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Autore: manueos85    01/01/2016    2 recensioni
Il rapporto tra genitori è figli non è mai semplice... Soprattutto quando il padre in questione è l'Hokage e il figlio risponde al nome di Boruto Uzumaki!
Una bravata con i fiocchi si merita una punizione esemplare e questo segna l'inizio di un lungo viaggio in un intreccio di ricordi vecchi e nuovi. A fare da guida un Virgilio d'eccezione: Sasuke Uchiha.
Nota: Questa storia partecipa al Contest "The journey that opened his eyes - Quel viaggio che gli aprì gli occhi - Naruto Contest" indetto da Nede
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boruto Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Capitolo 7

 

Quello che accadde dopo fu tutto troppo veloce.

Suo padre fissò sua madre completamente sbalordito per quelle parole pronunciate in un soffio.

Sua madre serrò la presa sul paletto di metallo nero che gli teneva le mani inchiodate a terra.

Pain alzò il braccio contro di lei.

Boruto si sentì afferrare e caricare sulla spalla di Sasuke-sensei come un sacco di patate, poi lo shinobi si mise subito a correre per allontanarsi dal quel luogo il più in fretta possibile. In un momento, gli alberi si erano richiusi alle loro spalle, impedendogli di vedere cosa stava accadendo, ma nelle sue orecchie era risuonato ugualmente il grido di suo padre che invocava il nome di sua madre appena prima di percepire lo sprigionarsi dell'immenso e spaventoso chakra di Kurama.

Stava succedendo qualcosa di terribile e doveva sapere cosa fosse capitato a sua madre.

Gridò anche lui, agitandosi, ma lo shinobi era molto più forte e bloccò tutti i suoi tentativi di liberarsi.

“Lasciami!” urlò come un ossesso, tempestandogli di pugni la schiena. “Lasciami andare!”

Se avesse gridato al vento, questo gli avrebbe dato più ascolto. Invece Sasuke-sensei smise di correre solo quando furono di nuovo in vista di Konoha e soltanto allora gli permise di rimettere i piedi per terra.

Boruto ne approfittò immediatamente per cercare di colpire il maestro con un pugno all'addome, ma era ovvio che il suo sarebbe stato un tentativo inutile. Lui non dovette fare nemmeno troppo sforzo per bloccargli entrambi i polsi. In un battito di ciglia, scivolò alle sue spalle e gli torse le braccia dietro la schiena in una morsa che, pur non facendo male, lo bloccava completamente. Tentò allora di sferrare un calcio all'indietro, ma Sasuke-sensei si limitò a spostarsi appena al di fuori della sua portata prima di costringerlo in ginocchio.

Così immobilizzato, non gli restò altro da fare che urlare e lo fece con tutta l'aria che aveva nei polmoni, ricoprendo lo shinobi con tutti gli insulti più coloriti che riuscivano a farsi strada fino alla sua bocca.

Alla fine, però, dovette interrompersi per riprendere fiato e il respiro gli si spezzò in un singhiozzo proprio mentre le prime due lacrime gli sfuggivano dalle palpebre serrate. Tutta la rabbia che aveva in corpo defluì da lui, lasciandolo svuotato.

“Calmati adesso” gli disse Sasuke.

La voce dello shinobi era quasi dolce mentre scioglieva la presa che lo teneva fermo, ma, invece di lasciarlo andare, un suo braccio gli circondò le spalle, protettivo e confortante allo stesso tempo. Se non avesse saputo che si trattava di Sasuke-sensei, Boruto avrebbe potuto giurare di trovarsi stritolato nell'abbraccio di suo padre tanto era simile la sensazione che gli procurava, ma quello ebbe l'effetto di farlo piangere ancora più forte, singhiozzando sulla spalla del maestro come un bambino piccolo. Si odiò, ma non ci poteva fare niente. Più cercava di trattenere le lacrime, più queste sgorgavano copiose.

Il maestro non disse altro. Lo spinse solo a nascondere la faccia contro il suo petto mentre piangeva e si aggrappava alla sua divisa da jonin, lasciandolo sfogare finché i singhiozzi non iniziarono lentamente a diminuire.

