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Autore: skeight    09/03/2009    8 recensioni
Chi ha letto Death Note sa che la principale qualità di Light Yagami non è l'intelligenza, ma la fortuna. Per questo ho deciso di scrivere questa serie di dieci one-shot in cui è proprio la buona sorte a difettare, in misura letale, al nostro giovanotto. Le dieci storie sono molto diverse, alcune umoristiche e altre drammatiche, alcune what if e altre in the middle, ma tutte accomunate da una cosa: Light finisce male. Dedicate a tutti coloro che non sopportano la boria del "dio del nuovo mondo" [vista la diversità delle one-shot, le avvertenze le metto all'inizio di ogni capitolo]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Demegawa viveva nel terrore

Titolo del capitolo: Il servo troppo servile

Genere: Drammatico

Personaggi: Light/Raito, Demegawa, Misa, Aizawa, Matsuda, Mogi, Ide

Rating: rosso

Avvertimenti: non per stomaci deboli, spoiler per chi non ha letto i volumi 9 e 10 del manga e le corrispondenti puntate dell’anime

 

Demegawa viveva nel terrore.

L’assalto alla sede della STK era fallito miseramente. Chiunque avesse avuto l’idea della pioggia di soldi, era stato un volpone. Un maledetto, ricco volpone. La folla che aveva attaccato l’edificio si era trasformata in una bolgia di litiganti per accaparrarsi le mazzette di banconote, e a quel punto tutta l’iniziativa poteva già essere dichiarata morta stecchita. E di questo Demegawa non aveva colpa. Ma lui stesso si era fatto prendere dalla cupidigia alla vista di tutti quei dollari, e invece di incitare la folla a continuare l’assalto, come avrebbe dovuto fare un portavoce di Kira, si era lanciato ad arraffare i soldi.

Solo più tardi, passata l’ebbrezza del momento, si era reso conto di cosa aveva fatto: era venuto meno agli ordini di Kira, aveva disobbedito per il proprio tornaconto personale; peggio ancora, lo aveva fatto per impadronirsi di denaro che non era suo! A quel punto, non c’era da chiedersi se sarebbe stato punito da Kira, ma quando ciò sarebbe avvenuto. E Demegawa sapeva bene che Kira conosceva un solo tipo di punizione.

A distanza di giorni dall’assalto era ancora vivo, ma questo non lo tranquillizzava: probabilmente Kira stava cercando con cura un nuovo portavoce

migliore di me

decente. Per questo, anche se in tv continuava ad atteggiarsi a braccio destro di Kira e ostentava sicurezza, nel privato Demegawa si consumava di paura. Ma, allo stesso tempo, si ingegnava per trovare un modo di salvarsi: se fosse riuscito a dare una dimostrazione della sua fedeltà a Kira e della sua utilità alla causa, se gli avesse portato una preda di valore, allora forse sarebbe stato graziato. Ma come?

Inaspettatamente, una risposta gli arrivò poco dopo sotto forma di chiamata sul telefono satellitare dall’America: era un suo collaboratore che era rimasto negli Stati Uniti per cercare informazioni sulla STK dopo la loro fuga.

“Ho grandi novità, capo!” esordì questi quando Demegawa rispose al telefono.

“Li hai trovati?”

“No, ma ho trovato quasi di meglio. A New York avevo cercato tracce dei fuggitivi ma senza risultato, così avevo preso il volo per Los Angeles per tornare poi in Giappone; solo che per questioni di coincidenze perse, sono dovuto restare a Los Angeles per un giorno e una notte prima di trovare un posto libero, e l’altro ieri, nel mio hotel, ho incontrato un giovane giapponese, un fessacchiotto. Matsuda, si chiama”

“E allora?” chiese Demegawa, spazientito “Arriva al dunque!”

“E allora non era il primo giapponese che incrociavo qui in America, ma l’ho notato subito perché il suo volto non mi era nuovo: infatti è un poliziotto giapponese, l’ho visto qualche volta quando andavo ad intervistare persone alla centrale. Non capivo che ci facesse là, soprattutto mi ha insospettito che stesse rientrando in hotel con una busta piena di roba da mangiare, come se si fosse stabilito per un lungo periodo. Così l’ho abbordato, con qualche chiacchiera tra compatrioti ho vinto la sua diffidenza, e poi quella sera l’ho invitato ad un pub, l’ho fatto bere un po’, e quello ha bevuto più di un po’ e ha iniziato a parlare, parlare... ok, per farla breve, stando alle sue parole anche in Giappone c’è una squadra speciale di poliziotti che continua a indagare su Kira

Demegawa si illuminò: la preda che gli serviva!

“Questo è oro! Ma sei sicuro? Cosa ha detto di preciso?”

