Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Ecila2000    02/01/2016    3 recensioni
-Allora è vero- esclamò lei continuando a osservare il giovane uomo.
Era alto, slanciato e il suo aspetto era assolutamente affascinante.
Completamente in nero e con un paio di guanti bianchi, Sebastian Michaelis guardava col cipiglio alzato la giovane donna che se ne stava tranquilla a sette metri da terra sul ramo di un albero.
-Non capisco Milady, di cosa parlate?- chiese il mero maggiordomo, senza muoversi di un millimetro e mantenendo un sorriso cordiale.
-Che Ciel Phantomhive ha stretto un patto con lei, signor Michaelis, un demone-corvo- disse malignamente la bionda.
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Quanti di voi hanno visto finire la seconda stagione e hanno sentito l'amaro in bocca per la triste fine che fa Sebastian? Fregato dalla propria preda, che misera fine per un demone-corvo.
Ebbene, questa fanfiction da un po' di svolte in più alla storia che molti amano.
Se vi ho incuriositi, buona lettura!
Genere: Azione, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Contratto

 




Appena Mey Rin uscì dalla stanza, Diana, in quel momento seduta su una poltrona esattamente accanto alla finestra, chiuse gli occhi e abbandonò la testa contro lo schienale morbido e di velluto del sofà, facendo attenzione a non rovinare l'acconciatura che la cameriera le aveva fatto su sua richiesta: le aveva pazientemente intrecciato i lunghi capelli per poi stringerli in uno chignon alto e solido.
Avrebbe molto volentieri fatto un pisolino e stava di nuovo per cadere nel sonno quando sentì un rumore fortissimo di qualcosa che cadeva a terra.
Subito aprì gli occhi e si avvicinò faticosamente alla finestra.
Vide il giardiniere della magione che stava tirando giù a suon di pugni una fila di alberi del giardino vicino.
In un primo luogo le sembrò incredibile, poi però si ricordò del maggiordomo di quella casa e delle abilità che lei stessa possedeva e non diede molto peso a quell'ennesima stranezza.
Osservò come ogni maestosa quercia venisse sradicata dal ragazzo come se fosse un'erbaccia secca.
Quasi le venne da ridere, ma il suo sorriso si spense quando vide qualcosa di nero dondolare da un ramo di uno di quelli che stavano per essere abbattuti e impallidì all'istante.
«Fermo!» urlò a pieni polmoni e il ragazzo si fermò, girandosi verso di lei e guardandola accigliato.
«C'è un gatto sull'albero» disse a mo' di spiegazione lei.
Lui alzò lo sguardo e lo vide.
Allora staccò l'albero e con “cautela” lo portò vicino alla finestra della ragazza che allungandosi un po' raccolse l'animaletto impaurito.
Era un cucciolo di almeno un mese, tutto nero e talmente piccolo che si poteva tenere nel palmo di una mano
Appena la bestiola finì in braccio alla ragazza quello, o quella, guardò con degli occhioni azzurri Diana e iniziò a farle le fusa.
Lei se lo strinse al petto e vide che il giardiniere si era arrampicato fino a raggiungere il suo davanzale, su cui si era seduto a gambe incrociate.
«Sembra che gli piacciate!» esclamò contento.
«Come lo chiamerete?» chiese ancora guardandola.
«Non lo so ancora, ma intanto potremo capire se è maschio o femmina» rispose lei, e prendendo l'animale per una zampina delicatamente lo capovolse.
«E' maschio» dichiarò lei dopo un appurato esame.
«Pallino?» propose lui subito
«Santo cielo, no, è terribile!» esclamò lei divertita e disgustata.
«Linus?»
«Niene male, ma ancora non ci siamo».
Entrambi si misero a pensare, mentre il gattino si muoveva impaziente nelle mani della bionda.
«Dark?» disse lei, guardando verso il giovane.
Lui scosse la testa:
«Troppo cattivo, lui è una pallina di pelo carinissima» rispose allegramente dondolandosi.
«Figaro?»
«No, non mi piace» rispose lei.
«Rogers?»
«Anche peggio del primo!» ribattè ancora lei.
Infine, il giovane ebbe l'illuminazione.
«Chaplin!»
«Questo si che mi piace! E Chaplin sia!» accettò lei e anche Chaplin apprezzò la scelta.
«A proposito di nomi, tu come ti chiami?» chiese Diana al biondo.
«Io sono Finnian, il giardiniere» rispose il ragazzo con semplicità.
Era magro e non molto alto, aveva i capelli di un taglio corto, disordinato e di un colore simile a quello del grano, tenuti fermi da fermagli rossi.
Aveva dei grandi occhi verdi, una carnagione chiara e indossava un cappello di paglia, una maglietta bianca e dei pantaloni di plaid.
Le sembrò paradossale che tanta forza potesse risiedere in un corpo così minuto, ma si diede della sciocca vista la gente che frequentava quella magione e sorrise a Finnian.
