Ad un anno di
distanza dall’ultima fan fiction “L’apparenza inganna e condanna”, ho il
piacere di aggiornare questa raccolta con una nuova “capsula”, perché la
passione per Dragonball dopo tanti anni a volte è sopita, altre volte deflagra
improvvisa grazie a poco. Un ringraziamento anticipato a quanto leggeranno e doppio a chi lascerà il ricordo del suo
passaggio. Buona lettura!
“Convivendo
in… capsule”
Episodio IX
Certi
atteggiamenti fisici sono innati, connotano una persona più del colore dei
capelli, perché se questi diradano, si tingono o incanutiscono, gli altri non
fanno una piega all’avanzare del tempo.
Più
ostinati di certe idee che vanno e vengono a seconda dell’incostanza
del momento, di esse non hanno l’inconsistenza né l’intimità, ma sono riconoscibili
nella loro immediatezza a chi ha un occhio attento o familiare; talvolta sono
vezzi simpatici e alle volte vizi che storpiano quanto un dente mancante dietro
ad un sorriso spontaneo e caloroso.
Diventano
abitudini di cui il corpo si appropria e restituisce al momento giusto, naturali
come uno starnuto o un singhiozzo, può essere un certo modo di storcere il
naso, di atteggiare le labbra, di tormentarsi le unghie, di grattarsi la testa,
di attorcigliare una ciocca di capelli, di camminare o di fermarsi.
Son
Goku si meravigliò di come Bulma dormisse
nell’identica posa di quando anni addietro osò sflilarle le mutandine nel sonno, scomposta in posizione
supina e con le lenzuola sradicate con isterismo notturno dal materasso neanche
fossero state erba maligna.
Con
gli occhi ancora assonnati e l’innocenza di quel tempo ormai corrotta restò a
guardarla, tanto rilassate erano le lunghe ciglia ed
inermi le sue braccia, appena rischiarate dal sole trapelante tra le imposte,
che egli pensò fosse una prerogativa di tutte le donne sembrare angeliche
soltanto nel sonno, come un virus letale in periodo di incubazione raggira
l’organismo che lo ospita.
Pure
Chichi, la quale a quest’ora al di
là delle montagne, rassettava il letto e con la mente andava al suo uomo
accorso di buon’ora al fiume a pescare o forse intento a tagliar legna nel
bosco, non scampava a quell’inganno confezionato apposta per gli uomini ammogliati
perché almeno nel sonno trovassero tregua.
A
differenza di Chichi però, meticolosa pure sotto le
lenzuola, Bulma aveva la parvenza di angelo solo nella
piega rilassata delle labbra appena dischiuse, poiché la sua posa scomposta,
con le braccia agganciate al cuscino in segno di resa, i pugni stretti, i
talloni rigorosamente distanti l’uno dall’altro, svelava uno spirito ribelle
pure nel sonno, e nessuno meglio di lui poteva sapere come pure i pensieri che
si contorcevano sotto quella frangetta scapigliata fossero tutt’altro che celestiali
ed innocenti, prossimi a corrodersi di una passione
proibita e colpevole.
Non
era possibile azzardarsi in un simile desiderio e non provare almeno un
principio di senso di colpa, fosse anche solo un po’ di smarrimento e titubanza,
lo prova un ragazzino ai primi tumulti ormonali, lo provava in quell’istante pure
lui, l’eroe dal cuore puro, che sapeva di essere al posto sbagliato nel momento
sbagliato.
Quantunque
fosse sprovveduta e qualche volta un po’ superficiale, non era possibile che Bulma vivesse quel sentimento con la coscienza sgombra di
pregiudizi e senza la paura delle conseguenze.
Alla
sua età le donne si fanno più caute con gli uomini, si slacciano
la camicetta con spudoratezza ma intanto si guardano le spalle e a portata di
mano hanno sempre un conto salato da tirare fuori al momento giusto.
Da
lui cosa poteva pretendere invece?
