Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: manueos85    30/12/2015    2 recensioni
Il rapporto tra genitori è figli non è mai semplice... Soprattutto quando il padre in questione è l'Hokage e il figlio risponde al nome di Boruto Uzumaki!
Una bravata con i fiocchi si merita una punizione esemplare e questo segna l'inizio di un lungo viaggio in un intreccio di ricordi vecchi e nuovi. A fare da guida un Virgilio d'eccezione: Sasuke Uchiha.
Nota: Questa storia partecipa al Contest "The journey that opened his eyes - Quel viaggio che gli aprì gli occhi - Naruto Contest" indetto da Nede
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boruto Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5

 

Il palazzo dell'Hokage era l'edificio più alto di Konoha e, dalla sua terrazza, l'Hokage poteva spaziare con lo sguardo su tutto il villaggio che si stendeva ai suoi piedi. Era una vista spettacolare e Boruto aveva spesso avuto modo di ammirarla quando andava a trovare suo padre nel suo ufficio insieme alla mamma e alla sorellina.

Seduti sulla testa del Primo, Sasuke-sensei gli fece segno di tacere e gli indicò la terrazza pochi metri sotto di loro.

Il Terzo Hokage era appena uscito lì a passeggiare, mordicchiando pensosamente il cannello della sua pipa. Espirò una boccata di fumo mentre sembrava aspettare qualcuno.

Un momento dopo, un ninja balzò silenzioso sulla ringhiera della terrazza e andò ad inginocchiarglisi davanti.

“Perdoni il ritardo, Hokage-sama.”

“Iruka.” Il Terzo espirò un'altra boccata di fumo, lasciando vagare lo sguardo sul villaggio. “Come si sta comportando Naruto?”

“Ieri sera, al chiosco di ramen, l'ho promosso al grado di genin” rispose lo shinobi. “Era contentissimo di essere diventato un vero ninja. Ha detto che finalmente il villaggio l'avrebbe apprezzato. Sogna di diventare Hokage.”

“Naruto coltiva un sogno molto difficile da realizzare” sospirò il Terzo. “Come sai, Iruka, gli unici a sapere che Naruto è il Jinchuuriki della Volpe a Nove Code sono gli adulti che dodici anni fa combatterono quel demone. Da allora, per proteggere il segreto, ho assegnato severe punizioni a chiunque infrangesse la regola del silenzio. In questo modo, la nuova generazione ne è all'oscuro e questo avrebbe dovuto aiutare Naruto. Ma a quanto pare mi sbagliavo perché i miei ordini hanno avuto l'effetto contrario. Gli adulti ne hanno paura e, inconsciamente, hanno trasmesso ai loro figli questo sentimento di ostilità nei suoi confronti.”

“Hokage-sama...”

“Iruka, devi sapere che, quando gli uomini disprezzano una persona, i loro occhi si fanno freddi e pungenti come ghiaccio.”

Quelle parole fecero sussultare Iruka-sensei, che abbassò la testa con fare colpevole.

“Sai perché ho assegnato Naruto proprio a te, Iruka-sensei?” chiese il Terzo.

Lo shinobi scosse la testa e l'Hokage gli sorrise gentilmente.

“Naruto non può far altro che combinare dispetti per attirare su di sé l'attenzione della gente. Il ragazzo desidera che, in qualche modo, qualcuno riconosca il suo valore e, anche se fa il duro, in realtà dentro soffre perché è solo. Tu, più di tutti gli altri, dovresti capirlo, Iruka-sensei.”

“Sì, Hokage-sama. Lo capisco bene.”

“Allora te lo chiedo, per rimediare al mio errore, di stargli vicino.”

Il Terzo capovolse la pipa, facendo cadere a terra la brace, poi si avviò verso il suo ufficio mentre Iruka-sensei, silenzioso com'era arrivato, saltò giù dalla terrazza balzando da un tetto all'altro.

Quando nessuno dei due fu più in vista, Sasuke si voltò verso Boruto.

