Serie TV > Da Vinci's Demons
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Autore: _armida    13/01/2016    2 recensioni
Piccola raccolta di storie collegata a 'L'Altra Gemella'
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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E a grande richiesta, ecco qui 'l'incontro' tra la nostra impavida Elettra e l'inquietante Vlad 
Ps: io se fossi in voi andrei a ridare un'cchiata ai capitoli 29 e 30 dell'Altra Gemella e al capitolo 2 di questa raccolta... ;)


Qui ci è scappato il vampiro

Elettra entrò nella bottega di Da Vinci, convinta che il geniale artista si stesse ancora riprendendo dai postumi della sbronza della notte precedente; invece lo scenario che le si parò davanti, una volta aperta la porta, le fece rimangiare tutti i suoi pensieri: vi era fibrillazione nell'aria e disordine. Tanto disordine. Più disordine del solito.
Leonardo era intendo a camminare, scrivere compulsivamente sul suo blocco da disegno e borbottare frasi senza senso, Nico era tutto concentrato, nel vano tentativo di seguire mentalmente il proprio maestro, e Zoroastro se la rideva sotto ai baffi. 
Elettra osservò tutti con attenzione: la particolare e caotica atmosfera del momento, i gesti di Nico, Zo e Leo, le bisacche più piene del solito, ammassate in un angolo... C'era una sola spiegazione plausibile: quei tre erano in partenza!
"Dove state andando?", chiese.
"A liberare l'abissino", rispose Nico, di fretta.
"Chi?"
"Un altro di quei Figli di Mitra", spiegò meglio Zoroastro, con un tono piatto, come se quello fosse un fatto abituale, per loro.
Elettra annuì. "E dove si trova questo 'abissino'?"
Il moro fece spallucce. "Prigioniero del signore della Valacchia", rispose, con fare apparentemente annoiato.
La ragazza strabuzzò gli occhi. "Stai parlando di Vlad l'Impalatore?!"
L'altro le fece cenno di sì con la testa, distratto. 
Nel mentre passò Leonardo, che le mise in mano una bottiglia, contente probabilmente un qualche tipo di liquore, senza degnarla di uno sguardo.
Lei lo osservò, con un'espressione tra l'essere in collera e il confuso. "E con questa che dovrei farci? Affogare i miei dispiaceri nell'alcol?", disse con sarcasmo.
Solo in quel momento Da Vinci si voltò a guardarla. La osservò come se la vedesse per la prima volta. "Oh...Ciao Elettra. Sei qui da molto?". Era talmente preso dai propri pensieri che non si era neanche accorto di lei. E non l'aveva neanche sentita urlare. Osservò la bottiglia, che la ragazza stava cercando di aprire. Velocemente, gliela tolse di mano, scambiandola con un'altra identica, presa da un ripiano dello scaffale più vicino.
"Perchè? Questa cosa aveva che non andava?", chiese spazientita.
"Meglio che tu non sappia, cosa c'è dentro"
Elettra sbuffò. "E della vostra imminente vacanza in Valacchia, cosa mi dici?"
"Vuoi venire anche tu?", chiese candidamente Leonardo.

....

"E me lo chiedi anche? Ovvio che vengo". La risposta era scontata, in fondo. "Nico non può di certo riuscire a farvi da balia tutto solo", aggiunse sarcastica.
"Sapevo che non ci avresti abbandonato così", disse Leo, abbracciandola.
Zoroastro li guardò con un sopracciglio alzato e l'aria scettica. "Siete completamente impazziti tutti e due?! Ci infilerà un palo sù per il culo prima ancora di avvicinarsi al vostro caro Abissino"
"Dai Zo, ci divertiremo", cercò di rabbonirlo, Elettra.
"Pure tu ti ci metti? Non basta già Leonardo con le sue folli idee?"
"Vado a fare le valige e...devo dirlo a Giuliano". La ragazza correva da una parte all'altra dello studio, come se fosse una molla impazzita. "Qualcuno dovrà pure coprirci, no?"
Prima ancora che qualcuno potesse dire qualcosa, la porta della bottega sbattè e lei scomparve.
Elettra era euforica: doveva trovare subito Giuliano... no, anzi, prima doveva passare per il suo studio. E poi doveva correre nella biblioteca di Cosimo, a documentarsi sulla Valacchia.
Quanto tempo era che non partiva all'avventura insieme a Leo, Nico e Zo? Probabilmente da quando aveva incominciato a lavorare per i Medici, un anno prima...

 
***

Alcune ore più tardi...