Alla fine, fu Boruto a scostarsi. Tirò su col naso e si asciugò gli occhi, guardando ovunque tranne che il volto del sensei.

“Va meglio?”

Il ragazzino annuì. Si sentiva la voce ancora troppo incerta per parlare.

“Kami, è incredibile quanto somigli a quel dobe di tuo padre! Oltre a mangiare, fare disastri ed essere rumoroso come lui, piangi anche nello stesso identico modo! Mi sembra davvero di rivedere lui marmocchio ai tempi dell'Accademia” ridacchiò lo shinobi. “Non c'è proprio alcun dubbio che sei suo figlio.”

Boruto sospettava di avere gli occhi rossi e gonfi per il pianto che si era appena fatto, quindi sapeva che un'occhiataccia al sensei non avrebbe avuto lo stesso effetto di quelle dei suoi momenti migliori. Tuttavia, non riuscì a evitare di guardare Sasuke e ne fu stupito perché, per la prima volta, il maestro pareva sorridere genuinamente. Quello era un vero e proprio sorriso, non uno dei suoi soliti ghigni obliqui tanto irritanti.

“Sensei...”

“Sì?”

Quel raro sorriso svanì altrettanto rapidamente di com'era arrivato e lo shinobi tornò lo stesso uomo serio di sempre.

“Questa volta non sono stato io a scappare.”

“Lo so.”

“Perché mi hai portato via?”

“Non ti sarebbe servito a niente vedere cos'è accaduto dopo e quella parte di foresta stava per essere distrutta da tuo padre. Hai sentito che stava liberando il chakra di Kurama.”

“Sì, ma...”

“Il fatto che siamo nel passato non ci mette automaticamente al sicuro dai pericoli” spiegò il maestro. Se fossimo rimasti ancora lì, saremmo morti.”

“Ma io voglio sapere cos'è successo a mamma.”

Sasuke-sensei, ancora una volta, sembrò ponderare la risposta.

“Dal momento che sei nato, non dovresti avere dubbi sul fatto che è sopravvissuta. Ma il colpo di Pain è stato tanto forte che le ha fatto perdere coscienza e in quel momento tuo padre ha creduto davvero che fosse morta. La rabbia e il dolore che ha provato gli hanno permesso di scatenare il chakra di Kurama, di liberarsi e sconfiggere Pain.”

“Mamma è stata davvero coraggiosa.”

“È vero.”

“Ed era davvero disposta a morire pur di proteggere papà.”

“Tuo padre l'aveva capito molto prima di me che l'amore è una forza molto più potente dell'odio.”

“Ma lui avrebbe sul serio permesso a mamma a morire per salvarlo!”

“No. Mai.”

“Ma...”

“Pain era un avversario davvero duro. In un campo di battaglia e in una situazione difficile come quella, alcune morti sono inevitabili. Tua madre lo sapeva bene e nonostante questo ha deciso di combattere di sua spontanea volontà per difendere ciò in cui credeva, mettendo a rischio la sua stessa vita. Ma tuo padre non avrebbe mai volutamente permesso a nessuno di sacrificarsi per lui. Va contro ogni suo principio di ninja e contro la sua visione dell'essere Hokage.”

“Perché tutto gira sempre attorno a questa cosa della visione?”

Questa volta, il sorrisetto che Sasuke-sensei gli rivolse era quello irritante di sempre.

“Rimettiti in piedi, ragazzino. Manca ancora qualcosa prima che la tua lezione finisca.”

 

***

 

La Konoha a cui fecero ritorno era molto più simile a quella cui era abituato. L'Accademia Ninja aveva l'aspetto di sempre e, insieme ai volti di pietra dei suoi predecessori, spiccava anche quello del Sesto.

Sasuke-sensei camminò in silenzio per le strade affollate e Boruto lo seguì, chiedendosi un po' incuriosito in quale ricordo sarebbero incappati quella volta. La gente era impegnata nelle faccende quotidiane e sembrava tranquilla. Qua e là, il ragazzino colse alcuni stralci di conversazione che gli fecero intendere che, dopo la grande guerra, i clan erano in pace e ognuno era impegnato nella ricostruzione di ciò che era andato distrutto durante la battaglia contro Madara.

