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Autore: Jenny Ramone    05/01/2016    3 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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“William perdonami se ieri sera sono andata via di corsa, ero di fretta.
Riprendiamo pure.
Direi che possiamo direttamente passare al 1790, non ci sono stati grandi stravolgimenti per quello che riguarda  la nostra vita… anzi no, adesso che ci penso a novembre è stato fondato il club dei Giacobini”.
“E Robespierre? Come hai potuto dimenticarti di parlarmi di lui? Voglio sapere tutto”.
Guardai il mio collega con aria di compatimento:” Lo saprai, non ti nasconderò niente, stai tranquillo.
Robespierre presto entrò nel Club, inoltre era intervenuto a volte all’Assemblea Nazionale e era presente durante il giuramento della Pallacorda.
Tutto qui per ora.
Non era ancora un personaggio fondamentale, non mettermi fretta nel racconto perfavore.
Tutto a suo tempo.
E poi scusa, io ti sto narrando di qual è stata la mia esperienza con la Rivoluzione, non un saggio storico!
I rivoluzionari compariranno ma faranno da sfondo e non sono certo limitati a Robespierre, come mi sembra di capire pensiate voi inglesi.
Continuavo a gestire gli aiuti per le donne, anche se facevo sempre più fatica a risparmiare denaro: cercavo lo stesso di non perdermi d’animo.
Prima di cominciare con questa parte devo però fare un salto indietro nel tempo per introdurti il discorso e spiegarti in che rapporti ero e sono con i miei amici, dato che alcuni di loro assumeranno un chiave in alcuni punti della vicenda.
Dopo aver lasciato la Provenza, mi ero arrangiata un po’ a piedi e un po’ nascondendomi dentro carri che trasportavano merci oppure aggrappandomi al retro delle carrozze, senza farmi notare e saltando giù un attimo prima che si fermassero.
Madame Delacroix, preoccupata per me, mi aveva consegnato un po’ di denaro che però utilizzavo per mangiare quindi non mi potevo permettere di pagarmi il trasporto, senza contare che dovevo cercare di non farmi riconoscere prima di potermi confondere tra la folla di Parigi.
Giunsi a Parigi dopo alcuni giorni di cammino: ero spaesata, stanca, impaurita e sola.
Cercai di ambientarmi il prima possibile e trovai lavoro come cameriera in un Cafè abbastanza squallido, frequentato per la maggior parte da operai, vagabondi e prostitute: lo chiamavamo Cafè ma non posso negarlo, il primo vero Cafè di Parigi è stato il Cafè Procope.
Quello dove lavoravo all’epoca era poco più di una bettola.
Presto cominciai a notare tre ragazzi che arrivavano sempre alla stessa ora, si sedevano ad un tavolo e cominciavano a bere: spesso non avevano nemmeno il denaro per pagare ma lasciavano un debito da saldare che ogni giorno si allungava di più, promettendo di saldarlo in breve tempo.
A volte portavano con sé due ragazze, un po’ più grandi di me.
Mi sarebbe piaciuto essere parte di quella compagnia, sembravano tutti simpatici.
Un giorno però uno degli operai mi parlò:” Sai, ci stavamo chiedendo, tu non sei di qui, giusto?
Cosa ci fa una ragazzina tutta sola a Parigi?
Non è un posto sicuro, potresti incontrare persone come noi.
Quella signorina li-disse, indicando una delle due ragazze, che portava addosso un grembiule sporco di cenere e macchiato delle varie schifezze che si trovano nella Senna-quella signorina lì dice che ha sentito un accento come il tuo solo ad una lavandaia che lavora con lei, viene dalla Provenza, vero Marion?
Tu non sei di Parigi? Cosa ti porta qui?”-continuò lui, prendendomi per un braccio e facendomi sedere sulle sue gambe.
Sul momento io gli risposi sgarbatamente, dicendogli che non erano affari suoi e cercai di alzarmi.
Come risultato, la sera dopo si presentò al Cafè da solo.
Mi disse che voleva scusarsi per avermi preso in giro e dato fastidio e mi chiese se poteva aspettarmi dopo il turno: da quel momento la mia vita sarebbe cambiata.