Elettra camminava a passo spedito per i corridoi del palazzo, con il naso immerso nell'ennesimo libro sulla Valacchia. 
Era talmente concentrata su quello che stava leggendo, da non accorgersi della persona che giungeva dalla parte opposta, distratta anch'essa.
Inevitabilmente, la ragazza andò a sbattere contro il petto del Conte Riario.
La pila di pesanti volumi che teneva in mano le cadde, finendo sul pavimento. Dalle pagine svolazzanti, si alzò una nube di polvere.
Elettra sbuffò, infastidita. Era ancora furiosa con Girolamo, per quello che aveva fatto a Leonardo. 
Certo che ne aveva di fortuna...Con tutte le persone che avrebbe potuto incontrare, proprio contro di lui doveva andare a sbattere?
Il Conte Riario alzò un sopracciglio, studiandola con le solite arie di chi si sentiva superiore. "Dovreste stare più attenta, madonna", le disse, scandendo le proprie parole con una lentezza esasperante.
"Se voi vi foste spostato, non vi sarei di certo venuta addosso", ribattè Elettra, con quel suo tono impertinente. Si chinò, cominciando a raccogliere da terra gli antichi libri.
"Potevate spostarvi voi", disse lui, abbassandosi per aiutarla.
Mentre raccoglievano i manoscritti, le loro mani si sfiorarono. Elettra allontanò immediatamente il proprio sguardo da quello di Girolamo, imbarazzata. Sulle sue guance si formò un diffuso rossore.
Il Conte la guardò malinconico: se solo avesse potuto toccare ancora quelle pelle così candida...Le parole che si erano detti, la sera del teatro, gli tornarono in mente con una fitta di dolore. 
Lei alzò la testa, osservandolo negli occhi. "Sapete che quando volete, sapete essere davvero fastidioso, Conte?". Senza farsi troppi problemi, gli mise tra le mani -in modo tutt'altro che garbato- i volumi.
Girolamo guardò prima ciò che gli aveva passato e poi lei. Era parecchio perplesso. "E con questi cosa dovrei farci?"
"Vanno nel mio studio", disse Elettra, voltandogli le spalle e procedendo in quella direzione. "In qualche modo dovrete pur scusarvi, per essermi venuto addosso". C'era divertimento nella sua voce.
Il Conte scosse le testa: uno ci impiegava anni e anni di duro lavoro, per crearsi l'immagine di un uomo spietato e inflessibile per cosa? Finire a fare il fattorino di una ragazzina impertinente...

"Potete pure appoggiarli sulla scrivania", disse Elettra, una volta giunti nel suo studio. Prese alcune cose dall'armadio, infilandole in una sacca da viaggio.
Gesto che non passò inosservato a Girolamo, insieme al fatto che indossasse un paio di pantaloni e non un vestito, come avrebbe dovuto fare, mentre si trovava a palazzo. "Siete in partenza, madonna?", le chiese. Se da fuori la sua espressione appariva sempre la stessa, seria e impassibile, dentro temeva la sua risposta.
"Sarete felice, immagino, di non vedermi per un po'"
Visto il tono di voce usato da Elettra, gli sarebbe davvero piaciuto risponderle in modo affermativo, ma si trattenne. "No, non ne sarei affatto felice", sussurrò, avvicinandosi.
Lei distolse il proprio sguardo dal suo, concentrandolo sui libri, sulla propria scrivania.
Girolamo seguì la traiettoria dei suoi occhi, incominciando a leggere i nomi incisi sulle copertine. La sua mascella si contrasse, mentre ne aprì uno, studiandolo meglio. "State andando in Valacchia?"
Ad Elettra non sfuggì il suo tono di voce preoccupato. "Non sono affari vostri", rispose semplicemente, cercando di rimanere indifferente.
"Elettra, vi rendete conto di quanto quelle terre siano pericolose?"
"Smettetela di voler decidere per me della mia vita", disse lei, alzando un po' troppo la voce.
Il Conte tornò alla sua solita espressione fredda. "Buon viaggio, allora"
La ragazza prese alcuni libri, mettendoli nella sacca che teneva su una spalla ed uscì, lasciandolo solo nello studio. 
Furente, Girolamo tirò un pugno sul tavolo. Perchè quella ragazza doveva essere così cocciuta?
Poco dopo la porta si riaprì di nuovo ed Elettra comparve sulla soglia; dai suoi occhi colore del cielo traspariva indecisione. Osservò il Conte per qualche istante, prima di decidersi: fece alcuni passi avanti, colmando ben presto la distanza che gli divideva.
Si alzò in punta di piedi, per avere il proprio viso alla stessa altezza del suo e, senza pensarci due volte, avvicinò le proprie labbra alle sue.
Girolamo, inizialmente stupito, rispose ad esso con maggiore intensità, stringendola forte contro il proprio corpo.
Elettra si staccò da lui dopo un tempo che parve troppo breve per entrambi. "Potrei anche non tornare per un bel po'...e non mi andava di avere questioni in sospeso", sussurrò, ad un soffio dalle sue labbra. 
Senza indugiare troppo, come era arrivata, se ne andò.

 
***
 
Diversi giorni più tardi...