“Ecco la tua risposta. Ecco perché in passato tuo padre era malvisto ed evitato da tutti.”

“Non sapevo che da bambino fosse stato così infelice” mormorò Boruto. Si odiò perché nel dire quello la sua voce tremolò. Non voleva piangere, eppure si sentiva un grumo di lacrime premere dolorosamente nella gola. “Non me ne ha mai parlato.”

“A nessun padre piace ammettere davanti al proprio figlio le sue debolezze e parlare dei suoi momenti peggiori.”

“Come ha fatto a sopportare?”

“Anche se era un dobe di proporzioni epiche, tuo padre aveva anche una grande forza e un grande pregio. Non si è mai fatto fermare da niente e da nessuno, nemmeno da me.”

 

***

 

Il tramonto inondava il parco con la sua morbida luce dorata. Sasuke lo aveva fatto sedere su una panchina e avevano guardato in silenzio i giochi dei ragazzini che lo affollavano. Parevano esserci proprio tutti: Sakura-sensei con Ino-sensei, Shikamaru-san, Kiba-sensei, Shino-sensei, Choji-sensei, Ten Ten-sensei, Rock Lee-sensei, lo zio Neji-san.

Sasuke-sensei. Sua mamma Hinata.

E suo padre.

Come sempre solo. Come sempre isolato dagli altri.

Uno dopo l'altro, i genitori cominciarono a venire a recuperare i loro figli per riportarli a casa e il parco risuonò di un coro di saluti insieme alle promesse di ritrovarsi di nuovo lì il giorno seguente. Alla fine, rimasero solo in due ad attendere ancora.

Suo padre e Sasuke-sensei.

Erano seduti entrambi sulle altalene, entrambi senza dire una parola, e si studiavano di sottecchi l'un l'altro. Ma, proprio nel momento in cui suo padre sembrava aver trovato il coraggio di fare la prima mossa, un ragazzo che assomigliava in maniera impressionante a Sasuke comparve nel parco. Sembrava essersi materializzato dal nulla, ma in realtà il giovane shinobi era appena balzato giù dai tetti di una casa vicina.

“Ototo” chiamò. Fratello.

Il piccolo Sasuke si era già alzato dall'altalena e gli si era avvicinato, sorridendo e con uno sguardo di pura adorazione ad accendergli gli occhi scuri. “Itachi-nii-san!”

“Mi dispiace. Sono in ritardo.”

Il maggiore mise una mano sulla spalla del fratellino e si voltò per andare, ma lui gli afferrò un lembo della sua divisa da jonin per attirare la sua attenzione sull'altro bambino.

“I suoi genitori non vengono a prenderlo?” chiese.

La domanda era stata fatta a bassa voce e di sicuro suo padre non poteva aver sentito perché aveva abbassato lo sguardo a terra e aveva preso a calciare dei sassolini, ma, seduto su quella panchina, Boruto era abbastanza vicino da cogliere la risposta del giovane shinobi.

“Quel bambino li ha persi molto tempo fa, ma non provare pietà per lui perché è solo. Piuttosto, ammira il suo coraggio.”

I due se ne andarono e Boruto osò lanciare un'occhiata al maestro. Lo shinobi aveva voltato la testa e il suo sguardo era puntato sulla coppia di fratelli che camminavano insieme, vicinissimi l'uno all'altro e con la mano del più grande sulle spalle del minore.

“Sasuke-sensei?”

“Avevo dimenticato questo ricordo” mormorò lui. Pareva profondamente perso nei suoi pensieri.

Ma, prima che potesse dire altro, suo padre balzò in piedi e, puntando i pugni verso l'alto, urlò: “Io sono il grande Naruto Uzumaki e vi farò vedere di cosa sono capace! Diventerò l'Hokage migliore di tutti!”

