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Autore: ElektraOfMycenae    10/01/2016    2 recensioni
Stavo camminando piuttosto lentamente, cercando di farmi strada fra la folla di candidati, quando finii accidentalmente addosso a qualcuno quando ormai era troppo tardi per evitarlo.
“Hoy, tutto a posto~♥?”
Solo allora alzai lo sguardo e non potei fare a meno di commentare con una delle mie solite esclamazioni volgari che certo non è il caso di ripetere. Sembra che la parola di cinque lettere che comincia per "c" e finisce per "o" sia la prima che ho pronunciato nella culla.
[HisokaxOC]
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gon Freecss, Hisoka, Illumi Zaoldyeck, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eighth chapter ~ Jungle
I cacciatorpedinieri sono belle navi, probabilmente le navi da guerra più belle di tutte.

La corazzata su cui eravamo approdati, sembrava una città d'acciaio, una grande fabbrica di distruzione.
Il sole splendeva alto e limpido, era una splendida mattina, il cielo era azzurro estate ed il mare luccicava. In lontananza alcune piccole vele bianche si muovevano lente e placide lungo la linea dell'orizzonte.
Mi avvicinai alla ringhiera mal ridotta e arrugginita, a guardare da lontano respirando a pieni polmoni. Per quanto la calma della montagna, che mi aveva vista gattonare, mi affascinasse, il mare rimaneva il mio primo amore.
Tante volte avevo pensato di andare a vivere sulla costa, magari cambiare lavoro, abbandonare le armi e dedicarmi ad un lavoro meno manuale, meno vivo.
Mi sedetti un attimo, senza preoccuparmi di nulla e nessuno.
Lo sciabordio ipnotico delle onde liberava i pensieri.
Feci una palla con la giacca che ero solita legare in vita e la posizionai dietro la testa, mi stesi lungo la panca e rimasi così, immobile, alcuni minuti.

Poi il telefono squillò.
Lo presi in mano, inserii la password.

“Non dimenticarti chi è il tuo bersaglio” 
JB

Occhi chiusi, un respiro profondo.
“Prendilo come già fatto”
Messaggio inviato.

*°*°*°*°*°*

Afferrai la piccola chiave metallica dalle grandi mani rugose dell'anziana signora e dopo averla ringraziata, mi avviai alla ricerca della stanza che avevo appena acquistato.

Infilai la chiave nella fessura, anch'essa arrugginita come del resto.
La camera non era molto grande, ma c'era un letto con un grande oblò che dava sul mare.
Poggiai il borsone a terra, provocando il solito baccano metallico.
Appesi la giacca al pomello della porta, poi mi sedetti a terra e finalmente potei liberarmi di quegli odiosi scarponi infangati
Mi spogliai lentamente, rimanendo in t-shirt e mutande (non possedevo un pigiama dai tempi della Cresima) e m'infilai a letto. Il tepore delle lenzuola di cotone sciolse un po' della tensione che mi attanagliava le spalle e lo stomaco.

