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Autore: _Lyss_    21/01/2016    3 recensioni
Immaginate Ariel, Aladdin, Peter Pan, Mulan e tutti gli altri. Fatto? Bene! Adesso rinchiudeteli tutti in un liceo e fateli diventare adolescenti qualsiasi, credete che questa volta riusciranno a vivere una vita "normale"? Certo non ci saranno i cattivi, ma a complicare le cose ci penseranno i primi amori, le crisi adolescenziali e, perchè no, anche i brufoli! Salvare il mondo, in confronto, sarà stato una passeggiata e chissà se riusciranno tutti ad avere il loro lieto fine anche nel mondo reale. Beh... non vi resta che scoprirlo!
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14. Piccoli problemi di cuore e non solo
 
Quel sabato mattina si era rivelato particolarmente caldo, per essere ottobre inoltrato, e Jane aveva potuto tranquillamente abbandonare il cappotto sul sedile posteriore della Jeep di Tarzan.
Era raggiante, bellissima con la sua camicetta gialla e una lunga gonna verde, che solo a lei poteva stare così bene; i capelli avevano abbandonato il consueto look raccolto, le incorniciavano il viso, si spettinavano quando scuoteva la testa mentre rideva. Era così diversa, riusciva a vederlo anche lei, ma la colpa era tutta del ragazzo che adesso guidava canticchiando una canzone trasmessa alla radio.
Era passata una settimana dall’incidente, prima che Tarzan trovasse il coraggio di ripresentarsi a casa Porter, sette lunghi giorni in cui Jane aveva temuto e bramato il suo arrivo:
 “Hai lezioni oggi, papà?” chiedeva con voce carica d’ansia, non sapendo quale risposta sarebbe stata peggiore.
“No, cara” si sentiva sempre rispondere, allora sorrideva, un po’ amareggiata, e andava a struccarsi. Ma, alla fine, qualcuno suonò il campanello.
 “Mi avevi detto di non avere lezioni” commentò sorpresa, alzando gli occhi dal documentario che stava seguendo svogliata.
“Infatti” rispose divertito il professore, comparendo nel salotto con Tarzan al seguito. Fece comparire un sorrisetto sotto i grandi baffoni bianchi e, credendo di non essere visto dal ragazzo, fece un imbarazzante occhiolino d’intesa alla figliola. Aveva, ovviamente, capito tutto.
Qualche chiacchiera vaga, un paio di appuntamenti passati nel parco o sulla spiaggia e piccole premure quotidiane dopo, Tarzan e Jane facevano coppia. E dire che ci avevano provato a rallentare le cose, ma diventavano così smielati quando erano insieme, che ogni sforzo si volatilizzò nell’aria, con grande soddisfazione di Esmeralda, che adesso andava vantandosi di aver capito tutto per prima.
“Guarda che non siamo obbligati” disse di punto in bianco Tarzan, la radio aveva il volume basso e il suo sguardo si era fatto preoccupato, ansioso.
“Invece si, inoltre non vedo l’ora di conoscere il tuo branco
Quando parlava della sua famiglia, Tarzan, non riusciva mai a nascondere l’amore e l’orgoglio che provava per ogni singolo membro o il senso di responsabilità che sentiva nei loro confronti. “E’ come se fossimo un branco e io dovessi prendermi cura di tutti loro” aveva spiegato una volta, colpendo la sensibilità di Jane, rimasta intenerita e ammaliata da tanta bontà d’animo.
“Ma …” provò a ribattere il ragazzo.
“Ma mi giudicheranno senza il minimo scrupolo, partiranno prevenuti, s’impegneranno per farmi sentire a disagio, mi guarderanno male e sarà praticamente impossibile superare il loro esame. Lo so, ma non importa, hanno ragione a essere così gelosi … anch’io lo sarei” il tono di voce era tranquillo e divertito, le labbra incurvate la facevano somigliare tremendamente al padre, ma gli occhi erano rimasti seri e fissi sul volto di Tarzan. Possibile che più lo guardasse, più se ne innamorasse?
“Sarebbe divertente vederti gelosa” commentò a voce alta il ragazzo.
“Oh, non ti converrebbe mica”
“Cosa ho fatto per meritarti?”
“Potrei domandarmi lo stesso” quasi, se si stava in silenzio, lo si poteva sentire il cuore di Tarzan palpitare frenetico, come volesse scappare dal petto per raggiungere l’oggetto di tanta ammirazione.
 
La casa famiglia era un molto distante dal centro città, ma poteva vantare un enorme giardino rigoglioso e un numero impressionante di stanze, che offrivano, accoglienti, una promessa d’asilo. Il nome dell’associazione, Hakuna Matata, dava il benvenuto da un grosso cartello colorato.
Non appena la grossa macchina si fermò, una preoccupante quantità di occhi attenti iniziò a curiosare dalle finestre, ma soltanto tre impavidi cuccioli, due maschietti e una femminuccia, si fecero avanti con i loro capelli riccissimi, le gambette paffute e lo sguardo indagatore.
