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Autore: Blablia87    10/01/2016    4 recensioni
DAL TESTO:
"Venti minuti fa, cosa? Concentrati, per l’amor del cielo.
Come sono arrivato fin qui? A osservare uno sconosciuto con… cos’è questa? Paura? No. Invidia? No. Quali altre emozioni sono abituato a riconoscermi senza minare troppo la mia idea - piuttosto artefatta, ma d’altronde ci ho lavorato su per anni! - di me stesso?
Ah, già.
Ira."
E se Sherlock non fosse riuscito a dedurre davvero tutto di John Watson, il giorno in cui si sono incontrati? E se il passato del soldato tornasse a far loro visita?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ferite (pt.2)



Perché Mycroft l’ha lasciato qui?
Già, perché Sherlock?
 
Stacco il dvd dalle linguette di plastica, aggrottando le sopracciglia.
Osservo il dietro. Nessuna rigatura. Intonso.
 
Mi avvicino al televisore, l’unica cosa che sembra essersi salvata della mia ira.
Ironico, considerando che minacci John un giorno sì e uno no di gettarlo dalla finestra.
 
Cerco con le dita la feritoia laterale per i cd.
 
Per un attimo mi sembra di poter ancora vedere il riflesso di due uomini su una panchina, nello schermo scuro.
È tornato presto.
Irrilevante.
Bugia.
 
Il meccanismo cigola, mentre il dvd entra lento.
La tv si accende, e per un attimo è solo un insieme di rumori e immagini indistinti.
 
Indietreggio, torno a sedermi a terra.
 
Ancora un fruscio, e all’improvviso sembra che qualcuno abbia tolto un velo.
 
L’immagine diviene chiara. Un uomo, un militare. In piedi davanti ad uno specchio.
Armeggia con la telecamera che ha sul casco, la sistema.
 
Fruscii, rumori. L’immagine balla ancora, alla fine si stabilizza.
 
“Ok, così dovrebbe andar bene”.
Dice l’uomo, avvicinandosi al suo riflesso.
Occhi azzurri. I capelli scuri, nascosti in parte dell’elmetto.
 
Lo conosci.
Sì.
 
“Soldato Sasha Brealey, Quinto Fucilieri Northumberland. Afghanistan, giorno..”
 
Un fischio, basso, copre la data e l’esatta posizione sul territorio dette dal soldato.
Ancora lo chiami “il soldato”?
Non lo chiamerò mai in nessun modo.
 
John l’ha fatto.
 
 
Sì…
 
“Oggi sarò io ad effettuare le riprese della missione, come da disposizione del Capitano Watson.”
 
Il mio cuore accelera i battiti, e per un attimo il respiro si blocca.
Non dirmi che non avevi capito.
Ciò non toglie che…
 
L’immagine si interrompe. Uno stacco, pochi secondi.
Una stanza. Spoglia. Alcuni uomini, intenti a parlare tra loro.
 
Alcuni sono intorno ad un uomo, di spalle.
Ascoltano, attenti.
Annuiscono con la testa.
 
Lo conosci.
Lo conosco.
 
L’uomo (John) dice qualcosa, gli altri accennano un saluto militare e si allontanano.
 
Si gira.
 
Se avere un cuore vuol dire questo, non voglio averlo.
Se avere un cuore vuol dire questo, ne vuoi di più.
 
John.
Così…
Bello.
Diverso.
 
Il viso è l’unica cosa che si vede distintamente, mentre di avvicina. Il resto del corpo è coperto dalla mimetica.
Ha il viso abbronzato, gli occhi sembrano più blu.
 
Sorride, e sembra che sia per me.
È per lui.
 
“Tutto bene?”
Domanda. È vicino.
Troppo vicino.
 
“Tutto bene signore.”
Risponde il soldato dietro la telecamera.
 
Sasha.
Il soldato.
 
“Ottimo.”
Sorride ancora, ed è semplicemente.
Casa.
Bello.
 
Una stellina.
 
Alza una mano, sposta leggermente la telecamera.
“Pronto?”
Sta guardando più in basso rispetto all’obbiettivo, adesso, e so che si stanno guardando negli occhi.
 
E tenendo la mano.
Stringendo la mano.
 
Un rumore, in lontananza.
Un tintinnio.
 
John cambia espressione, diventa serio. Quasi…
Marziale.
 
Si volta.
 
“Thompson!” . La voce ferma, perentoria.
 
Un soldato, sullo sfondo, alza lo sguardo.
Sfida.
Lo sta sfidando.
 
“Quante volte devo ripeterti di non attaccare i bossoli agli scarponi?” John del tutto girato verso di lui adesso.
 
L’uomo alza le spalle, mette una sigaretta in bocca.
 
“È il mio segnapunti personale, capo.” Biascica, con noncuranza.
 
John scuote la testa. Posso vedere i capelli, mai così biondi, fare capolino dal casco, allungandosi sulla nuca.
 
