Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: DARKOS    15/01/2016    3 recensioni
Roxas era ormai al terzo anno della Twilight Town University, l’accademia di prestigio della regione. Ormai un “veterano”, era anche la celebrità del campus: la storia di come avesse trionfato sul Consiglio Studentesco e sull’utopia di Xemnas neanche due anni addietro era ormai leggenda e tramandata a tutte le matricole. E come ogni leggenda, anche paurosamente gonfiata: lo stesso Roxas aveva addirittura sentito una versione secondo la quale lui aveva affrontato da solo tutti i tirapiedi di Xemnas in dieci diverse prove di abilità, per poi battere il capo stesso con eleganti mosse di judo. Non poté trattenersi dal ridere, primo perché lui non conosceva nemmeno il judo, secondo perché di sicuro non aveva fatto tutto da solo: era solo grazie ai suoi amici che se l’erano cavata.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Decimo Capitolo

“Sveglia! In piedi! Oggi è il giorno della prova!”
Roxas buttò letteralmente giù i suoi compagni di stanza dal letto. Axel si profuse in un lungo sbadiglio, ancora assonnato.
“Roxy, cos’è tutta questa energia? Nemmeno fossi tu a dover partecipare.”
“Lo so! Ma siamo quasi alla fine, no? Oggi potrebbe potenzialmente essere la fine, se otteniamo la nostra quarta vittoria. E poi… voglio invitare Xion fuori, dopo la gara.”
Axel, Luxord e Zexion lo fissarono. L’improvviso annuncio li svegliò del tutto. “Ma bravo! Hai deciso di fare pace?”
“Ottima mossa, mio caro.”
“Tutti vogliono questo. Prima succederà, meglio sarà.”
Roxas ci aveva pensato l’altra notte. Aveva deciso che era giunto il momento: inutile rimuginare sul passato. E poi aveva così tante inquietudini ultimamente che non aveva voglia di conservare quei dissapori, voleva almeno aggiustare uno dei suoi tanti problemi. Si sarebbe rimesso con la ragazza che lo capiva meglio di chiunque altro, definitivamente.

Sesta e penultima prova, Matematica.
Per una volta l’arena era prevedibile: calcolatrici, piccoli computer, perfino pallottolieri (aggiungevano tradizione e alcuni li preferivano alle tastiere per i calcoli brevi) disposti in fila accanto a fascicoli di fogli e matite.
Riku, l’ultimo partecipante rimasto assieme a Roxas, affrontava i muti incappucciati e Kairi, la gemella di Naminé. La ragazza non era mai spiccata in quei giorni agli occhi di Roxas. Non perché fosse silenziosa come la sorella, tutt’altro: ma era la solita ragazza maliziosa e un po’ volgare, come ne vedeva a decine ogni giorno all’università. Quel giorno tuttavia era parecchio stizzita, e il biondino si chiese come mai.
Larxene seguì il suo sguardo e sorrise. “Ah, hai notato anche tu? Meno male, ci contavo che si vedesse. Ben le sta.”
“Allora è davvero successo qualcosa?”
“A quanto pare, ha provato a usare il suo fascino su Riku prima della gara per ingraziarselo. Io ero lì quando l’ha respinta, e non puoi capire le risate che mi sono fatta!”
“Beh, spero non sia stato troppo sgarbato. Va bene non farsi fregare, ma non dobbiamo nemmeno ferire troppo le persone a nostra volta.”
“Eh? Ah, mi pare sia stato corretto in quel senso… comunque, una sciacquetta che si comporta così invece di impegnarsi merita poca simpatia, fidati.”
Il loro compagno di squadra era inespressivo come al solito. Forse non proprio come al solito: una riga in mezzo alla fronte denotava una certa concentrazione. Almeno mentalmente non gli si poteva dire nulla, restava da vedere quanto era preparato.
“Tre ore di tempo per completare il tutto, nulla di più. Si è pensato che fornirvi ulteriori handicap fosse un’ingiustizia, visti gli esercizi del compito. Potete cominciare.”
Fu tutto ciò che l’annunciatore disse. I ragazzi presero posto e iniziarono a calcolare.
“Ragazzi, ma a voi andrebbe bene vincere così?”
“Che intendi, Dem?”
“Non saprei, è così tranquillo. Certo, la settima prova si farà comunque, ma se ora già sappiamo che abbiamo praticamente vinto, la tensione ne risentirà.”