Quella foresta non sembrava avere mai fine. Era fitta e i raggi solari -se ci fossero stati, visto il tempo perennemente nuvoloso- non sarebbero di certo stati in grado di attraversarla. 
Si respirava un'aria strana, percorrendo lo stretto sentiero sterrato, appena visibile sotto ad uno spesso manto di foglie secche; non tirava neanche un filo di vento, gli alberi erano completamente immobili e c'era un silenzio surreale, rotto soltanto dal rumore cadenzato degli zoccoli dei loro cavalli e dalle battute di Zo. Non vi era presenza di altri esseri umani e non si udiva neanche il canto di un uccellino, o il movimento delle foglie; nessun rumore che indicasse che vi fossero altri esseri viventi, oltre a Elettra, Leonardo, Nico e Zoroastro.
Arrivati ad un certo punto, il lato destro del sentiero declinava in un ripido pendio ed era proprio là che gli alberi si diradavano, mostrando ciò che c'era oltre: il pendio non era altro che la sponda di un fiume e, dall'altra parte, si poteva vedere una fortezza. Una solida fortezza, fatta di fredda roccia e dall'aria tutt'altro che ospitale.
I quattro fermarono i propri cavalli, osservando il castello.
Leonardo prese da una tasca del proprio mantello il cannocchiale di sua invenzione, per osservare la costruzione  più da vicino. 
"Qualcosa di strano circonda il castello", commentò Nico.
Il geniale artista gli passò la propria invenzione. Nico sussultò, appena mise a fuoco cosa ci fosse di strano lungo tutto il perimetro della fortezza.
"Uomini impalati?", chiese Elettra, sarcastica, mentre il ragazzo, con mano molto tremante, passava il cannocchiale a Zo.
Il giovane annuì.
"Fortuna che sono una donna e non credo che qui impalino delle povere e innocue dame. Non potrei dire lo stesso di voi tre...". C'era una punta di ironia, nelle sue parole. 
"Ehm...Elettra". Zo non sapeva come dirle quello che aveva appena visto. "Vedi il terzo corpo, a partire da sinistra?"
La ragazza aguzzò la vista. "E?"
"Quella è una donna. La tua geniale teoria è appena andata a farsi fottere"
"No, quello è un uomo con i capelli lunghi", ribattè lei, poco convinta delle proprie affermazioni.
Zo ridacchiò, portandosi vicino a lei e dandole un'amichevole pacca sulla spalla. "Potrai apparire carina ed innocua quanto vuoi, ma alla fine ti ritroverai un palo nel culo proprio come tutti noi"

Costeggiarono le mura della fortezza, osservando la lunga scia di cadaveri tutt'attorno; erano in stadi di decomposizione diversi, che spaziavano dal corpo ancora intatto, probabilmente morto da poche ore, allo scheletro, con quel lungo palo ben visibile, che spuntava dalla gabbia toracica. Ovunque si respirava un odore di morte che, pensò Elettra, portandosi la propria sciarpa al collo, era decisamente peggiore di quello che c'era nella bottega di Leonardo, quando i cadaveri recuperati da Zo non erano proprio freschi. Ancora che si stavano avviando verso l'inverno: la ragazza non sarebbe mai riuscita ad immaginare il tanfo che ci sarebbe stato, se fossero stati in estate.
"I loro turbanti sono inchiodati ai crani" fece notare Nico, con la voce leggermente tremante.
"Sono tutti turchi", disse Zoroastro. "Questo condottiero ha chiaramente un problema con gli ottomani"
"Il suo coraggio contro di loro gli è costato tredici anni di prigione. Ma dato che nessuno di noi è un turco, non abbiamo nulla da temere", ribattè Leonardo, guardandosi intorno curioso e per nulla intimorito da ciò che vedeva.
"Non pensi che potrebbe prendermi per un turco? Chi mi dice che la sua vista non si sia affievolita?". Zo appariva quasi spaventato.
"Perchè vi ho individuati a miglia di distanza. E se anche fossi cieco riuscirei a sentire i passi e le parole di questo tartaro da molto lontano"
Vlad l'Impalatore comparve davanti a loro, fiero sul proprio cavallo. Dalla boscaglia, comparvero una schiera di soldati che, in breve tempo, accerchiarono il piccolo gruppo.
"Cosa siete allora?"
"Unico"
"Anche uno scarabeo stercorario si crede unico. Il vostro lignaggio mezzosangue parla più delle vostre parole". Vlad continuava a rigirare il coltello nella piaga lanciando frecciatine al moro. "Vedete il Signore ha creato delle punizioni per il genere umano: i terremoti, i vulcani, le piaghe, le pestilenze, ma non peggiori di tutti i turchi, tartari e i meticci come voi"
Leonardo decise di prendere la situazione in mano: prima che essa peggiorasse ulteriormente scese da cavallo, seguito a ruota da Elettra. "Ave Wladislaus Dragwlya vaivoda partium Transalpinarum, principe di Transilvania e Valacchia, figlio di Vlad II, conosciuto come Vlad Dracul il drago, il che vi rende Vlad III figlio del drago o come viene detto nella nostra lingua, Dacula". Insieme alla ragazza, fece un inchino.
"Mi impressionate, con la conoscenza dei miei titoli, ma non mi avete detto chi siete e cosa ci fate qui". Dal tono di voce, Vlad sembrava scettico e restava molto sulla difensiva.
"Scusateci", disse la ragazza, "Io sono Elettra Becchi e loro sono il maestro Leonardo, con i suoi assistenti Nico e Zoroastro. Siamo stati inviati da Lorenzo de Medici il Magnifico della repubblica di Firenze" 
"Tutta l'Italia è meravigliata dalle vostre vittorie contro gli ottomani e il nostro signore porge la sua amicizia e spera in consigli militari per la più grande gloria di Firenze oltre che della Valacchia", disse in tono ossequioso, Leonardo.
"Dovete sapere che queste terre sono state tormentate dalla guerra e da cose peggiori della guerra". Le ultime parole dell'artiste sembravano aver fatto centro, nel signore della Valacchia. "Approfondiremo il discorso, a cena", concluse, voltando il proprio cavallo e dirigendosi verso l'interno della fortezza.
"A patto di non essere noi la cena", sussurrò a bassa voce Zoroastro, ironico. 
Per tutta risposta, senza farsi notare dagli altri, Elettra gli diede un'amichevole gomitata nelle costole.