La
famiglia ed una vita normale sono prerogativa di chi
la mattina si alza, prende il tram e va a lavorare, non di chi deroga ad ogni
forza gravitazionale ed il sudore lo getta per vederlo mescolato al sangue del
nemico.
Pazza,
sciocca, ingenua ragazza!
Se
Chichi, così intransigente e morigerata, lo avesse scoperto l’avrebbe apostrofata con epiteti ben più efficaci.
La
verità era che Goku non ne capiva molto di donne e d’amore giacché d’amore non aveva mai sofferto, Bulma
sì che era folle e per quella follia si stava giocando tutta l’esistenza.
Eppure,
confidando più nei segni del destino che nella fermezza della donna in
questione, dalla quale mai si sarebbe aspettato tanta
imprudenza per quanto fosse nota la sua inclinazione a cacciarsi nei guai, non
si era neanche posto il problema se quella relazione fosse un errore o soltanto
un volere della provvidenza, non sarebbe stato lui a dirle di tenersi distante,
a farle presente che la posta in gioco era troppo alta, che sarebbe stata la vita
di due amanti appagati solo nel letto.
Il
saiyan si strinse meglio la cinghia intorno ai
pantaloni, dello sbadiglio che emise restò una ruga di
ottimismo e di tenerezza ai lati della bocca, mentre le lanciò un’ultima
occhiata.
Era
meglio andarsene via al più presto, prima che Vegeta percepisse la sua aura
sotto quel tetto e la terra si squarciasse sotto i suoi piedi per fargli da
tomba.
Era
stata una notte così agitata, che non si accorse nemmeno di aver lasciato lo
stivaletto slacciato, e fu questo a tradirlo nel momento in cui arretrò di un
passo ed inciampò contro una pila traballante di
grossi libri, di quelli con la copertina rigida e sbiadita da una coltre di
polvere perenne, ammassata sul pavimento.
Il
tonfo fu imprevedibile ed inatteso, inopportuno, conciso
e fragoroso come una scrosciata passeggera di grandine sul tettuccio dell’auto
in autostrada mentre si sonnecchia sul sedile posteriore.
Pure
Bulma, che era una che non si alzava neanche a colpi
di cannone, balzò sul letto, si guardò a destra e a sinistra senza connettere
fino a quando non mise a fuoco tra le dita con cui si schermò la vista l’immagine mortificata dell’uomo:
“Si
può sapere cosa ci fai qui?” tossicchiò per schiarirsi la voce impastata.
Goku
le fece cenno di non allarmarsi, indirizzando
un’occhiata ansiosa alla porta:
“Per
teletrasportarmi ho bisogno di percepire l’aura, non potevo immaginare che a
quest’ora stessi ancora dormendo” la colonna di libri riesumata dalla soffitta ed innalzata dopo un estenuante andirivieni, il computer
portatile rimasto accanto a lei sul materasso, i fogli di appunti sparpagliati
a terra erano traccia di una notte andata avanti a tazzine di caffè.
Proprio
di questo era rimasta una piccola chiazza scura ad
imbrattare la federa a fiorellini del cuscino.
“Vorresti
dire che se ero sotto la doccia saresti comparso lì al mio fianco?” sradicò ancora
di più le lenzuola e si coprì di fretta le gambe
quando di lì a poco a quella domanda si accorse di essere in mutande.
Il
computer finì in bilico sull’orlo del letto ed i fogli
restanti svolazzarono e si sparsero ai suoi piedi, ma Goku, che era genuino
come il latte di una mucca pasciuta sulla sommità di una montagna, non aveva badato
a quel dettaglio, come non si erano attardati i suoi occhi sul profilo
rilassato ed abbondante dei suoi seni ben inquadrabile sotto la canotta di
cotone bianco.
“Hem… veramente non mi è mai capitata una cosa simile…” si
grattò la nuca.
“Bene…”
concluse severa “vedi di non insegnare mai una tecnica
simile al vecchio eremita!”.