Anche il vecchio quartiere Uchiha stava lentamente tornando alla vita. Iruka-sensei gli aveva raccontato che per tanti anni quel quartiere era stato abbandonato e che solo dietro insistenza del Sesto Hokage e di suo padre le cose avevano iniziato a cambiare. Quando lo aveva interrogato in merito, il vecchio sensei gli aveva spiegato che la gente di Konoha aveva sempre evitato le case abbandonate perché tanti anni prima erano state teatro della grande strage che aveva sterminato l'intero clan Uchiha ad eccezione di Sasuke-sensei, unico sopravvissuto.

Ora le case venivano rimesse a nuovo e l'intero quartiere risuonava di colpi di martello e grida di operai.

Boruto si guardò attorno, cercando di cogliere tutti i cambiamenti che c'erano stati, ma presto cominciò a capire dov'erano diretti.

Ne ebbe la conferma quando giunsero in vista del quartiere degli Hyuga. E lì, un po' separata dalle altre, vide la familiare casa vecchio stile con i muri verniciati di un caldo color albicocca, che balzava all'occhio contro le altre intonacate di colori più chiari.

Il ciliegio nel giardino sul retro era più basso, ma non c'era alcun dubbio.

Quella era casa sua.

Un gruppetto di jonin aveva appena bussato alla porta e, dopo qualche istante, sua madre aprì.

Si notava che aveva qualche anno in più rispetto alla ragazza che aveva appena visto combattere contro Pain, ma Boruto pensò che la sua mamma non era mai stata tanto bella come in quel momento. Il kimono verde acqua che indossava le donava moltissimo, mettendo in risalto tanto gli occhi chiari quanto i lunghi capelli neri.

Rivolse un sorriso gentile ai visitatori prima di fare un lieve inchino.

“Hokage-sama” disse. “Sasuke-san. Shikamaru-san.”

Era stato tanto preso dall'osservare lei che Boruto non aveva fatto minimamente attenzione ai tre shinobi. Tuttavia, anche se sua madre non li avesse chiamati per nome, avrebbe riconosciuto le loro figure ovunque, anche di spalle com'erano in quel momento. In fondo, era pur sempre cresciuto circondato da loro e ricordò con un po' di imbarazzo di aver spesso giocato sulle ginocchia del vecchio Hokage quando questo si fermava a cena da loro, per nulla turbato dalla benda che gli nascondeva l'occhio con lo sharingan. Anzi! Per anni il suo obiettivo era stato quello di sbirciarci al di sotto per svelare quel mistero.

“Kakashi è sufficiente” replicò il Sesto. Nonostante la bocca e l'occhio sinistro fossero coperti come al solito, non era difficile intuire che stesse sorridendo. Si tolse il cappello simbolo della sua carica. “Dov'è Naruto?”

Hinata si fece da parte, invitandoli a entrare. “È in giardino.”

“Immagino che sia in compagnia di Gaara” disse Shikamaru.

“Sì.”

“Shikamaru?”

L'Hokage rivolse all'interpellato un'occhiata interrogativa, inarcando appena il sopracciglio visibile. Se lo conosceva bene, Boruto poteva immaginare che lo shinobi non fosse contento di non essere stato messo al corrente di quel dettaglio prima di quel momento.

“Temari” si limitò a rispondere il più giovane. “Suo fratello ha approfittato dell'incontro con i Kage per farle visita e proprio ieri mi ha detto che gli sarebbe piaciuto passare un po' di tempo con Naruto. Dato che ripartirà domani per Suna, oggi era la sua unica possibilità.”

L'espressione impassibile di Sasuke non cambiò mentre Kakashi sospirava.

“La prossima volta avvertimi prima.”

“A Gaara non importerà. Anzi, può aiutarci a convincerlo” ribatté Shikamaru, per nulla turbato dal blando rimprovero dell'Hokage.