“Ciao”si rivolsero direttamente a Jane.
“Ciao, piccoli” ricambiò sinceramente emozionata.
“Sei la nuova fidanzata di Tazzan? E’ bella” era stata la bambina a prender parola, concludendo la frase rivolgendosi ai due amichetti, che annuirono soddisfatti.
“Anche tu sei molto bella” stava andando tutto bene e, forse, se fosse riuscita a conquistare totalmente quei tre angioletti, sarebbe apparsa più simpatica anche al resto della combriccola. Peccato che la sua mini interlocutrice non ci mise molto a smontare i suoi piani pacifici: “Però pecché vuoi rubarci Tazzan? Ora non giocherà più con noi!” il faccino scuro si fece talmente triste che a Jane si spezzò il cuore per il senso di colpa.
“No, tesoro, Tarzan giocherà ancora con voi. Chi vi ha detto questa bugia?”
“Terk” era stato lo stesso Tarzan risponderle con tono spazientito, mentre guardava esasperato l’arrivo di una ragazzina dalla cresta nera.
“Ho detto solo la verità, insomma, immagino che ora avrai attività più … interessanti … che giocare a nascondino” spiegò pratica la nuova arrivata, non facendo altro che intristire ancora di più i bambini, oramai sull’orlo del pianto.
“Terk sta scherzando, non datele ascolto, più tardi giocheremo tutti insieme” li tranquillizzò il ragazzo, cercando di non lanciare qualcosa contro l’amica.
“E lei giocherà con noi?” insistette la piccola indicando con la manina Jane, che avrebbe fatto la qualunque per guadagnarsi un sorriso di quei bimbi.
“Ovviamente!” rassicurati e coccolati, i tre moschettieri trotterellarono via contenti, permettendo alla coppia di entrare in casa.
“Non è stato affatto carino da parte tua, Terk” Tarzan si rivolse all’amica con aria di rimprovero, ma la cosa non sembrò disturbarla più di tanto.
“Oh, perdonala amico” un ragazzo panciuto fece la sua comparsa “sai com’è: fa tanto la dura, ma alla fine è sentimentale da morire. Si è ingelosita un po’” questo si che la disturbò, la disturbò parecchio, ma le sue lamentele furono semplicemente ignorati dal resto del gruppo.
“Jane, lui è Tantor. Tantor, Jane”il padrone di casa fece le dovute presentazioni.
“E’ un piacere conoscerti, in fondo è merito tuo se, il nostro ragazzone qui, va sempre in giro con un sorriso smagliante” il ragazzo le strinse con vigore la mano di Jane, suscitandole immediata simpatia grazie alla sua allegria e spontaneità.
“Comunque zia Kala vi aspettava in cucina” s’intromise Terk sentendosi poco considerata.
 
Ci vollero non più di cinque secondi, affinché Kala e Jane si conquistassero a vicenda e sarebbero rimaste a chiacchierare per ore, se Tarzan non avesse reclamato i suoi diritti sulla fidanzata. Tutti, tutti, s’innamorarono della ragazza dai grandi occhi azzurri, perfino Terk, dopo aver fatto per un po’ la sostenuta, dovette ammettere che non era così malaccio. Così, soltanto nel tardo pomeriggio, i due piccioncini riuscirono a ritagliarsi un momento tutto loro.
“Devo mostrarti qualcosa” aveva esordito Tarzan, trascinando Jane sotto la casa sull’albero più grande che avesse mai visto.
“Ok, questa non è una casetta, è un appartamento!” aveva esclamato sconvolta.
“E’ la riproduzione di una che abbiamo in Africa, ma quella è immersa nella giungla, qua dobbiamo accontentarci del giardino. E’ comunque l’oasi di pace della casa, a volte, vivere con tanta gente non è facile, così ci si rifugia quassù”
La struttura era davvero grande, sembrava essere parte integrante del gigantesco albero su cui era costruita, ma mancava qualcosa: la scala per salire.
“Devi arrampicarti!” aveva spiegato il ragazzo, come fosse una cosa assolutamente scontata, peccato che la capacità atletica di Jane non la pensasse allo stesso modo. Dopo qualche vergognoso tentativo, si fece letteralmente tirare su da Tarzan, che si muoveva tranquillo e disinvolto come fosse cresciuto tra le scimmie.
“La smetterai mai di sorprendermi? Sai anche arrampicarti sugli alberi” la ragazza lo guardava sbalordita.
“Sono cresciuto praticamente nella giungla africana, cosa ti aspettavi?” effettivamente il ragionamento era sensato e spiegava l’insana passione che il ragazzo aveva per il parkour. Qualche giorno, guardandolo saltare tra blocchi di cemento, lastre di ferro e altra roba decisamente troppo solida, Jane sarebbe morta d’infarto per la paura, molto meglio gli alberi.
L’interno della casa era fantastico, non mancavano divani e mensole piene di libri e riviste, una credenza di snack, uno stereo a batterie e, addirittura, un letto dall’aria comoda.