“Naruto! Ancora a zonzo a quest'ora?” Iruka-sensei uscì dalle ombre degli alberi e ridacchiò, andando incontro al piccolo Naruto. “Sai, mi è venuta una gran voglia di mangiare del ramen. Ti andrebbe di farmi compagnia?”

Un enorme sorriso si aprì sul viso di suo padre, scacciando in un momento l'ombra di malinconia che l'aveva attraversato.

“Certo che sì! Iruka-sensei, sei il sensei migliore del mondo!” urlò, stritolando lo shinobi in un abbraccio. “Ramen! Stiamo arrivando!”

 

***

 

Sasuke-sensei era particolarmente taciturno dopo quell'ultimo incontro e Boruto non poteva fare a meno di chiedersi se fosse a causa del fratello. Da quanto aveva potuto vedere, da piccolo il sensei gli era molto legato, ma, a parte lui, non aveva mai conosciuto nessun altro che portasse il nome degli Uchiha, quindi doveva essere morto da tempo.

Avrebbe voluto fargli delle domande, ma l'espressione assente sul volto dello shinobi gli tolse il coraggio di spezzare il silenzio che era sceso tra di loro.

Nel jutsu era ancora il tramonto, ma quel passare in continuazione da un momento all'altro della giornata gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo. Da quanto si trovavano nel passato? Quando avevano mangiato il ramen mentre parlavano di Kurama, il suo stomaco aveva brontolato davvero per la fame e Boruto aveva pensato potesse essere mezzogiorno, anche se il jutsu mostrava il cielo stellato.

Stava ancora cercando di capire quanto tempo potevano aver passato seduti sulla panchina del parco quando il loro gironzolare li condusse nei pressi delle porte del villaggio. Due chunin erano impegnati a sorvegliare l'ingresso come al solito, ma appena fuori dal massiccio portone c'era una ragazza.

Se ne stava lì, in silenzio, ad osservare la strada che si allontanava da Konoha.

A Boruto bastò uno sguardo per riconoscere in lei una giovane Sakura-sensei. In quel passato i suoi capelli erano più corti, ma avevano la stessa curiosa tonalità che li avevano sempre contraddistinti e che gli permettevano di riconoscerla ovunque.

Sasuke-sensei si fermò e finse di esaminare le spezie esposte su una bancarella al margine della strada mentre una donna più grande si avvicinava a Sakura. Anche quel viso era ben conosciuto da Boruto e il ragazzino rimase a guardare mentre Tsunade-sama raggiungeva la ragazza e le si metteva al fianco.

“Restare qui in piedi ad aspettare non li farà tornare indietro prima” le fece notare la Quinta.

“Non sto aspettando il ritorno di Naruto. Sono passati solo due giorni e so bene che il suo addestramento durerà tre anni” ribatté lei.

“Quello di Sasuke, allora.”

“La speranza che lui ritorni... l'ho persa da tanto, ormai.”

“E allora perché sei qui, Sakura?”

La ragazza sospirò.

“Quei due... mi hanno sempre lasciata indietro. Fin dall'inizio, fin dalle prime missioni del team 7 con Kakashi-sensei, loro due si sono sempre impegnati a migliorare e lo facevano così tanto che, in poco tempo, tutto quello che vedevo erano le loro spalle che si allontanavano, sempre più avanti, sempre più lontano...”

La Quinta non disse niente. Si limitò ad incrociare le braccia sul seno e si appoggiò ad un battente del portone.

“Mi chiedo se mi sono mai impegnata abbastanza.”

“Kakashi-sensei non ha mai detto il contrario.”

“Ma non mi sono mai sforzata oltre le mie possibilità come invece ha sempre fatto Naruto. Lui non si fermava mai, continuava sempre, ancora e ancora, senza arrendersi nonostante i fallimenti, testardo come un mulo, sordo alla fame e alla fatica, fino a che non ci riusciva.”

“Lo stesso sistema non vale per tutti, Sakura. Quel modo andava bene per Naruto e per Sasuke, ma non per te. Kakashi mi ha raccontato di quando vi ha insegnato a salire sugli alberi dosando il chakra sotto i piedi. Ricordi cosa ti disse in quell'occasione?”