Con il tempo iniziai a frequentare il suo giro e strinsi una forte amicizia con le ragazze mentre gli amici di Jean diventarono praticamente i miei consiglieri, finalmente avevo trovato modo per essere accettata e dare una svolta alla mia vita.
Come ti ho già detto, con gli anni ci siamo aiutati, confidati, sostenuti nei peggiori momenti.
Non ci sono mai state vere gelosie nella nostra cerchia, comportamenti scorretti… forse ti sarai chiesto perché ho lasciato che Jean accompagnasse Véronique a casa senza andare con loro, ti sembrerà strano quando ti racconterò a chi ho affidato i miei figli… semplicemente, ci siamo sempre fidati gli uni degli altri.
Se non ci fossero loro non so nemmeno come faremmo io e Jean a vivere in questa terra ostile ai francesi”.
“Aspetta Cittadina… vuoi dire che sono sopravvissuti tutti alla Rivoluzione?
Anche i tuoi amici vivono a Londra?
Devo assolutamente incontrarli, ormai per me sono dei personaggi come quelli di un romanzo, li ammiro moltissimo.
Quando potrò conoscerli?”-supplicò William.
“Si sono qui in Inghilterra ma per ora non ti dico altro.
Forse proseguendo nella storia, in un momento molto delicato, lascerò che sia Adrien stesso a narrare, vuoi conoscerlo?.
Ci ha salvato la vita sai?
Senza il suo aiuto Jean non sarebbe più qui e probabilmente nemmeno io”.
“Ma non era un uomo violento che picchiava Thèrese?
Da come me lo avevi descritto sembrava un grandissimo bastardo!”.
“Non era sempre stato così.
Un paio di anni prima rispetto ai fatti che ti sto raccontando, Thèrese era rimasta incinta.
All’epoca lavorava come infermiera all’ospedale militare di Les Invalides, tra i veterani di guerra.
Ogni tanto però si trovava ad avere a che fare con degli ex militari colpiti duramente dalle battaglie, alcuni violenti e incontrollabili.
Una sera uno di questi l’aveva aggredita mentre lei lo medicava e aveva tentato di fuggire: l’aveva spinta per terra e Thèrese aveva perso il bambino.
Quando si era ripresa, il medico le aveva comunicato che sarebbe stato difficilissimo che avrebbe potuto avere altri figli, ci sarebbe praticamente voluto un miracolo.
Le aveva consigliato di arrendersi all’idea di non diventare mai madre.
Thèrese era distrutta.
Aveva fatto tanto di quel piangere… continuava a dire che era una buona a nulla, una donna inutile che non era stata nemmeno capace di dare un figlio a suo marito, una fallita.
Adrien aveva reagito anche peggio.
Era deluso e infuriato.
Era arrabbiato con Thèrese, era arrabbiato con se stesso perché non si era opposto quando lei aveva insistito a continuare a lavorare come infermiera, ben sapendo che avrebbe corso il rischio di essere aggredita da qualche veterano impazzito, come poi era accaduto.
Aveva cominciato a bere per dimenticare la vicenda, a maltrattare e picchiare Thèrese, facendole pesare il fatto che non avrebbero mai avuto figli e trattandola come uno scarto, una nullità.
Voleva quasi lasciarla e buttarla in mezzo ad una strada:sia Jean che Étienne avevano provato a far ragionare il loro amico ma entrambi con scarsi risultati, il rapporto con Thèrese sembrava ormai compromesso.
Poi, stranamente, da quando era scoppiata la Rivoluzione, da quando era riuscito ad entrare nella Guardia Nazionale, aveva trovato un nuovo scopo nella vita: combattere per la propria patria.
Con il tempo aveva smesso di bere, aveva cercato di cambiare e era riuscito a riappacificarsi con la moglie: si erano fatti forza a vicenda per continuare a vivere.
Poi era entrato in scena il piccolo Gèrard, che si era affezionato moltissimo ad Adrien.
Erano legatissimi, per Adrien con il tempo era diventato come un figlio e il ragazzino, che aveva bisogno di un padre dopo l’esperienza con Serge, lo adorava e lo prendeva ad esempio in tutto.
