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Autore: Valentinahobbit    31/12/2015    0 recensioni
"Tutti vogliono essere i numeri uno. Io mi rifiuto di essere un numero uno, ce ne sono così tanti, accidenti! Voglio essere il numero sei."
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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II
Varcarono il cancello tutti e tre contemporaneamente ma nessuno di loro ci fece caso. Una folla immensa di studenti, una folla immensa di adolescenti in foga che aspettavano il suonare della campanella. Erano tutti uguali, nessuna differenza tra di loro. Le ragazzine quasi tutte magre, truccate così tanto da sembrare una la copia dell'altra, con i loro lunghi capelli piastrati dalle punte bruciacchiate e i loro vestiti dai colori appariscenti, le dita sempre tra le ciocche e gli sguardi offuscati dalle mille sciocchezze delle quali si riempivano. I ragazzi tutti esattamente identici, Nicole si guardava intorno spaesata, non capiva più nulla, gli sembravano tutti così diversi da lei e tutti così impantanati in una sorta di sistema che li costringeva a vivere le stesse vite all'infinito. Prese in mano il telefono dalla tasca e controllò l'orario, mancavano due minuti. Si sentì di colpo osservata e si girò di scatto, degli occhi azzurri tra la folla.

 

-Quante belle gnocche- disse Francesco passando la lingua sotto i denti com'era solito fare.

-Trovati qualcuna dai, non puoi passare la tua vita da solo… Simone?-

Il ragazzo stava di spalle a lui e guardava dritto a destra. In tutta quella folla il suo sguardo era riuscito a mettere a fuoco una sola cosa, la più bella lì presente, la più diversa, la più rara.

Suonò la campanella.

Francesco strinse Simone da un braccio e lo strattonò fino alla porta della classe, sembrava l'unico entusiasta di trovarsi lì in quel momento.

-Voglio i posti migliori, quelli in fondo. Quindi tu adesso stai qui, fermo e io prendo di corsa gli ultimi posti a destra vicino alla finestra, arrivato ti chiamo e tu mi raggiungi, ci siamo capiti?- lo sguardo di Francesco era così serio da far sembrare quel concetto assurdo sensato.

-Tu hai problemi seri- .

Fu così che partì la corsa all'oro di Lombardo, corse in mezzo alla classe con le sue lunghe gambe e si sedette all'ambito ultimo posto, arrivato sventolò la mano verso l'amico che guardò a lato della classe e lesse “3C”

gli venne da ridere. Non disse nulla Dustacci, si fece solo quattro risate tra sé e sé mentre la classe si riempiva di alunni molto più grandi di loro che guardavano il ragazzo con i capelli rossi che sventolava la sua mano verso la porta.

-Potevi anche dirmelo, sai?- camminava tutto triste per le vie dei corridoi con affianco Simone fiero di essersela spassata.

Entrarono nella loro aula (quella giusta) ed ebbero il tempo di sistemarsi nei posti ambiti da Francesco. Davanti a loro stava un banco vuoto, nessuno aveva occupato quel posto e nessun altro quello accanto. Si sedettero tutti e la professoressa Monteverdi, incitando i ragazzi al silenzio osservò il posto vuoto. Francesco neanche la vide la Monteverdi, vide solo le ragazze che popolavano la classe, poi la sua attenzione venne richiamata da uno strano avvenimento. Stavano tutti zitti, si sentivano i soliti bisbigli e starnazzi, Simone giaceva con la testa poggiata sul banco, apparentemente morto.

-Bene, non arriva- disse la professoressa guardando la porta della classe, poi proseguì -Buongiorno ragazzi, da oggi siete ufficialmente alunni del liceo Giosuè Carducci e ciò non è da molti, anche se quest'anno abbiamo fatto qualche eccezione… Sbaglio Dustacci?- Francesco ebbe una fitta allo stomaco e Simone fece finta di nulla.

-Comunque sia non sarà facile per nessuno di voi, compreso il signorino Lombardo seduto in fondo e il caro signorino Nancini qui davanti, la qualità si nota da piccole cose signor Lombardo, sbaglio?- Simone guardò Francesco che andava a fuoco dalla rabbia. La donna sorrise -Nella mia classe, in modo più assoluto sono proibiti i ritardi di ogni tipo-

Si spalancò la porta e una ragazzina sbucò da essa, tutta affannata e con le guance rosse disse -Vi prego ditemi che sono in 1C-.