Lo hai conosciuto solo sei mesi dopo. Come poteva essere tanto cambiato?
Il dolore ti cambia.
È vero.
 
”Ne abbiamo già parlato, Thompson. Mille volte. “
Fastidio.
 
“È assurdo. Amorale. Disgustoso. E pericoloso, oltretutto. Fai troppo rumore, e in missione è impensabile!”
 
John indica qualcosa alla sua destra, fuori dal campo visivo della telecamera.
 
“Non voglio doverlo ripetere mai più. Va’ immediatamente a cambiarti. E sbrigati. Saremo operativi tra esattamente 15 minuti.”
 
È strano vedere John impartire ordini con tanta naturalezza.
È affascinante.
È il suo lavoro.
E lo fa bene.
 
 
Sì.
 
 
John si volta di nuovo, ed il soldato alle sue spalle rimane per qualche secondo ad osservarlo.
La sua espressione è…
Una promessa.
Odio.
 
“Non capisco perché non faccia rapporto, Capitano. È instabile e… Non lo so, c’è qualcosa in lui che non mi piace.” Sussurra il soldato.
Sasha.
 
John accenna un sorriso, ha gli occhi grandi.
Buoni.
Buoni.
Li conosci.
 
 
Sì.
 
 
 
“Non posso… Voglio dire… È solo un ragazzo, ha una situazione familiare terribile. Ha solo bisogno di attirare l’attenzione. Gli parlerò quando rientreremo, va bene?”
 
Guarda davanti a sé.
Piccole rughe ai lati degli occhi.
 
Ha gli occhi che ridono.
Li ha sempre avuti…
 
L’immagine si alza e abbasa un paio di volte.
Sta annuendo.
 
John fa l’occhiolino, si apre in un sorriso.
 
“Pronti, ragazzi?” Urla, e alle sua spalle si alza un coro di sì.
“Eccellente!”
 
Si gira.
L’immagine stacca di nuovo.
 
Buio, poi penombra.
Il respiro pesante del soldato (Sasha) vicino al microfono.
 
Poco più avanti due uomini.
John.
John. E…
Il soldato Will.
 
Devo alzarmi.
 
Devo spengere la tv.
 
Perché diavolo i muscoli non obbediscono?
 
Vuoi vedere.
 
No, non è vero!
 
Hai bisogno di vedere.
NO!
 
Un rumore, strano.
Rimbomba tra le pareti vuote e semidistrutte della costruzione dove si trovano.
 
Alla destra del soldato (Sasha).
Più lontano.
 
 
Lo conosci.
 
 
Vorrei solo urlare a John di scappare.
Vorrei chiudere gli occhi.
 
Un fischio, sempre alla destra di Sasha.
Facciamo notevoli passi avanti, vedo.
 
Per un attimo la scena si immerge nel buio.
Urla.
Solo urla.
 
Dolore.
 
Paura.
 
John.
 
La telecamera torna su i due uomini, una luce più forte punta su di loro.
 
Sasha ha acceso la luce sull’elmetto.
Avventato.
Idiota.
 
Ne ha fatto bersagli facili.
 
John sorregge il compagno.
Si puntella sulle gambe, lo chiama per nome.
Cerca di dirgli che lo porterà fuori di lì.
 
Un altro fischio.
 
Gli scivola tra le mani, cade a terra.
 
Per un attimo, John rimane immobile, con le braccia alzate a stringere il vuoto.
Ha gli occhi sgranati, la bocca socchiusa.
Il sangue è ovunque, su di lui.
 
Lo stomaco mi si contrae.
Un fiotto di nausea mi sale in bocca.
 
Hai visto cose peggiori.
In questa ho visto John.
 
Non ha paura.
No.
È solo una maschera di dolore, sangue.
Muove gli occhi davanti a sé, dove fino a poco prima c’erano quelli del soldato Will.
Per un attimo sembra perso.
 
Poi, lentamente, abbassa lo sguardo su di lui, a terra.
Abbassa le braccia, le lascia cadere lungo i fianchi.
 
“John!” Sasha lo chiama, ma non si avvicina.
Ha fatto un passo indietro.
 
Codardo.
Tu non l’avresti fatto.
Io lo avrei ucciso.
 
Chi?
 
John sembra svegliarsi da un incubo.
Sbatte le palpebre più volte, alla fine si gira verso di lui.
 
Ha un’espressione…
Conosciuta.
Terrorizzata. Ha paura per lui.
 
Ha paura di perdere chi ama.
Ha paura di perdere lui.
 
Dove hai già visto quell’espressione?
Io…
Dove hai già visto quell’espressione?
 
Sherlock!
 
 
 
 
 
Anni fa. Da lontano.
Ci stavamo dicendo addio.
 
 
 
 
Cosa avrà provato? A vederti cadere davanti a lui?
A vederti a terra, come il soldato Will?
 
 
John…
Se lo avessi saputo…
 
Avrei trovato un altro modo.
Te lo giuro.
Non volevo.
 
 
 
 
Cosa ho fatto?
Cosa ti ho fatto?!
 