Passò un po’ di tempo e ricevetti una lettera, questa volta da parte di Madame Delacroix.
Lessi le sue parole e cominciai a capire alcune cose che in precedenza mi erano sfuggite, cominciai ad immedesimarmi sempre di più nella mente perversa di Armand e a comprendere fino a che punto si stava spingendo il suo piano per rivedermi e vendicarsi a suo dire.
La povera Madame era disperata.

“Cara Irène,
scusami se non hai ricevuto mie lettere per lungo tempo, non vorrei che ti fossi preoccupata.
Riesco solo ora ad essere libera di scriverti poche righe per spiegarti la situazione e metterti in guardia, appena ci vedremo ti spiegherò anche il motivo del mio silenzio.
Oh mia povera Irène, sei in pericolo!
Guardati le spalle!
Ho paura per te, cara.
Armand è completamente impazzito, ultimamente parlava spesso di voler venire a Parigi per cercarti, da quasi un anno ormai non ho più sue notizie ma ho motivi fondati per pensare che abbia proseguito nel suo intento.
Sempre che questa lettera ti giunga in tempo e che quel decerebrato non ti abbia già fatto del male, ti chiedo di venire in Provenza, ti devo spiegare le cose più nel dettaglio.
Ti prego di stare attenta!
Non intraprendere questo viaggio da sola, fatti accompagnare da tuo marito o da qualcuno di fidato,perfavore non rischiare.
Ti ripeto, sii molto cauta, Armand a quest’ora avrà mandato uomini fidati in giro per tutta Parigi se davvero ti ha raggiunta, è capace di tutto e in più di questi tempi non si è mai troppo prudenti.
A presto Irène!
Ti aspetto,
tua affezionata e sempre grata
Madame Delacroix".


Quando me ne ero andata non avevo pensato che Madame potesse essere così in pericolo, erano inoltre passati cinque anni da quel giorno e lei non  aveva mai lasciato trasparire preoccupazione in quel senso per cui non ne avevamo più parlato.
Non sapevo a cosa si potesse riferire e per quale motivo richiedesse la mia presenza però ritenni opportuno darle ascolto.
Capivo che sarebbe stato rischioso e avrei preferito poter prima parlare con Armand a quattr’occhi adesso che ero messa alle strette però non c’era tempo e mi vidi costretta ad agire tempestivamente.
Domandai a Marion di venire con me, non avevo il coraggio di dire la verità a Jean.
Raccontai che dovevo andare in Provenza per sistemare alcune faccende con mio padre e i miei fratelli e che sarei tornata in circa una settimana: lui non si fidava per niente.
“Irène, di solito cerco di non essere oppressivo e non ti obbligo a seguire la mia volontà se non per scelte particolarmente gravi.
Mi spiace dirtelo ma questa volta ci troviamo in uno di quei momenti: non ti lascerò andare in Provenza da sola.
E’ inutile che tu chieda a Marion di accompagnarti, non voglio che tu vada in giro da sola di questi tempi.
Merde, Irène!
Chiedi a tuo padre di venire qui!
Se dovesse accaderti qualcosa non potrei perdonarmelo.
Non posso nemmeno accompagnarti perché devo lavorare altrimenti non mangiamo.
E con che soldi pensi di compiere il viaggio?
Per l’amor del cielo, è un’assurdità!
Non ti permetterò di intraprendere questo viaggio, a costo di piazzarmi davanti alla porta e sbarrarti la strada per giorni!”-sbraitava.
Étienne era dello stesso parere e camminava avanti e indietro per la stanza di Belleville, nervoso.
Philippe e Jaques osservavano la scena preoccupati, volgendo lo sguardo ora al padre ora alla madre, che stava sistemando degli abiti in un sacco per partire.
“Voi siete pazze!
Ma il più pazzo è tuo padre Irène, scusa se mi premetto !
Perché ti chiede di affrontare un viaggio del genere?
Non è una buona idea per  te ma quello te lo avrà già detto Jean e non permetterò che Marion ti segua.
E’ rischioso!
Potreste venire arrestate, aggredite… o peggio.
No, non se ne parla.
Marion, metti a posto la tua roba, tu resti qui e chiudiamo il discorso!
