qualche particolare utile,
come quando si deve controllare un organismo alla ricerca della malattia, il nodo della
matassa.
“Senti, Shikamaru…” iniziò poco dopo la ragazza, togliendosi gli
occhiali da vista e posandoli sul tavolo. “…
non mi hai mai parlato di Hidan né mi hai
detto perché ce l’ha con te. Cosa gli è successo?”
Il ragazzo restò immobile e Sakura
all’inizio credette che non le avesse prestato attenzione, ma poi Shikamaru si
sciolse il codino spettinato, immergendo una mano fra i capelli lunghi e
rilassandosi un momento, mentre le ciocche scure gli ricadevano scomposte
davanti agli occhi.
“Lui, quel fetente, è un seguace della
religione del dio Jashin…” cominciò piano e lentamente. “… i suoi seguaci seguono la via dell’uccisione e
dell’omicidio per onorarlo. Da quello che riuscii a capire, quando indagavo su
questa setta, prima di uccidere una vittima pregano questo Dio affinché accolga
la loro offerta; non so esattamente il perché di tutto questo, ricordo che la
mia squadra era da settimane sulle tracce del capo…”
“Hidan..?” domando Sakura,
intuendo già la risposta.
“Esatto. Riuscimmo a prenderlo una
notte di tre mesi fa, grazie a una mia intuizione particolarmente brillante, devo
dire.”
“Già, me lo ricordo. È stato un
vero colpo di genio, Shikamaru…” affermò Naruto con allegria.
Il moro non rispose, abbozzando
solo un sorriso debole e continuando con la sua storia.
“Hidan fu processato e condannato
all’ergastolo per omicidio e per organizzazione clandestina illecita. Ricordo
che prima di abbandonare l’aula di tribunale, passò davanti alla squadra omicidi
che seguì il suo caso, tra cui c’ero anche io. Mi guardò strano, non riuscì a
capire cosa cercasse di trasmettermi con quegli occhi viola: se ci penso ancora
adesso, mi viene la pelle d’oca…” Shikamaru
sospirò massaggiandosi le palpebre. Riprese l’elastico per capelli con cui aveva
giocato tutto il tempo e si rifece il suo solito codino
alto.
“Hidan sapeva che, se era stato incastrato, era stato per colpa mia. Non era un segreto, tutti quelli che avevano assistito al processo lo
sapevano. Solo adesso ricordo con esattezza tutte le piccole cose che sono successe nel momento in cui lui ci passò
davanti… il suo sguardo si era spostato impercettibilmente da me ad Ino,
che mi stava venendo incontro e mi abbracciava. Avrà pensato che fosse la mia ragazza o mia
sorella, non lo so… sicuramente qualcuno di
importante…” Sakura gli si avvicinò
mettendogli una mano sulla spalla. Adesso capiva meglio tutto: l’unico modo per
vendicarsi di Shikamaru non era ucciderlo, la sua morte non avrebbe portato a
niente.
La porta dell’ufficio si aprì
piano e un uomo dai capelli argentati fece capolino, osservando i presenti uno
per uno.
“Capitano Hatake!” urlò
Naruto, senza
un minimo di contegno. L’uomo entrò nella stanza richiudendosi la porta alle
spalle, in mano teneva una busta di colore giallo.
“Mi spiace disturbarti Shikamaru,
ma avrei una cosa da consegnarti…” disse
puntando lo sguardo su Sakura, chiaro segnale
di uscire da lì in quanto non era un agente di polizia. La ragazza capì
al volo, prendendo le sue poche cose e uscendo silenziosamente senza
protestare.
“Questa busta è per te. Non c’è il
nome del mittente e non è arrivata col postino.” disse Kakashi;
il ragazzo capì subito che Hidan aveva cominciato a muoversi contro di loro, non
avendo ancora visto le sue richieste esaudite.
Prese la busta gialla e la strappò
in cima senza tante cerimonie, sbirciando il contenuto. All’interno c’era solo
un paio di orecchini semplici, tondi che lui conosceva
benissimo.