“Wow” Jane non riusciva a dire altro, era, come sempre quando si trattava di Tarzan e del suo mondo, incredibilmente stupefatta.
“Dovresti vedere l’originale, è ancora più bella, ci si può tranquillamente vivere e non nego di averlo fatto”
“Portamici allora” lo sguardo della ragazza aveva smesso di vagare per le stanze, concentrandosi sull’elemento più bello: lui.
“Staresti davvero in quel posto? Senza tutte le comodità della città, senza linea internet, senza biblioteche e tv, senza niente?” Tarzan non riusciva a comprendere tanta insistenza, per lui l’Africa era casa, ma Jane? Era davvero pronta a mollare tutto per studiare la flora e la fauna del continente nero? Cosa passava per la mente di quella splendida ragazza?
“Forse, mio caro, ti sfugge qualcosa” commentò lei notando la confusione in quegli occhi color mare.
 “Rinuncerei a tutto, si, starei davvero in quel posto, perché è il tuo posto. Starei lì, starei con te” Tarzan rimase senza respiro, ogni parola, ogni gesto di risposta sarebbero sembrati sciocchi. Allora la baciò.
 
“Quei due stanno facendo un giro molto meticoloso della casa, è un bel po’ che sono lassù” commentò Tantor guardando il grande albero della casa.
“Si, si. Scommetto che volevano studiarne con cura e precisione la camera da letto” Terk tirò via l’amico dal giardino, ridacchiando maliziosa.
 
“Ah! Abbiamo vinto. Di nuovo” Tullio e Miguel si scambiarono un cinque sotto lo sguardo infastidito di Flynn: “Questo perché barate”
“Anche voi barate” si difese Tullio indicando i due avversari. Era il loro classico poker a coppie del sabato pomeriggio: liberavano qualche tavolo piastrellato della Caverna delle meraviglie, avvicinavano le prime sedie trovate e iniziavano una sfida a chi barasse meglio.
“Oggi Al è fuori forma” spiegò ironico Flynn, indicando il compagno “Soffre per amore”
“Davvero? Ne voglio sapere di più!” Genio, che stava sistemando delle bambole dall’aria piuttosto antica, mollò tutto e si unì al gruppo di ragazzi con sguardo incuriosito. Aladdin era come un figlio per lui, ma, a differenza di Cassim, non esitava a berci birra e parlare di ragazze.
“Non c’è niente da sapere” borbottò il ragazzo, sentendosi eccessivamente al centro dell’attenzione, ma ci pensò l’amico a spifferare tutto al posto suo: “Si è innamorato della ragazza più inarrivabile del pianeta, stronza e maledettamente ricca”
“Non è stronza!” sbottò Al “Il fatto che abbia mandato a cagare te e Naveen, denota soltanto il suo buon gusto” continuò ironico, ricevendo l’approvazione dei presenti.
“Comunque ha ragione a dire che è irraggiungibile, mentre io sono solo uno sfigato” lasciò cadere il viso sul tavolo, ricevendo amichevoli pacche sulle spalle da Flynn: “Queste donne ci distruggono”
“Dovreste prendere in seria considerazione di fare come noi, niente più drammi nel decidere se passare una serata romantica con la tua dolce metà o se guardare la partita col tuo migliore amico” commentò Tullio, seguito a ruota da Miguel:“Perché sono la stessa persona!” si scambiarono uno sguardo smielato. Per un brevissimo momento, Flynn e Aladdin, sembrarono valutare la cosa fissandosi con attenzione e cercando di immaginare una loro possibile relazione. L’esperimento fallì miseramente:
“Senza offesa, ma non credo faccia per me”
“No amico, non sei affatto il mio tipo”
I due ragazzi spagnoli alzarono le spalle: “Mica tutti possono essere fortunati”
“Ragazzi, ragazzi state sbagliando approccio! Invece di pensare a come dimenticare la principessa, dobbiamo rendere Al un bel principe!” s’intromise Genio con tono risoluto “Allora, cosa ti piace tanto di lei?”
“Oh Genio, lei è intelligente e spiritosa e … e …”
“Carina?”
“Stupenda! Ha due occhi che sembrano … e i capelli … wow … e il sorriso” tutto il malumore sembrò scomparire, lasciando il posto ad uno sguardo trasognato e una perfetta espressione da ebete.
“Dici che sta bene?” sussurrò preoccupato Miguel al fidanzato.
 “Dico che questo qua è innamorato forte” Rispose Tullio con aria divertita, non s’era mai fatto prendere tanto da una ragazza, certo la storia con Chel aveva creato parecchi casini, e, guardando l’evidente stato confusionale dell’amico, ringraziò se stesso per essere passato all’altra sponda. Dovevano dargli una mano. Assunse quindi un’aria esageratamente effemminata, subito imitata da Miguel (non avevano bisogno di battere ciglio per capirsi) e imitando Nigel de Il diavolo veste Prada commentò:
“Sistemati i capelli, non devi accogliere un nido di rondini, e i pantaloni larghi non vanno di moda da quando gli spagnoli conquistarono il Sud America”
“Metti qualche goccia di profumo, la colonia maschile è qualcosa di d-i-v-i-n-o” aggiunse Miguel, sottolineando l’ultima parola schioccando le dita a destra e sinistra.