Senza contare che una settimana senza di te significa una settimana senza metà del poco denaro che usiamo per vivere, una settimana senza pane e i bambini da soli mentre io lavoro.
Assolutamente no, toglitelo dal cervello!”-concluse, strappandole di mano il sacco.
Alla fine dopo lunghi discorsi,preghiere e trattative riuscimmo a convincerli entrambi, anche se non la smettevano di cercare di dissuaderci e non ci perdonarono mai di avergli disubbidito.
Intraprendemmo un viaggio lungo e davvero pericoloso,praticamente senza denaro: ci inoltrammo in strade secondarie, salimmo di nascosto sui carri che trasportavano merci per accorciare le distanze.
Arrivammo ad Arles: la villa si trovava fuori città per cui ci inoltrammo attraverso i campi di lavanda che in quella stagione erano sfioriti e conferivano all’ambiente un aspetto inquietante e tetro.
Pensai a quanto fosse bello d’estate, quando si trasformava in un paesaggio degno di un quadro, a quanto avrei voluto che mio figlio potesse vedere quei luoghi.
Chissà, forse un giorno torneremo in Francia e porterò lui e sua sorella in Provenza, non si può mai dire.
Eccola là, davanti a noi, villa Delacroix.
Il giardino era tenuto così male da sembrare abbandonato ma una carrozza era ferma sul viale, segno che in casa c’era qualcuno.
Mi fermai fuori dal cancello e fissai Marion, tremando.
“Non siamo qui per tuo padre, vero Irène?
C’è qualcosa’altro?
Non so cosa ci facciamo, cosa ti è successo di così grave e ad essere onesta forse non voglio nemmeno saperlo ma ti dico di entrare in quella casa e sistemare i conti con quelle persone, almeno non ne verrai più ossessionata.
Fidati di me, è meglio così”.
Le dissi che si trattava di una questione puramente economica però con delle persone molto potenti, il che poteva rivelarsi più pericoloso del previsto.
Parve crederci.
“Aspettami qui e se senti dei rumori strani, se vedi qualcosa di sospetto, scappa.
Scappa Marion, fuggi da questo luogo maledetto e non voltarti indietro.
Non cercare di salvarmi”-aggiunsi prima di voltarle le spalle e inoltrarmi nel viale, senza darle il tempo di rispondermi.
Bussai alla porta e dopo pochi secondi venne ad aprirmi una donna di mezza età, la vecchia nutrice dei fratelli Delacroix, con gli anni messa poi a capo delle cameriere di casa.
Perfortuna le era stato comunicato il mio arrivo e si comportò con discrezione.
“Irène! Erano cinque anni che non tornavate a trovarci! E’ bello rivedervi-sussurrò-venite, Monsieur Frédéric e Madame vi stanno aspettando.
Salii le scale e raggiunsi più in fretta possibile il salotto, cercando di non prestare attenzione all’ambiente circostante, che mi richiamava moltissimi ricordi, alcuni per niente piacevoli.
Prima ancora che varcassi la soglia, un uomo mi si avvicinò.
“Irène!
Quanto tempo!
Vieni, non avere paura.
Sei sola?
Dio mio quanto sei cambiata, sei davvero splendida”-sorrise.
Frédéric Delacroix, il fratello maggiore di Armand ma era completamente il suo opposto.
Un vero gentiluomo.
Molto galante, educato e intelligente, si occupava degli affari di famiglia e delle terre dei Delacroix, lavorava inoltre come uomo d’affari tra la Francia e l’America: Madame era molto soddisfatta di lui.
Seduta su di una poltrona di velluto rosso davanti al caminetto intarsiato in marmo, elegantemente vestita, intenta a leggere una vecchia lettera giallastra e consumata dal tempo, stava proprio lei, Madame Delacroix.
 “Madre, Irène è arrivata.
Siediti, adesso parliamo.
Cameriera,portateci del caffè e non fate entrare nessuno, non voglio essere disturbato”-ordinò Frédéric ad una giovane ragazza, mentre si accendeva un sigaro e mi faceva segno di prendere posto su di un divanetto.