I tre entrarono in casa e sua madre chiuse la porta alle loro spalle, tagliandoli fuori dalla loro conversazione.

“Convincerlo?” chiese Boruto, guardando Sasuke-sensei accanto a lui.

“Già.”

“Convincerlo di cosa?”

“Adesso lo vedrai. Vieni con me e, mi raccomando, fai piano.”

Sasuke-sensei prese la rincorsa e balzò agilmente sul tetto, atterrando sulle tegole rossicce più silenziosamente di un gatto.

Boruto lo imitò, anche se il suo atterraggio non fu altrettanto elegante e silenzioso. Fortunatamente, il rumore che produsse fu mascherato dal passaggio di un carro in strada e il ragazzino raggiunse il maestro, sdraiandosi come lui a pancia in giù sulle tegole riscaldate dal sole. Quando sbirciò oltre il colmo del tetto, poté vedere il gruppetto di uomini riunirsi nel giardino.

Suo padre era appena scattato in piedi per accogliere gli amici e Gaara-sama lo aveva imitato più lentamente. I due Kage si scambiarono un cenno in rispettoso saluto, poi sia lui che Kakashi sedettero sui cuscini che sua madre aveva portato in veranda. Shikamaru-san allungò una tazza di tè freddo al cognato Kazekage, facendo gli onori di casa come se si trovasse nella propria mentre suo padre era distratto da una domanda di Kakashi-sama.

Esauriti i saluti e i primi convenevoli, dopo che tutti si furono di nuovo accomodati, suo padre rivolse uno sguardo incuriosito al suo vecchio sensei e agli amici. Era evidente che non si aspettava quella visita.

“Bene, Naruto. Veniamo subito al dunque, così non porterò via troppo tempo a te e a Gaara-sama” esordì Kakashi, sorridendo come suo solito.

“Non andrò in missione, Kakashi-sensei” affermò subito lui. “E ho già spiegato a Iruka-sensei che non intendo assumermi la responsabilità di un gruppo di genin in addestramento.”

“Con Iruka ho già parlato io e siamo giunti alla conclusione che ha già abbastanza jonin per quello. Non voglio che tutti i miei shinobi migliori siano impegnati in missioni di basso livello. E non devo nemmeno chiederti di partire.”

“Allora qual'è lo scopo della tua visita di oggi, sensei?” fu la domanda di suo padre.

“Schietto e diretto come sempre, vedo.”

“Non ha senso perdere tempo attorno a giri di parole, sensei.”

“Capisco. Hai ragione.”

“Quindi?”

“Ho deciso di lasciare la mia carica” disse allora Kakashi, altrettanto schiettamente. “Voglio che tu diventi Hokage al mio posto.”

Suo padre accolse quell'affermazione con un silenzio attonito che si protrasse per diversi secondi mentre fissava il sensei come se gli fosse improvvisamente cresciuta una seconda testa.

“Non fare quella faccia!” ridacchiò allora Kakashi. “Non ti ho chiesto di liberare Kurama per radere al suolo Konoha!”

“Se devo essere sincero, mi avrebbe stupito molto meno” borbottò suo padre, prima di notare che i suoi amici non erano rimasti per niente sorpresi da quell'annuncio. “Voi due lo sapevate già, non è vero?”

“L'Hokage ci aveva già informato delle sue intenzioni, sì” confermò Shikamaru, mentre Sasuke si limitò ad un rapido cenno d'assenso.

“E siete d'accordo con lui?” si stupì suo padre.

“Mi sembra evidente” replicò Shikamaru.

“Anche tu, Sas'ke?”

L'Uchiha annuì di nuovo.

“Gaara? Lo sapevi anche tu?”

“Kakashi-sama me lo ha accennato ieri al termine del summit e, prima che tu me lo chieda, Naruto, sono anch'io d'accordo con lui, anche se è una decisione che riguarda solo la Foglia.”

Suo padre guardò i suoi amici uno dopo l'altro. Alla fine sospirò, abbassò lo sguardo e scosse la testa.

“No” mormorò a bassa voce.