“L’aria da timidone romantico ci piace, molto carina”
“Giusta anche la simpatia, quel sorrisone che ti ritrovi è fantastico”
“Ma ti prego … “ iniziò Tullio “Non provare minimamente a fare il figaccione!” conclusero in coro, con lo stesso tono di voce, la stessa espressione e la stessa posizione con le mani sui fianchi. Soddisfatti della coordinazione, e dei preziosi consigli concessi, si scambiarono nuovamente il cinque  con quanto più stile potessero metterci.
“Oooook” Aladdin era dubbioso, e anche un po’ inquietato, rivolse quindi uno sguardo supplicante a Genio, che intanto aveva preso a vagare per il negozio afferrando roba apparentemente a caso.
“Una giacca, occhiali retrò, sempre molto fighi, il profumo richiesto dai signori – Tullio e Miguel sollevarono i pollici- un tappeto, porta candele, piatti e bicchieri di vari servizi, cuscini eeee un fantastico grammofono” elencò una volta tornato dai ragazzi con un carrello pieno, già razziato da Flynn, che aveva preso il pieno possesso degli occhiali da sole usando la scusa “A me stanno molto meglio”.
“Em, cosa dovrei farci con tutta questa roba?” ma era rimasto qualcuno sano di mente ad aiutarlo?
“Tu lascia fare a noi, Tullio? Sai ancora fare dei piani eccezionali?”
“Ovviamente”
Ora Al aveva paura, tanta paura.
 
 
“Dovrei capirti?! Spero vivamente che tu stia scherzando” James si passò nervoso una mano tra i capelli, ringraziando quella forza mistica che gli stava impedendo di scagliare il telefono, nuovo di zecca, contro il primo muro a disposizione.
“Credi che per me invece sia facile? … Ma cosa? La cosa più importante dovrebbe essere la nostra relazione! … NON ME NE IMPORTA UN CAZZO!” sbraitò, lanciando poi uno sguardo preoccupato alla finestra. Era a casa di Cenerentola con Neve, Filippo e Daniel quando aveva ricevuto la telefonata, era corso in giardino non immaginando che la cosa sarebbe stata tanto lunga, quasi si poteva riconoscere nell’erba un piccolo solco tracciato dalla sua camminata veloce.
“Se sei così titubante possiamo anche chiuderla qua … ah, no? … Dimostramelo! Vieni da me sta sera” chiuse gli occhi già immaginando la risposta che arrivò puntuale, ma che non fu meno deludente.
“Ovviamente. Non ti azzardare a chiamarmi di nuovo” chiuse la chiamata, guardò lo schermo e la forza mistica svanì: l’Iphone 6s nero volò in un cespuglio, mancando, fortunatamente, il muro in mattoni a cui era indirizzato. Il ragazzo urlò dalla frustrazione, ma poi si arrese al fatto che il cellulare non sarebbe tornato indietro da solo e andò a recuperarlo.
 
“Tutto bene?” Biancaneve fece capolino da una porta tinta di verde, rivolgendo uno sguardo preoccupato all’amico.
“Benissimo” rispose borbottando James, mezzo sommerso da foglie e allegri fiorellini gialli, che evidentemente non sapevano che era giunta l’ora di appassire.
“Che ci fai li in mezzo?” si avvicinò di qualche passo, sbirciando curiosa, era più interessata al pessimo stato emotivo, ma ritenne più saggio chiedere del cespuglio, uscì dalla tasca una sigaretta e attese una risposta a tutte le domande che aveva tacitamente fatto. Ci volle un po’, ma alla fine James riemerse dalle frasche col telefono un po’ graffiato in mano e vittima del silenzio eloquente dell’amica spiegò a grandi linee i fatti: “Mi ha telefonato per avvisarmi gentilmente del fatto che, anche questa volta, mi pianta in asso. Non l’ho presa bene e questo coso – sbandierò il cellulare- ne ha pagato le conseguenze” tolse di mano la sigaretta all’amica, ma, invece di buttarla, come al suo solito, se la portò alla bocca.
“E da quando fumi?”
“Da adesso …” il tono incazzato fu vanificato da un eccesso di tosse, che lo convinse a lasciar perdere e a tornare il mozzicone alla legittima proprietaria.
“James …” iniziò Bianca, ma non sapeva che aggiungere. Andrà tutto bene? Non lo sapeva, non sapeva nemmeno il nome del tipo che aveva causato tanta confusione. Non ci pensare? La frase più idiota del secolo, come si poteva non pensare a quello che ci tormentava? Impossibile e Biancaneve lo sapeva bene. Ci sono qua io per te? Questo era vero, ma probabilmente non sarebbe servito a molto, non più, lei era solo Biancaneve ed era chiaro che non era abbastanza. Ora anche lei aveva voglia di scagliare il suo telefono.
