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Autore: Princess_Klebitz    31/12/2015    0 recensioni
Amici fino alla morte ed oltre; nemici controvoglia. Musica, amore e morte nella metà sbagliata degli anni '90, scaraventati avanti volontariamente per non poter più tornare indietro.*
La tregua tra la Ragione ed il Caos durava da troppo tempo; quando si accorsero dell'errore, corsero ai ripari, e l'Immemore e l'Innocente si trovarono faccia a faccia, dopo anni di ricerche, per riportare la situazione in parità.
Un errore troppo grosso, la persona sbagliata, un imprevisto che non doveva assolutamente accadere.
Storia scritta nel 1997, e l'epico tentativo di riscriverla senza snaturarla.
Spero qualcuno apprezzi.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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48. Un incontro cercato

 

(Un altro dove \ Un altro quando)

 

Dayer si stava muovendo, scivolando sinuosamente sulla lastra di ghiaccio di quella che ormai era diventata la sua casa.

D'altronde, da quanto era in quel luogo?

Da quanto aveva atteso di essere pienamente nelle sue forze e anche più, per muoversi?

 

Mesi?

Anni?

Forse secoli, ancora?

 

No, non secoli; il Caos l'avrebbe annullato, dando per fallita la sua missione.

La sua unica missione.

 

Uccidere il suo nemico.

Uccidere l'Immemore.

Uccidere Alael.

 

Quel detestato, troppo sicuro di sé e superbo combattente ed emissario della Ragione che l'aveva distolto già una volta dai suoi propositi e l'aveva mandato a cuccia con la facilità di un movimento della mano nel vento.

Alael si credeva forse la Luce stessa, non un essere di Luce ma c'era di più di ciò l'aveva fatto infuriare in modo che, quando era stato creato, aveva creduto non fosse possibile.

 

Alael lo compiangeva; aveva pietà di lui e specialmente del suo Esterno.

Il suo Esterno che l'aveva finalmente accettato, dopo anni di resistenza, tentativi malriusciti di ospitarlo per poi respingerlo ancora con orrore -cosa che acuiva in modo netto la rabbia di Dayer- e persino modi per sbarazzarsi di lui.

Di Lui!!

 

Di Dayer, l'Innocente.

Il più forte emissario del Dolore e del Caos mai forgiato.

 

Ma finalmente l'aveva accettato, lo sapeva.

Sentiva le sue sensazioni espandersi come non mai, attingere senza sosta a quel tesoro senza fine del suo esterno umano.

Come un pozzo oscuro e fetido, portatore solo di cose spiacevoli, la malsanità del suo 'amico' era stata nascosta, resa invisibile e forse neppure ne era cosciente di portarla.

 

Tutte cose che giocavano a suo favore.

O forse non per caso il suo nome era Dayer, sì.

L'Innocente.

 

'Che stupenda ironia', pensò, scivolando sul ghiaccio insanguinato della sua terra natìa come un serpente, camminando senza toccare terra ma muovendo i fianchi in un modo che aveva appena attinto a quel meraviglioso pozzo oscuro.

Allo stesso modo si passò una mano sul viso, levandosi una ciocca di capelli ('capelli, che bellissima cosa!') dagli occhi in un gesto naturale.

 

 

Davanti a lui, a pochi passi, Alael l'Immemore giaceva in una sorta di trance, sdraiato supino.

Dayer si fermò a pochissima distanza e si accovacciò, con una stupenda nuova grazia e si allungò finchè la sua faccia sovrastò quella del nemico.

 

“Voglio provare una cosa...”, mormorò sorridendo, gli occhi fissi negli occhi senza luce dell'Immemore.

Sguainando la sua spada, lentamente, e sempre oscurando quello strano sole che mandava quella forte luce con il suo viso.

Allungò la mano non occupata dalla spada e, lievissimamente, accarezzò il volto di Alael.

Immobile, eppure pian piano sempre più presente.

 

Dayer si abbassò lentamente.

Le sue labbra arrivarono a pochi centimentri dalle labbra dell'Immemore, e lì si fermarono.

Bellissime labbra quasi a toccare altre bellissime labbra.

Morbide, invitanti...

Più da mordere, secondo la sua indole, che da baciare.

 

...forse non esistevano.

