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Autore: Crilu_98    23/01/2016    1 recensioni
François Marchand, appartenente ad una famiglia della media nobiltà francese, è alla disperata ricerca di sua sorella Amélie, sparita senza lasciare traccia; ancora non sa di essere diventato il bersaglio di un manipolo di congiurati e che per venire a capo dell'enigma dovrà ricorrere all'aiuto di una giovane ladra, Claire, dal passato misterioso. Amélie, invece, nel tentativo di riconquistare la propria libertà incrocia la strada di James MacMallon, un bandito scozzese in esilio perennemente diviso tra il profitto materiale e la propria coscienza.
Nel frattempo, a Parigi, il Cardinale Richelieu indaga sulle voci che girano a palazzo, avendo tra le mani un unico indizio: il simbolo del Giglio Scarlatto.
Tra briganti onesti, affascinanti contesse, spie, sicari e pedine si dipana la storia di una congiura che potrebbe mettere fine al regno di Francia...
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Con il buio fu facile per Claire e François arrivare indisturbati fino ad un palazzo anonimo e malridotto nella periferia della città, poco al di fuori della cinta muraria*.
Invece di entrare nell'atrio, la ladra fece il giro dell'edificio, fino ad arrivare sul retro. Vicino al muro erano accatastati quelli che all'inizio François scambiò per i rottami di un mobile in legno; in realtà erano rami e assi di legname che servivano a coprire una scala a pioli. Claire la tirò su senza difficoltà e l'appoggiò al muro, poi si rivolse a lui:
-Rendetevi utile: portate su qualche legno per il fuoco!-
-Non avrete seriamente intenzione di arrivare fino al tetto su quella scala?-
-E' l'unico modo per entrare!- rispose lei con un sorriso ironico. François la guardò sospettoso:
-E questa sarebbe casa vostra? Siete sicura?-
-Oh Signore, potreste smettere di essere così sospettoso e guardingo? Il palazzo è abbandonato ed io l'ho scelto come mia residenza, vi basta come spiegazione?-
Il moschettiere prese due assi dal mucchio e la seguì sulla scala, reprimendo un brivido di preoccupazione nel vedere l'instabilità di quell'attrezzo; mentre salivano si chiese come fosse possibile che quella ragazza non si fosse ancora rotta l'osso del collo, usandola ogni giorno.
La ladra si issò sul tetto del palazzo, seguita dal giovane, che osservò stupito come lei fosse riuscita a crearsi un rifugio riparato e praticamente invisibile dalla strada: al centro del tetto di mattoni si ergeva una baracca in legno e pietre, piccola e dalla forma quadrata. Al suo interno un unico ambiente raccoglieva in modo disordinato così tante cose che François all'inizio non seppe su cosa posare la sua attenzione: c'erano vestiti, gioielli, coltelli, monete sparse, quattro o cinque libretti rilegati in un angolo, un prosciutto quasi spolpato e un grappolo d'aglio appeso al soffitto.
-Farei bene a non chiedervi come tutto questo sia arrivato qui, giusto?-
-Non siete nella condizione di potermi minacciare, mi pare...-
Claire si diresse verso una montagna di vestiti buttata sopra una sedia e dopo aver scelto due o tre capi li lanciò al ragazzo:
-Dovrebbero starvi bene... Se aveste la cortesia di uscire a cambiarvi, nel frattempo ravvivo il focolare e preparo la cena!-
-Perché lo fate?-
-Beh, perché ho fame!-
-No, intendevo: perché mi state aiutando?-
Claire alzò gli occhi blu su di lui, sorpresa; parve riflettere un attimo su quella domanda, prima di ammettere con un sorriso:
-Siete un individuo sorprendente, Monsieur Marchand: nessuno dei gendarmi che ho incontrato in questi anni ha mai avuto la vostra tenacia e caparbietà nell'inseguirmi fin sui tetti di Parigi... Questo è il mio mondo, il mio regno diciamo, e nessuno conosce le vie segrete e le scorciatoie di questa città meglio di me: mi avete incuriosito, ecco, anche se siete stato molto ingenuo durante il nostro primo incontro, e mi avete sottovalutato!-
La ragazza si concesse un ghigno soddisfatto nel vedere la smorfia di disappunto sul volto di François, prima di continuare.