“Lo ricordo” annuì la ragazza.

“Allora dovresti anche capire cosa ti sto dicendo io adesso” commentò la Quinta.

“Lo capisco, Tsunade-sama. Ma questo non cambia il fatto che mi sento... inutile e lenta e...”

“Vuoi davvero essere all'altezza dei tuoi vecchi compagni di team, Sakura?”

“Sì.”

“Allora non c'è altro modo. Dovrai impegnarti con tutte le tue forze per essere il miglior ninja medico di Konoha. Dopo di me, ovviamente.”

“Mi può addestrare, Tsunade-sama?”

La Quinta guardò attentamente in faccia Sakura con uno sguardo tale che Boruto pensò lo avrebbe fatto tremare da capo a piedi se ne fosse stato lui il destinatario, ma Sakura-sensei non batté ciglio e ciò parve piacere all'Hokage perché piegò le labbra in un sorriso.

“Molto bene” disse. “Cominceremo domani mattina all'alba. Ma devi promettermi una cosa.”

“Qualunque cosa!” esclamò Sakura, stringendo i pugni entusiasta.

“Non voglio più vederti qui a guardare quella strada con quello sguardo perso di poco fa. Sono stata chiara?”

“Sì, sensei.”

La quinta se ne andò e Sakura-sensei la seguì dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla strada polverosa.

 

***

 

Quando la kunoichi non fu più in vista, Sasuke riprese a camminare fino a condurlo davanti ad un grande edificio proprio accanto all'Accademia.

"Sono in corso gli scontri per l'esame dei chunin" lo informò lo shinobi. "Tecnicamente non potremmo entrare, ma penso che questa volta faremo un'eccezione."

"Cheeee?" esclamò Boruto, sconcertato.

Il maestro non perse tempo e balzò agilmente da una grondaia ad un cornicione ad un davanzale, dando la scalata all'edificio con la stessa tranquillità che aveva mostrato nel passeggiare lungo la strada e con lo stesso portamento elegante di sempre. Quando raggiunse una terrazza molto più in alto, guardò in basso verso di lui con un sopracciglio inarcato.

"Perché sei ancora laggiù?" chiese. "Muoviti a salire, prima che qualcuno ti veda con il naso per aria e quell'espressione ebete sulla faccia."

"Sasuke-sensei, te l'ho già detto che mi stai veramente antipatico?" sbottò Boruto, facendogli la linguaccia.

"Dubito che questo mi spezzerà il cuore."

"Anzi, ti odio proprio."

"Mi sento davvero sollevato. Ma se mi costringi a venire a prenderti sarà solo a tuo rischio e pericolo."

"Uffa!"

La sua scalata non fu minimamente paragonabile a quella dello shinobi perché saltellò con poca grazia da una sporgenza all'altra e più volte fu sul punto di perdere l'equilibrio. In più, quando raggiunse il maestro era completamente sudato e ansante, ma ce l'aveva pur sempre fatta con le sue sole forze e non poté fare a meno di sentirsi un pochino orgoglioso di se stesso.

"Non perdere tempo a montarti la testa, ragazzino. Piuttosto, guarda là cosa sta succedendo."

Boruto si affacciò prudentemente alla finestra aperta, dalla quale godevano di una perfetta vista dall'alto dell'arena di combattimento. Nessuno lo notò perché l'attenzione di ogni jonin e di ogni aspirante chunin era concentrata sul combattimento in corso e fortunatamente nessuno sentì l'esclamazione che gli sfuggì nonostante le mani premute sulla bocca nel riconoscere la versione più giovane di sua mamma in uno dei duellanti.

