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Autore: Defiance    10/01/2016    3 recensioni
Una piccola One-Shot ambientata durante la Civil War.
[Rischio spoiler dal film]
Durante la battaglia finale della Guerra Civile scoppiata tra Tony Stark e Steve Rogers, alcuni eventi cambieranno la vita dei nostri eroi.
Per sempre.
E non ci sarà alcun modo di tornare indietro.
Dal testo: "Non aveva mai pensato a come sarebbe morta.
Nella Stanza Rossa, la morte era qualcosa che riguardava solo gli altri, non lei; qualcosa che, anzi, lei portava con sé, qualcosa che forse rappresentava."
[Romanogers Centric]
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono. La storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 



The End
Of
The Line
 









Non aveva mai pensato a come sarebbe morta.
Nella Stanza Rossa, la morte era qualcosa che riguardava solo gli altri, non lei; qualcosa che, anzi, lei portava con sé, qualcosa che forse rappresentava.
Non ci aveva pensato finché non aveva davvero rischiato di morire, lì, in Sokovia, una cittadina divenuta una grossa meteora.
In quel momento era con Steve. Aveva guardato i suoi occhi cristallini e aveva pensato che mai avrebbe potuto trovare un modo migliore di andarsene: al suo fianco.
Invece erano sopravvissuti e Natasha aveva giurato che gli sarebbe rimasta sempre accanto.
Dopo Clint, il Capitano era sempre stata l’unica costante della sua vita; poco ma sicuro, la cosa era reciproca.
Non era stata in grado di mantenere la promessa che aveva fatto a sé stessa, però: non aveva scelto Steve, quando avrebbe dovuto.
Aveva scelto Stark.
Aveva permesso, ancora una volta, che la ragione, la sua stupida testa, prevalesse sul suo cuore.
E aveva perso tutto ciò che aveva: Clint, Rogers, il piccolo barlume di felicità che i due avevano portato nella sua vita.
E non se lo sarebbe mai perdonato.
 