Si
accorse piuttosto che l’oggetto del desiderio era il vassoio della colazione
che sua madre le aveva messo accanto mezz’ora prima, così, dopo un discreto cenno
di invito, inutile da ribadire due volte, Goku era già
seduto sulla sponda del letto, ad inzuppare nella ciotola del latte il cornetto
alla crema ed i biscotti col ripieno di confettura di albicocche, e a
raccontare quanto fosse stata dispettosa una scimmietta nel cuore della notte,
poiché, approfittatasi della finestra lasciata aperta, era penetrata in camera
da letto e si era defilata con la sfera a quattro stelle che faceva da
suppellettile sulla cassettiera come la bomboniera di un matrimonio o il
souvenir da viaggio di nozze.
Mentre
gustava il cornetto lentamente, altrimenti con i bocconi a
cui era abituato avrebbe finito già da un pezzo, proseguì, incurante del
rivolo di latte che gli scendeva per il mento, a narrare della peripezia
affrontata nel bosco in piena notte alla ricerca della furfante scimmietta.
“Sono
venuto a chiederti il radar cerca-sfere, lo sai quanto sono affezionato a quel
ricordo del nonno…” si asciugò alla fine la bocca col dorso della mano.
“Un
saiyan come te, un tempo con tanto di coda, che si fa
abbindolare da una innocua scimmietta…” sorrise Bulma constatando come gli anni non avessero scalfito di un
centimetro la sua tempra di eterno bambino.
Goku
era come il profumo del mare, l’odore di un fiore, il rumore del vento, l’aroma
della terra bagnata: sarebbe sempre stato lo stesso.
La
natura mai perde i suoi dettagli per quanti oltraggi possa subire: non muta il
cinguettio dell’uccellino che si posa sul tetto di amianto, né meno verde è il
filo d’erba che spunta a ridosso di una discarica.
“Ed
io che per un istante mi sono illusa che fossi venuto per sapere se almeno ero
viva o morta…” fece una smorfietta
fintamente delusa.
“Ti
ho lasciato in buone mani…” convenne sicuro “ehm… come sta Iamcha?”
ora, ogni volta che veniva pronunciato quel nome, Bulma aveva bisogno di prendere respiro, come si fa quando
ci si immerge in acqua o accanto alla tazza da bagno prima di un conato di
vomito.
Iamcha
era come una di quelle pietanze digerite male: basta sentirne anche solo
l’odore a distanza di tempo per rivivere lo stesso malessere.
La
ragazza annunciò afona che la loro storia era finita da due mesi.
“Già
così presto?” esclamò l’altro facendo sobbalzare il vassoio sulle ginocchia.
“Cosa intendi?” fremettero disorientate le lunghe ciglia.
Goku
non si aspettava che il destino avesse incominciato a tessere le sue trame con
tanta sollecitudine e così restò con un’espressione gongolante sulla faccia nell’assodare
come si materializzassero poco alla volta le profezie del giovane venuto dal
futuro.
“Assolutamente
niente!” fece sussultare ancora il vassoio sulle ginocchia “pensavo che avreste
resistito un po’ di più, ma è meglio così…” sorrise scioccamente “ora c’è
Vegeta…”.
Bulma
sgranò gli occhi e fu come se la pressione sanguigna si fosse concentrata tutta
in prossimità del suo volto ed il sangue fosse sul
punto di uscirle dalle orecchie per trovare una valvola di sfogo.
“Ma
che cosa… che cosa stai dicendo?” ad un tratto Goku
non le sembrò più il ragazzo del cui candore avrebbe innalzato un vessillo fino
ad un istante prima, ma un uomo navigato che stava scavando nei suoi
sentimenti, li indovinava uno ad uno, li agguantava come un ricercatore esperto
trova pietre preziose occultate per bene sotto terra, le spolvera, se le rigira
tra le dita, le mette in tasca e finge che siano ninnoli senza valore.
Così
doppiamente subdolo apparve Goku ai suoi occhi perché per quell’insinuazione
egli continuò a servirsi
della sua faccia più pulita e sorridente.
Bulma si
sentì nuda davanti e lui ed istintivamente tirò più su
il lenzuolo.