 
 
 
 
“VA’ VIA!” gli urla.
 
E non so come, né perché, ma sono in ginocchio davanti alla televisione, con una mano vicina allo schermo.
 
Vuoi consolarlo.
Vorrei salvarlo.
 
“SAS! VA’ VIA!” urla ancora, e accompagna le parole con movimenti scomposti delle braccia.
 
 
 
 
 
 
 
“Okay, shut up, Sherlock. Shut up. The first time we met—the first time we met—you knew all about my sister, right?”
“Nobody could be that clever.”
“You could.”
 
Anche tu, John.
 
“I researched you. Before we met I discovered everything that I could to impress you. It’s a trick. Its just a magic trick.”
“No. Alright, stop it now.”
“No, stay exactly where you are. Don’t move.”
“Alright.”
 
Alza un braccio.
Ti sorregge.
Lo ha sempre fatto.
“Keep your eyes fixed on me. Please, will you do this for me?”
“Do what?”
“This phone call, it’s… it’s my note. That’s what people do, don’t they? Leave a note.”
 
Non in guerra.
 
“Leave a note when?”
“Goodbye, John.”
“No. Don’t—“
 
Sta urlando il tuo nome.
Lo so. Ero lì.
Ti ho sentito, John.
 
 
 
 
 
 
 
 
Un nuovo fischio, e John viene sbalzato all’indietro.
Finisce con la schiena contro il pavimento.
Si inarca.
Geme.
 
Non grida.
No. È coraggioso.
Lo è sempre stato.
 
Si lamenta, un singhiozzo strozzato, ed io ho una mano su di lui.
 
 
 
 
“Yeah, but if you were dying ... if you’d been murdered: in your very last few seconds what would you say?”
“Please, God, let me live.”
“Oh, use your imagination!”
“I don’t have to.”
 
 
 
 
Andrà bene John. Tu non lo sai ancora. Ma andrà bene.
 
 
Ancora quel rumore.
Tin. Tin. Tin.
La telecamera inquadra il buio per l’ultima volta.
Suono di passi.
Sta correndo via.
 
 
Il dvd esce dal suo alloggiamento.
Io mi lascio cadere a terra.
 
Posso sentire le lacrime scendere, adesso, ma non ho la forza di fermarle.
 
 
 
Te ne vergogni?
 
 
 
No.
 
 
 
 
 
“You're an army doctor.”
“Yes.”
“Any good?”
“Very good.”
“Seen a lot of injuries, then? Violent deaths?”
“ Well, yes.”
“Bit of trouble too, I bet.”
“Of course, yes. Enough for a lifetime. Far too much.”
 
 
Tu…tu mi hai salvato, e lo sai. Guarito. Ti devo così tanto…
John…
 
“Want to see some more?”
“Oh, God, yes.”
 
 
Ma…
 
 
“Are you all right?”
“Of course I’m all right.”
“You have just killed a man.”
“I’ve seen men die before – and good men, friends of mine. Thought I’d never sleep again. I’ll sleep fine tonight.”   (1)
 
 
 
 
John.
 
 
 
 
Dovresti concentrarti, Sherlock.
 
Cosa?
Rumore.
 
Rumore.
 
Quel rumore, Sherlock.
 
Certo. Il rumore.
È sempre stato lì.
 
È sempre stato il tuo portatore di luce.
 
È sempre per lui.
 
John.
Per John.
 
 
Sento la rabbia risalirmi la gola, un fiotto di lava incandescente.
 
Lui.
 
Lui.
 
Devo trovarlo.
Cosa? Come.
Come ho sempre fatto.
 
Dovresti dirlo a John.
No, o mi impedirebbe di fare ciò che voglio.
 
Cos’è che vuoi, Sherlock?
Vendetta.
Per chi?
 
Per i giusti.
Per John.
 
È sempre stato lui dalla parte degli angeli.
 
Ed io non sono un eroe.
 
 
 
 
 
“Don't make people into heroes, John. Heroes don't exist, and if they did, I wouldn't be one of them.”
 
 
 
 
 
 
  1. questo dialogo è tratto del Pilot, e l’ho sempre preferito a quello che si scambiano nell’altra puntata (in realtà, mi piace proprio di più il Pilot nella sua interezza, rispetto a quest’ultima!)
 
 
Angolo dell’autrice:
Non aggiungo praticamente niente a quanto detto nella prima parte, se non che come sempre i dialoghi realmente presenti nel telefim ho preferito metterli in inglese. Non so a voi, ma io come li rileggo focalizzo immediatamente le scene!
 
Ancora un abbraccio a tutti/e!
 
Ps: domani si torna a lavoro, e sarò fuori casa tutto il giorno. Non  posso assicurare l’aggiornamento, soprattutto considerando che il prossimo capitolo sarà diverso da questi e richiederà ancora più cura e attenzione nella stesura.
Ci proverò comunque, vita lavorativa-casalinga-sentimentale (gatta compresa) permettendo! 
 
   
 
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