***

"La cena ci attende", disse Vlad, mentre le porte della sala dei banchetti si aprivano.
Elettra si guardò intorno, curiosa. Il suo sguardo si posò immediatamente sul gigantesco lampadario, al centro. Era grande e...fatto completamente di ossa umane.
Si fermò nel bel mezzo della sala, osservandolo a bocca aperta. "Ho trovato cosa farmi regalare per il compleanno". Aveva un sorriso a trentadue denti. "Quanto ci starebbe bene di fianco alla testa rimpicciolita?". Prese velocemente il proprio blocco degli appunti dalla tasca posteriore dei pantaloni e cominciò a scarabocchiare compulsivamente ciò che vedeva intorno a sè.
Leonardo, alle sue spalle, ridacchiò, mentre Zo scuoteva la testa, sconsolato: passare troppo tempo con Riario le stava facendo veramente male; che lei e Leonardo  fossero sempre stati attratti dalle cose macabre, era risaputo, ma da quando il Conte era arrivato a Firenze, era notevolmente peggiorata. Non si sarebbe stupito, se un bel giorno fosse arrivata alla bottega di Da Vinci vestita completamente di nero.
"Ehm...vi sono cadute delle monete", disse il moro, osservando il pavimento.
"Ovviamente avete notato il denaro: i sultani d'oro è la valuta in uso nel selvaggio regno d'Oriente. Vedete, è il modo in cui permetto ai miei soldati di provarmi la loro lealtà: lascio queste monete buttate per terra davanti a loro. Ebbene, non vengono mai neppure sfiorate"
'Ovviamente', pensarono in simultanea i tre fiorentini -Elettra era troppo impegnata a scarabocchiare sul proprio blocco degli appunti, per stare ad ascoltarli-. Se qualcuno avesse anche solo tentato di fare qualche torto a Vlad, non era difficile immaginarsi la sorte; non a caso il suo soprannome era 'l'Impalatore'.
"Davvero? Sono buttate in modo casuale, come fate a notare se ne manca una?", chiese Zo. 
"A me non sfugge niente", sussurrò Vlad, in modo alquanto inquietante. "Ma prego", disse, facendo segno ai suoi ospiti di accomodarsi ai loro posti. "Ora, del gradevole vino toscano per farvi sentire a casa". Era tornato nuovamente sereno; era incredibile, come cambiasse umore da un momento con l'altro
"Grazie", fece Leonardo, accomodandosi. Dovette rialzarsi quasi immediatamente, per recuperare Elettra, ancora ferma nel bel mezzo della sala, intenta a disegnare. Senza ascoltare le proteste della ragazza, le requisì il blocco degli appunti e la costrinse a sedersi al tavolo, di fianco a Vlad. 
"Sono davvero impressionato dalla vostra ospitalità dato che siete riuscito a tornare in libertà da poco", disse Leo, cambiando discorso ed evitando di guardare Elettra, seduta di fronte a lui con la faccia imbronciata.
"Mi sento a casa nelle segrete", rispose Vlad, prendendo in mano il proprio calice di vino. "Da piccolo mio padre inviò me e mio fratello come ostaggi allo spietato sultano turco: la prigionia convertì il mio debole fratello alla causa dei turchi, ma non cambiò me. Ho imparato a non fidarmi di nessuno e a sopportare ogni dolore: i cani, le segrete, anche una saetta dal cielo che mi ha lasciato questo intreccio di cicatrici" 
'Ecco cosa sono', pensò Elettra. Anche quelle linee rosse sulla faccia, insieme ai grandi occhi di quel colore innaturale che si guardavano in giro, troppo vispi, apparivano inquietanti.
"E adesso passo ogni ora insonne contrastando mio fratello e tutti quegli squallidi turchi". Il suo umore era nuovamente cambiato: ora, in quelle parole dette a voce troppo alta -e troppo vicine all'orecchio del povero Leonardo-, c'era solo rabbia.
"Ebbene, le vostre vittorie contro di loro hanno provocato persino l'interessamento del Papa", azzardò Da Vinci.
Elettra guardò Vlad, sorridendogli in modo molto convincente. Lei e l'artista erano degli ottimi bugiardi. Ma questa, era davvero grossa. Alzarono i propri bicchieri. "Alla salute"
"Se stiamo per brindare, alziamo il bicchiere per colui che mi ha aiutato ad uscire dalle segrete: brindiamo al portatore di luce", disse Vlad. Ora era tornato ad essere tranquillo e pacato.
"Chi, mio signore?", chiese Leonardo, accondiscendente.
"Licufero, il portatore di luce. Il più bello di tutti gli angeli". Ok, anche questo era inquietante, almeno per Nico e Zoroastro. Leonardo invece apparì impassibile ed Elettra dovette mettersi una mano davanti alla bocca, per non scoppiare a ridere. Quando l'avrebbe raccontata a Girolamo... Si pregustava già le risate, alla vista della sua faccia sconvolta.
"E in che modo vi avrebbe aiutato?". Leonardo era curioso di scoprire fino a che punto arrivasse la pazzia di Vlad.
"Proprio come me, Lucifero ha resistito al suo tiranno, come me è stato abbandonato dal Dio che lui amava", spiegò l'Impalatore. "Ho fatto un patto con Lucifero per riavere la libertà e tornare sul mio trono una volta per tutte. E sapete? Non è affatto difficile vivere senza la propria anima.". Alzò il proprio bicchiere e se lo portò alle labbra. "A Lucifero"
Anche gli altri quattro, seppur decisamente meno convinti, fecero lo stesso.

