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Autore: Jenny Ramone    19/01/2016    2 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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Quando entrai nell’ufficio di William quella sera, lui stava guardando fuori dalla finestra la gente che affollava la strada.
“William?”-domandai mentre la ragazza che era con me si guardava intorno, esaminando la stanza.
“Uhm, che lusso! Non avevo mai visto uno studio di un giornalista, guarda che poltrone!
E questo tagliacarte?
Ma è d’argento costellato di pietre preziose!
Chissà quanto vale…”-si domandava la ragazza bionda, toccando ovunque e maneggiando l’oggetto appoggiato sulla scrivania.
“Piantala Edith, siediti e chiudi il becco o penserà che siamo delle ladre”.
“Oddio...da ragazzine un po’ lo eravamo…e poi è proprio carino il tagliacarte… perché non te lo sei ancora portato via Irène?
Stai perdendo colpi amica mia!”.
“Edith! Smettila! Non abbiamo più quindici anni e non siamo nelle strade di Parigi dove tutto è lecito!”-dissi, tirandole un leggero calcio sulla gamba.
“Uff va bene… però a Montmartre ci voglio tornare!”.
“Lo sai perché non possiamo tornare a casa Edith… almeno non per ora.
Anche a me manca, cosa credi?
Pensi che mi faccia piacere stare qui, parlare con la maggior parte delle persone in una lingua che non è la mia, sentirmi sempre osservata dall’alto in basso come se fossi uno scarto umano?”.
Il mio collega si voltò, sorpreso:” Scusa Irène, ero sovrappensiero, non ti ho sentita arrivare.
Oh ma siete in due!
Tu devi essere Edith, vero?
Beh, benvenuta Cittadina.
Miss Ada, portatemi un’altra sedia perfavore.
E anche dell’inchiostro nuovo e dei fogli per prendere appunti”-urlò William, alla sua assistente.
La donna entrò con la sedia, sbraitando e ci squadrò, prima me poi Edith, soffermandosi su di lei con estrema attenzione.
“Oh la francese!
Anzi, sono due questa volta!
State attento Mister Jones, per carità!
Che Dio ci protegga!-aggiunse, con tono melodrammatico.
“Francia, terra di lussuriosi e peccatori.
Guardate i visi di queste ragazze, i loro occhi pieni di malizia e falsità… ragazze di strada, ladre…ragazze senza pudore che si dedicano ai peccati più bassi, che sicuramente concedono il loro corpo a chiunque nei vicoli più malfamati, ogni notte.
Magari sono delle spie del governo!”-sussurrò.
Io e Edith eravamo letteralmente a bocca aperta mentre William stava arrossendo di imbarazzo.
“Ada, ora non esagerate.
Queste ragazze hanno passato e passano una vita molto difficile, convivono con la povertà, le difficoltà e le disgrazie tutti i giorni, un po’ di rispetto perfavore.
Non spetta a noi giudicarle”.
“Va bene Mister Jones.
Però io continuo a sostenere che non mi piacciono e che non mi fido di loro.
Ah questi giovani… pur di poter far colpo su delle straniere sarebbero disposti a fare di tutto… prestate attenzione Mister Jones.
God bless United Kingdom and God bless King George”-concluse chiudendo la porta.
“God bless United Kingdom and God bless King George”-replicò Edith, con falsa solennità, mettendosi una mano sul cuore.
Appena la signora se ne fu andata, la mia amica scoppiò in una risata sarcastica:”E’ sempre bello vedere quanto siamo apprezzate in questo Paese.
Possibile che siate così pieni di odio nei nostri confronti? E di bassi pregiudizi verso la gente che lavora duro per tirare avanti, verso i reietti della società?”-domandò.
Io aggiunsi:” Eppure anche voi non vi fate mancare i pub, le sale da oppio e le prostitute a Whitechapel.
Viviamo nell’East End come a Parigi vivevamo a Belleville e a Montmartre,vediamo tutti i giorni in che condizioni sono i bassifondi londinesi, anche voi ne avete di problemi, solo che la maggior parte degli inglesi fa finta di non vederli e li dilegua con uno sguardo compassionevole o qualche moneta da pochi centesimi per mettersi a posto la coscienza”.
William finalmente parlò:”Mi dispiace Irène.
Non so bene cosa dire…. Non volevo che Ada vi mancasse di rispetto, per quanto mi riguarda vuoi siete donne coraggiose e forti, siete persone che andrebbero ammirate perché nonostante le difficoltà non si lasciano abbattere e fanno del loro meglio per vivere.