Roxas gli batté una mano sul braccio. “Non tutto si può sempre risolvere con manovre epiche come due anni fa. A me va bene anche così, mi importa solo di fare una bella gara.” Ancora non aveva detto a Xion che voleva riprovarci con lei. Si disse che avrebbe aspettato il momento giusto e un po’ più di quiete.
La prova intanto procedeva bene. Come al solito nulla pareva turbare Riku, che si concentrava anima e corpo negli esercizi. Ciò non voleva dire che avesse la vittoria in tasca: Sia lui che Kairi cancellavano spesso e esibivano piccoli tic nei movimenti, e persino i Foretellers procedevano a scatti, come se ci mettessero di più a capire le domande. Si intuiva che la prova era davvero complessa, e come aveva detto l’annunciatore non serviva aggiungere regole speciali per rendere difficile la matematica.
Proprio quando Roxas pensava che la prova sarebbe stata una noiosa attesa, Kairi fece un qualcosa mai fatto prima: chiamò i giudici.
La loro venuta ridestò il pubblico dal torpore, tutti si chiedevano cosa fosse mai successo.
“Signori giudici, Riku sta copiando!”
Tutti gli spettatori della TTU balzarono in piedi.
“Quella piccola…” Nessuno provò ad addolcire il turpiloquio di Larxene, tanto erano indignati.
“Usare un simile stratagemma da scuola materna, qui? Che vergogna! È ovvio che lo fa solo per fargli perdere tempo!” Axel era allibito.
“E il bello è che non esistono regole che prevedano il recuperare tempo perso. Sono tre ore per tutti, anche se ora Riku dovrà fermarsi e rispondere alle accuse.”
Naminé era l’unica non sorpresa, solo disgustata. “Lei è sempre stata così. Non si è mai fatta problemi nel degradarsi a questo modo, se serve ai suoi scopi. Viscida fino all’ultimo.”
Se anche Riku era scosso, non lo diede a vedere. Si fermò e mostrò il suo banco agli esaminatori per mostrare che non aveva nulla da nascondere. Ansem tornò immediatamente al posto, Eraqus lo seguì -Roxas immaginava non avesse nemmeno compreso bene la situazione- mentre Xehanort ci mise un po’ di più, per esser sicuro. Riku poté riprendere la prova, ma aveva perso minuti preziosi. Quando riprese a scrivere, Roxas notò qualcosa di diverso nel suo agire, ma non seppe dire cosa.
Finì la prova e i concorrenti consegnarono i fogli. Kairi pareva soddisfatta, Riku era impassibile. I giudici esaminarono in fretta ma con attenzione le prove, e inaspettatamente giunsero fuori senza nemmeno consultarsi e chiamarono l’annunciatore.
“A quanto pare stavolta il verdetto è stato facile, in quanto solo una persona ha totalizzato punteggio pieno alla prova. Riku! Congratulazioni!”
Fu annunciato in modo così casuale che ci furono trenta abbondanti secondi di silenzio. Poi, il caos generale. Roxas e i suoi amici si precipitarono nell’arena. Axel e Demyx riempirono Riku di pacche sulle spalle, Sora era euforico e a Xion brillavano gli occhi. Tutti erano in preda alla gioia più sfrenata: avevano vinto, anche se non ufficialmente. Avevano quattro vittorie su sette, e nessuno poteva recuperare. I Campionati erano in mano loro.

“Il metodo DiZ?”
“Divide in Zero” spiegò Riku. “Un sistema poco conosciuto e ancora in fase sperimentale, permette di accorciare drasticamente i calcoli se usato bene. Era l’unico modo che avevo per recuperare.”
Nel gruppetto risuonarono vari “Caspita!” e “Accidenti!”. Roxas concordava, era stato davvero un colpo brillante. Poco scenico, ma brillante. Forse Xion aveva ragione, e in fondo il ragazzo non era così odioso. Potevano diventare amici. Sì, ci avrebbe provato: era un ex-teppista che aveva vinto i Campionati per la sua squadra, se lo meritava.
Le ragazze andarono a fare compere mentre i ragazzi prendevano del cibo per i festeggiamenti. Luxord aveva detto che quella notte avrebbero demolito l’edificio, e conoscendolo gli altri incaricarono Lexaeus di intervenire nel caso intendesse in senso letterale. Roxas aveva deciso che avrebbe approfittato della festa e avrebbe portato Xion in balconata per parlarle: banale, ma il romanticismo non era certo il suo forte.