 
La Romanoff reggeva un bicchiere di vodka schietta tra le mani; la stava sorseggiando lentamente, cosa alquanto strana dal momento in cui aveva la capacità di berla quasi come se fosse acqua.
Ma era un po’ sovrappensiero.
Steve sapeva che, quando assumeva quell’aria, quell’espressione persa, la donna aveva intenzione di aprirsi con lui; esattamente come la prima volta che avevano condiviso un momento intimo e intenso, lui si era seduto di fronte a lei, per guardarla negli occhi.
“Natasha. Che succede?” le domandò cauto, il tono di voce dolce e rassicurante; quel suono riusciva sempre a calmarla e a convincerla ad affidare un pezzo della propria anima a quell’uomo così fuori posto, così buono per il mondo in cui vivevano.
“Niente” rispose calma lei, “Stavo solo pensando”
“C’è qualcosa che ti turba” constatò lui, aumentando l’intensità del suo sguardo.
La russa sapeva che il Capitano la conosceva ormai troppo bene per credere ad una negazione; non ricordava neanche il momento in cui aveva deciso che sì, valeva la pena affidarsi a lui.
Non si era mai pentita di quella decisione inconsapevole.
“No, non sono turbata. Stavo riflettendo, in realtà”
Il suo timbro faceva intendere quasi che la donna avesse avuto una qualche rivelazione sorprendente.
“Tutti hanno un posto dove tornare, dopo ogni battaglia” proseguì ancor prima che Steve la invitasse a parlare, “Stark ha Pepper. Clint, ha Laurel e la sua famiglia, - che per quanto possa considerare anche mia, non sarà mai davvero tale -, Falcon e Maria se ne stanno creando una nuova. War Machine ha sua moglie ad attenderlo a casa, Thor i suoi genitori ad Asgard, Jane qui sulla Terra. Persino Wanda e Vision hanno trovato il loro posto sicuro”
Natasha fece una breve pausa, poi ridacchiò; era una risata sterile, senza alcuna traccia di divertimento.
“La chiamiamo Avengers Facility, questo posto ha il nome di un team. Ma quando cala il sole, qui, ci siamo solo noi due” concluse, “Ci siamo sempre, solo, noi due”
Il Capitano lo sapeva già, anche la rossa lo sapeva già, ragion per cui non capiva il suo stupore.
Non ci voleva un genio per notare che gli unici a vivere effettivamente in quel posto fossero loro.
“Ci hai messo un po’ per accorgertene” commentò perplesso Steve, corrugando la fronte.
Stava iniziando a preoccuparsi: per essere sobria, la donna sembrava sobria; lo era sicuramente, aveva bevuto pochissimo e se persino una bottiglia intera di quel liquido non riusciva a scalfirla, figurarsi se poteva esser partita per un misero bicchierino.
“Non me ne sono accorta ora, Rogers” ribatté lei, sorridendo per la patetica considerazione di Cap.
“Dico solo, che mi sono resa conto di stare bene così” confessò arrossendo leggermente, “Pensavo che, quando questo momento sarebbe arrivato, il confronto con la realtà e con ciò che io non avrei mai potuto avere, avrei come avvertito un vuoto incolmabile nello stomaco. Che avrei voluto di più. Ma non è così. Non sei così male, Rogers”
“Dovrei prenderlo come un complimento o come un insulto?” domandò innocentemente l’uomo, con la Vedova non si era mai abbastanza sicuri.
Natasha lo sguardò per dei secondi che parvero minuti e Steve avvertì, in ogni fibra del suo corpo, ancora una volta, il legame che li univa.
Non avevano mai avuto bisogno di parole, di sancire attraverso esse l’affetto che li legava, di dare una definizione a quel particolare rapporto che avevano instaurato nel corso degli anni.
“È decisamente un complimento” ammise la russa, sorridendo suo malgrado.
“Beh, diciamo che anche tu non sei poi così male, Romanoff” rispose il Capitano, lasciando che anche le sue labbra si curvassero all’insù.
Era la verità.
Avevano il loro modo di comunicare, fatto di sguardi e silenzi, piccoli gesti attraverso i quali l’uno faceva sapere all’altra di cosa aveva bisogno e viceversa.
Avevano trovato il loro equilibrio perfetto, che gli faceva considerare quel posto casa. Ma, soprattutto, faceva sì che si considerassero l’uno la casa dell’altra, l’una la casa dell’altro.
Erano così simili, loro.
Entrambi fuori posto, trascinati in un mondo che non riconoscevano come proprio, danneggiati forse irreparabilmente; entrambi avevano perso tutto, cercato di salvare il salvabile; entrambi erano riservati e odiavano le invadenze: amavano stare insieme perché sapevano, - al di là di qualche battutina lanciata per scherzare di tanto in tanto -, che si incastravano perfettamente.
E sapevano, anche se non se l’erano mai detto, che ci sarebbero sempre stati per l’altro, che si sarebbero sempre ascoltati, capiti, aiutati.
“Grazie, Rogers”
 
 
Quel ricordo sembrava estremamente lontano.
Le tornò in mente così, mentre combatteva contro Sharon Carter, consapevole che forse, ormai, era lei a condividere con Steve momenti di debolezza e momenti di gioia, confidenze, fiducia reciproca, la stessa che lei aveva tradito.
Sharon aveva scelto lui, pur non conoscendolo come lo conosceva lei.
E per questo, Natasha la odiava e le risultava facile scontrarsi con lei.
Avrebbe voluto ucciderla, strangolarla con le sue stesse mani, portarle via quello che prima le aveva regalato; ma sapeva che, quello, Steve non glielo avrebbe mai perdonato.
Forse non le avrebbe neanche perdonato la scelta di seguire Stark, ma almeno poteva cercare di fare ammenda per quello.
 
