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Autore: Ormhaxan    29/12/2015    9 recensioni
Scandinavia, IX secolo. Nella società norrena, molti sono quelli che desiderano il potere, ma pochi sono quelli che lo detengono: Ragnar Loðbrók è il sovrano più rispettato e temuto di tutti e i suoi figli, vichinghi forgiati da numerose battaglie, sono pronti a prendere il suo posto, disposti a tutto pur di salvaguardare il loro onore e il proprio nome.
In una storia che narra di vendetta, di morte, ma anche di amore, si intrecceranno le vite di Sigurd Ragnarsson, Occhio di Serpente, e di Heluna, principessa di Northumbria, figlia dell'uomo che, più di ogni altro, ha osato sfidare l'ira dei giovani vichinghi.
Dal Prologo: "Vedo il serpente strisciare nella tana del cinghiale e la sua prole dilaniarlo, vendicando il proprio nome; vedo un’aquila ricoperta di sangue sorvolare i cieli oltre il mare, un giovane serpente venire addomesticato da una principessa dagli occhi tristi e i Figli del Nord prosperare per mille anni."
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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La tempesta arrivò tre giorni dopo e fu violenta e spietata.
Onde alte e temibili si riversarono sulla flotta vichinga, facendo oscillare le navi lunghe, strappando vele e lasciando imprecazioni sulle labbra dei soldati dal viso oramai provato. Ad ogni più piccolo movimento le assi scricchiolavano pericolosamente sotto il peso delle onde e di quello dei norreni dai polmoni saturi del forte odore salmastro che impregnava non solo i loro capelli inzuppati di acqua piovana mista a quella marittima, ma anche il legno sempre più ingrossato dal mare.
Sigurd faceva del suo meglio per impartire ordini abbastanza acuti da sovrastare il tuonare delle tetre nubi illuminate solo dai lampi, scrutare il cielo grigio attorno a lui alla disperata ricerca della tanta agognata terra; instancabile, remava da ore insieme ai suoi uomini cercando di contrastare la marea che, più di una volta, avevano tentato di farli affondare spezzando le assi di legno sotto i loro colpi.
Anche Bjorn e Hvìtserk facevano del loro meglio per tenere insieme le navi, mentre Gorm stava iniziando la tragica conta dei uomini già dispersi in mare, e tutti loro pregavano Odino e Thor affinché la tempesta cessasse al più presto: non mancava molto oramai, le coste dell’East Anglia1 erano oramai prossime, e con un po’ di fortuna avrebbero risalito il fiume Humber2 nel giro di quattro giorni.
Urla disperate sovrastarono il rumore del mare e del temporale: Gorm dovette disporre di tutta la sua forza per aggrapparsi ad una robusta fune e non venire risucchiato nel torbido vortice oscuro che si apriva sotto di lui, fu costretto, occhi sgranati dal terrore, a guardare impotente alcuni dei suoi uomini venire inghiottiti nella penombra del crepuscolo nascosto.
Ubbe!” cercò invano di afferrare la mano del ragazzo, fallendo nell'afferrarla con la sua scivolosa e tremante, si ritrovò incapace di fare altro se non vederlo mentre cadeva in acqua e scompariva per sempre alla vista di tutti loro.