“Sono di Ino…” mormorò,
rigirandosi quei piccoli oggetti fra le mani. Il telefono del suo ufficio
cominciò a squillare, facendo sussultare tutti
per la sorpresa. Come un razzo Shikamaru si
portò la cornetta all’orecchio, senza aggiungere nient’altro.
“Oh-oh, ciao Nara. Ti è piaciuto
il mio regalo?”
“Cosa le hai fatto? Che
significa?”
“Ancora è viva, non temere. Ho
solo pensato di mandarti i suoi oggetti personali: da
morta non credo che potrebbe più usarli, non trovi?” Shikamaru cercò con tutte
le sue forze dal trattenersi di spaccare il telefono addosso al muro, mentre vedeva Kakashi davanti a lui che lo esortava a
proseguire la conversazione. Stava cercando di
rintracciare la chiamata.
“Chi mi assicura che non l’hai già
fatta fuori?”
“Oh, caro Shikamaru, certi
trucchetti con me non funzionano. Tu sai che è viva, per poco, ma lo è. Più
aspetti a soddisfare le mie richieste, più lei soffrirà, non capisci? Ogni
giorno che farai passare, io mi divertirò a toglierle qualcosa: spero che il
sangue non ti faccia effetto.”
Chiuse la comunicazione con tono di voce
talmente divertito, da fargli arrivare il sangue alla
testa.
Shikamaru afferrò il telefono e finalmente lo scagliò contro
il muro, rompendolo in due parti.
“Nara, ti ha dato di volta il cervello?!”
Urlò Kakashi, spiazzato da quella
reazione.
“Shikamaru, non credi che sarebbe
meglio se andassi a riposare?”
Chiese invece Naruto più cautamente, questa volta senza
sorriso.
Il moro non rispose, fissando con aria persa i resti del telefono che
giacevano sul pavimento. Prese la giacca e corse via, non aspettando alcun
permesso e non salutando nessuno. Quando uscì
dalla centrale, una fitta pioggia si stava abbattendo sulla città, come sempre
in quella stagione, ma non si curò né di prendere l’ombrello, nè di chiamare un
taxi.
Cominciò a camminare lentamente,
con le gocce d’acqua che gli bagnavano il viso e i capelli; se Ino fosse stata
con lui, probabilmente si sarebbe lamentata per via dei suoi capelli che
sarebbero diventati di lì a poco crespi e nodosi, intrattabili. Si lasciò andare
ad una risata amara, prendendosi il viso con una mano e andando a sbattere
contro una signora, passando oltre senza scusarsi.
Suo padre gli aveva sempre detto
che non era lavoro per lui, quello.
Ora che ci pensava, Shikaku Nara
gli aveva sempre dato un sacco di consigli per non farsi fregare nella vita e
lui era stato tanto stolto da non seguirne nemmeno uno. Le regole di Nara Senior erano tre, semplici e
concise:
1. Fare un lavoro modesto, ma che
al contempo frutti bene e ti permetta di vivere non nel lusso, ma
nemmeno nella miseria.
2. Trovare una brava donna,
massaia, che non dia problemi e soprattutto che stia zitta la maggior parte del
tempo.
3. La donna in questione non deve
essere assolutamente, irrimediabilmente bionda.
Il primo punto lo aveva
completamente ignorato, in quanto lo pagavano più di qualsiasi altro lavoro
normale e il rischio di morire era abbastanza elevato, anche se lui poche volte
prendeva poche volte parte alle missioni. Era
il classico agente da ufficio, che studia i piani a tavolino, la mente di
un’intera squadra investigativa. Finora non aveva mai avuto problemi con
criminali in cerca di vendetta.
Il secondo punto non sapeva dire
con certezza, in quanto non era sposato (più
tardi lo si faceva meglio era, a suo avviso) e non sapeva minimamente con quale
donna sarebbe capitato.
Il terzo punto per lui rimaneva un
mistero e una seccatura ineguagliabile; conosceva Ino da quando aveva iniziato a
lavorare a Scottland Yard, gliel’aveva presentata Naruto ad una festa, dove le
giovani reclute entravano a far parte del vero mondo: donne, droga, assassini, tutte
cose che si vedono nei polizieschi, meno stereotipate e più vere, più crudeli di
quanto si possa immaginare.