“Dobbiamo rientrare” concluse James.
Seduti attorno al tavolo nel salottino dalla carta da parati azzurra, i restanti membri del gruppo discutevano animatamente. Per un momento, prima di tornare alla realtà, Neve si concentrò sulla stranezza di ritrovarsi a casa di Ella: per anni quella bella villa era stata la sede dell’inferno, il signor Cristal viaggiava moltissimo per lavoro, lasciando la figliola alla mercé della seconda moglie e delle figliastre, che non si creavano scrupoli ad approfittare dell’eccessiva gentilezza e bontà d’animo della ragazzina. Grazie al cielo, adesso, il padre di Cenerentola non si spostava quasi mai e la situazione, seppur non del tutto amorevole, era diventata quantomeno tranquilla.
“Filippo, tu non te ne rendi conto, con te Aurora ha perso la sua parte migliore e adesso è praticamente …”
“Satana” Bianca terminò la frase accorata dell’amica, riprendendo il suo posto accanto a lei. L’incontro non era altro, infatti, che una stramba riunione volta a convincere Filippo a tornare con Aurora, la quale, dopo la rottura, aveva messo molta cura nel rendersi odiosa ad ogni essere vivente e non.
“Al contrario, io sono rinato. Sto benissimo adesso e non trovo gioia più grande che nel non dover più impazzire per soddisfare ogni sua stupida esigenza” il ragazzo si scusò con un sorriso, ma non poteva certo tornare con Aurora solo perché stava facendo più capricci del solito.
“Ma vi amate ancora!” insistette Ella, sentendosi un mostro alzando la voce – non è nella sua natura essere più sgarbata di un passerotto- ma il ritorno di Filippo era l’unica valida alternativa alla disperazione dell’amica, perché era di questo che si trattava: disperazione. Il fatto che Aurora la dimostrasse seminando il panico attorno a se, era un altro, enorme, problema.
“Beh, ma non può certo diventare un martire per questo” intervenne Daniel con voce pacata, per niente d’accordo con le ragazze, ma che non voleva deludere lo stupendo angelo biondo col faccino dispiaciuto che aveva davanti … com’era carina.
“Già, è vero la amo ancora in qualche modo, ma sto cercando di farmi un favore e dimenticarla” concordò Filippo, mentre rubava un biscotto da tè da un piattino di porcellana “Dovreste fare lo stesso anche voi” concluse una volta inghiottito il dolcetto.
Il problema era che aveva perfettamente ragione, nessuno poteva pretendere di sacrificarlo per un bene superiore, Aurora si era meritata la rottura e se Bianca e Cenerentola cercavano di porre rimedio alla cosa, era solo in nome di un’amicizia ben più profonda delle apparenze. Magari, se la ragazza fosse stata disposta a cambiare … ma chi volevano prendere in giro? Aurora non sarebbe cambiata mai.
“Comunque vi ammiro, sono felice che Aurora abbia qualcuno ancora capace di volerle bene, spero che non ve la prendiate con me” un sorriso sincero illuminò il bel volto di Filippo nel quale si poteva vedere una vaga tristezza, la tristezza di qualcosa di bello che va in rovina.
Dopo pochi minuti, il gruppo si sciolse. Filippo accompagnò a casa Biancaneve e James, chi, in quella macchina, fosse di umore peggiore era difficile da decidere, ognuno chiuso in un silenzio amareggiato nel quale meditare sui propri drammi; Daniel rimase a casa Cristal con la scusa di aiutare Ella e sistemare.
“Non dovevi rimanere per qualche tazza di tè sporca” Cenerentola, seduta sopra il bancone della cucina, guardava il ragazzo intento ad asciugare l’ultimo piattino. Era stato così galante, gentile, che in un attimo i problemi di Aurora e Filippo si erano volatilizzati, non la riguardavano più, anzi, non la riguardavano mai quando quel paio di stupendi occhi nocciola le si posavano sul viso. “Magari non sono rimasto solo per questo” ipotizzò Daniel, concluso il lavoro da perfetto casalingo, poteva dedicare tutta la sua attenzione ad Ella. Le accarezzò i capelli, il viso, si perse nel blu dei suoi occhi e avvertì forte la necessità di baciarla … non provò nemmeno a resistere.
“Daniel, aspetta” fermarlo in quel momento, fu fare violenza su se stessa, ma Cenerentola aveva bisogno di risposte e no, non le andavano più bene quelle piccole avventure occasionali quando il resto della comitiva voltava lo sguardo.
“Hai perfettamente ragione …”
“Tu mi piaci, Daniel, mi piaci davvero”
“E tu piaci a me”
“Quindi …”
“Quindi, appena andrò via, potrai chiamare Biancaneve per annunciarle che stiamo insieme ufficialmente, così quando ti bacerò non mi sentirò più un ladro”
“Davvero?”