-Ed è molto strano vedere un moschettiere, un nobile, per di più, inseguito dalle guardie del Cardinale Richelieu e accusato di cospirare contro la Corona! Capirete che io voglia saperne di più...-
-Ma cosa può mai importare a voi della mia vita?- sbottò il moschettiere, duro -Cosa vi fa pensare che io sia disposto a parlarne con voi?-
Claire ammutolì. Si fissarono in silenzio per un po', fino a quando il moschettiere non avvertì un crescente senso di disagio nel dover sostenere lo sguardo sorpreso e vagamente deluso della ragazza. Senza aggiungere una parola, uscì all'aria aperta.
 
Quando James MacMallon tornò a trovarla era scesa la notte e Amélie stava dormendo. Fu svegliata dal basso ma perfettamente distinguibile rumore della porta che girava sui cardini; poi udì dei passi felpati scendere le scale e vide un fioco lume, probabilmente una lucerna velata, arrestarsi davanti alla cella. La ragazza si raggomitolò sulla dura panca sulla quale riposava, rabbrividendo per il freddo. L'uomo aprì la porta, sempre cercando di fare il minimo rumore possibile: evidentemente la credeva veramente addormentata. Amélie si chiese con un po' di timore perché fosse sceso nelle prigioni a quell'ora, e perché stesse semplicemente a guardarla senza svegliarla o rivolgerle la parola. Con sua estrema sorpresa James si sfilò dalle spalle il pesante mantello e glielo appoggiò sulle spalle, prima di avviarsi verso l'uscita.
-Grazie!-
La sua voce, squillante e ferma nell'oscurità, lo colse di sorpresa e la ragazza vide il suo corpo tendersi ed irrigidirsi: l'uomo si voltò, illuminandole il volto con la lanterna non più oscurata.
-Siete sveglia, dunque...-
Amélie accennò un timido sorriso.
-Volevo ringraziarvi: siete stato gentile a coprirmi...-
Lui si strinse nelle spalle:
-Fa un freddo cane quaggiù e se congelate non sarete di alcuna utilità a nessuno!-
-Io non sono comunque di nessuna utilità...- commentò Amélie con amarezza.
-Se così fosse, non vi avrebbero rapita!-
-Sono un semplice ostaggio, Monsieur MacMallon... Sono funzionale per tenere in scacco mio fratello nel nome di Dio sa quale progetto oscuro!-
Scese un silenzio pesante, in cui entrambi si resero per la prima volta conto della situazione: erano prigioniera e carceriere che discutevano nel cuore della notte, con la porta della cella e della prigione spalancata. Poi Amélie chiese:
-Siete inglese?-
L'uomo sembrò sorpreso della domanda, probabilmente non si aspettava che fosse lei a rompere il silenzio:
-Scozzese, in realtà. Vengo da Glasgow.-
-E come siete finito al soldo di un aristocratico francese?-
-Non è una storia interessante, miss, ve la risparmio.-
-No, la voglio ascoltare!-
James sollevò le sopracciglia, irritato e insieme divertito dal tono lamentoso di Amélie.
-Date per scontato che io non abbia nulla di meglio da fare che stare qui ad intrattenervi!-
-Se aveste avuto qualcosa da fare, non sareste neanche sceso a portarmi il vostro mantello!-
L'uomo sorrise, mettendo in mostra una dentatura pressoché perfetta; Amélie ne rimase piacevolmente stupita. La ragazza si mise a sedere sulla panca avvolgendosi il corpo con il mantello, mentre lui si sedette sul pavimento, appoggiandosi la spada in grembo.
-La Scozia è una terra unica nel suo genere: nessun luogo che ho visitato l'ha mai eguagliata per bellezza e maestosità. Non so se sapete cosa sia un clan... No? Beh, un clan è un insieme di più famiglie legate tra loro da vincoli di parentela, che fanno capo ad un unica persona. Ogni clan si distingue per nome, motto e simbolo e tra noi ci sono, come sempre ci sono state e sempre ci saranno, guerre ed alleanze centenarie. Mio padre faceva parte del clan Keith...-
-Qual è il vostro motto?- lo interruppe Amélie.