Lo scontro con la Carter non durò a lungo, perché la donna venne presto inghiottita dal caos della battaglia quando anche la quadra di Crossbones si unì alla lotta.
Fu Barton a prendere il suo posto.
Sapevano entrambi che non si sarebbero mai davvero feriti, ma lottavano ugualmente; cercavano di proteggersi a vicenda da altri aggressori che avrebbero potuto anche ucciderli.
I rumori più forti, però, provenivano dal punto in cui il Capitano Rogers e Il Soldato d’Inverno stavano combattendo contro Iron Man.
Ogni tanto Natasha rivolgeva a loro lo sguardo, non voleva che si facessero del male: nessuno di loro.
“Perché lo fai, Nat?”
Le domandò Clint, senza interrompere lo scambio di colpi.
Era come se si stessero semplicemente allenando.
“Non ho avuto altra scelta” rispose lei, “credo che, per una volta, Tony abbia ragione. E tutto questo, si poteva evitare”
“Il KGB ti aveva resa schiava e ora vuoi permettere a questo governo di fare la stessa cosa? No, Nat. Io credo che tu sia d’accordo con Stark solo perché è conforme a ciò che tu hai sempre conosciuto”
Ecco.
Barton aveva centrato il punto.
Aveva riposto la sua fede, ciecamente, nello S.H.I.E.L.D.
Aveva già visto com’era andata a finire, perché voleva ripetere lo stesso errore?
Smise di combattere.
Smise di combattere appena in tempo per incrociare lo sguardo di Steve e fargli capire che lei si stava arrendendo.
Si stava arrendendo a lui.
Avrebbe dovuto realizzarlo prima: lui era Captain America, lui era la parte giusta.
Lui era quello buono, l’unico che poteva rendere il mondo un posto migliore se solo qualcuno gliene avesse dato i mezzi.
Poi, all’improvviso, diversi eventi accaddero:
Natasha lo chiamò a gran voce e scattò; Clint urlò il suo nome e tutti gli Avengers smisero di combattere.
Steve si voltò immediatamente e sgranò gli occhi non appena vide Natasha, di fronte a lui, che grondava sangue da diversi punti del corpo.
La donna non si resse più in piedi e si accasciò, trovando il supporto del Capitano che corse a stringerla tra le braccia.
Alzò lo sguardo da lei solo per un istante, vide Crossbones con lo sguardo trionfante, pronto a ucciderlo.
Capì cos’era successo: la Romanoff gli aveva fatto da scudo; gli aveva salvato la vita.
Ma vedendola in quelle condizioni, tra le sue braccia, boccheggiante e agonizzante, non ebbe più la forza di fare nulla.
Era come se fosse già morto.
Era diventato sordo e cieco per il resto del mondo: vedeva e sentiva solo lei.
Il mondo pareva essergli crollato addosso un’altra volta, con un’intensità ancora maggiore.
Vide i dardi lanciati da Clint colpire Rumlov, il coltello di Bucky sferzare l’aria e conficcarsi nel suo polpaccio; infine, i proiettili di Stark finirlo.
Tutto era diventato muto, attorno a loro.
La guerra era finita.
Lui si era arreso.
“Natasha” sussurrò, “Perché?”
La donna provava a parlare, ma non ci riusciva.
“Perché?” urlò, stringendola ancora più forte al proprio petto.
Ormai, non gli importava, Steve piangeva.
“M-mi… D-dis-piace” mormorò lei, tossendo violentemente, ma lui non riusciva più ad immaginare, neanche lontanamente, il motivo che li aveva tenuti separati negli ultimi tempo.
“Perché lo hai fatto?” ripeté, accarezzandole il viso e guardando i suoi occhi spegnersi sempre di più.
“D-dovevo p-proteggere la m-mia c-casa” mormorò la Romanoff, alzando la sua mano tremante per accarezzare la guancia del Capitano.
L’uno singhiozzò più forte e la paura cominciò a divorarlo.
“Ti amo, Steve. Almeno una volta, d-dovevo dirtelo”
Il cuore del biondo mancò un battito.
Doveva essere tutto uno scherzo di pessimo gusto: non poteva aver realizzato che provava qualcosa di più intenso del comune affetto per lei, nello stesso esatto momento in cui la stava perdendo; non poteva perdere la cosa più bella che avesse in quella vita, non appena aveva ritrovato quella della vecchia.
Semplicemente, il destino non poteva giocargli un tiro così brutto.
La donna ebbe un tremito, che riscosse Steve dal suo torpore.
“Nat, Nat resisti! Nat, non farmi questo! Resta con me, Nat” biascicò disperato, guardandosi a destra e a sinistra, in cerca di un aiuto che non arrivava.
Clint era inginocchiato per terra con mani tra i capelli a pochi metri da loro; Bucky lo fissava con le lacrime agli occhi e Stark, beh, Tony stava piangendo anche lui.
E stava maledicendo quella dannata faida.
“Nat, promettimi che resterai con me, ti supplico. Non posso andare avanti senza di te… Non posso… Io… Io ti amo, ti voglio nella mia vita… ti ho sempre voluta… Nat, Nat ti prego, non farmi questo. Resta con me, promettimi che non mi lascerai”
La russa abbozzò un flebile sorriso e si fece forza per pronunciare quelle che forse furono le parole più difficili che avesse mai dovuto dire:
“Sai meglio di me come vanno a finire le promesse in un punto di morte, Cap”
Steve gelò completamente; gli sembrò quasi di essere ritornato nel ghiaccio.
Le si avvicinò lentamente e la baciò, con dolcezza; fu un bacio amaro, doloroso quasi.
Il contrario di quello che avrebbe dovuto essere, ma lungo ed intenso.
Natasha riuscì a rispondere a quel bacio, era la sua ultima occasione di gustare il sapore delle sue labbra.
Di sentirsi amata in quella vita.
“Va bene così” mormorò quando si staccarono, “Almeno una volta, ho visto il paradiso sulla Terra”
Chiuse gli occhi e lasciò che le sue braccia ricadessero pesanti sul terreno ruvido e colmo del suo sangue.
Steve urlò.
Ma Natasha non riusciva a pensare ad un modo migliore per andarsene.
 
