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Autore: Ortceps    20/01/2016    3 recensioni
In questa FF Eragon e Murtagh non sono fratelli.
Sono passati due anni dalla caduta dell’impero; la vita di Eragon sembra scorrere serenamente lontano da Alagaesia, ma il destino sembra volerlo mettere nuovamente alla prova, questa volta in un ruolo diverso da quello di eroe. Dovrà dare prova di se stesso come padre.
Dalla storia:
Ma alla fine si sa, che ti piaccia o no è sempre quella furia impazzita che noi chiamiamo destino a presentarsi alla tua porta e a scaricarti un figlio. Della serie “Din-don; apri questa dannatissima porta e prenditi questo dannatissimo bambino” per poi aggiungere con un sorriso da sberle “Congratulazioni sei diventato padre!”
Va bene, forse non era andata proprio così. Ma alla fine il concetto era quello e lui si era ritrovato a crescere un bambino, senza avere la minima idea di cosa fare.
*
La prima persona a cui aveva pensato di lasciare il piccolo era stata Nasuada e immaginare a come sarebbe potuta andare se lo avesse portato da lei gli metteva i brividi.
“No Nasuada, non sono tornato perché ti amo; volevo solo chiederti se potevi occuparti di mio figlio, mio e di un’altra donna… Addio”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6 – Dobbiamo parlare?!

La residenza estiva della regina era un piccolo castello su un piccolo lago ai confini con la foresta elfica; tirava una brezza leggera e l’aria profumava di erba e rugiada, residuo della notte precedente. Era mattina inoltrata quando Saphira atterrò nel cortile interno del piccolo castello, il sole del mezzogiorno stava iniziando a riscaldare le pietre delle mura e tutto il resto intorno a loro. Si prospettava essere un estate particolarmente calda.

Castigo saluto il loro arrivo con un poderoso ruggito, allertando anche chiunque non li avesse visti atterrare; Saphira ruggì in risposta e in pochi secondi la zazzera di capelli neri e disordinati di Aiden apparì dal portone principale correndogli in contro con assurda frenesia. La vista del bambino mise subito Eragon di buon umore e gli fece dimenticare la stanchezza dei due giorni passati a volare per raggiungere il prima possibile il piccolo e suo padre.

Aiden volò direttamente tra le braccia di quello che per lui era un padre, avvolgendogli le sue al collo e facendo sprofondare il viso nella spalla di Eragon. Dal canto suo il cavaliere si godette l’odore dei cappelli del bimbo, che gli ricordava la primavera, sapeva di fiori e paglia. Sarebbe restato così per sempre se il bambino non avesse iniziato a scalciare in preda all’entusiasmo per raggiungere l’altro dei suo padri che stava seguendo, con molta più calma, il percorso intrapreso dal figlio.

Eragon posò Aiden a terra e il bambino prese subito a correre tra i due uomini in preda ad un febbrile entusiasmo, lanciando gridolini e proferendo frasi spezzate con il fiato corto. «Ciao, Eragon. Mi fa molto piacere che tu sia venuto» lo salutò latro con un splendido sorriso, tanto che per un momento il cavaliere si scordò di essere arrabbiato con lui e lo salutò di rimando; i due si strinsero in un abbraccio e poi insieme al bambino, che non dava segni di volersi calmare, si avviarono verso l’interno del castello, alla ricerca di un po’ di frescura.

«Aiden è molto felice di vederti» proferì il cavaliere rosso, spezzando il silenzio che si era creato tra i due. Sul viso aveva uno strano sorriso, quasi imbarazzato, che Eragon faticò ad interpretare. «Non gli piace molto vivere qui» aggiunse, lanciando un’occhiata divertita al figlio che li precedeva saltellando.

«No?» Fece Eragon cercando di sembrare più dispiaciuto possibile, ma dovette riuscirci molto male perché la sua voce suonò fin troppo soddisfatta anche alle sue orecchie; infatti Murtagh gli scoccò uno strano sguardo, che Eragon faticò nuovamente ad interpretare. Dio era così stanco.

«Da quanto è che non dormi?» Gli chiese infatti l’altro, sorvolando sulla precedente questione. «Due giorni»

«Dovresti riposarti un po’…» propose quasi timoroso Murtagh. Sentire la voce del cavaliere con quello strano timbro confuse ancora di più Eragon; non era certo da lui quel tono timoroso, l’altro era più quello che si impone sugli altri con risoluta fermezza. «Sono appena arrivato» si lamentò lui, anche se sapeva che se non andava a riposare si sarebbe addormentato prima del tramonto, che fosse in piedi o seduto.

«Puoi sempre dormire qualche ora e svegliarti prima di cena, tanto Nasuada non arriverà prima di domani» Eragon registrò l’informazione distrattamente mentre annuiva, in accordo con l’idea proposta dall’altro.

«Aiden» chiamò Murtagh «augura buon riposo a Eragon e va dalla tua governante, lo rivedrai prima di cena» assicurò lui, precedendo qualsiasi protesta del figlio. Il bambino fece come gli era stato detto, baciando Eragon sulla guancia e zampettando via. I due adulti procedettero verso l’ala delle stanze.