Dopo la prima portata, Leonardo ed Elettra si alzarono, dirigendosi verso uno dei numerosi bracieri della sala; presero dalla bisacca di Leo alcune boccette e ampolle, contenenti alcune polveri colorate e, stando molto attenti, cominciarono a buttarne un po' nel fuoco che, a contatto con esse, creava una piccola esplosione.
Il sodio rilasciava un'intenso colore giallo, il rame dava l'azzurro, il litio il rosa e lo stronzio un bellissimo rosso scarlatto.
"Il vostro segreto, signori?", chiese Vlad, curioso.
"Bisogna solo sapere quali elementi mischiare: un po' di magnesio, limatura di ferro, e così via", rispose Leonardo.
"E non esagerare troppo con le dosi", aggiunse Elettra, massaggiandosi il braccio sinistro; quella volta, a Palazzo della Signoria, aggiungendo troppa polvere da sparo aveva quasi fatto saltare un'intera ala. E si era ustionata il braccio.
"Lo trovo ingegnoso", commentò il signore della Valacchia. "Hanno per caso degli impieghi militari?"
"Non ancora", disse Leo, lasciando intendere che probabilmente lo avrebbe avuto in un prossimo ed immediato futuro.
"Dovremmo approfondire la faccenda: da quando ho rinunciato al vostro Dio cristiano solo il mio ingegno e la mia ferocia mi proteggono dalle forze del sultano Maometto II. Può darsi che l'ingegno che offrite alla corte di Lorenzo possa aiutare anche la mia causa"
L'artista gli fece un cenno all'apparenza affermativo; in realtà mai e poi mai, avrebbe permesso a qualcun'altro di usare le sue armi: esse erano state costruite solamente per la protezione di Firenze. 
"Ora, dato che avete condiviso con noi il vostro piccolo spettacolo, risponderò con uno dei miei piccoli...svaghi, chiamiamoli così", disse Vlad, alzandosi. "Sapete, non avendo un'anima che mi opprime riesco a vedere nell'oscurità: nessuno può uccidermi. Mi diverto con certi intrattenimenti che mi avrebbero fatto impallidire qualche anno fa", sussurrò, avvicinandosi a Leonardo ed Elettra. Fece segni a due delle sue guardie, per andare a prendere il 'piccolo svago'. "Costui è l'ultimo uomo al seguito di un'ambasciatore turco che è stato così sciocco da avvicinarsi a me"
Elettra osservò prima il prigioniero, poi Leonardo. Bastò solo uno sguardo, per capire che quello non era l'abissino. Che fosse già morto? O l'Impalatore mentiva, o il Turco per una volta aveva sbagliato...
"Io non perdo mai l'occasione per rammentare ai turchi la straordinaria infanzia che ho passato con loro", sussurrò, con quel suo solito tono di voce inquietante e gli occhi fissi, che sembravano trapassare chiunque li incontrasse.
"E' l'uomo per cui siamo qui?", chiese a bassa voce Nico. Almeno, l'intenzione era quella. 
Elettra, di fianco a lui, con nonchalance, gli tirò un calcio sullo stinco. Stava rischiando di mandare tutto all'aria. Probabilmente, Vlad aveva già captato l'odore di bruciato...
Leonardo, gli fece cenno di no.
"Ora slegatelo", ordinò il signore della Valacchia ai suoi soldati. "Date prova di essere più forte dei vostri amici: sconfiggete i cani e sarete libero", disse al prigioniero, che lo guardava con il terrore negli occhi.
A Elettra fece molta pena: chissà cosa aveva visto e cosa aveva subito, quel poveretto. Osservò i due cani, trattenuti a stento dalle guardie. 'Limier in confronto è un angioletto', pensò. Sapeva cosa sarebbe successo dopo: non era mai stata una persona che si impressionava facilmente, spesso le dicevano che aveva parecchio sangue freddo ma, per la prima volta, sentiva che sarebbe stato meglio distogliere lo sguardo e cercare di non udire nè sentire niente. Ma non poteva. Lei e Leonardo dovevano ingraziarsi Vlad. E sapeva benissimo quali mosse erano giuste e quali no. Per salvare l'Abissino era necessario usare il sangue freddo, non la compassione.
"E non pensate che io sia così disumano da non darvi la possibilità di combattere...un coltello da burro per voi", continuò l'Impaltore, sarcastico.
Leonardo fece segno ad Elettra di distogliere lo sguardo, ma lei gli fece capire che poteva farcela.
Il prigioniero prese da terra il coltello, senza alcuna foga o emozione: ormai si era completamente arreso alla propria fine.
Elettra guardò le due guardie mentre lasciavano la presa prima su un cane e poi sull'altro. Li vide saltare addosso all'uomo, puntando dritti alla giugulare.
Osservò uno dei cani leccare via il sangue che ancora colava dalla gola completamente squarciata. Lo sguardo scioccato inchiodato a quella scena raccapricciante. 
"Questa...questa è giustizia", sussurrò Vlad. "Bene, potete portare il piatto principale"
E chi aveva ancora voglia di mangiare, dopo quello che avevano visto?
"Ho nausea", disse Zoroastro mentre Nico, invece, si era chinato di fianco al tavolo, vomitando quel poco che aveva mangiato a cena.
"I miei gusti non sono universalmente condivisi", disse con una nota di rammarico Vlad, alzandosi da tavola. "Mi accomiato da voi"
"Prima di andare... voi ci avete onorato con il vino tradizionale della nostra patria, ora vorremmo onorare voi con un liquore tradizionale della Valacchia". Come faceva Leonardo a restare impassibile di fronte a quella scena?
"Oh...avete portato della zuica"
"Sapete, il nostro Lorenzo de Medici non bada a spese per dimostrare la sua ammirazione per voi, mio signore. ", disse Leo, versandone un po' nei bicchiere di Nico e Zo. Quando fu il momento di Elettra, la osservò con preoccupazione: lei aveva lo sguardo fisso sulla scia di sangue lasciata sul pavimento, quando il corpo senza vita del prigioniero era stato trascinato via. "Elettra", la chiamò dolcemente.
La rassicurante presenza della mano di Leonardo sulla propria spalla, la fece riprendere subito. Osservò il liquore che stava per versare nel bicchiere. "No, no. Grazie Leo". Già quel non-sapeva-cosa-c'era-nel-piatto-e-non-voleva-neanche-saperlo che aveva mangiato minacciava pericolosamente di tornare sù, se poi avesse pure dovuto bere la zuica alterata...
"A Vlad III ", disse Leonardo, alzando in aria il proprio calice. Vide Zoroastro non muovere un muscolo, con la faccia truce. "Quando mai tu hai esitato a bere, amico mio? A Vlad III", intimò al moro: perchè il piano funzionasse, doveva stare al gioco anche lui.
"A Vlad III". Zoroastro prese il proprio bicchiere, bevendolo tutto d'un sorso.
"Molto buono" commentò Vlad. Ad Elettra parve di vedere qualcosa di strano, passare nello sguardo di quell'inquietante uomo. Fu solo un attimo, ma sembrò come se avesse capito che i suoi ospiti erano lì per motivi tutt'altro che pacifici.
"Un po' anche per le domestiche e i vostri uomini?"
"Si, bene". Ancora, le sembrò ancora così: una volta poteva essere un caso, ma due...
"Ecco a voi...e a voi...e un po' anche a voi", disse Leonardo, mentre somministrava il sonnifero -la zuica alterata- a tutte le persone presenti nella sala.
"Mostrate le stanze ai nostri amici". Vlad si alzò dal tavolo, dirigendosi verso la porta.
"Un po' per voi"
"Appena le mie guardie avranno brindato agli ospiti", aggiunse, osservando Leonardo. "L'artista e io resteremo a parlare un po'"
"Vi dispiace se curioso un po' in giro? Sapete, l'architettura di questo castello è magnifica e desidererei poterla studiare meglio", chiese umilmente Elettra, propinando al signore della Valacchia uno dei suo sguardi da cerbiatto spaurito più innocenti che avesse mai fatto, unito ad un largo sorriso. 
"Certamente, signorina. Avete il mio permesso"
"Grazie mille". La ragazza fece un ampio inchino, prima di uscire. 
Mentre oltrepassava la soglia, sul suo viso comparve un sorriso beffardo: era vero, era lì per curiosare, ma non solo l'architettura. Avrebbe scoperto dove era intrappolato l'abissino, in modo da poter risparmiare tempo, una volta che la zuica avesse fatto effetto.