«Ti spiace se ti chiamo Finny?» domandò lei mentre infilava Chaplin nel cappuccio del vestito, sentendolo iniziare a grattare con i piccoli artigli il tessuto e il pizzo.
«Assolutamente no, milady. Qui nella residenza Phantomhive mi chiamano tutti così» rispose vivacemente e quasi con tono infantile il giovane giardiniere.
«Torno sradicare alberi, ciao» e saltò giù dal davanzale.
Lo osservò ritornare al suo lavoro con il sorriso sulle labbra e quasi non si accorse del bussare e della porta che si apriva, rivelando il mero maggiordomo.
«Milady?» la chiamò Sebastian, che rimase all'entrata della camera.
Lei si voltò e subito si dovette appoggiare alla poltrona vicina per restare in piedi, poiché un violento capogiro l'aveva presa in contropiede.
Il demone fece per aiutarla, ma lei alzò una mano e lo guardò con spavalderia.
«Mi dica Sebastian, ha notizie che mi possano interessare?» chiese lei un po' impaziente.
Michaelis annuì:
«Il mio padrone, il conte Ciel Phantomhive, vorrebbe incontrarla.
Prego, da questa parte» e aprì la porta, per poi inchinarsi e attendere che lei la oltrepassasse.
Lei fece un profondo respiro e poi, mettendosi il più dritta possibile, iniziò ad avanzare verso l'uscio.
Ignorò il mal di mare che le stava mangiando lo stomaco e, appena fu uscita, attese che il maggiordomo le facesse strada.
Questi, velocemente, la superò e proseguì per i corridoi labirintici della magione con sicurezza e classe, quasi non fosse un servo, ma un nobile di alto rango.
Maledetti demoni e la loro eleganza da predatori.
A metà strada alla ragazza iniziarono a cedere le gambe e sentì l'aria mancarle.
«Milady, forse è il caso che io...»
«Sto bene, Sebastian, non mi serve il tuo aiuto»
«Questo non lo metto in dubbio, ma preferirei non doverla portare svenuta dal mio padrone, perciò si lasci aiutare» disse infine con voce più fluida il demone e la ragazza non potè fare altro che accettare.
Con un solo braccio le circondò la vita e le sostenne le gambe e subito riprese a camminare, cercando di dare meno scossoni possibili alla giovane.
Lei appoggiò la testa contro il petto di lui e sentì un cuore battere fortissimo.
Ci misero un attimo ad arrivare davanti allo studio del conte e lui l'appoggiò di nuovo a terra.
L'ansia le contorse le budella e potè giurare di non avere il fiatone per la ferita.
Si concentrò su Chaplin che aveva smesso di combattere contro il tessuto e che adesso probabilmente dormiva.
Sentiva il pancino del gattino che si gonfiava e sgonfiava contro la sua schiena e si segnò mentalmente di toglierlo dal cappuccio prima di sedersi.
Sebastian bussò alla porta e la voce di un ragazzino dall'altra parte gli diede il permesso di entrare.
Entrambi varcarono la soglia dello studio e sia lui che lei si inchinarono davanti al giovane Ciel Phantomhive.
Non l'aveva mai visto di persona, ma, ora che ce l'aveva di fronte, Diana sapeva di conoscerlo.
I suoi occhi del colore dello zaffiro erano difficili da dimenticare.
Portava una giacca lunga verde, una camicia abbottonata anche sul collo, tanto che lei si chiese come facesse a non soffocare, pantaloncini corti e scarpe con tacco alto.
Aveva i capelli del colore di una notte senza luna e un fisico magro e ancora infantile.
Alla mano sinistra l'anello con il diamante blu, alla mano destra l'anello d'oro col marchio di famiglia e alle orecchie due perle blu, proprio come il padre.
La guardava con un'espressione severa e stanca, forse ancora provata per la notizia del giorno prima, ma pronta a continuare, nonostante tutto.
«È un vero onore incontrarvi di nuovo, Conte Phantomhive» esordì lei stampandosi il miglior sorriso del suo attuale arsenale.
«Mi piacerebbe dire lo stesso, ma purtroppo non so davvero dove potrei averla già incontrata.
Prego, si sieda» e lei eseguì.
Prima di poggiare la schiena, tolse Chaplin dal suo rifugio di tessuto e se lo mise in grembo.
Percepì alle sue spalle il demone che, alla vista del felino, fremeva dalla voglia di ammirarne le caratteristiche che tanto amava e Ciel, per evitare tale imbarazzante scena, gli ordinò di andare a preparare del tè e qualcosa da mangiare.
«Yes, my lord» disse lui con celato fastidio e lasciò in fretta la stanza.
Per qualche minuto il silenzio pervase l'ambiente: mentre lui firmava scartoffie riguardanti il suo impero di articoli per bambini, lei osservava il cucciolo dormire sereno, raggomitolato su se stesso e rintanato sotto un lembo della larga gonna della ragazza per stare al caldo.