Entrambi restarono in silenzio fino a quando Murtagh non si fermò davanti ad una porta in legno dietro la quale vi erano le stanze allestite per Eragon. «Ascolta» iniziò Murtagh, fissando i suoi penetranti occhi neri in quelli castani dell’altro «noi due dobbiamo parlare di un po’ di cose e sono abbastanza sicuro che la conversazione non sarà di quelle più piacevoli, ma non ho intenzione di rimandarla oltre» e a quel punto sembrò ripensarci «beh, non oltre di questa sera, non mi sembri nella forma giusta per intraprendere una discussione senza addormentarti. Ma ti prometto che non appena Aiden sarà andato a dormire noi due parleremo di tutto quello che è successo»

«Murtagh, io non capisco di…» cercò di dire il castano, venendo subito interrotto dall’altro: «Buon riposo Eragon, ci vediamo per cena» e detto questo girò sui tacchi per tornare da dove era venuto.

Eragon era troppo stanco per arrovellarsi sullo strano comportamento del più grande e quindi non appena entrato nelle sue stanze si sfilò i vestiti e si infilò nel letto, per sprofondare in un sonno profondo subito dopo.

Fu svegliato da un insistente bussare alla porta e ancora stordito dal sonno, che non voleva scivolare via, borbotto un avanti molto stizzito. La porta ruotò su cardini silenziosamente, lasciando entrare uno spiraglio di luce aranciata, luce di fiaccole. Aveva dormito per tutto il giorno e molto probabilmente aveva saltato la cena. Il leggero fastidio di aver probabilmente deluso Aiden lo risvegliò dal sonno completamente. I suoi occhi misero a fuoco la figura che stava chiudendo la porta; Murtagh era vestito come quel mattino, una casacca marrone, stivali alti fino al ginocchio e pantaloni neri, anche vestito che semplicità sembrava ispirare una certa regalità, come se l’avesse nel sangue. E in un certo senso era anche così.

Guardarlo avanzare verso di lui con passo sicuro gli diede un colpo al cuore, principalmente per due ragioni: uno, lo trovava assolutamente stupendo e, due, si ricordò che era completamente nudo. Sperò che nell’oscurità non si vedesse il rossore che gli aveva ricoperto le guance.

«Non mi hai svegliato» disse, cercando di suonare il più infastidito possibile, cosa che gli riuscì abbastanza bene. Complice il fatto che era veramente dispiaciuto di non aver potuto passare la serata con Aiden.

«Ho pensato che un po’ più di riposo non ti avrebbe fatto male. Avrai tutto il tempo di giocare con quel diavoletto di nostro figlio domani» Eragon notò il plurale con delizioso piacere. Nostro, suonava così bene.

Murtagh aveva acceso una candela posata sul comodino accanto al letto, inondando la stanza di una luce rossastra e infine si era seduto sul bordo del letto dando le spalle ad Eragon. Sembrava sul punto di scappare, aveva i muscoli contratti e la testa volta verso la porta; ma allo stesso tempo sembrava stranamente deciso a rimanere lì. Sembrava che si apprestasse a tagliarsi la mano per impedire a qualche malattia di propagarsi in tutto il corpo; fare qualcosa di doloroso per poi stare meglio.

«Se volevi lasciarmi riposare perché sei venuto?» La voce suonò alle sue orecchie più metallica e rancorosa di quanto avrebbe desiderato; decisamente era ancora arrabbiato con lui per quello che aveva fatto.

«Te lo avevo detto, volevo parlarti»

«Era una cosa così urgente che non poteva aspettare?!» Si sentiva sempre più irritato dal fatto che Murtagh non lo guardasse ma si ostinasse a rivolgere il suo sguardo verso la porta, dandogli le spalle.

«Non ha aspettato fin troppo?» Il tono della voce era dispiaciuto, quasi impotente. Da una parte Eragon se ne dispiacque, ma dall’altra quel tono non fece che aumentare la sua irritazione. Non era forse stato lui a volersene andare? A lasciarlo da solo come un cane, dopo che lui aveva accolto sia lui che Aiden?

«Non certo per colpa mia»

«No» finalmente si voltò ed Eragon desiderò intensamente essere vestito; ma doveva accettare di essere appoggiato alla testiera del letto, a petto nudo e con la coperta leggera che gli copriva dalla vita in giù. «Vuoi ascoltarmi?»

Voleva ascoltarlo? Ovviamente, ma al contempo voleva mandarlo a farsi un giro, o un lungo bagno in acque gelate. Gli fece un cenno di assenso con la testa.

«Mi sembra inutile girarci intorno» fece una pausa per raccogliere le idee «So quello che provi per me»



NOTE DELL’AUTRICE
Salve a tutti, sono tornata nemmeno dopo tanto tempo e sono piuttosto certa che il prossimo capitolo lo pubblicherò non più tardi di martedì prossimo. Ma passando a questo capitolo spero veramente che vi sia piaciuto e volevo anche ringraziare tutti coloro che continuano a seguire questa storia!!!
Ciao e alla prossima,
Ortceps.


   
 
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