“Naruto...” provò a dire Kakashi, ma il suo ex allievo lo interruppe subito alzando una mano.

“No. Mi dispiace, ma non posso” affermò deciso.

“Non posso crederci. Non detto dal ragazzino che urlava a tutta Konoha che un giorno sarebbe stato il migliore Hokage mai visto” replicò Kakashi.

“Quel ragazzino non esiste più, sensei” rispose allora suo padre. Pareva quasi triste nel pronunciare quelle parole.

“Naruto, mi meraviglio di te” insistette Kakashi. “Non credevo che avresti rinunciato al tuo sogno tanto facilmente.”

Ma suo padre scosse ancora la testa, lentamente.

“Quello di diventare Hokage è sempre stato il mio sogno, fin da quando posso ricordare...”

“Allora cosa ti trattiene, adesso?”

“Non sono la persona più adatta. Shikamaru e Sas'ke sono tutti e due migliori di me per ricoprire questo ruolo.”

“E cosa te lo fa pensare?” domandò allora Shikamaru.

Suo padre guardò l'amico come se non fosse già del tutto ovvio. “Sia tu che Sas'ke siete più intelligenti di me e strateghi più abili. Io non ho nessuna speciale particolarità.”
“Soltanto quella di guadagnarti la fiducia di chiunque, di tirare fuori il meglio di chi ti sta attorno e di farti seguire nonostante tutto” replicò Shikamaru. “Proprio una cosa da poco!”

“Per essere Hokage non basta solo quello!” si infiammò allora suo padre. “Non è così semplice!”

“E se invece fosse l'unica cosa che la gente vuole realmente?” domandò Kakashi. Il sensei appoggiò i gomiti sulle ginocchia, incrociò le mani sotto il mento e guardò intensamente il suo ex allievo. “Qualcuno in cui riporre una fiducia incondizionata?”

“Sas'ke, digli anche tu che è una follia...” tentò allora, appellandosi all'amico che ancora non aveva aperto bocca. “Digli che tu riusciresti meglio...”

“Dobe” lo interruppe lui con un piccolo sospiro esasperato. “Devo davvero ricordarti che sono un ex nukenin? Chi mai vorrebbe proprio me come Hokage?”

“Ma perché vuoi lasciare la carica, sensei? Non puoi semplicemente continuare tu?”

Kakashi sospirò a sua volta.

“Cerca di capire, Naruto. Io sono stato un sostituto fin dall'inizio. La gente ha accettato me come Hokage solo in attesa che tu fossi pronto.”

“E cosa gli fa credere che ora lo sia?”

“Lo sei. Lo sanno loro e lo sai anche tu.”

“Perché io?”

“Perché sei l'eroe di Konoha” rispose Kakashi, serio. “Sei quello che li ha guidati alla vittoria contro Pain e nell'ultima grande guerra. Sei il figlio del Quarto che si è guadagnato lottando il loro rispetto. Sei l'esempio a cui guardano le nuove generazioni di genin e chunin. Sei il compagno che è sceso sul campo di battaglia gomito a gomito con gli altri shinobi, condividendo i loro dolori e le loro ferite. Sei l'unico Jinchuuriki che sia mai riuscito ad andare d'accordo con Kurama e a farsi accettare dagli altri Cercoteri. Devo continuare ancora?”

Suo padre scosse ancora la testa. “No.”

“Davvero non capisco perché, Naruto” insistette l'Hokage. “Dammi una valida motivazione.”

“Boruto.”

 

***

 

Il suo nome era l'ultima parola che si era aspettata di sentir lasciare le labbra di suo padre e il ragazzino sgranò gli occhi, trattenendo bruscamente il respiro.

Sasuke-sensei gli strinse il braccio per ammonirlo di rimanere in silenzio e lui tornò a seguire con apprensione la conversazione che si stava svolgendo nel giardino.

Kakashi-sensei era ugualmente perplesso dalla risposta ricevuta. “Non capisco” ammise con sincerità.