*°*°*°*°*°*

Si era fatta sera, e l'aria stava cominciando lentamente ad asfissiarmi, il caldo a darmi alla testa. 
Non avrei sopportato rimanere in quella camera un singolo minuto di più, così uscii da una portafinestra, ritrovandomi sul balcone esterno, alla elegante e bellissima vista dell'oceano scarlatto. 
Mi slanciai dal cornicione, scalza e in cannottiera.  Era una serata limpida, più fresca di quelle cui ero abituata a YorkShinCity. Con passo leggero percorsi il corridoio fino al luogo in cui si trovava la panchina accanto alla ringhiera, lì dove si infrangono le onde. Mi sarei seduta un istante in quell'angolo nascosto e avrei riposato un po'. 
Mi stavo sgranchendo un po' le gambe quando improvvisamente percepii una presenza. Un uomo alle miespalle. Era rimasto immobile, ed io ero così immersa nei miei pensieri che non lo avevo visto arrivare. 
Mi lasciai sfuggire un'esclamazione sommessa.
L'uomo non parlò, nulla in lui sembrò muoversi.
Non fui in grado di dinstinguerlo bene nella penombra, ma sentii il suo intenso odore di colonia. Se avesse teso un po' la mano avrei potuto toccarlo. 
I miei occhi erano spalancati e curiosi, i sensi tutti all'erta malgrado non lo dessi a vedere. L'uomo celò la sua presenza, e mi fu impossibile anche solamente immaginare di chi potesse trattarsi.
Lui teneva le braccia incrociate e, sollevando il viso verso di me, mi fissava con contemplazione. Distinsi nei suoi occhi dei piccoli raggi d'oro, che si irradiavano attorno alle pupille nere; sentii anche il suo profumo di sandalo. Ma non capii. 
Non fiatai e preferii voltarmi verso le luci del faro sulla destra. Distolsi l'attenzione concentrandomi sulla pavimentazione umida e liscia, fredda sotto i miei piedi nudi.
Lo sconosciuto avanzà, avanzò ancora un po'. Era molto più alto di me, e questo non mi piacque affatto.
D'un tratto, l'uomo mormorò qualcosa di indistinguibile ma così languido da farmi venire la pelle d'oca. 
“Mi scusi, ma non parlo con gli sconosciuti, tanto meno con le spie” 
“Non sono uno sconosciuto" Sobbalzai nel disperato tentativo di riconoscere quella voce, quel timbro così familiare. Lui abbassò gli occhi. 
"Allora fatti vedere e non celare la tua aurea" Puntai gli occhi sul mio interlocutore.
“Ve lo ripeto, non parlo con gli-" Ma prima ancora che potessi terminare la frase, l'uomo mi mise una mano sulla vita, mi accarezzò la guancia e nella profonda oscurità mi guardò dritta negli occhi, quindi mi diede un lungo bacio sulle labbra, dolce e delicato. 
“Oh” mugolai fra le labbra, involontariamente. 
Lui mi baciò ancora, ancora ed ancora, e fra una carezza e la seguente gli sorrisi con fare interrogativo. 
Provai a liberarmi mentre le sue braccia possenti mi avvinghiavano: ero completamente assuefatta dal suo profumo mascolino. Il suo corpo vibrava e il suo respiro era affannato. 
Il tocco di quell'uomo non è poi così diverso da quello di altri uomini. Eppure fu così confortante, come familiare. 
Vedendomi così assuefatta come non l'aveva mai vista, lui rise, raddrizzandosi un poco. 
La baciò ancora contro il suo volere. Le carezzò i capelli invitanti al tocco. 

Non ero poi così certa di voler sapere chi fosse.
“O-Ora devo andare” feci, divincolandomi. 
Indietreggiai, guardandolo sottecchi, ammirando quel volto invisbile di cui non distinsi altro se non i suoi occhi. Dorati, proprio come quelli di qualcun'altro. Qualcun'altro di cui, in quel momento, non avrei neanche minimamente sospettato. 

*°*°*°*°*°*

Chiusi la porta della stanza con forza e poi, in punta di piedi, corsi alla finestra. L'aprii e mi sporsi dal balcone, nell'oscurità della sera, a scrutare le ombre impenetrabili delle onde e a udire il boato del vento.
“Hisoka?” lo chiamai sottovoce. Mi sentivo un'idiota totale.
La risposta, una risatina smorzata, giunse alle mie spalle poco dopo. “Si?”
Mi voltai di scatto, coprendomi la bocca per la sorpresa. “Vuoi farmi prendere un colpo? Razza di..” Era sdraiato sul letto, con un gran sorriso sulle labbra, le mani dietro la testa, i piedi accavallati: la personificazione del relax, insomma.
“Scusa” Si sforzava di essere serio. Ma non gli riusciva bene. Allora si tirò su a sedere, con lentezza, forse per non spaventarmi e per non sembrare un fottuto burattino telecomandato.
Restammo in silenzio, mentre iniziavo a rendermi conto della situazione in cui mi ero andata a cacciare: e cioè, condividere la stanza con un maniaco omicida.
“Qualcosa non va?” fece, sfiorandomi la mano con la sua, gelida.
“Vado a farmi una doccia”  La sua risatina soffocata fece tremare il letto. “Non hai risposto alla mia domanda”
Fece per alzarsi, ma fui più veloce: “Resta lì” dissi, sforzandomi di suonare severa.
“Mmh!” E finse di diventare una statua, seduta sul bordo del letto.
 

La nave era ferma.
Una brezza tiepida correva sulle onde.

*°*°*°*°*°*

L'indomani si prospettava lungo ed estenuante:
"E ora, scendete dalla nave nell'ordine in cui avete superato la Torre trabocchetto!" La voce stridula della giovane cronista aveva fatto eco lungo tutta la poppa della nave. 
"Adotteremo questo metodo, scesa una persona quella a seguire attenderà due minuti prima di scendere a sua volta! Tra una settimana farete ritorno qui, portando con voi le targhette dei vostri bersagli. Si comincia!"