Ma Riku lo chiamò in privato.
“Roxas, posso? Solo un momento.”
Era la prima volta che lo interpellava direttamente. I due si appartarono, e il biondino si domandò cosa mai necessitasse tutta quella segretezza.
“Qui va bene. Ascolta, devo parlarti. È una cosa che devo fare assolutamente. Lo so che non ti piaccio.”
Roxas rimase sorpreso e un po’ dispiaciuto che la cosa fosse stata così evidente: provò a spiegarsi, ma Riku proseguì.
“Lo so e lo capisco. I nuovi arrivi sono difficili da gestire per molte persone, specie se hanno altro a cui pensare. E ci sono abituato, c’è qualcosa in me che irrita la gente. Cerco di non mettermi troppo in mostra, ma succede lo stesso.”
“Riku, ascolta-“
“Ma non è nemmeno questo il motivo per cui ti parlo. Vedi, io ti rispetto: ho sentito di quello che hai fatto contro il Consiglio. Per me sei una specie di eroe. Un mito, se vogliamo.”
Sentirsi definito tale da un ragazzo così maturo e -bisognava dirlo- così fico era strano e lusinghiero. Ma non era finita.
“Ed è per questo che devo dirti questa cosa, anche perché ho notato che le cose fra te e Xion non stanno andando bene, e ho voluto aspettare che avessimo la vittoria sicura per- beh. Basta scuse direi.
“Ascolta. So che avete litigato perché quella sera lei non ti rispondeva. La verità è che… era davvero con me. Ma non stavamo ripassando. …Ci ha provato con me.”
Il mondo per Roxas si fermò. Non ci poteva, non ci voleva credere. Doveva aver capito male. Certo, aveva capito male, oppure Riku dimostrava uno strano senso dell’umorismo quando vinceva.
“Non in senso fisico, certo! Ma insomma mi ha fatto capire che… che era interessata. Io l’ho rifiutata cordialmente, poi dopo la litigata tra voi due le ho fatto capire che il mio no era definitivo.”
Purtroppo, tutto tornava. Le lodi che Xion aveva per lui. Come si arrabbiava quando Roxas esprimeva i suoi dubbi. Aveva fallito la prova non per la loro lite, ma perché lui l’aveva rifiutata. E dopo la prova di oggi, era davvero euforica… troppo euforica.
“Non ho scuse. Davvero. Era l’ultima cosa che volevo accadesse… e come ho detto, non te l’ho detto subito perché non volevo guastare le competizioni, anche se poi è successo comunque. Ma avrei dovuto dirlo subito. Colpiscimi: me lo merito.”
Roxas lo studiò con calma e lentezza. Quel suo volto ribelle, ma allo stesso tempo attraente, con quel freddo sguardo magnetico che faceva scogliere i cuori delle ragazze. Troppo alto, fuori dalla sua portata. Lo colpì con tutte le sue forze alla bocca dello stomaco.
Riku non era pronto e gli si mozzò il respiro. Cadde a terra boccheggiante, reggendosi lo stomaco. Roxas lo scavalcò e svanì nel tramonto ormai morente.

Era in una locanda malmessa, in un vicolo che puzzava di urina appartenente a vari animali e uomini. Il suo cervello era in stato di shock: sapeva che se avesse elaborato su quanto appreso avrebbe iniziato a piangere. Non ci poteva credere. Xion, il suo primo e unico amore… non era possibile.
“Hai l’aria di chi ha passato un brutto quarto d’ora.”
Ephemera. In altre circostanze, Roxas si sarebbe chiesto come mai si trovava in un luogo del genere.
“Non è aria. Lasciami in pace.”
“Mh, lo vedo. Mi sa tanto che Riku ha vuotato il sacco. Mi chiedevo se l’avrebbe fatto ora, tutto torna.”
Il biondino scattò in piedi. “Tu sapevi?”
“Ammetto di sì. Ero nei corridoi quando la tua ragazza si catapultò nella sua stanza. Ora, non è da me giudicare, ma una ragazza che corre a quel modo nella stanza di un ragazzo a quell’ora della notte lascia poco spazio all’interpretazione.”
Roxas ripiombò sulla sedia, disperato. Non aveva nemmeno la forza di arrabbiarsi.
“E non hai detto nulla?”