***

Elettra stava per entrare nella camera da letto che Vlad aveva riservato a Nico, Zo e Leo. 
Chiamarla camera da letto, però, era una parola grande: le segrete del Bargello in quel momento apparivano più ospitali. Fortunatamente, anche se non le sarebbe di sicuro servita, a lei era stata destinata una vera e propria camera, con tanto di letto a baldacchino. Lugubre, ma almeno non appariva come una cella, con tanto di tetre croci di legno impiantate nel pavimento di terra battuta. Per qualche strano motivo, immaginò che anche la Rocca di Ravaldino, a Forlì, non fosse molto diversa: certo, magari Girolamo non era così crudele, ma lo stile era comunque quello...
Appoggiò la mano sulla maniglia e, stava quasi per abbassarla, quando questa si aprì di colpo. Elettra riuscì a spostarsi appena in tempo, prima che le finisse in faccia.
Zoroastro comparve sulla soglia. 
"Stavi per darmi la porta in faccia", disse la ragazza, apparentemente seccata.
"Problemi tuoi". L'antidoto contro il sonnifero stava facendo effetto ma, tutti e tre, apparivano ancora un po' storditi e infermi sulle gambe.
"So dove si trova l'abissino", disse lei, appena vide Leo. Aveva un sorriso a trentadue denti ed era fiera di sè stessa.
"Anche io"
Elettra sbuffò: perchè non poteva semplicemente affidarsi a lei, per una buona volta?
"Come sai dove si trova?"
"Una semplice valutazione architettonica. Diciamo che l'abissino stesso me lo ha indicato, in un certo senso". A Leonardo venne in mente la mano mozzata che Vlad gli aveva mostrato. E provò ancora un certo ribrezzo.
"Dovremmo capire quello che hai detto?"
"No, sinceramente no"
"Sapete, credo di aver capito che carne era, quella nello stufato". La ragazza aveva visto la faccia sofferente di Leo e voleva cambiare al più presto discorso.
"Cos'era?", chiese Nico, curioso. In effetti quella carne aveva un sapore strano...
"Non chieder..."
"Non credo che tutti i prigionieri dell'Impalatore vengano impalati..."
Zoroastro sospirò, cercando con tutti i modi di ricacciare giù lo stufato. Anche Nico ci provò, ma senza risultato: rivomitò nuovamente in un angolo del corridoio.
"Fortuna che io sono vegetariana...", commentò Elettra.