“So che la guerra è stata dura per tutti, ma tutto quello che desidero adesso è stare con la mia famiglia.” Suo padre abbassò la testa a fissarsi le mani, strette a pugno sulle ginocchia. “Sono ingrato ed egoista. So che sono circondato da tanti amici, ma per la prima volta nella mia vita ho finalmente anch'io una famiglia, una famiglia vera, e l'unica cosa che voglio è passare il mio tempo con le persone che amo.”

Kakashi non replicò. Si limitò ad appoggiare una mano sulla spalla del suo ex allievo e attese finché lui non sollevò di nuovo lo sguardo.

“Capisco come ti senti, Naruto” gli disse allora. “Ma ti assicuro che non ti lasceremo solo in tutto questo. Il passaggio sarà graduale e ti insegnerò tutto quello che ti servirà sapere prima di affidare completamente l’incarico a te. Sasuke ha già accettato l'incarico di capo della squadra ambu, ti informerà in ogni momento di ogni singolo movimento di ogni singolo topolino che si aggirerà dentro e fuori Konoha, e Shikamaru sarà il tuo braccio destro, alleggerendoti di molte delle incombenze burocratiche che la carica di Hokage comporta.”

“Ne avrai bisogno, visto che quello lì ha ancora qualche difettuccio” si intromise lo shinobi appena nominato, indicando con il mento l'arto artificiale avvolto nelle bende dell'amico. “Ma per il ramen dovrai arrangiarti da solo. Non chiedermi di imboccarti!”

L’umorismo pungente servì a stemperare la tensione e suo padre ridacchiò alla battuta dell'amico.

“Si tratterà solo di avere qualche migliaio di figli in più di cui occuparsi” aggiunse Shikamaru, con il suo solito ghigno sardonico.

“Una passeggiata” commentò Gaara, inserendosi nel discorso per la prima volta. “Niente che l'eroe di Konoha non possa affrontare.”

“Tante grazie, Kazekage-sama!” brontolò suo padre all'indirizzo dell'amico con una piccola smorfia, rifilandogli un cameratesco pugno alla spalla.

“Allora, Naruto? Se ti rifacessi la domanda, mi risponderesti ancora di no?” chiese Kakashi.

“Sensei…” Il sorriso abbandonò all’istante il volto di suo padre. “Non lo so.”

“Davvero non ti capisco nemmeno io” intervenne Shikamaru. “Perché ti tiri indietro proprio adesso dopo esserti impegnato per tutta la vita a raggiungere questo obiettivo?”

“Ho già detto che lo faccio per Boruto. Solo per lui.”

“Come se il fatto che tu sia diventato padre cambiasse davvero qualcosa. Non venirmi a raccontare queste cavolate perché lo sono anche io e questo non mi impedisce di fare il mio dovere” replicò Shikamaru, irritato.

“Attento, Nara” interloquì allora Sasuke. “Non esagerare.”

Il suo tono era stato neutro, ma anche Boruto percepì la lieve nota di minaccia insita in quell’avvertimento, unita al fatto che l’iride destra dello shinobi aveva mostrato lo sharingan per un fugace momento.

“Scusa, Naruto.”

Lui annuì leggermente, accogliendo le scuse dell’amico.

“Ricordi cosa ti dissi tanti anni fa, sulle tombe di Zabuza e Haku?” domandò allora Kakashi. “Parlammo proprio di questo, ovvero del fatto che essere ninja significa servire la propria gente anche a costo del sacrificio personale. Fosti proprio tu a dire che essere ninja, secondo te, significa accettare di sacrificarsi per il bene delle persone che si amano e questo vale soprattutto per l’Hokage.”

“Lo so fin troppo bene!” ribatté suo padre. Innervosito, si alzò e camminò a grandi passi per il giardino come una bestia in gabbia, i pugni serrati, la mascella contratta, le sopracciglia aggrottate e le spalle rigide. Solo dopo aver fatto avanti e indietro diverse volte tornò ad affrontare lo shinobi più anziano. “Mio padre non ha esitato un solo istante a sacrificarsi per Konoha. Dovresti saperlo anche tu, visto che il Quarto era il tuo sensei. Il risultato è che io sono cresciuto senza di lui, completamente solo, ma non ho intenzione di permettere che questo accada al mio, di figlio!”