Solo
quando si accorse del porpore che aveva invaso le sue
guance e delle dita che contorcevano la stoffa, Goku afferrò il senso di quella
reazione, nel sorprendersi la inquisì ancora di più con un cipiglio appena
accennato; avuta ulteriormente conferma di come il destino procedesse per
schemi prefissati si sbrogliò alla fine nel sorriso spensierato da finto tonto.
“Intendevo
dire che sei comunque in buone mani visto che c’è pure
Vegeta… perché…” con la schiena si spinse in avanti in attesa di una risposta “lui è qui, non è così?”.
“Lui
è qui, come no… ma non penso di essere in buone mani visto
che la frase più gentile che mi rivolge è quella che ben presto mi farà
fuori senza farmi soffrire con un unico colpo…”.
“Se
avesse voluto lo avrebbe già fatto”
“Non
lo fa solo perché gli serve una cameriera!”.
Goku
proruppe in un’altra allegra risata sapendo che tra un battibecco e l’altro
quei due sarebbero prima o poi finiti a letto.
Se
fosse stato un altro tipo, più malizioso e spudorato, sarebbe andato a fare una
scommessa col maestro Muten su quando ed in che modo questo si sarebbe realizzato, avrebbe puntato
tutto sul rovesciamento dei ruoli tra maschio e femmina, sicuro che a dover
cedere una volta tanto sarebbe stato il principe dei saiyan
mentre sarebbe stato di Bulma il corteggiamento
serrato, esattamente come fu per lui e per sua moglie anni addietro.
Si
sarebbe potuto divagare sul luogo in cui si sarebbe consumata la loro prima
volta, forse proprio su quel letto, sotto le coperte
invernali o rinfrescati dal climatizzatore posizionato alla parete
opposta.
Considerati
i modi rozzi di Vegeta c’era pure da supporre che l’avrebbe
messa contro un muro o sul pavimento.
O
forse c’era poco da scommettere ed ironizzare: la
questione gli apparve d’un tratto più seria che mai nel momento in cui ella si
portò le ginocchia al petto e poggiò la testa contro con fare angosciante:
“Uffa…
perché gli uomini non sono tutti quanti come te?”.
Più
che gratificato, Goku restò spiazzato da quella considerazione:
“Se
parli con Chichi, ehm… ti dirà che pure io ho mille
difetti…” disse dopo qualche istante.
Lo
avrebbe potuto affettare con un coltello quel senso di colpa che opacizzava
l’azzurro dei suoi occhi, così evidente che per discrezione Goku spostò lo
sguardo e lo fissò in un punto imprecisato della stanza.
Aveva
già immaginato che quel sentimento era un fardello da portare anche per
l’indomita Bulma Brief, che
non era possibile viverlo senza un senso di colpa, quello per cui la sua coscienza
urlava che di tutti avrebbe potuto perdere la testa ma non per uno dei
guerrieri più disumani che avesse scorazzato per le galassie.
Forse
le avrebbe potuto alleggerire il cuore se le avesse confidato che da quel
sentimento sarebbe nato un figlio meraviglioso disposto a mettersi in prima
fila per salvare la vita di tutti quanti loro, ma
avrebbe continuato a tacere e a lasciare che il destino si compisse senza
artifici.
“Tu
sei diverso” insistesse Bulma che trovava tutto ad un tratto interessante torcere un lembo del lenzuolo a
turno intorno a ciascun dito.
“Ci
sono tanti uomini, Bulma, anche se… quello che più mi
somiglia probabilmente è proprio Vegeta considerato il sangue che scorre nelle
nostre vene…” ancora una volta la ragazza si irrigidì
a quel nome ed ebbe la sensazione che i suoi pensieri venissero scandagliati in
maniera troppo facile.
O
Goku era diventato tutto ad un tratto un esperto
confidente o lei era così innamorata di Vegeta da non riuscirlo a nascondere
neanche all’uomo più ingenuo esistito sulla faccia della terra.
“Perché
mi dici questo?” si cautelò ancora una volta.
Allora
Goku comprese di dover tenere a freno la lingua e recuperò uno dei suoi sorrisi
più spensierati.