 
Quella notte il cielo si era spento subito dopo aver dato l’ultimo saluto a Natasha Romanoff.
Le stelle erano scomparse, quasi come se volessero partecipare al lutto del Capitano; la città era muta e rispettosa del suo dolore.
Steve era sul tetto, il suo scudo tra le mani, il volto segnato dai solchi che le lacrime avevano scavato.
“Dove andrai?”
Domandò una voce alle sue spalle, un timbro che conosceva bene.
Bucky.
“Non lo so” rispose l’uomo, voltandosi verso di lui e porgendogli il suo scudo.
“Ma voglio che tu abbia questo”
Annuì e si avvicino di più a Rogers.
Si abbracciarono; James sapeva che doveva lasciarlo andare, che il suo amico preferiva vivere da solo, a modo proprio, quella perdita.
Non era la prima volta che avrebbe voluto stare al suo fianco durante un lutto.
E non era la prima volta che Steve glielo impediva.
“Quindi, questa è la fine?” mormorò in un fil di voce Barnes, guardando dritto negli occhi azzurri dell’amico.
“È la fine, Bucky” confermò con un flebile sussurro il Capitano.
 
E quella fu l’ultima volta che qualcuno vide, o sentì parlare, Steven Rogers.


 
 
                                           -The End-






 
 
*Angolino dell'Autrice*
Ciao a tutti!
Sicuramente mi odiate.
Mi odio anche io.
Non so perché questa cosa orribile,
tristissima. Mi è venuta in mente così.
Spero di cuore che, nonostante gli eventi narrati,
la mia storia vi sia piaciuta.
E che vi abbia commosso almeno un pochino.
Fatemi sapere le vostre opinioni, se vi va.

Nel frattempo ringrazio di cuore _Alessia_C95 e Ragdoll_Cat,
che da tanto tempo leggono e recensiscono le mie storie - e sopportano con pazienza i miei continui ritardi.
Grazie di cuore per il vostro supporto.

Ci sentiremo di nuovo entro Giovedì, quando posterò l'aggiornamento del
mio crossover "This Is War".
Alla prossima,
Bell :)

 
  
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