“Non erano affari miei. E poi, poteva non essere come pensavo. E se anche fosse, perché avrei dovuto quando la cosa mi divertiva così tanto?”
“Cosa?”
“Mi divertiva sapere che la tua bella ti metteva le corna. E hai sofferto di più sapendolo ora da lui. Avrei dovuto privarmi di tutto ciò?”
“Non… non ti seguo.”
“Certo che no. Ho notato il tuo vuoto di memoria. A volte pensavo che fosse tutta una finta per fregarmi, ma poi ricordavo che sei troppo stupido per elaborare una cosa simile.”
L’aspetto più paradossale della faccenda era che Ephemera non aveva cambiato tono, non era più aggressivo del solito. Aveva comunque la sua voce pacata e il suo tono cortese. Il che rendeva tutto molto più inquietante. Il ragazzo si sedette e si versò da bere.
“Dunque, da dove iniziare. Immagino dal principio. Il che significa più di un anno fa, quando ero appena immatricolato alla Twilight Town University.”
“Tu eri alla TTU?”
“Ci ero? Non saprei se metterla così, ci sono stato solo poche settimane. Sai, il tempo di vedere tutte le mie aspettative infrante. A causa tua, per di più.”
“Io? Noi ci conosciamo?”
“Ancora niente, vero? Come quel giorno. Nemmeno mi notasti, mentre venivo picchiato. Tu eri un idolo per me, ero una di quelle matricole venute a vedere il grande Roxas, l’eroico protettore dei deboli che sfidava il sistema e i suoi bulli. Quanti sogni mi ero fatto… solo per scoprire che eri come tutti gli altri. Così umano. Ti chiesi comunque aiuto dopo, quando mi lasciarono in pace: potevi non aver visto la scena, era perdonabile. Sai cosa mi hai risposto? Te lo ricordi?”
Roxas era ipnotizzato dal suo discorso. Scosse il capo.
“Mi rimproverasti perché la mia uniforme era in disordine. Tutto lì. Fine. Mi lasciasti così, troppo intento a chiacchierare con una ragazzina che si beveva ogni tua parola. Oh, l’umiliazione che ho subito… ma ti ringrazio comunque. Mi hai aperto gli occhi. E io, per cortesia, li aprirò la te ora.”
“Ascoltami, Ephemera. Immagino che le scuse siano inutili, ma ci proverò comunque. Mi dispiace davvero tanto per come è andata e per non ricordarmene. Ti capisco se mi odi, forse farei lo stesso. Ora però, non ho tanta voglia di stare qui a parlare.”
“Ma io non ti odio, anzi. Come ho detto, mi hai aiutato a capire cosa dovevo fare: sovvertire l’ordine. Ed è quello che farò.”
“Cosa?”
“Forse sembra fuori luogo e un po’ pretenzioso, ma io sono un genio. Non come Zexion o Lexaeus, bravo in qualcosa: no, un VERO genio, come ne nascono ogni cento anni. Eppure adulti stupidi e bulli senza cervello mi trattano come vogliono e la fanno pure franca. Perché devo sopportare tutto questo? Risposta: non devo. E cambierò ogni cosa, a partire dai Campionati che sono in mano mia.”
Ora Roxas sapeva che il ragazzino era anche pazzo, o comunque con sintomi di megalomania. Andava aiutato, e subito. “I Campionati in mano tua? Andiamo, non puoi essere serio…”
“Ah, no? Quindi la Foretelling, quell’idiota di Eraqus rettore e le sparizioni degli studenti sono tutte coincidenze?”
Roxas ammutolì. Pensava di aver sentito tutto, ma il bello doveva ancora venire.

“Io sono dietro alla Foretelling. Io… e l’unico adulto che mi abbia mai dato retta. Mio nonno, uno scienziato brillante quasi quanto me. Il biomeccanico Leonard Xehanort. Ovvero, il rettore delle cinque accademie Foretelling. Nonché il creatore dei Foretellers.”
“I Foretellers sono robot?”
“Non ti ha mai sorpreso che non parlassero? Che non dessero mai segni di vita? O che potessero affrontare le prove da soli? Hai idea di quanta memoria servirebbe per compiere un’impresa simile? Appunto quella dei loro supercomputer, educati e istruiti da me stesso sulle varie discipline. Ho anche deciso di renderli bravi in questa o quell’altra materia per variare un po’.”
“Non è possibile. Nessuno ha notato?”