“Sei irrazionale. Stai proiettando su tuo figlio lo spettro delle tue stesse paure. Lui non è te e non vivrà le tue stesse dolorose esperienze.”

“Ma se io diventassi Hokage, dovrei essere sempre in prima linea ad ogni minimo pericolo e minaccia contro Konoha! Tu lo sai, non permetterei mai a nessun altro di morire per me!”

“Ma sei anche lo shinobi più potente, sei il Jinchuuriki e non saresti mai solo a combattere. Hai tanti potenti amici in tutti i clan ninja e la lealtà incondizionata di Sasuke. E se anche non fossi l’Hokage, so che non saresti comunque mai capace di rimanere in disparte a guardare. Saresti in prima linea in ogni caso, davanti a tutti gli altri per proteggere ogni singolo uomo, donna e bambino di Konoha perché tu non ti rimangi mai la parola data, perché questo è sempre stato e sempre sarà il tuo credo ninja.”

“Non usare le mie stesse parole contro di me!”

“Ma sai che sarebbe così! E allora perché non dare alla gente della Foglia l’Hokage che desidera?”

Suo padre non rispose né reagì quando Kakashi si alzò in piedi a sua volta, strinse entrambe le spalle del suo ex allievo e lo guardò in viso.

“Se dovesse mai succederti qualcosa in battaglia, Boruto non sarebbe mai solo come lo sei stato tu. Ci sarebbe Hinata con lui. E se per qualche tragico evento dovesse accadere qualcosa anche a lei, hai tanti amici che se ne prenderebbero cura come fosse figlio loro, Sakura per prima. E tutta Konoha ti vuole bene e ti rispetta. Tra tutte, la cosa peggiore che potrebbe capitare a quel bambino è di crescere fin troppo coccolato e viziato!”

Hinata scelse quel momento per alzarsi. Era stata talmente quieta e silenziosa che Boruto non si era nemmeno reso conto che avesse assistito a tutta la conversazione, cullando tra le braccia un neonato. Il ragazzino si sentì attraversare da un brivido quando realizzò che quello scricciolo doveva essere stato proprio lui. Sua madre raggiunse suo padre, ancora fermo in mezzo al giardino, e gli posò delicatamente una mano sul braccio. Si guardarono per un lungo momento negli occhi e, sotto il suo tocco leggero, lui sembrò cedere.

“Naruto…” mormorò lei.

Suo padre tese le braccia e si strinse al petto il neonato, nascondendo per qualche istante il volto nella copertina leggera in cui era avvolto come in un bozzolo.

“Se accettassi, dovrò trascurarlo. Mi perderò tante cose, non potrò esserci sempre per lui anche quando avrà bisogno di me e per questo mi odierà” disse poi, non sapendo che quelle parole si sarebbero rivelate profetiche.

Kakashi-sama ebbe il buon senso di non dire altro e di lasciare che fosse Hinata a restargli accanto. Sua madre mosse la mano che gli teneva ancora sul braccio in una lenta carezza, attirando così la sua attenzione su di sé.

“Boruto capirà” gli disse allora, con convinzione. “Non ti odierà.”

“Hinata...”

“Accetta l'incarico, Naruto. Mantieni la tua parola e diventa Hokage.”

I suoi genitori si guardarono per un altro lungo momento, poi suo padre si girò verso la rupe dei Kage, ben visibile anche dal loro giardino, e i suoi occhi si soffermarono su ciascun volto di pietra. Alla fine, rilassò le spalle, prese un profondo respiro e si voltò a fronteggiare Kakashi-sensei e i suoi amici.

“D'accordo” disse. “Accetto.”





Angolino dell'autrice:
Auguri di Buon Anno a tutti!
Ormai ci avviciniamo alla fine di questa storia, amici miei, e in questo capitolo Boruto ha ricevuto un'altra bella scossa alle sue convinzioni...
Come la prenderà? Per saperlo, non vi resta che aspettare domani per il prossimo capitolo!

  
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