Niente e nessuno esisteva, al di fuori della missione, tantomeno loro due.

Specialmente adesso.

Ma Dayer era speciale e non si sarebbe accontentato di una facile uccisione; ma neppure di una schifosa pietà per la sua vita.

 

I suoi occhi si illuminarono, mentre rimaneva fermo in quella posizione e gli occhi di Alael recuperavano lucidità e colore.

“Voglio provare una cosa...”, ripetè.

 

Un'altra carezza.

“Me lo lascerai fare?”, chiese, con un tono di dolce minaccia.

*

*

“Siamo sicuri che non proverai altri volteggi senza rete?”

“Mmm?”

 

Dorian stava guidando il suo transatlantico di Jaguar con cura, mentre Justin si era ormai addormentato con la testa contro la portiera in modo doloroso per il futuro del suo collo, prima di essere risvegliato.

 

“Volevo dire...”

“Sì, ho capito cosa vuoi dire.”, borbottò Justin, strofinandosi gli occhi arrossati dal jet lag e -come scordarsene!- dal pianto di poco prima. “Niente più tentativi di volteggio senza rete. Promesso.”

 

Dorian non si girò neppure a guardarlo né proferì verbo.

Justin si accorse di non essere creduto proprio dal suo silenzio e si snebbiò notevolmente il cervello, riportandosi in posizione quasi seduta.

“Gesù, Dorian, se ti ho detto che...!”

 

Dorian non replicò, non ancora, si limitò a lanciargli un'occhiata per traverso, dal suo monitoraggio del poco traffico e dalla guida difficoltosa dell'auto.

Inutile dire che Justin si sentì infiammare sotto quell'occhiata, ma in nome del recente lavaggio di coscienza e recupero dei suoi detriti d'amicizia a discapito della sua massa -comunque sempre presente- di nervosismo e tragedia, tentò di approcciarsi in un modo più soft di come avrebbe fatto al solito.

 

“E va bene, non mi credi.”, sospirò, lasciandosi cadere teatralmente le mani in grembo.

“Justin...”

“No, ok. Me lo merito. Ho fatto una cretinata. Una cretinata che ci costerà minimo un'influenza, oltretutto.”, replicò, sentendosi già un certo pizzicorino alla gola ed al naso. “Ora dimmi cosa dovrei fare per convincerti.”

 

Dorian mugugnò qualcosa, ma Justin, che pure era ad orecchie tese, non capì.

Niente di buono, comunque, conoscendolo.

Dalla sorveglianza ventriquattrore su ventiquattro personale ('perchè riterrebbe che la farei sotto il naso a qualsiasi agente, questo prevenuto.', pensò torvamente.) al rinchiuderlo in qualche istituto per celebrities fuori di testa, magari cammuffato da rehab.

L'unica, per il momento, sarebbe stato tirarglielo fuori di forza, perchè era qualcosa che non piaceva neanche al caro biondino, si era capito.

 

“Puoi ripetere, per favore?”, scandì Justin, con la massima calma. “Lo sai che ti mangi le parole.”

Dorian si trattenne dal non mandarlo al diavolo dopo quel culmine arrivato in fondo ad una settimana che definire infernale era poco.

La verità era che non sapeva neanche lui cosa fare per potersi fidare.

Se gli avesse letto nel pensiero Justin avrebbe macabramente esultato poiché avrebbe beccato un facile jackpot: come sorvegliare o farsi promettere qualcosa da quel gaglioffo matricolato del suo miglior amico, noto per non essere la più limpida delle persone?

 

“Ne parleresti con gli altri?”

 

La reazione scomposta di Justin alla proposta fu tutto un dire, ma nonostante tutto il tizio che ora era quasi in ginocchio sul sedile della sua auto si sentì in dovere di fare sentire anche verbalmente la propria risposta ed in modo così stentoreo e immediato che Dorian quasi sterzò bruscamente dallo spavento.

 

“MA NEANCHE MORTO! ANZI, SOLO DA MORTO!!,SE VUOI SPINGERMI A SUICIDARMI QUESTO E' IL METODO MIGLIORE!! EDDIE... EDDIE MI TRASCINEREBBE IN UN ISTITUTO PSICHIATRICO, E COME MINIMO GETTEREBBE LA CHIAVE! E SHANE, OH DIO, SHANE...”, e al pensiero del suo robusto amico Justin si rimise seduto in un lampo a fissare la strada come un coniglio abbagliato dai fari dell'auto mentre Dorian prendeva un respiro e si concedeva di guardarlo allibito per poi scuotere la testa, finalmente sentendo la tensione sciogliersi.