“Gli unici a saperlo erano già sul nostro libro paga. Così come i soci di maggioranza del Departure College, che hanno acconsentito a piazzare quel povero fesso di Eraqus come rettore su mio invito. Infiltrarmi è stato facile, così come controllare che tipo di competizione ci sarebbe stata di volta in volta.“
Se esisteva uno stato dopo lo stupore, Roxas l’aveva già superato da tempo. Fissava il tavolo di legno senza vederlo e non sapeva cosa dire, se non una domanda un po’ banale.
“Ma perché?”
“Te l’ho detto: per cambiare le cose. Questo era un esperimento. A quanto pare, posso fare fessi tutti quanti e passarla completamente liscia. Lo sapevo già, ma una conferma non fa mai male. Pensa solo a cosa potrò fare sulla base di questi successi!”
“Ma perché dirmelo? Cosa ci guadagni? Potrei rovinare tutto!”
“Beh, non proprio. Potremmo disfarci delle prove in ogni momento, e saremmo pronti a negare ogni tua accusa. Ma in effetti, non giustifica perché te lo sto dicendo. Per farti un favore. Per aprirti gli occhi.”
“Continui a ripeterlo, ma non-“
“Roxas, chi ti ha ferito oggi? Con chi ce l’hai? Con me? Ti importa davvero così tanto che abbia eseguito i miei giochetti di biomeccanica? O ce l’hai con i tuoi amici?”
Ephemera si alzò e si sedette più vicino a lui. La sua voce era ora un sussurro, dolce veleno che filtrava nelle sue orecchie.
“Begli amici davvero. La tua ragazza è un gran bel pezzo d’arte, eh, ma loro non scherzano! Davvero pensi che Larxene non lo sapesse? Le ragazze si dicono sempre tutto. E se l’ho notato io, chissà gli altri. E quella stessa gente ti ha guardato ogni giorno negli occhi e ha riso assieme a te… mi disgustano. E poi sarei io il viscido.
“I nuovi arrivati, poi… giusto Naminé si salva! Sora è un totale cretino, non sei d’accordo? Ha solo un talento, ed è il farsi amica la gente facilmente. Ha voluto partecipare a quella che lui reputa una festa, ed eccolo qua ad abbassare il QI dell’intera competizione, solo perché negargli un tale piacere sarebbe stato brutto, tanto è Roxas a farne le spese. Eh, l’amicizia… una persona può essere fantastica e razionale quanto vuoi, ma avrà sempre quell’amico che difenderà anche quando è nel torto, solo perché non vuole offenderlo e gli vuole più bene di quanto ne voglia a te. Ah, poi c’è Riku, ma credo tu abbia già un’opinione al riguardo. E il fatto che loro si conoscevano già, che si parlassero tra loro… è davvero una tua mancanza? Certo, tu in quanto amico potevi farti avanti, ma loro allora? Non potevano dirtelo cosa stavano facendo? Tutti bravi a rinfacciarti i doveri da amico, e lesti a dimenticare i propri.”
Roxas non si chiese nemmeno come facesse a sapere tutte queste cose. Ripensò a ogni singola ingiustizia degli ultimi mesi, grande o piccola. E scoprì in cuor suo di non averne perdonata nemmeno una.
“Non so tu, ma io potrei perdonargli tutto, se non pensassero di essere così superiori. Perché loro ti tengono all’oscuro, Roxas, di un sacco di cose. Loro si incontrano, parlano di varie cose, delle prove... di te. Ti tengono d’occhio. Un trattamento adeguato per colui che salvò loro i fondoschiena quel fatidico giorno, davvero. Tu hai fatto tutto, tu hai organizzato ogni cosa, e vieni trattato così. E per giunta, se anche tu vincessi la settima prova, sarebbe una vittoria senza valore. Ah, l’ironia! Eppure un modo ci sarebbe. Per… non dico fargliela pagare, ma per dimostrargli che sei sempre tu a doverli aiutare, che hanno bisogno di te e non tu di loro.”
Roxas smise di fissare le venature di legno del tavolo. Ephemera sorrideva, il più malizioso dei sorrisi. Pareva un bimbo che stesse progettando di rubare la marmellata, non fosse per le cose che stava dicendo.
“Che modo?”
“Un modo particolare. Perfettamente legale e senza ripercussioni. Un modo per provare il sentimento più dolce di tutti: la vendetta. Ci stai?”
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: DARKOS