“Cose varie, su altri fatti è stato più reticente, ma ieri ho passato tutta la giornata a cercare conferme a quanto ha detto quel Matsuda, e ora sono sicuro al 99% che la squadra speciale c’è. E, da quello che ho capito dalle sue parole, i suoi componenti sono tutti qui a Los Angeles

Demegawa frenò l’impulso di baciare, attraverso il telefonino, quell’angelo custode travestito da collaboratore.

“Non c’è tempo da perdere” disse invece “Prenoto subito l’aereo per tornare in America, e tra poco ti manderò comunicazioni su quello che devi fare finché io e lo staff arriviamo. Se sfruttiamo bene questa notizia, diventerai vicedirettore seduta stante. Ma prima dobbiamo trovare questa squadra”

 

Misa dormiva abbracciata a Light. Era contenta: durante tutto quel periodo a Los Angeles non avevano mai dormito insieme, lui trascorreva i giorni e le notti con la squadra di polizia, ma adesso che era stato deciso il ritorno in Giappone, Light aveva voluto passare la notte prima della partenza a casa.

Erano entrambi nel pieno del sonno quando un forte rumore di colpì alla porta svegliò entrambi. Ancora assonnata, si alzò e andò a prendere una vestaglia, ma un intensificarsi del rumore spazzò via il sonno, sostituendolo con un misto di stupore e angoscia: non erano nemmeno le sette, chi poteva bussare a quella maniera? Che volevano?

A confermare le sue paure, arrivò un grido dall’esterno della casa:

“Aprite, o sfondiamo la porta!”

Misa urlò. Light si era alzato anche lui, e stava infilandosi in fretta e furia un paio di pantaloni e una camicia.

“Che facciamo? Chi sono? Ho paura!” gli gridava Misa, ma non la ascoltò. Nemmeno lui sapeva che stava succedendo, ma non poteva fare altro che verificare. Così, andò ad aprire la porta, ma appena ebbe allentato la chiusura quella si spalancò di colpo, sotto la pressione della folla. Light fu scaraventato a terra da quella botta, e subito decine di mani lo afferrarono, lo colpirono, lo graffiarono.

“Morte ai nemici di Kira!” sentiva urlare da tutte le parti. Nemici di Kira? Che era quell’assurdità? Lui era Kira! Già, ma quelli non lo sapevano; ma perché nemico?

“Lasciatelo! Lasciatelo!” gridava Misa, che si agitava come un’ossessa cercando di raggiungere Light. Anche intorno a lei si accalcarono gli aggressori. “Chi è ‘sta troia?” “Sarà anche lei della squadra?” “No, non c’erano donne tra i nomi” “Sarà la moglie di questo bastardo, allora è nemica di Kira anche lei!” “Diamole una lezione!”

Light sentì solo una parte di queste frasi, mentre tre persone lo portavano via di peso, ma poco dopo udì un urlo acutissimo, che riconobbe provenire da Misa, e capì che gli aggressori la stavano violentando. Registrò quell’informazione quasi en passant, la sua mente era così sconvolta da quegli eventi inaspettati che non riusciva a ragionare, vagava in una folla di domande e si concentrava su quelle più irrilevanti, come ad esempio perché nessuno aveva riconosciuto Misa Misa (siamo in America, chi vuoi che conosca quella cretina?). Rimase in quello stato istupidito sino a quando non fu gettato a terra nel mezzo di una piazza. Una piazza ben adornata di telecamere, con un palco su cui torreggiava... Demegawa?! Che cazzo stava facendo Demegawa? Quella visione riempì Light di una furia incontenibile, e iniziò ad agitarsi come un cane rabbioso mentre alcuni

seguaci di Kira

sgherri di Sakura Tv gli legavano le braccia dietro la schiena. Quell’accesso di furia si consumò in pochi minuti, poi Light cadde di nuovo a terra, esausto, svuotato.

La piazza era piena di folla che formava intorno a lui un cerchio rumoroso, tenuto a malapena a bada da un improvvisato servizio d’ordine. Solo una volta quella massa di gente si aprì, per far entrare nel cerchio quattro persone dai vestiti laceri e dai volti tumefatti. Light li riconobbe, e iniziò a capire: erano i poliziotti, i suoi poliziotti. Aizawa e Ide erano coperti di sangue, con gli occhi neri e segni di ustioni ovunque sulla pelle che si vedeva nei larghi strappi degli abiti; ma molto peggio era messo Mogi, l’unico a non avere le braccia legate, visto che non ce n’era bisogno: aveva tutti e quattro gli arti slogati e grottescamente lunghi, come se gli avessero spezzato le ossa tirandoglieli, il volto era una maschera di carne e orrore, con due cavità colme di sangue al posto degli occhi, pelle carbonizzata al posto del naso e la testa calva e contrassegnata da strane ferite, a indicare che i capelli non gli erano stati tagliati, ma strappati con brutalità; non c’era un punto del suo corpo, quasi totalmente nudo ad eccezione di un paio di boxer insanguinati a coprirgli la vita, che non fosse contrassegnato da ecchimosi, lesioni, ustioni, tagli lunghi decine di centimetri. Dietro di Mogi, e messo un po’ meglio degli altri tre, c’era Matsuda, che appena vide Light cadde in ginocchio e scoppiò a piangere.