A quel punto Madame Delacroix si alzò e venne verso di me: osservandola mi resi conto che sembrava molto invecchiata dall’ultima volta che l’avevo vista, quei cinque anni l’avevano segnata.
“Irène!
Allora è proprio vero, sei qui!
Sia ringraziato il Cielo!”-mi abbracciò.
“Ma guardati, che donna sei diventata!
Dimmi, raccontami un po’ di te cara.
Sei sposata e hai un bambino, giusto?
Sono davvero felice che tu possa esserti rifatta una vita “- mi disse”te lo meriti davvero dopo quello che hai passato.
Vendi ancora i giornali?
Sai, secondo me tu avresti le capacità per scriverli, sei veramente brava, quando te ne sei andata hai lasciato qui alcuni dei racconti che scrivevi da ragazzina e mi sono permessa di leggerli, hai talento!”.
Arrossii dalla vergogna: mi sarebbe piaciuto diventare scrittrice ma avevo abbandonato tutto quando me ne ero andata dalla Provenza poi vi avevo rinunciato definitivamente per amore di Jean e mi ero dedicata alla vendita dei giornali: non rimpiangevo la scelta che avevo fatto e non me ne ero mai pentita.
Madame riprese spiegandomi ciò che era accaduto da quando me ne ero andata, molto più nel dettaglio di quanto non sapessi.
Armand aveva vissuto qualche mese alla villa poi era stato costretto da suo fratello a sposare la figlia di una ricca amica di Madame e ad allontanarsi per sempre.
Però dopo poco era tornato, aveva ripudiato la moglie e, approfittando del fatto che Frédéric stesso si era sposato e si era trasferito momentaneamente in America, aveva costretto Madame a non avere più contatti con il mondo, le aveva proibito di spedire lettere e l’aveva obbligata a vivere come una reclusa in un’ala della villa, diffondendo la voce che non si faceva più vedere in giro perché era molto malata.
Aveva saputo che mi scriveva regolarmente e che mi raccontava i suoi movimenti, che c’era una specie di accordo tra noi: per questo se l’era presa con lei.
Madame però era riuscita un giorno a mandare una lettera allarmata a Frédéric, che era tornato in fretta e furia dall’America e aveva avuto un’accesa discussione con Armand, conclusasi in una rissa feroce al termine della quale il minore era completamente uscito di senno, era andato via sbattendo la porta, insultando madre e fratello  e giurando che si sarebbe vendicato, che mi avrebbe trovata e me l’avrebbe fatta pagare, a qualunque costo ma non prima di avermi nuovamente conquistata perché non aveva mai smesso di amarmi.
Era partito per Parigi, o almeno, così avevano ipotizzato, e non ne avevano più saputo niente, per cui si erano convinti che le sue erano solo minacce.
Nel dubbio però Madame mi aveva scritto per avvertirmi: peccato le sue lettere fossero arrivate in ritardo perché prima di andarsene Armand aveva lasciato dei suoi fedeli alla villa che potessero controllare Madame e la sua corrispondenza al posto suo e aveva fatto in modo di mandare in crisi gli affari di famiglia in America, costringendo Frédéric a ripartire subito se voleva salvare i Delacroix dalla rovina.
“Così lo hai incontrato?
Ti perseguita?
Ti segue e ti minaccia?
Oh mio Dio, è terribile!
Credevo che lo dicesse solo per spaventarmi, non pensavo arrivasse davvero a questo punto!
Oh Irène, mi dispiace talmente tanto!
Credimi, mi vergogno di averlo messo al mondo.
Per quanto mi riguarda ormai da molto tempo non ho che un figlio, Frédéric.
Non avrei immaginato che Armand potesse creare tanto dolore, ti chiedo perdono io per lui”-mormorò Madame, abbassando la testa.
“Perché non lo hai fatto arrestare? Non farti scrupoli sul fatto che è mio figlio, è un uomo malvagio.
Somiglia sempre di più a suo padre…”.
“Madame, lo sapete meglio di me quanto possa essere rischioso per me mettermi contro di lui…”.
Frédéric non riusciva a trattenere la rabbia: si alzò di scatto dalla poltrona,afferrò la giacca e caricò la pistola:
”Ora basta.