“Non stavi forse dicendo che ti avrebbe ammazzato? Stai tranquilla, gli piace fare il duro, ma
scommetto che su di lui riesci ad avere un ascendente più forte di quello che
tu possa immaginare…” le strizzò un occhio in segno di intesa,
suscitandole un mezzo sorriso disincantato.
Infonderle
fiducia in quel periodo era come spingere una tartaruga con il dito per farla
andare più veloce al traguardo: se l’animale, senza aiuto, diventa più lento di
quando da solo si impegna a muovere i suoi passi, pure
Bulma dopo il breve palpito di illusione e di
conforto sprofondava in un affanno più incurabile di prima.
“Avevo
sentito la tua aura… “ il tono irriverente che si affacciò alla porta fu la
sferza che fece definitivamente saltare in aria il vassoio che Goku teneva
poggiato sulle ginocchia “dunque non mi sbagliavo… in qualunque punto della
casa avrei pensato di trovarti, ma mai proprio in questa stanza…”.
L’intera
casa sembrò sorretta dall’insolenza di quel bracciò che si poggiò allo stipite e
l’aria parve in pochi istanti rarefarsi sorprendendoli come cadaveri nelle
tombe risvegliati da
morte presunta.
Goku
fu lesto ad afferrare l’equivoco una volta tanto, ma prima che portasse le mani
avanti a giustificarsi, fu Bulma, rediviva e pungente
più che mai, a cogliere l’occasione al volo:
“Cosa
c’è? Sei geloso? Non è affar tuo se decido di avere compagnia
a letto…”.
Goku
ebbe una torsione del busto nella sua direzione da far oscillare il lampadario
che pendeva sulla sua testa:
“Ma
cosa… cosa… vai dicendo?” davanti ai suoi occhi si era
già affacciato un futuro con un mezzo saiyan in meno
“io mi sono solo teletrasportato nel momento sbagliato, ho bisogno soltanto del
radar cerca-sfere, non pensavo che lei stesse ancora dormendo a quest’ora!” la
indicò a Vegeta agitando un pollice indignato all’indietro.
Non
ebbe neanche il tempo di accennare al furto della sfera a quattro stelle che
Vegeta aveva già fatto sapere con una scrollata di spalle che in ogni caso non
gliene sarebbe importato un bel niente:
“Hai
più volte ribadito che questa è casa tua, puoi
portarci chi ti pare e piace”.
Bulma
lanciò uno sbuffo all’altro lato: le era sembrato, o
forse era la speranza stessa ad averla fuorviata, di aver visto nei suoi occhi
incomprensibili un bagliore di disappunto, ben dissimulato dalla sfrontatezza
con cui li aveva colti, in quell’unico istante in cui aveva puntato gli occhi
su di lei prima di deviarli su Goku e tenerceli inchiodati neanche fosse stato
solo lui quello degno della sua attenzione.
Possibile
che non suscitasse in lui una benché minima reazione, neanche saperla in
compagnia del suo più acerrimo rivale?
“Ero
solo curioso di vederti faccia a faccia per scoprire
quali erano stati i tuoi progressi” proseguì il principe dei saiyan compiaciuto “non mi sembri molto cambiato
dall’ultima volta”.
“Neanche
tu” fece molto candidamente l’altro, recuperando il suo piglio più serio.
A
Vegeta stava già ardendo la brace negli occhi e la vena sui polsi era divenuta
rigonfia come un cordone ombelicale quando Bulma
saltò in piedi sul letto:
“Uffa!
Possibile che voi due dobbiate pensare soltanto alla
guerra?!”.
Nessuno
dei due, prossimi ad incenerire con lo sguardo
chiunque si fosse trovato di mezzo, si era accorto della donna in canotta e
mutande alzata sul letto, e per un istante neanche lei se ne era resa conto.
Il
rossore che sopravvenne fu disfatto in quei pochi
secondi di ritardo in cui ragionò esattamente come la sua vanità ferita di
donna avrebbe voluto ragionasse.