“Si, ma non ho la minima intenzione di andarmene ora”
Il sorriso dell’uno, si fece sorriso dell’altra, si fusero in un bacio, che nessuno interruppe troppo ubriacati dalla contentezza del riscoprirsi come coppia.
 
Un’occhiata allo specchio per accertarsi di essere perfetto, una mano tra i capelli per scompigliarli ad arte, spray orale alla menta … era incredibilmente fantastico! Iniziava a comprendere Narciso, anche lui sarebbe stato capacissimo di innamorarsi di se stesso, peccato che le ragazze gli piacessero troppo per rinunciarvi.
Afferrata la giacca scese svelto le scale, salutò con noncuranza i genitori e si diresse in garage, peccato che tutte le chiavi delle auto fossero scomparse.
“Papà! Ci hanno derubato!” urlò spaventato, era tornato in casa correndo e guardava sconvolto la perfetta calma dei suoi genitori, perché non chiamavano la polizia?
“Le chiavi sono nella mia camera, figliolo, nessuno ruberebbe delle chiavi senza quello che possono aprire” l’uomo non aveva tutti i torti, non ci aveva pensato. Annoiato dalla perdita di tempo fece per tornare sopra, ma fu ulteriormente fermato: “Naveen, vieni qua” che cavolo! Aveva un appuntamento lui.
“Stai uscendo con una ragazza?”
“Ovviamente pà, la porto da Atlantica e se non mi facessi ritardare te ne sarei grato” sorrise esasperato, ma sembrava proprio che non lo volessero lasciare andare: “E’ la stessa ragazza che hai portato in tutti i ristoranti più costosi della città?” intervenne sua madre, solo in quel momento Naveen si accorse che avevano dei fascicoli in mano, il saldo della banca indovinò.
“La ragazza è Charlotte la Bouff – scandì bene il cognome – credo che tu conosca suo padre, puoi ben capire quindi che non è tipo da fast food” sperava di essere stato chiaro, ma non doveva essere proprio la sua giornata.
“Se è una la Bouff credo che possa permettersi da sola di fare spese da Tiffany, sul serio Naveen, stai spendendo un capitale!” arrabbiato, il padre, gli sbatté le carte della banca ai piedi. Nel cadere si sparpagliarono sul pregiato tappeto persiano, rivelando nero su bianco cifre esorbitanti. “E lo fai con qualsiasi sciacquetta ti capiti sotto le coperte, senza contare tutti i soldi per i nuovi strumenti musicali e le cazzate che compri per te stesso” ahi, papà arrabbiato, ahi.
“Mi dispiace, davvero, prometto che conterrò le spese. Ora posso avere le chiavi?” non gli piaceva affatto come si stava mettendo la situazione, non gli piaceva per niente. Fin da piccolo era stato abituato ad avere tutto ciò che voleva, era questo il bello di far parte di una famiglia ricca, non doversi preoccupare del denaro per comprarsi la felicità … ma evidentemente la felicità di Naveen era troppo costosa: di anno in anno spendeva sempre di più, senza far nulla per far crescere gli affari di famiglia, continuando così in pochi anni avrebbe potuto rovinare quello che generazioni avevano conquistato con fatica e impegno.
“Sta sera non vai da nessuna parte, ho già annullato la prenotazione, è ora che il principino impari la lezione” il signor Roger era tornato composto, ma lo sguardo rimaneva duro, era abituato a gestire centinaia di dipendenti e non si sarebbe fatto scrupoli a mettere in riga suo figlio: “D’ora in poi non avrai più accesso al conto di famiglia, non ti sarà dovuto nulla se non lo stretto necessario: cibo, biancheria, libri di scuola. Per il resto dovrai pensarci da solo a guadagnartelo, ti ho già trovato un lavoro”
“Un la … lavoro?” Naveen incredulo si accasciò su una poltrona, aveva perso il suo solito sorriso carismatico e s’era fatto pallido in volto, gli serviva un bicchier d’acqua … o di vodka “Mamma, ti prego fai qualcosa”
“Concordo pienamente con tuo padre, non avrai un soldo finché non dimostrerai di essere cambiato” anche la sua ultima possibilità era morta, la donna che a dieci anni gli aveva regalato il primo cravattino Armani, adesso gli voltava le spalle. In che universo parallelo era finito? Come poteva tornare indietro?
“Mi avete convinto, non spenderò più un centesimo, lo giuro. Ma, per favore, non fatemi questo” implorò disperato, tutto, ma lavorare no.  Gli passò di mente pure l’idea di sposare Charlotte immediatamente, ma sebbene la ragazza non gli avrebbe negato un certo entusiasmo, dubitava che i signori la Bouff l’avrebbero presa bene.
“Inizi la prossima settimana al bar Mamma Odie, tranquillo non è molto frequentato da ragazzi, ho avuto pietà. Ricorda, però che io ti ho trovato il posto, se ti facessi licenziare dovrai cavartela da solo” il tono di suo padre non ammetteva repliche, adesso doveva solo preoccuparsi di salvare la sua reputazione e di annullare l’appuntamento con Lottie, non aveva idea di come ne sarebbe uscito vivo.