Aveva da poco compiuto vent’anni, pensò amareggiato, quella era stata la sua seconda spedizione; aveva tutta la vita davanti, una famiglia da creare, una madre che non lo avrebbe mai più rivisto o abbracciato ad aspettarlo con impazienza nel suo villaggio di pescatori.
Troppo presto, si disse il principe danese, era morto troppo presto.
I pensieri del guerriero andarono alla sua casa, a suo padre, a Þyri: le aveva solennemente giurato che sarebbe ritornato sano e salvo per aver una sua risposta, che l’avrebbe convinta a sposarlo, a diventare sua moglie, formare con lei una famiglia e avrebbe mantenuto quella promessa.
Avrebbe rivisto Þyri, giurò mentre osservava il bracciale che lei gli aveva donato; l’avrebbe nuovamente stretta tra le braccia e baciato quelle morbide labbra piene che non riusciva a non sognare ogni notte.
Sì, sarebbe tornato, e anche Sigurd e Bjorn e Hvìtserk: avrebbero compiuto la loro missione, la loro vendetta, fatto ritorno vittoriosi ai loro amati fiordi.
“Remate! – urlò con tutta la forza che ancora aveva nei polmoni saturi dell'aspro odore di salsedine – Remate, amici miei, non permettete a Hel3 di sedurvi con il suo fascino infernale.”
Nello stesso momento, sulla nave lunga comandata da Sigurd, uno dei suoi uomini avvistò tra il manto di nubi grigie lo sbatter d’ali di un candido gabbiano.
“Einar, sei sicuro?” chiese con occhi socchiusi il giovane vichingo.
“Un gabbiano, l’ho visto! – esclamò di rimando il norreno, pregando Odino affinché quello non fosse uno dei tanti trucchi di Loki per prendersi gioco dei mortali – Un gabbiano oltre le nubi, mio principe, un gabbiano! La terra è oramai prossima.”
L’entusiasmo si diffuse tra gli uomini, che si concessero un urlo liberatorio dopo quasi un giorno di disperazione e sconforto, ma non in Sigurd, il quale continuò a scrutare attentamente il cielo ammantato di grigio: se c’era una cosa che aveva imparato durante gli anni passati al fianco di suo padre Ragnar, era che la fame e la speranza spesso ingannavano gli occhi degli uomini, mostrando loro cose non vere.
Eppure, in quel momento, sperò con tutto il suo stanco cuore che il gabbiano che Einar aveva giurato di aver visto fosse reale: la flotta era allo stremo, le perdite erano state troppe per una tempesta e l’assenza di sonno e forze li stava consumando velocemente.
Guardò il corvo, ricamato minuziosamente sulle vele da sua sorella poco prima della loro partenza, sbattere le ali come impazzito. Ricordò le parole che gli aveva detto il Veggente e i sogni che avevano abitato la sua mente: avrebbe avuto la sua vendetta, suo padre sarebbe stato vendicato; l’aquila era pronta ad attaccare e poi c’erano quegli occhi…
Avrebbe trovato anche quelli nella terra degli angli, insieme a loro le risposte alle domande che lo tormentavano, ma prima era suo compito portare i suoi uomini in salvo raggiungendo le coste dell’Est Anglia e della Northumbria.