Fu
come se le fosse stato messo un filo di paglia sotto al naso
per farla starnutire:
“Dannazione!
Ma cosa avete al posto degli occhi, siete due uomini sì o no?!”
sfuriò saltando giù dal letto e andandosene risentita col passo sgraziato di
un’elefantessa respinta.
Solo
al tonfo della porta sbattuta Vegeta mosse lo sguardo sul punto occupato prima
da Bulma:
“Lo
sai bene che non si misura ad occhio la forza di un
avversario” gli disse Goku.
“Mi
stai lanciando una sfida?” sogghignò.
La
sua mano si apriva e si richiudeva, percorsa dal formicolio irresistibile di
chi aveva voglia di farla sgranchire nella sola maniera che conosceva.
Averlo
davanti era come dare sostanza alle fantasie che l’atmosfera surreale del
trainer gravitazionale generava nel suo inconscio ad
ogni allenamento.
“E’
il mio giorno di riposo e penso che ogni tanto anche tu dovresti concederti
qualche distrazione” tornò a rilassarsi.
“Io
non abbasso mai la guardia” gli impresse diritto sulla faccia.
“E
fai male perché le distrazioni rigenerano ogni tanto l’organismo” stese le
braccia per sgranchirle.
Allora
Vegeta cambiò piglio e poiché non capiva da dove muovessero i suoi consigli,
gli chiese a quale genere di distrazione stesse alludendo.
La
sua sicurezza e la sua tranquillità in particolar modo, non conoscendone la
sorgente, a volte lo lasciavano spiazzato: era qualcosa che andava al di là della forza fisica e di qualsiasi addestramento.
Pensò
che se avesse attinto a quella stessa fonte forse avrebbe guadagnato quel
divario che lo scontro con Freezer aveva scavato tra loro due troppo
profondamente, per quanto alla sua arroganza costasse caro, oltre che
riconoscere la superiorità dell’avversario, anche assecondare quella curiosità,
secondo il suo metro di giudizio, troppo debole ed
umana.
“Qualsiasi
distrazione… forse il tuo problema è che continui a vedere questo pianeta solo
come un luogo da distruggere” scrollò le spalle con un
fare fintamente noncurante “invece può offrirti molte cose, anche una bella e
giovane terrestre potrebbe essere la distrazione giusta!” aggiunse trionfante
vedendo materializzarsi avanti un bebè dai capelli lilla.
Non
si aspettava certo di contagiarlo col suo entusiasmo ma neanche di lasciarlo
indifferente come se gli avesse proposto di portare a spasso un cane:
“Insomma
Vegeta, sei un uomo cresciuto e pasciuto, non sono
certo io a doverti spiegare certe cose, vivi in questa casa, quando hai finito
di allenarti, sotto questo tetto, tanto per dire, c’è una ragazza molto
affascinante, per giunta sola…” lo imboccò piano.
Vegeta
non riuscì a credere che per un istante avesse ceduto alla debolezza di voler carpire
i segreti di quel babbeo:
“Hai
ragione…” proseguì Goku senza che l’altro desse un solo cenno di risposta a
parte lo sdegno di un sopracciglio finalmente sollevato “parla un poco troppo,
è disordinata… guarda qui che roba!” raccolse le lenzuola da terra “però…”
stava per dire che era una brava ragazza, intelligente, interessante e piena di
vita ma si ritrovò in mano un reggiseno di pizzo nero dalla quarta taglia “ehm…
sì…” si fece paonazzo “Bulma è anche questo…” e se ne
disfece velocemente gettandolo dietro la schiena.
Vegeta
tornò a rilassare la spalla contro lo stipite della porta, ora più sicuro che
mai che un giorno lo avrebbe schiacciato come il verme di cui aveva
l’intelligenza:
“Non
deve starti molto a cuore se mi stai proponendo di portarmela a letto” concluse spiccio e pericoloso.