 

“Sì, quello ti farebbe l'equivalente di un elettroshock a calci, probabilmente.”, si ritrovò a sorridere suo malgrado Dorian, per poi rimettersi a pensare.

Nel suo sbraitare, Justin aveva fatto intendere anche che non vi erano istituti correzionali di qualsiasi tipo, ospedalizzazioni o terapie di sorta nel suo futuro.

 

Il bello era che se solo avessero proclamato illegale il vario e multicolore cielo di psicofarmaci, visto il suo feeling saltuario ma in fondo mai sopito con le droghe, quell'imbecille di Justin si sarebbe sottoposto a qualche trattamento anche solo per provare qualcosa che gli alterasse la coscienza, il ritmo biologico o l'umore, ma come farlo approdare ad una terapia farmacologica senza passare attraverso un qualche tipo di iter?

 

E poi, sotto sotto, se Justin aveva bisogno di una visita forse non ne aveva anche lui, col suo delirio di incubi e contorno?!

Non era forse quello che dava più fastidio a Dorian, ammettere che forse erano entrambi da ricovero?

 

Accantonò quei pensieri con un sospiro, vedendo ragazzi della loro età attraversare allegramente la strada e notando che Justin aveva ormai perso l'ombra di qualsivoglia sonno, assumendo quella faccia da schiaffi tipica e stando stravaccato sul sedile come quel dannato ragazzino cocciuto che era.

'Idiota.', pensò affettuosamente, mentre sterzò pericolosamente -e all'ultimo minuto, facendo dubitare la Jaguar E-Type di riuscire appieno nella sua manovra senza lasciarci almeno un parafango contro l'angolo- in una via a sinistra, facendo raddrizzare di colpo Justin, allarmato.

“Checcaz...E' senso vietato!!

“Rilassati, mi serve solo un parcheggio....coooosì. Olà!” si concesse Dorian, soddisfatto, dopo un paio di manovre avanti e indietro

 

Justin si guardò attorno, nel suo posto passeggero, e quando si girò per parlare con Dorian gli arrivò in faccia solo il forte rumore della portiera che si chiudeva; il biondino aveva approfittato del suo momentaneo spaesamento per togliere il suo ammirato fondoschiena dai sedili e scendere, stiracchiandosi e sbadigliando nel contempo.

“Dove diavolo mi hai portato?”, lo aggredì quasi Justin, sceso velocemente a sua volta ma tenendo ancora una portiera aperta.

“Siamo ancora a Ballymun, non vedi le 'Torri'*?”,si appoggiò Dorian al tetto della macchina, fissandolo.

“Sì, le vedo. Che ci facciamo ancora a Ballymun?”, chiese l'altro, dubbioso, occhieggiando il pub di periferia.

“Andiamo a berci una pinta come dei comuni mortali. Dio solo sa se ne ho bisogno.”, scosse la testa il biondino, con aria sorniona.

“Ma... qui?! In questo pub scalcagnato?!”

Dorian lo fissò per un momento allibito per poi farsi apparire un meraviglioso sorriso allegro che non si vedeva ormai da settimane.

 

“Dio Mio, Justin! Smettila di sembrare una verginella nel Bronx!”, lo canzonò, vedendo come Justin lo stesse guardando come fosse un sudicio buco degno del bagno di Trainspotting. “Il pub dove lavoravi durante le vacanze estive a scuola non era certo più 'in' di questo!

Justin lo fissò sentendosi colpevole e chiuse finalmente la portiera, con le guance in fiamme.

“Touchè.”, mormorò. “Queste feste da vecchie rockstar, backstages e festival ci stanno dando alla testa. Celebriamo il ritorno al vecchio pub con un paio di belle pinte.”, ridacchiò , finalmente sollevato.

 

“E davanti ad una birra vedrai che troveremo una soluzione.” disse con tono volutamente leggero Dorian. “Una birra in corpo fa muovere sempre il cervello verso buone idee.”, proclamò solennemente mentre si voltava verso la fine del vicolo e l'ingresso del pub, seguito da un gemito di Justin che gli fece abbozzare una risata.