Era una giovane che ancora
studiava all’università, giornalismo avrebbe scoperto dopo. L’aveva subito
inquadrata ancora prima di conoscere il suo nome: occhi azzurri, che servivano
ad ammaliare gli uomini e a farli diventare burro nelle sue mani; capelli
biondi, bellissimi, fatti per essere toccati, per incorniciare quel viso minuto
e dai lineamenti morbidi; pelle bianca, perché risaltava, semplicemente; gambe
da favola, su cui gli occhi maschili si soffermavano volentieri ogni qual volta
accavallasse le gambe.
Poi avrebbe scoperto anche che possedeva un carattere terribile
e una lingua biforcuta che sapeva usare benissimo, in tutti i
sensi.
Non si ricordava molto bene,
Shikamaru, se mai ci fosse stato un incontro finito senza litigare, fra loro
due; lui non la sopportava a prescindere da
tutto, gli dava l’impressione di nascondere sempre qualcosa e ciò lo infastidiva
non poco. Lei non lo sopportava in quanto era la
donna della seconda metà del secolo, che vuole emergere e farsi rispettare, e
non poteva andare d’accordo con qualcuno così maledettamente misogino e
tradizionalista; avevano una visione della vita completamente opposto,
due caratteri differenti: avrebbero finito con l’ammazzarsi, sosteneva sempre
Naruto.
Invece era successo quello che
nemmeno l’obiettività di Sakura era riuscita a prevedere.
Ino si era svegliata una mattina,
una come tante, e si era riflessa allo specchio, come sempre. Aveva visto i suoi
occhi azzurri, troppo chiari, e aveva pensato che le sarebbe piaciuto qualche
volta svegliarsi al mattino e perdersi in degli occhi scuri, magari marroni e
densi, calorosi come un pezzo di cioccolata fondente.
Aveva subito pensato a Shikamaru
Nara ed era andata in crisi esistenziale.
Ma lui in quel periodo aveva
Temari e le cose semplicemente non erano andate.
“Era bionda anche lei, che maledizione…” si disse Shikamaru, arrivato quasi al suo
appartamento, bagnato come un pulcino.
Aveva sempre cercato di scansare le
donne come Ino: non voleva complicazioni, non voleva problemi. Non sapeva
nemmeno cosa ci fosse tra loro in quel momento, se proprio doveva analizzare il
loro rapporto; Ino flirtava con ogni essere di sesso maschile che trovava almeno
minimamente attraente, perché doveva imporsi, dimostrare al mondo che col
vestito giusto e un sorriso ammiccante, qualsiasi donna poteva ottenere ciò che
voleva. Era furba, anche troppo.
Invece, Shikamaru veniva fuori da
una relazione che lo aveva assorbito completamente, anima e corpo, lo aveva
distrutto in tutti i sensi e ancora dopo mesi
che si era lasciato con Temari, a volte provava malinconia, provava tristezza
per quel futuro che sarebbe potuto essere e che per un periodo sembrava il
migliore. In quei momenti, chiamava Ino.
E non certo per
chiacchierare.
Le piaceva, ne era
consapevole. Lei ancora non voleva impegnarsi seriamente. Avevano trovato un
compromesso che andava bene a entrambi; solo, non sapeva quanto sarebbero andati
avanti, prima di rendersi conto che il solo sesso non avrebbe reso felice
nessuno.
Se mai quella storia sarebbe
finita, Shikamaru si promise che finalmente avrebbe cercato ciò che voleva dalla
vita e avrebbe messo le cose in chiaro con Ino; solo
adesso che lei non c’era -e forse non ci sarebbe più stata- capiva quanto quella
ragazza fosse importante per lui, perché anche non sentire le risatine
fastidiosamente acute o i suoi ragionamenti privi di logica gli provocava
un peso, un senso di vuoto, come se gli mancasse un pezzo di cuore, già
martoriato. Però non sapeva fino a che punto arrivava
quell’affetto, come verso una sorella, un’amica o
altro.