“Hem… no” fece Goku saggiamente “con lei devi comportarti
bene… ci sono altre donne per questo… cioè no…” rettificò colto da folgorazione
improvvisa “non ci devono essere…” scosse la testa in evidente difficoltà ed impaccio “va bene, come non detto, fai pure finta che non
ti abbia detto niente, cioè no… voglio dire… fai pure quello che vuoi, oh…
insomma, tolgo il disturbo…”.
Davanti
a Vegeta restarono le tendine agitate dal movimento improvviso ed il reggiseno nero di pizzo caduto sulla moquette.
Su
questo restò posato il suo sguardo accigliato e non si smosse neanche quando
l’uscio si spalancò concitato alle sue spalle:
“Dove
è finito Goku?” Bulma, la quale intanto aveva
recuperato un paio di pantaloncini ancora sgualciti dall’asciugatrice, restò in
mano con il radar cerca-sfere.
“Perché
secondo te Kakaroth è riuscito a sconfiggere
Freezer?” si sentì domandare senza che l’interlocutore voltasse le spalle “illuminami…”
condì questi con sarcasmo“ se sei così intelligente come spesso dici di
essere…”.
Tanto
inconsueti erano i discorsi sensati che avevano intavolato insieme, che le
spalle nude e bianche si sorpresero con un sussulto
quasi fossero state scosse da due mani disperate e brutali.
“Perché
Goku non è evidentemente un saiyan qualunque” abbozzò
la donna un mezzo sorriso di trepidazione.
Non
aveva idea di quale fosse stato l’epilogo del colloquio con Goku, ma il fatto Vegeta
ora si stesse appellando a lei, anche soltanto per dar fiato alle corde o per
non passare per il pazzo che farneticava da solo, consegnava alla sua memoria
quel momento vissuto con lui come uno di quelli rari che le scaldavano il cuore,
alimentandone le speranze, ed accorciavano gli anni
luce che la distanziavano da lui.
“Per
cosa sta quell’evidentemente?”
inquisì indispettito.
Bulma si
umettò le labbra e la punta della lingua le restituì il sapore del burro cacao.
Voleva
una volta tanto calibrare bene ogni parola, senza ferirlo, ma con la premura di
alleviare quei tormenti che poteva soltanto immaginare
al di là delle possenti spalle che volutamente continuava ad offrirle come
un’armatura imbattibile.
“Suppongo
che il fatto sia cresciuto sulla Terra abbia in qualche modo potenziato le sue
capacità” tentò di spiegare non senza difficoltà.
“Potenziare
in che maniera?” tornò ad accigliarsi, quasi quelle contrazioni intorno agli
occhi non potessero mai trovare tregua.
Bulma
scosse il capo:
“Non
lo so, davvero, lo stai chiedendo ad una che ha il
potenziale combattivo di un moscerino, non ne capisco molto a riguardo, però… anche
quando combatte lui riesce sempre ad essere così… come dire… rilassato… tranquillo…”
trovò il termine giusto, quello dall’efficacia esplosiva.
Vegeta
sbarrò gli occhi per poi sacrificarli ancora una volta alle molteplici
contratture che li assalivano, come topi dati in pasto ad
un covo di serpi.
“E
pensi forse che questo abbia a che vedere con l’essere vissuto qui sulla Terra,
che c’entrino suo figlio o la sua stupida moglie?”
Bulma non
ebbe il tempo di replicare:
“Sei
una sciocca se credi che lui si aggrappi a questo per trovare la carica giusta
quando sta combattendo!”
“Per
me può anche appendersi al diavolo in persona” si alterò la ragazza in breve
mandando all’aria ogni buon proposito “quello che conta è che lui riesce sempre
a vincere!” lo affondò implacabile.
Vegeta
incassò il colpo con un sogghigno, trattenne per un ultimo istante lo sguardo
sul reggiseno di pizzo nero rimasto a terra e poi finalmente tornò a voltarsi:
“Credo
che uno di questi giorni mi prenderò una distrazione” le comunicò alla sua
altezza lasciandola confusa.
La
sorpassò e fece scattare l’uscio:
“Ti
farò fuori una volta per tutte… tanto per distrarmi!”.
FINE