***
 
"E' qui", disse Leonardo, osservando una pesante porta di legno. Secondo i suoi calcoli, doveva essere quella la camera da letto di Vlad, dove era rinchiuso l'Abissino.
"Ne siete proprio sicuro?", chiese Nico.
"No"
Si girò verso Elettra, leggermente in disparte. E ancora offesa con Leonardo per non averla lasciata fare da guida.
Annuì all'artista, confermando la sua ipotesi.

L'interno era scuro, con arredamenti, stoffe ed arazzi solo di tonalità scure. Camminarono tutti con passo silenzioso, attenti a non fare il minimo rumore, nonostante nessuno potesse sentirli.
Elettra si guardò in giro, stringendosi forte le braccia sotto al seno, improvvisamente infreddolita nonostante la legna che scoppiettava nel camino.
Passò velocemente di fianco al letto di Vlad, facendo appena caso all'uomo, addormentato e completamente nascosto sotto alle coperte.
C'era una strana sfera cava, esattamente nel mezzo della stanza, con qualcosa di longilineo, nel centro, incastrato tra diverse sbarre di ferro, dall'aria per nulla amichevole.
Si portò entrambe le mani davanti alla bocca, cercando con tutte le sue forze di non urlare, quando capì che quello nel centro era un uomo, senz'altro l'Abissino.
Si avvicinò con circospezione, seguita a ruota da Leonardo. Guardò il prigioniero che, sentendosi osservato, alzò a fatica la testa, osservandola dritta negli occhi. 
"Cosa c'è scritto?", chiese Nico, che nel frattempo si era avvicinato a lei. C'era una scritta in caratteri greci.
"Non portatemi via", sussurrò appena. Era talmente scioccata, da ciò che aveva davanti agli occhi, da non rendersi neanche conto di Zo che, coltello alla mano, aveva appena pugnalato l'uomo nel letto.
Lentamente, cominciò a girare intorno alla gabbia dove era rinchiuso l'Abissino, cercando di capire come tirarlo fuori, senza ucciderlo.
Leonardo, dopo aver mandato Nico a prendere i cavalli, si unì a lei.
Lentamente sbarra dopo sbarra, Da Vinci e Zoroastro, coordinati da Elettra, riuscirono a toglierle tutte.
"E' finita", disse Leo all'Abissino, mentre lo aiutava ad uscire e a stendersi a terra.
"No, non lo è", sussurrò l'altro a fatica. "Non era lui", disse, indicando con lo sguardo il grande letto dove avrebbe dovuto trovarsi il corpo senza vita del Signore della Valacchia.
Elettra, che nel frattempo si era inginocchiata al fianco dell'Abissino, per valutarne le ferite, si alzò di scatto, dirigendosi verso il letto. Alzò le coperte, scoprendo così il corpo di una delle guardie. "Non è Vlad", disse, con una nota di timore.
"No..." sussurrò Leonardo, guardandosi in giro, improvvisamente intimorito. Il suo sguardo alla fine si bloccò, fisso su una delle travi portanti del tetto.  "Oh merda", riuscì a dire, un attimo prima che Vlad saltasse giù, afferrandolo per il collo. Senza il minimo sforzo apparente, il signore della Valacchia lo scaraventò dall'altra parte della stanza, vicino alla porta. Dopodichè scomparvero entrambi, oltre la soglia. Si sentì il rumore del corpo di Leonardo, che rotolava per le scale. Seguito dai suoi lamenti.
"Sei un piccolo pazzo arrogante. Sono sopravvissuto ad ogni veleno conosciuto dall'uomo, ho battuto il grande impero ottomano; credi davvero che mi farei sconfiggere da un insignificante fiorentino?", lo sentirono inveire contro il povero artista.
Elettra si guardò in giro, in cerca di un modo per aiutare Leonardo. Sul suo volto comparve un largo sorriso, quando vide il crocefisso -fatto di ossa umane, tanto per cambiare- appoggiato ad una parete. "Sai Zo, credo di aver finalmente trovato un'utilità per un crocefisso"