 

 

**



Suo padre entrò nelle sue stanze senza essere annunciato. Nonostante il solito aspetto impeccabile e gli abiti dalle fogge preziose che avvolgevano la sua massiccia figura, il suo andamento nervoso e i suoi occhi sgranati erano presagio di cattive notizie, di giorni difficili e minacce al suo regno.
Heluna smise immediatamente di leggere, osservando mortificata la sua amica Judith e le altre ancelle venire bruscamente cacciate come delle serve qualsiasi, suo padre riempirsi una coppa di vino e berla in un lungo sorso.
“Padre. – lo salutò con un’accennata riverenza, alzandosi dalla lignea sedia quando rimasero soli – Cosa vi porta nelle mie stanze?”
Ælle la guardò di sbieco, ammirando il candore del suo viso accentuato dalla veste bianca, i suoi lunghi capelli biondi raccolti in trecce, e posata la coppa sorrise algido. Un sorriso che fece rabbrividire Heluna.
Quella mattina erano giunti a York dei messaggeri proveniente dal confine sud con funeste notizie circa lo sbarco di navi lunghe appartenenti ai pagani vichinghi nelle coste dell’Est Anglia: attraverso i loro dettagliati racconti, il sovrano della Northumbria era venuto a conoscenza del pagamento di cavalli e cibo fatto dal codardo Re Edmund affinché non attaccassero le sue terre appena riconquistate, delle possenti drakkar dalle prue a testa di drago che si stavano preparando a risalire il fiume Humber per attaccare la Northumbria.
Gli stendardi con i corvi dalle ali spiegate avevano dichiarato la loro provenienza, tradito la loro identità e adesso Ælle sapeva chi fossero e il motivo del loro inaspettato attacco – solo la vendetta avrebbe potuto spingere i figli di Ragnar Loðbrók ad attaccare in inverno e non in primavera.
Il sovrano sapeva di essere impreparato, di non avere abbastanza uomini a sua disposizione, di avere solo una possibilità per sconfiggere i pagani: chiedere aiuto a Osberth, l’uomo che per anni aveva cercato di riprendersi il trono che gli era stato strappato dalla sua stessa gente e formare con lui un’alleanza di sangue che avrebbe portato una pace duratura nel regno.
“Devo parlare con te, Heluna, e voglio che tu mi ascolti attentamente. – rispose incolore – I pagani hanno infranto la loro parola menzognera, sono sbarcati contro ogni nostra previsione due giorni fa sulle coste dell’Est Anglia. Come avevo temuto, vogliono vendetta per la morte del loro signore Ragnar e questo significa che metteranno il nostro amato paese in ginocchio e non esiteranno a chiedere la mia testa.”
“No! – Heluna sgranò gli occhi e si coprì la bocca con le mani al sol pensiero della furia che accompagnava quegli uomini simili a demoni – Dovete fermarli a qualunque costo, padre!”
“Fermarli è quello che ho intenzione di fare. Fermarli e sconfiggerli è ciò che farò, ma prima ho bisogno di richiamare i vessilli e fondare delle alleanze stabili e durature per assicurarmi la vittoria e la pace. – si avvicinò a Heluna guardandola con occhi talmente freddi da farla indietreggiare – Ho bisogno di Osberth, dei sui sostenitori, e quale modo per assicurarmi la sua totale fedeltà se non dargli in sposa la mia unica figlia con la promessa del frutto della loro unione come mio erede al trono?”
“O-Osberth? – balbettò incredula Heluna – Padre, egli è stato per anni un vostro nemico, ha fatto di tutto per screditarvi e spodestarvi e…”
“E ora diventerà un prezioso alleato. – concluse al posto suo – Non posso affrontare i pagani da solo, verrei annientato alla prima occasione, e anche tu con me. E’ questo che vuoi, Heluna? Vuoi diventare una schiava e passare il resto della tua vita in miseria?”
“No, certo che no… - rispose sommessa – Tuttavia Osberth è anziano, il suo cuore è diventato pietra dalla morte della sua amata moglie, e per questo vi supplico di ripensarci e non condannarmi a questo futuro infelice.”
Ælle contrasse la mandibola, per nulla contento di sentire tali obiezioni, e senza dire nulla si avvicinò ancor di più a sua figlia.
“Mia cara, - sussurrò mentre alzava una mano per sfiorarle una guancia – pur di assicurare il mio potere sulla Northumbria e la fedeltà dei lord sarei disposto a fare qualsiasi cosa: vederti infelice, darti in sposa ad uno di quei barbari come fio da pagare per la morte del loro dannato padre, persino permettere al loro esercito di svagarsi con il tuo virgineo corpo.”
Le afferrò il viso con forza, trasformando la precedente carezza in una violenza, spingendola all’indietro e costringendola a sorreggersi al ligneo tavolo alle sue spalle per non perdere l’equilibrio.
“Il fidanzamento sarà annunciato tra due giorni! – esclamò piccato mentre due dei suoi segugi facevano capolinea guaendo dalla porta semiaperta – Sono fiducioso che sarai tornata alla ragione in tempo per l’evento e che non ci saranno drammi di alcun tipo.”
Heluna percepì la propria bile risalirle la bianca gola ancora nella stretta di suo padre; gli occhi le si velarono con lacrime che ricacciò indietro con ogni grandello di forza di volontà e solo quando accennò un lieve movimento di assenso suo padre la liberò dalla morsa della sua callosa mano. Con un fischio allegro richiamò i due cani che, scodinzolando, lo seguirono ubbidientemente mentre usciva dalla stanza come se nulla fosse accaduto.
Heluna rimase da sola, lo sguardo perso nel vuoto e il cuore che le batteva forte nel petto, e quando le sue ancelle ritornarono da lei non disse una sola parola: tornò a sedersi composta accanto alla finestra, al suo libro, ignorando le occhiate colme di sospetto e domande di Judith e le sue fredde mani tremanti.