 

Ma i suoi occhi non ridevano, anzi.

Sembravano diventati distanti e valutativi.

 

Freddi.

 

*

*

 

(Un altro dove \ Un altro quando)

 

Dayer era fermo da un bel po' in quella posizione di bacio, sguainando la sua spada centrimetro per centrimetro in una deliziosa agonia.

 

Tutto gli procurava piacere in quel momento: il sapere di potere mettere fine alla vita di Alael mentre questi, seppure ancora distaccato, se ne sarebbe accorto e si sarebbe finalmente reso conto di che fatale errore aveva fatto a sottovalutarlo e, soprattutto, compatirlo.

La sua semplice posizione fisica di predominio.

Persino la spada che frizionava, metallo contro metallo, uscendo dalla guaina gli procurava piacere.

 

Era edonista, speciale o forse solo sciocco, ma stava attendendo il risveglio dell'Immemore pazientemente e, appunto, con un grande fremito di gioia che si avviava ad esplodere.

 

Ormai solo un velo staccava Alael dalla lucidità, quella che pervadeva Dayer e che, eppure, lo riempiva di calma.

Con quelle labbra così invitanti a pochi centimetri dalle sue, l'Innocente finì di estrarre la spada pur sempre fissando, occhi bellissimi in altrettanti, quel minimo velo di opacità del nemico; se avesse potuto, l'avrebbe bruciato con il suo nuovo e bellissimo sguardo.

 

Alael riprese conoscenza come attraversando una nuvola, sofficemente, e fissò dritto negli occhi Dayer, quegli occhi luminosi e giocosi ma allo stesso tempo attenti.

 

Dayer si umettò le labbra con la punta della lingua, sempre così vicino come non erano mai stati.

Se un'emozione vi fu dall'emissario della Ragione, questa non trasparve se non un'educata curiosità che poi venne espressa sempre con quella voce dolce ed assurdamente ragionevole.

 

“Salute Dayer, emissario del Caos. Cosa ci fai sopra di me?”

 

Davvero credeva di poter rimanere lucido, Dayer, con quel forbito assassino della Luce?!

No, in un attimo non era più calmo, ma non pensò neppure di recedere dal proposito che lentamente era maturato nella sua mente.

 

“Ti sto per uccidere, Immemore.”, disse, in tono distaccato.

 

Sollevò la sua spada con entrambi le mani e poi si riabbassò lentamente, uno sguardo di sfida nei suoi occhi.

“Potresti fermarmi?”

Alael non disse niente, continuò solo a fissarlo negli occhi.

“Hai paura?”

“...”

Non hai paura?”

“...”

“Non temi per la tua missione?”

“...”

 

Perplesso, Dayer si accovacciò, quasi sedendosi sul busto del suo avversario, le gambe che stringevano i suoi fianchi.

“Eppure sento... sento la tua paura.”, e chiuse gli occhi per meglio assaporarla, come un prelibato aroma che aprendo gli occhi sarebbe svanito. “Sento... timore. Paura... Ma non per me. E nemmeno per te...”

E d'improvviso aprì gli occhi, stupito ma non fino in fondo.

 

In fondo gli era stato detto.

 

“Sento... amore! Temi per il tuo umano!”, quasi rise, con quegli occhi capricciosi.

“Sì.”

 

Dayer rise e poi sollevò la spada di nuovo, contro quel pallido e strano sole, tenendola alzata.

“ADDIO, IMMEMORE!!”

 

Calò la spada in un colpo in verticale con tutta la sua forza, in un fendente mortale.

Scalfì il ghiaccio a pochissimi millimetri dal volto di Alael, che ancora non si decideva a mostrare una qualsivoglia emozione, ma ora Dayer non ne aveva bisogno.

 

Si abbassò fulmineo, tenendo sempre la mano sulla spada e mormorò sempre a pochi centrimetri dal suo nemico.

“Sapevi che non ti avrei ucciso, vero?”

“Sì.”

Perchè?!

“Vuoi prima far distruggere il mio est... umano.”, e finalmente un'emozione trapelò dagli occhi dell'Immemore.

Una lacrima.

Una singola lacrima su un volto di pietra.

 

“Non farlo. E' puro e innoc...”