Leonardo sentiva le mani di Vlad stringersi sempre di più intorno al proprio collo, l'aria nei suoi polmoni cominciava a scarseggiare e la vista annebbiarsi. Improvvisamente, sentì le mani di Dracula lasciare la presa, seguito da un lamento di quest'ultimo. Prese una grande boccata d'aria e mise a fuoco la scena: Zo, poco distante da lui, reggeva tra le mani un pesante crocefisso ed osservava Vlad che, lentamente, si girò, colpendolo con un potente gancio destro e facendolo finire a terra privo di sensi.
Elettra girò l'angolo appena in tempo per vedere Leonardo prendere un po' di polvere da sparo dalla bisaccia e lanciarla verso un braciere, situato proprio vicino a Vlad, che venne scaraventato via dall'esplosione, colpito in pieno da un muro di fiamme.
"Va bene, per un'applicazione militare", commentò l'artista.
Leonardo corse in fretta verso il moro, a terra e ancora privo di sensi. "Zoroastro alzati", disse, dandogli qualche schiaffetto per riprendersi.
Elettra nel frattempo, si guardava in giro, circospetta. Stringeva nervosamente il proprio arco, che aveva estratto dalla faretra appena Vlad aveva fatto la sua comparsa ma che non aveva usato, per paura di ferire Leonardo.
Mentre l'artista accudiva Zoroastro, lei tornò nella camera dell'Impalatore, per controllare le condizioni dell'Abissino.
Aveva appena girato l'angolo, quando sentì nuovamente quella voce. Si bloccò nel bel mezzo del corridoio, chiedendosi come fosse possibile che Vlad fosse ancora vivo.
"La vita...la vita è una trappola, non credi? Ebbene io sto per liberarti", lo sentì dire a Leonardo, che veniva tenuto fermo davanti ad una vetrata dall'aria troppo fragile.
Non ci pensò due volte: prese dalla faretra una freccia, la incoccò, prese la mira e puntò verso la schiena dell'Impalatore.
Vide le spalle dell'uomo irrigidirsi, mentre il dardo affondava nella carne. Lasciò andare Leonardo, girandosi nella sua direzione. "Curioso", commentò, osservando la punta della freccia che fuoriusciva dal proprio petto. 
Elettra lo osservò atterrita. E ora, cosa avrebbe fatto?
Fortunatamente, era riuscita a distrarlo abbastanza a lungo da permettere a Da Vinci di afferrare una torcia dalla parete. Gliela puntò contro, mettendosi tra la ragazza e l'Impalatore. 
"Non si può uccidere un uomo che non ha più l'anima", disse quest'ultimo, prima che Leonardo, utilizzando la torcia, lo spingesse giù dalla finestra.
Elettra, con il cuore che le batteva a mille per l'adrenalina, si mosse di scatto contro Leo, abbracciandolo. Osservarono entrambi per alcuni lunghi secondi il corpo di Vlad, che giaceva apparentemente senza vita una ventina di metri sotto di loro.
"Dobbiamo andare", disse l'Abissino, facendo la sua comparsa da in fondo al corridoio.
Anche Zoroastro si rialzò in piedi, ancora parecchio intontito.

"Tra poco le guardie e i cani si sveglieranno: dobbiamo sbrigarci", disse Leonardo, mentre, a passo spedito, si dirigevano verso il cortile, dove un Nico alquanto impaziente e spaventato gli aspettava, stringendo nervosamente le briglie dei loro cavalli.
"Al diavolo questo posto", commentò Zoroastro, chinandosi per prendere una di quelle maledette monete da terra. "Voglio sputare sul corpo di Vlad"
"Già, se sapessimo dov'è", ribattè Leo, sarcastico.
Zo si guardò in giro. "Dov'è finito?"
Sul viso della ragazza comparve un'espressione ironica "Qui ci è scappato il vampiro"

***

Elettra sentì il respiro caldo di qualcuno, sulle proprie labbra. Sorrise, aprendo lentamente gli occhi: il viso di Girolamo era a pochi centimetri dal suo.
"Buongiorno", gli disse, soffocando uno sbadiglio nel cuscino. Tentò di stiracchiarsi, ma il corpo del Conte, sopra al suo, glielo impedì.
Si guardò in giro, aspettandosi di vedere la stanza completamente immersa nella luce del mattino, invece l'unica luce presente, proveniva dalla debole fiamma di una candela, vicino al comodino.
Girolamo la guardò con quella che poteva dirsi un'espressione divertita. "Stavi sognando", le disse. "E parlavi anche molto"
Elettra per un attimo pensò a Leonardo, Nico e Zoroastro, ancora in viaggio verso la Valacchia: aveva sognato cosa sarebbe potuto succedere, se fosse andata anche lei con loro.Si augurò che tornassero il prima possibile.
"Parlavi di Vlad l'Impalatore, di un certo Abissino e di un lampadario da mettere di fianco a quella macabra testa rimpicciolita", le sussurrò.
"E' stato un sogno molto movimentato", commentò lei, mordendosi il labbro. 
"E ad un certo punto hai detto che avevi finalmente trovato un'utilità per un crocefisso". Le si avvicinò ancora di più, arrivando a sfiorarle le labbra. "Mi piacerebbe sapere qual'è"
Elettra approfittò della sua distrazione, per ribaltare le posizioni: si sedette a cavalcioni sopra di lui e si chinò sul suo viso. 
"Per prendere a calci in culo i vampiri, ovviamente"
   
 
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