Ora come ora gli
interessava solo riaverla e avere una magra illusione che forse le cose potevano
cambiare.
Perché dovevano
cambiare.
Ino aveva le lacrime
agli occhi.
Cercò di tamponarsi con un panno
stracciato l’orecchio destro, dal quale colava leggermente del sangue,
macchiando i suoi vestiti.
Non sapeva dove si trovasse, la luce era sempre spenta e le
finestre erano tappate da pesanti assi di legno, che facevano passare la
quantità di luce minima affinché una persona non inciampasse. Sentiva un pesante
odore di calcinacci e polvere e un ticchettio che proveniva da qualche angolo
angusto del magazzino (almeno il luogo le sembrava tanto grande da esserlo), come il rumore
di un lavandino non chiuso bene. Aveva le caviglie legate a un paio di manette
di ferro, che le avevano tagliato la pelle, provocando due leggere ferite che le
bruciavano da impazzire, soggette allo sporco del luogo.
“Se non muoio per mano sua,
schiatterò per infezione, accidenti!” sibilò
fra i denti, osservando il panno che ormai non presentava più segni di sangue
fresco.
Dopo aver perso i sensi nel suo
appartamento, si era ritrovata distesa in quel luogo, con la testa che ancora le
faceva male per la botta ricevuta, ma che era stata fasciata alla bell’e meglio:
evidentemente Hidan la voleva ancora viva,
pronta per il suo bel sacrificio. Non ricordava quanto tempo fosse passato e non
avrebbe avuto modo di saperlo comunque, dato
che intorno a lei c’erano solo il buio e le
sagome degli oggetti e dei macchinari, forse, che la circondavano. Con le mani
libere aveva provato più volte a slegarsi i piedi, ma ovviamente non poteva
rompere delle manette di ferro. Aveva anche preso in
considerazione l’idea di tagliarsi un piede, in preda al panico iniziale,
ma poi a mente fredda aveva constatato che, se anche ci fosse
riuscita, sarebbe stato difficile scappare con una sola gamba, mentre l’altra lentamente la faceva dissanguare.
Aveva aspettato per un sacco di
tempo, almeno una notte, ne era certa, prima di rivedere
Hidan.
Quando veniva a controllare in che
stato fosse, il suo arrivo era sempre preannunciato da una porta pesante che si
apriva e si richiudeva in lontananza. Ino, fino a che non sentiva la sua voce divertita che la chiamava, sperava sempre che fosse
qualcun altro che per puro caso si fosse ritrovato in quel posto
dimenticato da Dio. Anche da Jashin, secondo lei.
Quella mattina poi, Hidan sembrava
più eccitato del solito. Blaterava riguardo a un metodo efficace per far
esaudire le sue richieste nel modo più veloce possibile, diceva che sarebbe
stato divertente e che per questo, un giorno, il suo Dio gli avrebbe manifestato
tutta la sua gratitudine e compiacenza.
Si era ritrovata, senza neanche
rendersene conto, spiaccicata al suolo a pancia in su, il suo sequestratore che
le teneva le braccia alzate sopra la testa per non farla dimenare troppo; anche al buio lui la poteva vedere benissimo in viso e
anche lei, purtroppo. Vedeva nei suoi occhi un qualcosa, non sapeva bene cosa,
che le metteva addosso un’ansia incredibile, che tutte le volte la faceva
scoppiare a piangere inevitabilmente, spaventata come non mai da quello che le
avrebbe potuto fare.
Lui la squadrava sempre; sembrava che volesse memorizzare ogni dettaglio
del suo corpo e del suo viso, come a volersi gustare ogni momento di quella
tortura; quella mattina la sua attenzione si era focalizzata principalmente
sulle orecchie. Con un dito, le aveva sfiorate
lentamente, percorrendone il profilo, dall’attaccatura superiore, tutto il
padiglione, fino alla pelle morbida del lobo, dove i suoi orecchini (i suoi
preferiti, quelli che le aveva regalato Shikamaru) facevano bella mostra,
semplici ed eleganti. Aveva sentito le sue dita stringere piano quel minuscolo
oggetto da una parte e dall’altra, mentre il cuore le martellava furioso nel
petto perché non capiva cosa le sarebbe
capitato.