“Perdonami, perdonami, Light-kun, è stata tutta colpa mia, ho rovinato tutto” diceva tra i singhiozzi.

Ora che tutti i prigionieri erano nella piazza, Demegawa prese il microfono ed iniziò a parlare.

“Discepoli del dio Kira! Oggi è un grande giorno per chi ama la pace e vuole un mondo libero dal crimine e dalla malvagità! Grazie al solerte lavoro del vicedirettore di Sakura TV io, Demegawa, ho scoperto che anche dal Giappone era partita una squadra di uomini intenzionati a catturare Kira e a bloccare la sua opera salvifica. La nostra organizzazione e il vostro sostegno ci hanno permesso di individuare questi nemici dell’umanità e radunarli qui in questa piazza, dove riceveranno la giusta punizione. Una punizione che trasmetteremo in diretta su Sakura TV, per mostrare a tutti i nemici di Kira cosa succederà anche a loro, se non si ravvederanno!

La piazza esplose in acclamazioni. Light rantolò: era tutto chiaro, ormai. Matsuda aveva spifferato qualcosa, come l’idiota che era, e Demegawa si era fiondato sulla notizia. Avevano saputo i nomi di tutti i membri della squadra a forza di torture (e chi era più deciso a non parlare, come Mogi, aveva avuto il trattamento peggiore), ed ora eccoli là, a subire quello che in teoria doveva succedere a Near.

Sentì un fruscio alle sue spalle. Girò la testa,  vide Ryuk.

“Ironico, vero?” disse lo shinigami, ridacchiando “Per aiutare Kira, i suoi seguaci lo uccidono

Già. Ironico oltre ogni limite. Sono riuscito così bene a convincere tutti che non sono Kira che ora mi uccidono perché mi credono un suo nemico.

Alcuni uomini di Demegawa spinsero i prigionieri sino a raggrupparli nel centro preciso della piazza. Light notò che molti, nella folla, stringevano nelle mani biglie, posate da cucina e altri oggetti, ed altre persone giravano per la piazza a distribuire pietre a chi non aveva niente.

“Avevo detto che avrei scritto il tuo nome sul quaderno” disse Ryuk “Ma credo che non lo farò: questa morte si prospetta molto più divertente

Puoi dirlo forte. Un nuovo deicidio, a duemila anni dall’ultimo, e stavolta ad opera degli stessi seguaci di Dio... Devo perdonare loro, perché non sanno quello che fanno.

La folla rumoreggiava, impaziente. Il desiderio di morte era palpabile nell’aria, ma nessuno scagliava la prima pietra.

“Avanti, fedeli seguaci!” arringò Demegawa “Offriamo questo sacrificio umano alla gloria di Kira!”

Sacrificio umano? Che sta dicendo?

Un colpo secco alla fronte gli strappò un gemito: una bambina aveva lanciato un sasso. Il dolore risvegliò l’ultimo impulso vitale di Light.

“Fermi, maledetti!” gridò “Vi rendete conto di chi volete lapidare? Io sono Kira! E non è questa l’umanità nuova che ho creato!

“Imbroglione, blasfemo!” gli gridò la folla, in risposta a quelle parole, e ormai sempre più persone  seguivano l’esempio della bambina e scagliavano i loro proiettili contro i condannati, in particolare contro Light, il bestemmiatore.

“Che divertimento” rise Ryuk. Demegawa urlava incitamenti.

“Io sono Kira!” gridò ancora Light; poi gli furono addosso.

 

 

NOTE

E con questo capitolo noir si chiude definitivamente Dieci morti per Light. Ho alternato pezzi umoristici o demenziali con pezzi seri e a volte violenti, come quest’ultimo, e a giudicare dai commenti il pubblico ha reagito bene. Sino ad oggi ho usato le note finali per rispondere ai commenti del capitolo precedente, ma oggi voglio ringraziare tutti coloro che hanno seguito la mia fanfiction regalandomi complimenti, apprezzamenti, consigli: L i a r, Nee_chan, Benny Chan, Hoshimi, Prof, Rosencrantz, Flagiu_Mustang, AngelVirtues, Rebel Girl, Winry90, Danda93, Sbiru94, Kirachan95, Light_Angel93, Sexxxychichi, Sorika, Ebrill, Mugen, PoisonousGaara, Reidina e VelvetRainDrops. Oltre a loro, ringrazio anche chi so che, pur non avendo commentato, ha seguito con assiduità la fanfiction: Laurie, Guimi, Miriel67. Grazie a tutti e a tutte voi, e alla prossima storia!

E, come sempre, morte a Light ;)

   
 
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