“INNOCENTE!!”,gli urlò Dayer in piena faccia. “Innocente?! Quello sono io!! Io, io, io, IO!!”, e si battè la mano non occupata sul proprio petto, rialzandosi un po'.

“IO ho... sprecato...usato...anni,anni e anni per soffrire, IO vivo e soffro!”, e finì mormorando, a testa bassa. “IO ho legato a me il vero innocente.”

 

“Se così dici, lasciali andare.”, lo supplicò in un mormorìo Alael, anche se sapeva che sarebbe stato vano.

 

Difatti Dayer si portò di nuovo a tiro di bacio e lo fissò, come se la tempesta dentro di sè non fosse mai avvenuta.

“Cosa farebbe il tuo umano per difendersi?”

“Non credo potrebbe difendersi da te, dal tuo Esterno.”, ed un'altra lacrima seguìla prima sul volto marmoreo dell'emissario della Ragione. “Potrebbe, ma non penso lo farà E tu in questo modo li condannerai.”, e chiuse gli occhi, non volendo vedere di più nel futuro.

 

Dayer stette un buon minuto a fissarlo, poi si aprì in un sorriso meraviglioso.

“Lo sapevo.” sussurrò. “E se ora io ti uccidessi qui? Mh?”

“Fallo. Sarebbe solo un atto di pietà.”, mormorò Alael, esausto da quell'incessante lavorìo che vedeva in quegli occhi del suo nemico. “Sarebbe pietoso anche per te.”

 

Dayer si abbassò ulteriormente; parve pensarci per un attimo.

Poi le sue labbra si poggiarono, fresche e morbide, su quelle di Alael, mentre la spada veniva tolta dal ghiaccio.

Sempre in quello strano bacio, in cui il freddo di Dayer e l'asciutto di Alael si incontrarono in una sorta di amara dolcezza, l'Innocente appoggiò la sua arma alla guancia dell'Immemore e, con lentezza, iniziò a lasciargli un segno, uno sfregio sul viso.

 

Quando le labbra si staccarono anche la ferita fu completa e Dayer, senza mostrare di voler fare altro, si alzò con un unico movimento fluido e lo fissò dall'alto al basso, assumendo un'aria cupa.

“Ora ci credi che saròin grado di compiere la mia missione?”

“Non lo credo. Ma so che ci proverai.”, disse a bassa voce Alael, alzandosi a sua volta e passandosi una mano sulle labbra, non degnando lo sfregio.

 

Dayer avrebbe usato la cortesia di quel bacio come il suo esterno avrebbe usato al suo avversario, forse solo per addolcire la sua morte, fargli capire che quel distacco non sarebbe dipeso da lui o forse persino dimostrargli che il suo amore travalicava il suo gesto.

Oppure l'avrebbe liquidato freddamente, senza neppure quel gesto pietoso.

Era poi un gesto pietoso, mostrare un sentimento per poi rinnegarlo?

Alael pensava che fosse piuttosto crudeltà, come aveva usato ora fare Dayer.

 

Dayer avanzò di un passo e mise di nuovo la spada vicinissima al viso di Alael, che rimase immobile, con lo sguardo triste.

“Ora so cosa mi troverei davanti...”, sibilò, con rabbia. “Arrendevolezza. E non mi piace.”

“Tu vorresti una grande battaglia.” gli rispose Alael, sempre col suo modo pacato. “Ma io non posso dartela.”, e scostòla spada con un semplice movimento, abbassando gli occhi. “Potrai vincere, all'inizio, ma perderai alla fine.”, continuò rassegnato. “Perderai, ma prima farai soffrire come non mai tutti noi.”

 

 

 

Dayer gli diede le spalle, sicuro di non essere colpito, e tornò ad allontanarsi lentamente.

Quando si fu un po' allontanato, Alael, finalmente libero di lasciare le sue emozioni, lasciò le lacrime scorrere e non impedì che la sua voce uscisse, imponente.

“Soffrirai, Dayer l'Innocente! Soffrirai in ogni caso!!

 

Poi si passò una mano sulla guancia e la trovò sporca di sangue dalla ferita.

“Soffrirai... Come tutti noi.”

Si guardò la mano, non vedendola veramente.

Quante persone farai soffrire, mio amato? Quante?

*

*

 


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