Hidan aveva tirato via l’orecchino
con forza, sferzandole il lobo, spaccando in due quei pochi centimetri di carne
che la fecero urlare di dolore. Non poté nemmeno
sfogarsi a dovere con lacrime e urla, perché le tappò subito la bocca, ridendo
divertito di come il suo viso in quel momento fosse passionale, segnato
così a fondo dal dolore.
Avrebbe voluto vomitare, se non
fosse che quel pazzo fece lo stesso anche con l’orecchio destro. Questa volta,
forse, non misurando bene la sua forza, perché
sentì che probabilmente aveva strappato un po’ più di carne. Sentì il liquido
vischioso che percorreva un piccolo tratto della nuca per poi finire a terra,
dove Ino rimase sdraiata e piangente anche quando l’uomo sciolse la sua
morsa e la lasciò libera.
Si girò di lato, in tempo per
rigettare i succhi gastrici del suo stomaco.
“Oh, honey… se fai
tutte queste scene per così poco, non voglio immaginare cosa tenterai di fare
nei prossimi giorni.”
Le disse Hidan con
tutta la disinvoltura possibile, come se la stesse mettendo al corrente delle
previsioni del tempo.
Le aveva gettato quel panno
bagnato in faccia ed era sparito; il ghigno divertito che sempre lo
seguiva.
“Giuro
che se mi lascia la cicatrice e morirò, lo perseguiterò anche come spirito,
accidenti!” sussurrò Ino a denti stretti con le lacrime agli
occhi.
Cercava di rassicurarsi, ma nel
suo profondo, sapeva esattamente che questa volta le cose non sarebbero andate
per niente bene.
Continua…
Next>>
Neji si abbottonò il
cappotto elegante e risistemò i fogli che aveva poggiato sul tavolino. Quando si
tirò su, gli occhi azzurri di Naruto fiammeggiavano
indignati.
“Non è una cosa
giusta quella che stai dicendo, Neji. Shikamaru è un ottimo poliziotto, forse
uno dei migliori della centrale. Non merita la compassione di nessuno ed è
abbastanza forte e maturo da poter lavorare a mente lucida. Io credo nel suo
lavoro.”
“Talmente maturo da
scagliare un telefono contro il muro?”
Domandò sarcastico
Neji, mostrando con un ghigno i denti
bianchissimi.
Risposte alle
Recensioni:
Saeko no Danna: sono contenta che alla fine tu
abbia recensito, rendendomi molto felice e soddisfatta *smile*: ricevere
recensioni è sempre una gioia, quindi ti ringrazio. Dato che non leggi spesso le
AU, spero vivamente che continuerai a leggere e recensire questa facendomi
sapere le tue opinioni, nella speranza che non ti deluda la storia e che tu la
possa trovare almeno un po’ interessante come “De Umana
Insania”.
Grazie ancora e spero e presto…
^^
Mimi18: grazieH Twin, mi dai sempre
grandi soddisfazioni ù_ù; sai che questa fic è molto importante per me, che la
amo da morire, e sapere che possa piacere molto anche ad altri per me è una
grande soddisfazione! Se mai farò il terzo capitolo di questa saga (aiuto!),
sarai la prima a leggerlo, te lo prometto! ><
Ti voglio bene, caraH..
XD
Shika: naaaaa! Non ti preoccupare con i
ritardi, sai che io e loro andiamo d’accordo! XD
Per me è stato un piacere
dedicarti questa fic, perché in tutte le fic che ho scritto, belle o brutte (più
brutte che belle), tu ci vedi sempre il lato buono. Senza contare che mi riempi
di complimenti e il mio ego si gonfia in modo osceno! XD
Grazie Giulietta, apprezzo
veramente tanto :) …
Si ringrazia anche chi ha messo
questa storia tra i preferiti, ovviamente.
Aggiornamento tra una
settimana!
Lee
Naruto ©
Masashi Kishimoto
Blue Eyes
© Coco Lee