Riconosco che il parere di Ada è diffuso in Inghilterra purtroppo; però posso assicurarvi che da me avrete solo rispetto.
Mi interessa davvero la vostra storia”-si scusò.
“Scuse accettate però non voglio più che quella donna si presenti davanti a me o che mi si rivolga con quelle parole.
Adesso passiamo al racconto.
Direi che può parlare Edith, visto che è stata lei a aprire la porta quella sera.
Vuoi raccontare di quando Étienne si è presentato nella nostra sede, dopo che è stato aggredito da quel ladro?”.
Edith sospirò e iniziò a parlare.
“All’inizio pensavamo di aver avuto un’allucinazione, non riuscivamo a credere che quell'uomo che era appena svenuto fosse davvero Étienne.
Dopo l’iniziale stupore però Thèrese si avvicinò e lo guardò nel viso, sanguinante.
Lo trascinammo nel letto di Vèronique mentre Thérèse cercava di capire l’entità dei danni.
Non aveva niente per medicarlo quindi raccogliemmo il nostro denaro e mandammo di corsa Sophie a compare il necessario mentre Amèlie si precipitava a Belleville per occuparsi di Philippe e Jaques invece Gèrard a Montmartre per avvisare Jean, dato che ci voleva un uomo per muovere Étienne dal letto, non pesava tanto ma io e Thèrèse non ce l’avremmo fatta, inoltre si trattava del suo migliore amico, avvisarlo era il minimo.
Étienne giaceva sul letto piegato in due, lamentandosi.
Era ricoperto di graffi, tagli e lividi, sulle braccia, sulle gambe, sulla schiena.
Aveva un occhio nero e un livido bluastro su un fianco, per un attimo Thérèse temette che gli aggressori gli avessero danneggiato gli organi interni e in effetti fu un miracolo che ciò non fosse accaduto.
Nel frattempo Sophie era tornata e aveva posato sul tavolo l’occorrente.
Cinque minuti dopo arrivò anche Jean, ansimando per la corsa che aveva fatto: Montmartre si trova quasi fuori Parigi, è lontana rispetto a Notre Dame.
Aveva lasciato Renè dalla vicina di casa e non aveva perso tempo, si era subito messo in cammino.
Appena entrò nella stanza sgranò gli occhi e tirò un calcio ad una seggiola  che si trovava accanto al letto.
“Chi è stato? Chi è stato quella specie di bestia che ti ha fatto questo?
Lo hai visto?
Dimmelo Étienne, lo ritrovo.
E’ stato Gustave, il marito di Charlotte la voleuse?
Quei due ladri maledetti, lo dicevo io che prima o poi si sarebbero abbassati a rubare anche a chi è più povero di loro!”.
Se è stato lui con i suoi compari so dove abita, al fondo della mia strada, vado a bussargli e gli spacco la faccia!
Che figlio di puttana…”.
Étienne cercò di alzarsi sul cuscino e protestò debolmente:” No.. no, non è stato Gustave, ci conosce tutti da sempre, non si sarebbe azzardato.
Nemmeno Charlotte o uno dei loro amici.
No,questi non erano dei poveri di Parigi… credo che fossero dei nobili o qualcosa di simile.
Non li ho visti bene ma ho intravisto che uno di loro portava i pantaloni come i nobili, le coulottes.
Hai visto?
Adesso… adesso se la prendono con i sanculotti, tanto loro sono sempre i più forti…”-disse, prima di ricadere sul cuscino.
All’improvviso si ricordò dei bambini e cominciò ad agitarsi dicendo che erano da soli a casa e chiedendo che una di noi andasse da loro.
Gli spiegammo che c’era già Amèlie ma lui continuò dicendo che Marion sarebbe rimasta scioccata al ritorno a casa, di farle sapere che la amava se fosse morto e che le chiedeva scusa per essersi fatto rubare il denaro, che gli dispiaceva non poterle lasciare niente per crescere i bambini, che se invece non fosse morto sarebbe rimasto fottuto con il lavoro se non si fosse presentato il giorno dopo.
Jean lo tenne fermo mentre noi pulivamo le ferite e lo medicavamo e poi gli assicurò che avrebbe parlato con il padrone.
“Il cittadino Gautier mi ammazza.
Prima ammazza me poi ammazza te Jean, se mi difendi.
Sono un uomo finito, ho perso anche il lavoro!
Quei ladri avrebbero dovuto tagliarmi la gola e completare l’opera!”.
Gli feci bere un sonnifero e pensai a come avrebbe reagito Marion al suo ritorno”.
Edith guardò l’orologio a pendolo .