 
Hello from the outside
At least I can say that I’ve tried
To tell you I’m sorry for breaking your heart
But it don’t matter, it clearly doesn’t tear you apart
Anymore, ooooohh
Anymore, ooooohh
Anymore, ooooohh
Anymore, anymore
 
“Basta Melody!” esplose Trilly “Se sento un’altra volta questa canzone, faccio volare lo stereo dalla finestra, mi stai deprimendo”
“Ehi, piano, lo stereo è mio” s’intromise Lilo che, per precauzione, spense l’oggetto di tante proteste.
“Che volete farci? Soffro per amore!” con comica teatralità si lasciò cader sul letto, iniziando a singhiozzare: “Oh, me tapina!”
“Ma da quando ha problemi di cuore?” s’informò Trilly guardando scettica l’amica, che aveva ricominciato a cantare Hello. Davvero, in certi casi l’omicidio dovrebbe essere legale.
“Mmm non saprei, pensavo avesse chiuso col biondino del campo estivo”
“Faccia da scemo! Vero! L’avevo totalmente dimenticato …”
“Alexis” s’intromise Melody, che aveva smesso di cantare “Faccia da scemo si chiamava Alexis, ma non c’entra niente. Il problema ora è Hiro”
“Hiroooo????” Lilo e Trilly avevano parlato in coro e le loro facce mostravano la stessa espressione incredula.
“Niente di che, studiamo spesso insieme e avevo pensato di rendere le cose più interessanti” chiarì immediatamente “comunque, gli ho chiesto se fosse interessato a qualche ragazza ultimamente e lui … ancora non posso crederci …” si nascose il viso tra le mani, scuotendo la testa come a voler scrollare via il ricordo della conversazione, che, nel suo cervello, non faceva che sottolinearle quanto Cupido ce l’avesse con lei.
“Oh! Oh! Fammi indovinare! Ha detto di essere innamorato di tua sorella … no! E’ innamorato di Artù!”
“Secondo me le ha rivelato di essere asessuato o una cosa simile”
“Beh effettivamente questo spiegherebbe molte cose”
Melody guardò sconvolta le due amiche che, in tono assolutamente serio e concentrato, facevano supposizioni sempre più assurde e, prima che si scoprisse che il povero Hiro era in realtà un robot, decise che era molto più saggio fermarle: “Trova niente male la principessa Zelda … e non stava scherzando”
“Zelda della Nintendo?”
“L’ho detto io che era asessuato” commentò vittoriosa Lilo ricevendo una cuscinata dall’amica, che riteneva la situazione di estrema gravità. Il ragazzo doveva necessariamente avere qualcosa che non andava, oppure essere sfigato da far paura, ma rimaneva il fatto che ogni buona speranza di Melody era andata a farsi strabenedire, va bene tutto, ma competere con una ragazza inesistente era troppo.
“Vedi il lato positivo, quando si accorgerà di non poter ottenere molto da quella cosa in pixel magari si accorgerà di te, io non ho speranze” cercò di consolarla Trilly, che dal canto suo era sempre più incasinata con quell’idiota di Peter e la sua piccola perdita del controllo dopo che era stata sbattuta fuori dalla squadra non aveva migliorato la situazione.
“Aspetta, quali erano le parole precise? Quando imparerai a mettere la museruola a quella stronza ripulita di Wendy?! Ci credo che si è arrabbiato” scoppiò a ridere Melody, aveva ancora la scena davanti ai suoi occhi, trattenersi era impossibile.
Troia, in realtà ha detto: a quella troia ripulita, non stronza il che è anche peggio” puntualizzò Lilo che, in nome dell’affetto per la biondina, evitò di seguire l’esempio di Melody ormai con le lacrime agli occhi.
“Ero arrabbiata e, lo ammetto, quando mi arrabbio tendo ad esagerare lo sanno tutti” scrollò le spalle con fare indifferente, ormai del tutto arresa all’idea di essere in perenne conflitto con Peter. Ma meglio così, che non averlo affatto nella sua vita, no?
“Comunque, Lilo cara, tu che fai tanto la saggia … non dirmi che non ti piace nessuno” la ragazza fu colta alla sprovvista e non riuscì a mantenere la solita maschera stoica, le guance le si imporporarono smascherandola immediatamente.
“Bingo!” esultò Trilly, Lilo era una persona piuttosto riservata e poco propensa alle manifestazioni d’affetto, che dimostrava con piccoli gesti. Non aveva nemmeno mai mostrato particolare interesse per qualche ragazzo, e rimaneva distaccata dai discorsi degni delle dodicenni, che spesso animavano Trilly e Melody. Inutile dire che la rivelazione infiammò di curiosità le due amiche.
“Ok, ok, ma se ve lo dico, promettete di mantenere il segreto?” chiese titubante, per nulla contenta di dover rivelare una cosa del genere.