Io lo ammazzo!”-urlò, mentre si avviava verso la porta come una furia: solo il mio tempestivo intervento riuscì a convincerlo a calmarsi.
“E’ completamente impazzito!
Devo trovare un modo per fermarlo prima che ti faccia del male Irène.
Lascia che venga anche io a Parigi con te, posso cercarlo e sistemare le cose.
Dimmi, adesso tu come vivi?
Partecipi alla Rivoluzione?
Può darsi che Armand ne rimanga coinvolto e venga annientato senza aver bisogno del mio intervento, anche se lo reputo un colpo di fortuna improbabile.
Ormai dopo tutto quello che ha combinato e dopo quello che ha fatto a mia madre e a te, non lo ritengo più mio fratello quanto, piuttosto, un nemico”-concluse Frédéric.
Io però fui irremovibile:” Ti ringrazio per esserti offerto di aiutarmi ma non posso accettare.
Mio marito Jean non sa nulla di questa storia, è convinto che io sia qui per parlare con mio padre... non voglio rivelargli nulla, devo risolvere da sola questo problema.
Voi potete gestirlo da qui però se riuscissi a far trasferire le spie di Armand che hai già fatto catturare in un’altra prigione, lontana dalla Provenza… magari potremmo essere più liberi”-proposi.
“Sai Irène, anche Maxime la pensa come noi.
E’ stato qui circa, quanto sarà? Un paio di settimane fa forse.
Era ferito, si è trascinato a casa nostra e ci ha pregati di nasconderlo e curarlo.
Perfortuna si è ripreso, anche se per qualche giorno abbiamo temuto il peggio.
Ho pensato che ti fosse venuto a cercare a Parigi, sai, è diventato un disertore adesso che si è unito ai ribelli, è anche lui in pericolo.
Volevamo aiutarlo di più ma se ne è voluto andare, non ha detto dove.
Ci ha detto di averti scritto ma evidentemente tu non hai ricevuto le sue lettere”-spiegò Madame.
Con un soffio di voce, sussurrai:”Maxime? Maximilen, mio fratello? E’ impossibile, mio padre mi ha scritto che è morto durante gli scontri…”.
“A patto che non sia stato tanto pazzo da partecipare ad altri scontri dopo essere venuto a chiedere il nostro aiuto, Maxime non è morto…
Certo, era ferito ma si è ripreso, te l’ho detto, lo ha curato un medico molto bravo.
Cosa va mai dicendo Monsieur Fournier?”-domandò Madame.
Stentavo a crederci e raccontai loro ciò che mi era stato riferito da mio padre: la mia vita stava prendendo  dei risvolti misteriosi e imprevedibili, ogni giorno più inquietanti.
Mi fidavo di più della versione dei Delacroix: aveva ragione Jean quando mi aveva detto che secondo lui Maxime non era morto.
Aveva sempre ragione Jean.
Era vero, per questo genere di cose era molto più portato lui di quanto potessi esserlo io: era stato un ragazzo di strada, si accorgeva subito degli inganni e delle zoppicanti scuse inventate da un provinciale, per niente scaltro.
Mon amour, tuo padre ha la mente da ladro.
Da ladro di infima specie mischiato con un bigotto, semplice cocchiere di provincia molto più ignorante di ciò che vuole far credere.
Sicuramente vuole qualcosa da te, vuole farti cadere in trappola, probabilmente per spillarti del denaro.
Però non gli è chiaro come riuscirci quindi tenta degli espedienti ma non sa che ci sono io a metterti in guardia”-me lo diceva sempre.
Ancora oggi, quando capita di riparlare di mio padre, si mette le mani nei capelli.
Cercai di elaborare la versione dei Delacroix su ciò che era successo a mio fratello, poi dissi loro che ero stata accompagnata lì da una mia amica:si offrirono di ospitarci nelle stanze libere della villa.
Marion mi stava aspettando fuori dal cancello già da un’ora per cui le feci segno di entrare.
Ovviamente non le raccontai la verità,così come non le accennai nulla riguardo a Maxime: mi limitai a dirle che i due erano coloro per cui mio padre lavorava e, dato che si era ammalato, ero dovuta venire io per sistemare alcune faccende economiche con loro: lei pensò che tutta la mia paura fosse causata da debiti ingenti da pagare e mi limitai a farle credere che fosse esattamente così.