Discesi dalla nave. Gli occhi degli altri candidati mi bruciavano la pelle arroventata dal sole.

Mi incamminai, di fronte a me la giungla fitta e il cielo nuvoloso presagio di pioggia. Ero fuori, ero lì, nel bel mezzo del verde. Sola. Preda.
Tornare indietro era inconcepibile.
Mi assicurai che le armi fossero al loro posto, mi sarebbero sicuramente tornate utili: volevo evitare che gli altri candidati potessero trovare anche il minimo indizio della direzione che avrei preso. Contai, uno..due..al tre scattai in direzione della fitta boscaglia. 
Corsi a più non posso, presa da un incontrollabile panico, evitando gli alberi ormai per abitudine, incapace di vedere o di sentire, avanzavo in linea retta. A un tratto mi fermai per gettare uno sguardo dietro di me: riuscivo ancora a scorgere la nave. Avevo poco tempo per nascondermi, prima che Hisoka fosse venuto a cercarmi.
Per fortuna il mio senso dell'orientamento sembrava funzionare. In una foresta sapevo sempre dove stavo andando.
Fu allora che riconobbi la sua aurea. Il calore che mi soffocava fece posto senza transizione ad un gelo mortale. Il cuore mi balzò in gola ed io mi rifugiai nel fitto della foresta. Mi misi a tremare dalla testa ai piedi, e la cosa aveva un che di eccitante.
Mi arrampicai, velocemente, come una scimmia, lungo la corteccia ruvida di un albero cercando di fare meno rumore possibile. Riflettevo a tutta velocità, indecisa, tendendo l'orecchio al minimo rumore, guardandomi intorno. Nel frattempo aveva iniziato a piovere ed io sentivo il ticchettio della pioggia battere contro gli strati di vegetazione che mi avrebbero coperta, forse, per la notte. Temevo tuttavia che da un momento all'altro il mio fragile tetto di foglie avrebbe finito per cedere al peso dell'acqua. La prospettiva del diluvio che ben presto mi avrebbe sommersa mi affliggeva. Non sapevo se quelle che colavano dalle mie guance erano gocce d'acqua oppure sudore freddo, ed era come sempre esasperante dovermi trascinare dietro quel dannato borsone.
L'aurea di Hisoka aveva ripreso a pulsare, sempre più forte, sempre più vicina. Circondata da alberi giganteschi, mi accovacciai mimetizzandomi tra le radici di un vecchio albero, supplicando il grande demone celeste di rendermi invisibile. Trattenni il fiato quando intravidi la sua sagoma in lontananza, circondata dal rigoglioso sottobosco.
Celai la mia presenza, occultando il Nen e restai in attesa.
Era bello da togliere il fiato, pensai. Inutile fingere il contrario. Il tipo di uomo perfetto per la copertina di una rivista, per un poster e… magari per spezzarti il cuore.
“Alla fine, ti sei nascosto bene, non è così?” disse improvvisamente, mentre si avvicinava. 

*°*°*°*°*°

Finalmente!
Ebbene si, sono tornata. Ce l'ho fatta! Sono risorta!
Dovete scusarmi per questo lungo periodo di assenza.
Ma bando alle ciance, spero il capitolo via sia piaciuto e spero di ricevere altrettante recensioni/critiche. 
Come avrete ben potuto intendere, ho dovuto modificare qualche dettaglio della storia: la nostra Rika non è più l'innocua ed innocente ragazzina di 17 anni, bensì una donna (?), un "agente segreto" (se così possiamo definirla) con l'intenzione di indagare sulla Brigata fantasma e che accidentalmente si imbatte in Hisoka. 
La storia si fa alquanto piccante: che tra i due possa nascere l'amore? Continuate a pregare.
Insomma, conclusione della morale: Rika ha assorbito più carattere di quanto non avesse prima, è una tipa tosta amante delle armi, ma non del proprio mestiere, è una conoscitrice del campo di battaglie e dei combattimenti corpo a corpo, ha frequentato la marina militare e l'esercito...insomma, è diventata il "Rambo dei poveri". 
N.B: Ho preferito elminare l'episodio della tempesta (?) precedente alla quarta prova.
Per chi non avesse visto l'anime, andatevelo a vedere! :'D
Spero che questa modifica possa, in sè e per sè, risultarvi piacevole! 
Alla prossima, fatemi sapere
Baci, Electra!

 

   
 
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