“Lilo, siamo le tue migliori amiche! Non lo diremmo a nessuno per tutto l’oro del mondo” la rassicurò la biondina, sorridendo incoraggiante. Ma, proprio quando la ragazza stava per parlare, la porta si spalancò e Nani, David, Eric e Jim fecero irruzione nella cameretta.
“Ecco la cena!”
“Focaccine, muffin e altra roba appena sfornata al Benbow”
Poggiarono tre grandi vassoi sul tappeto, aspettandosi le acclamazioni delle ragazze, che però non arrivarono. “Beh, cos’è questo silenzio?” s’informò Nani.
“Nulla, Lilo ci stava per rivelare il suo amore segreto”
“MELODY!” se gli sguardi di Lilo e Trilly avessero potuto uccidere, la signorina Mermaid sarebbe finita all’altro mondo in un lampo.
“Questa si che è una discussione interessante!” intervenne David, non preoccupandosi minimamente di risultare inopportuno.
“Non dirò mai quel nome a nessuno dei presenti, piuttosto mi faccio trasformare in un pesce e mi faccio mangiare da Stich” ribatté Lilo, quasi morta dalla vergogna.
“Beh, tanto peggio di me non puoi stare” commentò Trilly “Perché Peter Pan? Non potevo innamorarmi di … Jim?” chiese retorica con tono esasperato.
“Quando vuoi biondina, io sono di sotto” il ragazzo ammiccò maliziosamente, ma la sua farsa fu rovinata dal sempre più inopportuno David: “Guarda che non ci crede nessuno, l’intero mondo sa che muori dietro sua sorella” disse innocentemente indicando Melody, ma l’amico non la prese affatto bene e lo mandò a quel paese.
“Che ho detto?!”
“Ti prego riempiti la bocca con qualcosa, prima di fare ulteriori danni” Nani lo trascinò al piano di sotto, sperando di non trovare Jim troppo depresso, seguita a ruota da Eric diventato improvvisamente paonazzo ed evidentemente a disagio.
 
Era notte fonda quando Nani raggiunse la sorella sull’amaca in giardino.
“Ehi, le ragazze dormono?” sussurrò
“Come ghiri, i ragazzi? Hanno fatto pace?”
“Si, adesso sembrano grizzly in letargo. Ti ho sentita scendere, tutto ok?” Lilo si limitò ad annuire, stava col naso all’insù, guardava le stelle. Guardava sempre le stelle quando era triste, la tranquillizzavano, l’aveva fatto anche quando erano morti i suoi e Nani, ad appena sedici anni, aveva dovuto lottare per dimostrare di essere in grado di prendersi cura di tutto.
“Quindi ti piace qualcuno …”
“Non ci provare” la bloccò immediatamente, poteva essere anche la sua sorellona, ma Lilo aveva deciso di portarsi il segreto nella tomba.
“Nemmeno qualche indizio?”
“No!”
“Quindi lo conosco” dedusse “Se non lo conoscessi qualche dettaglio non farebbe la differenza, fammi pensare a chi potrebbe essere il tuo tipo…”
“Complimenti Sherlock” Lilo tornò a guardare il cielo, ma si premurò anche di avere un’aria particolarmente imbronciata e scocciata.
“Messaggio ricevuto, ma sappi che sono sicura che anche tu piacerai a lui” le accarezzò i capelli con fare protettivo, quando era cresciuta così tanto? La ricordava quando da piccola andava in giro con una strana bambola di pezza e con una vecchia polaroid faceva foto ad ogni cosa.
“Io non ne sono così certa”
“Non contraddire tua sorella! Guardati, sei fantastica. Se non rimarrà folgorato allora è uno stupido e mi preoccuperò personalmente di prenderlo a calci” le strizzò un occhio con fare complice.
“Odio ammetterlo, ma ti voglio bene” e in quella serata d’ottobre, Nani ottenne il privilegio di un abbraccio. “Ti voglio bene anch’io”.


A.A.
Salve topastri dai pantaloni rossi! 
Ecco qua il frutto delle vacanze di Natale... diciamo vacanze di Natale allungate, ma facciamo finta di niente. A tal proposito: Buon Anno! (meglio tardi che mai) 
Spero che il capitolo vi piaccia, mi sono impegnata particolarmente, nonostante non ci siano svolte decisive. Come sempre ringrazio chi mi lascerà un'opinione, un commento, una critica, tutto è ben accetto :) 
Ringrazio anche chi mi segue, chi mi ha precedentemente recensito, chi, anche in silenzio, apprezza questa storiella strampalata. Senza di voi nemmeno esisterebbe. 
Prima di lasciarvi, vi chiedo un piccolo consiglio: su cosa vi piacerebbe che incentrassi il prossimo spinn-off? Si accettano anche proposte anomale, come un trasferimento ad Hogwarts o un ritorno nel mondo delle fiabe... non so, sono bloccata, mi affido a voi! Qui il link alle shot precedenti: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3298177
Vi mando un bacione e tante gocciole...
Lyss
  
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