 
**



“Siamo sicuri che questi ronzini siano abbastanza robusti?” chiese Bjorn accarezzando il morbido manto del cavallo che il re Edmund aveva donato loro in cambio della pace.
Alla fine le parole del loro compagno d'armi si erano rivelte veritiere e i norreni erano sbarcati sulle coste straniere, in quella che gli angli chiamavano Est Anglia. Dopo qualche razzia nei villaggi vicini, in cui i norreni si erano procurati cibo e viveri di varia natura non senza spargimento di sangue: saputo del loro arrivo, il sovrano di quelle terre aveva chiesto un frettoloso parlè tra i norreni e alcuni suoi messaggeri, uomini di chiesa rachitici e dallo sguardo arcigno colmo di disprezzo. Attraverso di loro, emissari di un re senza volto rinchiuso dietro delle alte mura sicure, era stato concesso ai norreni quanto avevano chiesto e anche di più, armi finamente forgiate per combattere e legno per riparare le navi lunghe. Non contenti, i figli di Ragnar avevano preteso anche robusti cavalli da utilizzare nella terra ferma e argento per riempire i loro forzieri.
Erano riusciti con il minimo sforzo nel loro intento: Re Edmund era ricorso a qualsiasi vigliacco stratagemma in suo potere per sbarazzarsi dei pagani il più velocemente possibile, ben consapevole della natura bellicosa e iraconda dei vichinghi, la quale avrebbero potuto condurre a un bagno di sangue e mesi di guerra aperta.
I figli di Ragnar e i loro alleati ripartirono con la flotta non appena ripararono l'ultima drakkar alla volta del fiume Humber, pronti pià che mai alla battaglia che li attendeva più a nord, in Northumbria.
“Non sarà il cavallo più maestoso che abbia mai visto, - rispose Sigurd dando una pacca sul fianco dell'animale – ma è in ottime condizioni e se spronato percorrerà molto terreno. Se invece dovesse morire lo macelleremo e ne ricaveremo in ogni caso beneficio per noi stessi e per i nostri compagni.”
“Il mio fratellino, - lo apostrofò scherzosamente Bjorn – sempre pronto a vedere il lato positivo delle cose.”
Sigurd sorrise di rimando, senza ribattere, e incrociate le braccia al petto riprese ad osservare con attenzione la costa verdeggiante poco lontana.
“Ælle sarà stato avvisato del nostro arrivo: non lo coglieremo di sorpresa e risalire il fiume non sarà facile o privo di pericoli.”
“Lo so bene. Edmund non è tanto stolto: se la Northumbria dovesse cadere il suo regno sarebbe il prossimo e poi toccherebbe alla Mercia, a tutti gli altri regni che oseranno sfidarci. Ha bisogno di Ælle, del suo esercito, spera che sia abbastanza lungimirante da mettere da parte i dissidi interni per combattere il nemico comune.
Coglierà qualsiasi opportunità gli si presenterà, - proseguì il maggiore – non si farà scrupoli pur di distruggerci ed è proprio questa sua cecità che potrebbe essere la sua vittoria più grande o la sua totale rovina.”
Bjorn posò una mano sulla spalla di Sigurd e concluse: “Vieni, fratellino, torniamo dai nostri uomini. La battaglia è prossima e gli animi sono furenti; non manca molto, è questione di pochi giorni oramai, e spetta a noi infondere forza e sicurezza.”
“Proprio come dei degni Ragnarsson.”
Ju, come dei degni Ragnarsson.”




 
*




1: l'Est Anglia comprendeva gli attuali territori del Norfolk, Sussex, Essex e del Cambridgeshire.
2: Il fiume Humber delimitava il confine sud della Northumbria con la Mercia.
3: Hel era figlia di Loki e dea degli inferi. Nel suo regno venivano accolte tutte le anime di coloro che non entravano nel Valhalla, ovvero coloro che morivano per malattia, vecchiaia, o per un incidente. Sarebbe il corrispettivo dell'Ade/Plutone per i greci/romani.

 
Angolo Autrice: Salve, gente! Buone feste a tutti e auguri di buon anno anticipati.
Prima di continuare, vorrei fare delle premesse: le vicende di Heluna sono, almeno in questa prima parte iniziale, TOTALMENTE inventate da me: della vera Heluna non ci sono fonti, non ho idea se sia stata promessa a Osberth, il suo ruolo durante l'attacco vichingo alla Northumbria. Ergo, tutto quello che leggerete nei prossimi capitoli sino a più o meno metà della trama non ha alcuna base storica. Al contrario, le vicende di Sigurd hanno una base storico-letteraria.
E, nulla, il banner è tratto da un dipinto di Edmund Blair Leighton, pittore di fine '800, e appena l'ho vista mi ha ispirato ciò che accade ad Heluna in questo capitolo.
Infine, come sempre, ringrazio tutti coloro che leggono in silenzio, seguono e recensiscono. Grazie, davvero.

Alla prossima, V.
  
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