Aveva il viso, le mani e i vestiti impolverati come se fosse già caduta a terra diverse volte mentre stava in piedi davanti allo stesso ragazzo che l'aveva duramente rimproverata quando li aveva incontrati davanti all'Accademia il giorno della loro promozione a genin. Sua madre stava combattendo contro lo zio Neji-san, ma anche da quella distanza Boruto poteva vedere che ne era impaurita.

Anche lo zio se n'era accorto perché la guardò con disprezzo. "Non vorresti essere qui. L'hai fatto solo per i tuoi compagni di team, ma nel profondo del tuo cuore vuoi solo scappare."

"Non è vero!" si difese sua madre, ma la sua voce tremante non suonò per niente convincente.

"Non puoi mentire ai miei occhi. Io vedo quello che provi" replicò lo zio. Il byakugan disegnò un reticolo di vene attorno ai suoi occhi, rendendo ancora più duro il suo sguardo. "Alla fine, sai anche tu che non puoi cambiare. Non puoi cambiare te stes..."

"Tu puoi!"

Un urlo interruppe lo zio e Boruto riconobbe all'istante quella voce. Sotto di lui, suo padre si era aggrappato alla ringhiera degli spalti e si era messo ad urlare con tutta la sua forza, incurante dello sguardo omicida che gli rivolse Neji.

"Smettila di decidere per le altre persone, brutto idiota! Hinata, prendi a calci in culo quel bastardo!"

Hinata guardò verso di lui per un momento, stupefatta, mentre le sue labbra si muovevano nel mormorare qualcosa tra sé. Ma, quando tornò a spostare lo sguardo dei suoi occhi chiari su Neji, tutto il suo atteggiamento era cambiato. Ogni tremore era scomparso. L'espressione era decisa, la postura perfetta. Il byakugan si attivò.

"Non scapperò mai più" disse la giovane Hinata, prima di partire all'attacco.

Lo scambio di colpi che seguì fu impressionante e Boruto non poté far altro che assistere a bocca aperta alla velocità con cui si susseguivano attacchi e contromosse. Sussultava ogni volta che sua madre riceveva un colpo e stringeva i pugni ogni volta che lei riusciva ad andare a segno, esattamente come faceva suo padre sugli spalti, anche se era chiaro che lo zio Neji aveva una tecnica superiore a quella di sua madre.

Alla fine, lo zio riuscì a piazzare un altro colpo in pieno petto alla giovane Hinata, che cadde a terra.

"Hinata-sama, la differenza tra noi non può cambiare. Nel momento in cui hai detto di non voler scappare hai segnato la tua sconfitta. Arrenditi" le consigliò lui.

Ma sua madre, testardamente, caparbiamente, si rimise in piedi.

"Io non mi rimangio la parola data" disse, con un coraggio e una convinzione che Boruto le invidiò. "Questo è anche il mio credo ninja."

Non mi rimangio la parola data.

Le stesse parole che più di una volta Boruto aveva sentito pronunciate da suo padre e che più di tutto lo facevano andare in bestia perché si ostinava a ripetergliele nonostante sapesse bene che non era altro che una schifosissima bugia. Suo padre non la manteneva mai, la sua parola.

È anche il mio credo ninja.

Non voleva più vedere. Non voleva sapere se sua mamma era riuscita a battere lo zio Neji. Boruto spiccò un balzo e atterrò in strada, ma perse l'equilibrio e finì a terra, sbucciandosi le ginocchia e il palmo delle mani. Eppure, nonostante il male, si rialzò e si mise a correre più forte che poteva, senza aspettare Sasuke-sensei e senza nemmeno guardare se lo stesse seguendo oppure no.

Mi dispiace, mamma, ma non è vero.





Angolino dell'autrice:
Boruto si è appena scontrato con un altro ricordo del passato di suo padre, ma per lui è davvero difficile da accettare...
Cosa succederà adesso? Be', per saperlo, amici miei, non dovete far altro che aspettare il prossimo capitolo!
Un grazie enorme a chi mi legge e un grandissimo abbraccio a chi ha la pazienza di recensire! 
Ciao!

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: manueos85