“Oh com’è tardi! Devo tornare a casa in fretta, devo anche passare a portare un abito che ho cucito a una signora e poi devo portare a Marianne la gonna che le ho aggiustato!
Scusami Cittadino ma devo proprio andare|!
Irène, sai mica se Marianne è a casa?
Non voglio fare il viaggio a vuoto!”.
“Tanto sarà in giro con Philippe, Jacques e Libertè, come sempre!
Un giorno o l’altro si metteranno nei guai!
Se vedi Libertè dille di tornare a casa puntuale altrimenti suo padre si arrabbia e non sono in vena per assistere ad una scenata familiare!
C’è già Renè che è ammalato, non ho voglio di sentire anche lei e Jean che le grida dietro tutta la sera”.
Quando Edith uscì, William mi guardò confuso.
“Credo di essermi perso qualcosa… Marianne? Libertè?”.
“Tutti i nostri figli, quelli che sono ancora troppo piccoli per trovarsi un lavoro passano gran parte del loro tempo a gironzolare per i bassifondi di Londra, fingendo che siano quelli di Parigi, dove alcuni vorrebbero ritornare e che altri vorrebbero vedere per la prima volta.
Adesso continuiamo però.
Io e Marion tornammo a Parigi un paio di giorni dopo che Etienne era stato aggredito e la mia amica ovviamente si trovò una brutta sorpresa.
Perfortuna suo marito si riprese in una settimana, Jean raccontò esattamente quello che era successo al Cittadino Gautier, limitandosi a dire che erano stati ladri di strada a compiere il furto, nel dubbio non poteva certo muovere accuse.
Mi fa piacere annunciarti che era stato proposto un nuovo metodo di esecuzione capitale, quello che sarebbe diventato il nostro incubo e il nostro più grande timore negli anni seguenti: il rasoio nazionale, la ghigliottina”.
William impallidì dall’orrore.
“E come ci siete scampati? Io sapevo che ad un certo punto funzionava senza sosta dal mattino alla sera”.
Scrollai le spalle e finsi indifferenza:” Non mi piace parlare di come sono scappata al patibolo William.
La donna che ti sta parlando avrebbe meritato almeno tre o quattro volte la ghigliottina se vogliamo essere precisi ma come vedi per ora ho ancora la testa attaccata al collo, mi è andata bene.
Ero sempre tormentata dal pensiero che Armand mi stesse cercando, che stesse sondando il terreno per aspettare il momento buono e aggredirmi, da vigliacco qual’era.
I miei dubbi erano fondati purtroppo.
Decisi che lo avrei incontrato, che avrei provato a parlargli a quattr’occhi e magari sarei riuscita a risolvere civilmente i miei guai.
Meditavo cosa scrivergli quando improvvisamente mi ritrovai di nuovo ricoperta di problemi.
Marat aveva pubblicato la “Dénonciation contre Necker”, una denuncia contro il ministro delle finanze Necker che provocò l’emissione di un mandato di cattura che lo costrinse a fuggire qui in Inghilterra.
Io mi trovai senza lavoro e fui costretta ad accontentarmi di ciò che guadagnavo al Cafè Procope perché mi rifiutavo di passare ad un altro giornale, vale a dire anche ad un’altra parte politica: attesi fedelmente che Marat tornasse in città e riprendesse le pubblicazioni, ero certa che lo avrebbe fatto.
Una fredda sera però Jean tornò a casa tutto contento, nonostante nella soffitta non ci fosse legna né cibo e le nostre condizioni fossero tutt’altro che facili.
Quando gli domandai il motivo della sua gioia mi mostrò una giacca, una carmagnole di stoffa rossa.
“E’ la giacca che indossava Étienne la sera dell’aggressione.
Dice che non se la sente di mettersela più perché gli riporta alla mente quei momenti per cui me l’ha regalata, direi che mi sta alla perfezione, non trovi?
Avevo proprio bisogno di una giacca, la mia è da buttare mentre questa è ancora in buono stato”.
Presi la giacca e mi diressi verso il lavatoio: mentre la spazzolavo per poi bagnarla da una tasca cadde un biglietto.
Lo raccolsi e lo lessi:

Sto attento a tutte le tue mosse.
Mi occuperò per prima cosa di tutti gli uomini che ti stanno intorno e che ti potrebbero difendere, poi farò in modo di isolarti.
Avrai presto mie notizie,
Armand”.


ANGOLO AUTRICE: Non so cosa ne sarà di questa storia.
In questi giorni forse la cancellerò per sempre, se la vedete comparire vuol dire che ci ho ripensato e non l’ho fatto se
no pace.
Ciao.

  
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