Risero tutti quanti, la rabbia di Francesco si dissolse e si trasformò in una sonora risata. Simone rimase fermo, incredulo, era lei la ragazza che aveva visto tra la folla, la ammirò da capo a piede e di lei colse ogni singolo particolare. Notò le sue spalle piegate all'ingiù e quel viso dal colorito roseo, vide quel corpo ben proporzionato e uno strano pensiero lo invase, proseguì con il rossore in volto e notò le sue goffe articolazioni ma soprattutto notò quello sguardo impaurito e indifeso.

-Si sente spiritosa lei, signorina?-

-Per niente, ho solo girato mezza scuola perché non riuscivo a trovare l'aula giusta-

-Un quarto d'ora di ritardo per me è un avvertimento, nome?-

-Ni...Nicole- Simone continuava a guardarla affascinato e catturato dai suoi modi strambi.

-Si sieda, Nicole-.

Adesso, l'unico banco libero era quello davanti ai nostri baldi giovani ed è li che si sedette la ragazza ma restò sola, poiché erano dispari.

-Come vedete, quest'anno abbiamo fatto delle eccezioni e non c'è da stupirsi se una ragazza ha il coraggio di arrivare in ritardo il primo giorno, non oso immaginare che accadrà nei prossimi allora- tossì per schiarirsi la voce mentre Nicole quasi afflitta la guardava con disprezzo.

-Oltre ai ritardi, non sono ammessi…-

-Psst- Nicole sentì un bisbiglio, ma dubitava di essere lei l'interessata.

-E mi raccomando ai…-

-Psssst- di nuovo.

-Ricordate sempre tutto l'occorrente…-

-PSSST- non capiva più nulla.

-Il silenzio deve regnare nelle mie lezioni- finì quella tutta soddisfatta.

-NICOL- urlò Francesco nel silenzio più assoluto, tutti si girarono e le parole rimasero bloccate nella gola di Francesco che sotto lo sguardo infuriato della professoressa cercava di riparare -A… Nicola… Un mio caro amico sordo muto, lui di certo sarebbe il suo alunno ideale-.

 

Si ritrovò fuori, in corridoio, il primo giorno di liceo mentre in classe Simone si contorceva dalle risate.

-Cari ragazzi, non ci sono parole… Vi illustrerò il programma di quest'anno- disse quella donna. La Monteverdi era una signora sulla cinquantina convinta di sapere tutto riguardo al mondo e alla società, sempre truccata, con ampie scollature e gioielli sfarzosi che gli venivano regalati da ogni suo spasimante.

Mentre parlava, nell'aula echeggiavano mormorii assordanti, ragazzine con poco cervello che ridacchiavano e ragazzi idioti che le commentavano. Chi guardava il pavimento, chi le finestre e chi si era perso tra la scollatura della professoressa, Nicole ascoltava le parole della Monteverdi insieme ad altri tre alunni e addirittura una ragazza infondo si sistemava il trucco. Due persone, due sole si scambiavano delle occhiate tra le più ossessive. Paolo Nancini fissava Simone che ricambiava con fare insolito.

Suonò l'intervallo e i ragazzi si dispersero per la scuola.

Francesco e Simone, usciti dall'aula si diressero verso i bagni, Simone aspettò fuori poiché le ultime parole di Francesco furono “ci metto un po'”.

Stava poco distante dal muro e si guardava intorno, cercava Nicole, sforzo invano poiché lei se ne stava tutta tranquilla in classe a sorseggiare Sprite.

Vide Paolo avvicinarsi con due ragazzi, uno dei quali molto grosso. Non ci fece molto caso ma per qualche strana ragione iniziò a sudare freddo sperando che Francesco uscisse al più presto, si girò dall'altra parte, l'ansia gli stava smangiando lo stomaco, la paura lo stava soffocando. Di colpo venne sbattuto spalle al muro, una presa molto forte lo tenne incollato alla parete con forza, il volto di questo gli si avvicinò e con un ghigno malefico stampato in viso, lo stesso di anni e anni prima, disse

-Non ti resta molto-.

Gli sputò in faccia.

 

   
 
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