Il lussuoso studio era immerso in un odore di carta nuova e inchiostro che le diede un senso di pace, tanto che sospirò e si rilassò maggiormente contro lo schienale della poltrona.
«Sebastian mi ha detto che lei ha un qualcosa per me» esordì subito il dodicenne.
Diana lo guardò e annuì:
«Non è un oggetto come un prezioso gioiello o una nuova carrozza.
Ciò che vi porto è un qualcosa che forse vi aiuterà o forse vi danneggerà: ciò che vi porto è il vostro futuro»
«Cosa intende dire?» chiese lui perplesso.
Lei sorrise e continuò:
«Quattro giorni fa mi sono risvegliata nei pressi di Londra con un abito da serva distrutto e una ferita da arma da taglio che si stava infettando.
Non sapevo niente di me, neppure come mi chiamassi, ma, in qualche modo, ricordavo di un giovane conte Phantomhive e del suo maggiordomo demoniaco, Sebastian Michaelis.
In un primo momento pensai che fosse una storia che avevo letto in qualche libro e che mi era piaciuta così tanto da rimanermi impressa nella memoria.
Ma arrivata a Londra mi capitò di leggere su un giornale di un caso che il conte Ciel Phantomhive aveva brillantemente risolto e quando vidi il suo volto,
compresi che quello che ricordavo era reale.
O almeno in parte.
Scoprii anche che buona parte degli avvenimenti che conoscevo non erano ancora accaduti, perciò tutto quello di cui avevo bisogno era una prova...»
«Quindi è andata da Undertaker per farsi dare l'arma e per attirare la nostra attenzione servendosi dello Shinigami, che avrebbe dovuto affermare che lei era un personaggio scomodo.
Poi sparando al mio maggiordomo ha appurato che lui non era umano.
Davvero ingegnoso» concluse il giovane conte molto interessato alla sua storia.
La bionda annuì e voltò lo sguardo verso la finestra, notando come il cielo, qualche tempo prima sereno, in quel momento si stesse rannuvolando.
Entrambi non fiatarono finché non arrivò il maggiordomo con il tè.
Senza dolci.
«Ti avevo ordinato di portarmi anche qualcosa da mangiare» disse stizzito Ciel, osservando il carrellino che portava solo una tegliera con due tazzine.
«Chiedo perdono, padroncino, ma tra poco ci sarà il pranzo e non è salutare per lei mangiare al di fuori dei pasti principali» rispose Sebastian e versò la bevanda calda con maestria e precisione.
Passò una chicchera a Diana che lo vide osservare con occhi adoranti il piccolo Chaplin che ancora dormiva.
«Tz, stupido demone. Ritornando a lei, sono molto interessato alle informazioni che tanto vanta, ma vista la particolare merce che mi sta offrendo vorrei avere qualche certezza, perciò prego, mi racconti qualcosa del mio futuro» concluse il conte sorseggiando il liquido dorato contenuto nella tazzina.
Diana stava per dargli una risposta quando si bloccò.
No, non poteva dirgli il suo futuro, non poteva.
Se l'avesse fatto molti avvenimenti che a lei interessavano non si sarebbero svolti e lui alla fine sarebbe divenuto un demone, cosa che lei voleva evitare ad ogni costo.
Ma perché lo voglio evitare?
«Se vi dicessi subito come va a finire la storia non crede che io diverrei inutile? Devo pur salvaguardare il mio interesse.
Vi propongo un altra via: vi seguirò nei vostri casi insieme a Sebastian e quando noterò che ci sarà una scelta che cambierà il corso della storia velo dirò»
«E cosa mi assicura che lei non mentirà?» chiese il ragazzino
«Assolutamente niente, vi dovrete fidare di me. Però, in fondo, cosa ci perdete? E se risulterò inutile dal vostro punto di vista, potrete sempre ordinare a Sebastian di uccidermi.
Dopotutto, è difficile scappare ad un demone-corvo, dico bene?» disse infine lei rivolgendosi al mero maggiordomo che sorrise sornione e si inchinò.
Il giovane conte si mise a pensare sui pro e sui contro di questo patto: già il fatto che sapesse della vera natura del suo servo era un buon punto a favore dell'omicidio della giovane, ma c'era qualcosa in lei che gli impediva di dare l'ordine al demone.
Qualcosa di caldo, quasi viscerale.
«E sia. D'ora in avanti seguirà me e il mio maggiordomo nei miei casi.
Dovrà essere la mia ombra, non potrà andare da nessuna parte senza la supervisione di almeno uno dei miei servitori e non dovrà dire a nessuno le informazioni che scoprirà.
Se non rispetterà queste regole, Sebastian li ucciderà. Tutto chiaro?»
«Assolutamente» affermò la ragazza tirando un sospiro di sollievo, ringraziando il cielo che stesse andando tutto come aveva progettato.
«Qualche preferenza su come vuole essere chiamata?»
«Diana mi piace, chiamatemi così» e suggellarono il contratto con una stretta di mano.

  
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