 *******
Mentre io e Marion ci trovavamo in Provenza, le nostre amiche si occupavano delle donne in difficoltà: eravamo riuscite ad allargare la nostra cerchia e a mettere da parte abbastanza denaro da fornire un piccolo aiuto economico a quasi tutte coloro che si rivolgevano a noi.
Una sera, mentre loro si riunivano per decidere come aiutare le nuove arrivate, a Saint Germain un uomo stava camminando per la strada, stava tornando a casa dal lavoro dopo essersi fermato con gli amici in un Cafè.
Era solo e non aveva il minimo presagio di quello che sarebbe accaduto.
Si trovava davanti alla casa del Cittadino Danton quando gli era parso di udire un fruscio nel buio ma aveva pensato che fosse il vento.
Un’ombra scura stava appostata in un vicolo che l’uomo attraversava sempre per accorciare il percorso: l’ombra lo aveva spiato evidentemente e conosceva le sue abitudini.
L’uomo in questione era giovane e forte ma in quel momento era stanco per la giornata passata al lavoro, era solo e la fantomatica sagoma era accompagnata da cinque altre simili.
Ordinò che il ragazzo venisse aggredito e appena questi si inoltrò nel punto più buio del vicolo, i cinque scagnozzi gli piombarono addosso e lo massacrarono di botte, calci e pugni.
Uscì dal suo oscuro nascondiglio e lasciò scivolare un biglietto nella tasca della giacca che il sanculotto indossava, completò l’opera portando via i pochi soldi che aveva guadagnato quel giorno per sfamare la famiglia in modo da simulare un semplice furto, poi la misteriosa ombra se ne andò.
 *******
Io e Marion rimanemmo a villa Delacroix un paio di giorni poi ripartimmo e mi misi d’accordo con Madame e Frédéric che ci saremmo scambiati informazioni sui movimenti di Armand e che se ci fossero state novità avrei preso un decisione su come comportarmi”.
“Armand era proprio ossessionato da te.
Maltrattare così tanto sua madre e suo fratello, mostrare tanta ostinazione nel venire a cercarti a Parigi…
A me personalmente fa paura questa vicenda.
Non so come hai fatto a sopportare tutta questa pressione e costante preoccupazione, Cittadina”.
“Ci si abitua a tutto, William.
Ti stavo dicendo, le mie amiche stavano parlando del fatto che era stato concesso il voto per censo agli uomini: fantasticavano che lo stesso sarebbe accaduto anche per le donne, prima o poi.
Sentirono bussare alla porta e qualcuno lamentarsi .
Non aprirono subito: spensero tutte le candele e rimasero in silenzio; avevano paura di essere state scoperte.
Poi la voce si fece più debole, gemeva e chiedeva aiuto; sembrava una voce conosciuta: un terribile dubbio si fece strada nelle loro menti.
Edith aprì la porta, lentamente.
Étienne crollò a terra, svenuto.

ANGOLO AUTRICE: Bonjour! :)
Scusate il ritardo ma ho avuto molto da fare e non ho potuto aggiornare prima, anzi vi comunico che gli aggiornamenti potrebbero subire dei ritardi perché sono impegnata con gli esami ma prima o poi il tempo per aggiornare lo trovo, non ho abbandonato la storia.
I misteri si infittiscono eh?
Armand è sempre più odiato ahah ( se lo merita) mentre abbiamo capito di più su Adrien e Thèrese.
Jean ha un fiuto particolare per le situazioni sospette: Maxime a quanto pare è vivo.
Ci fidiamo dei Delacroix o di Monsieur Fournier?
Cosa sarà capitato al fratello di Irène?
Perchè i due fratelli non riecono a ricevere l'uno le lettere dell'altra?
Mah... xD .
Vi è piaciuto il capitolo?
Il finale lascia ancora una questione da risolvere, certo i pericoli ormai sono in agguato.
Nel prossimo forse mi dedicherò di più ai fatti storici, perdonatemi ma è necessario.
Alla prossima e grazie!
Jenny

  
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