-Veritas vincit: la verità vince. Mio padre, stavo dicendo, faceva parte del clan Keith e possedeva un modesto terreno vicino Glasgow; la mia casa ci dovrebbe essere ancora, ma ormai sarà andata in rovina... Avevo quindici anni quando mio padre morì e mio fratello gli subentrò come capo famiglia: la situazione per me si fece insostenibile. Non fraintendetemi, lo amavo, era mio fratello del resto... Ma avevamo opinioni troppo diverse. Io, in particolare, mi opponevo al dominio inglese sulle nostre terre; le nostre discussioni si fecero sempre più accese fino al punto in cui decisi di scappare di casa per unirmi ad una banda di briganti.-
-Siete stato un brigante?- esclamò la ragazza, allontanandosi istintivamente. James sorrise ancora e le mostrò la mano sinistra, alla quale mancavano le falangi delle ultime tre dita.
-Sì, e questo risale a quel periodo. Dopo qualche anno e molte scorrerie fu emesso un mandato di cattura contro di me; gli inglesi, certi che avessi mantenuto i contatti con mio fratello, andarono a cercarmi a casa nostra. Arthur si oppose quando cercarono di perquisire la tenuta e nella foga di difendersi colpì un ufficiale...-
L'uomo inspirò a fondo, fissando la notte fuori dalla finestrella della prigione senza realmente vederla.
-L'hanno ucciso, vero?-
Il silenzio che accolse le sue parole fu abbastanza eloquente.
-Anch'io ho perso mio fratello Antoine, tre anni fa: è caduto durante la presa di La Rochelle...-
-Almeno vostro fratello è morto in battaglia, con onore!- replicò James con veemenza -Non certo per colpa vostra! Dopo la sua morte sono stato costretto ad abbandonare la mia patria e le terre che mi appartenevano di diritto e ho vagato per l'Europa, mettendomi al servizio di vari sovrani. Ho combattuto a Bilà Hora* e a Lutter*... Poi sono emigrato in Francia e ho vissuto di espedienti fino a quando il comandante della guarnigione di questo castello non mi ha notato in una taverna e mi ha offerto questo lavoro.-
James si alzò in piedi:
-E' meglio che vada, prima che qualcuno inizi a farsi delle domande: non vorrei pensassero che vi voglia importunare o, peggio, che l'abbia già fatto!-
-Monsieur, state dimenticando il vostro mantello!-
L'uomo si voltò verso di lei:
-Ne avete più bisogno voi di me. Oggi avete detto una cosa che mi ha colpito: sì, provo pietà per voi. Nonostante tutte le guerre in cui ho combattuto e tutto il sangue che ho versato, riesco ancora a provare qualcosa di così umano come la pietà... Mi dispiace per voi, miss, che siete stata buttata in un gioco più grande di voi e vi assicuro che, nel limite delle mie possibilità, tenterò di rendere la vostra prigionia meno pesante.-
 
Quando François rientrò nella baracca, stanco e intirizzito, trovò ad accoglierlo un fuoco scoppiettante acceso in un focolare prima inesistente, un buon profumo di minestra e una pagnotta di pane tagliata a fette sbucata da chissà dove. Aveva indossato una semplice camicia bianca dalle ampie maniche a sbuffo e un po' logora e dei pantaloni scuri che aveva infilato negli stivali ancora bagnati e sporchi di fango.
Mentre gettava i suoi raffinati abiti in un angolo notò che anche Claire si era cambiata: portava delle brache strette al ginocchio che seguivano in modo aderente la linea sinuosa delle sue gambe e una camicia di lana grigia troppo grande per lei e perciò tenuta ferma in vita da un cinturino di cuoio. La ragazza lo degnò appena di un'occhiata, ancora offesa e molto concentrata nel travasare la zuppa in una ciotola che poi gli passò con un gesto sgarbato.
-Siete arrabbiata con me, mademoiselle?-
Claire sbuffò, spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio con le dita, e non rispose. François notò un particolare che lo incuriosì: dai lobi della sua ospite brillavano due orecchini di ambra dalla forma elaborata. Quando la ragazza si accorse di cosa aveva attirato la sua attenzione si coprì le orecchie con i capelli scuri, infastidita.
-Dato che non rispondete, temo di avere ragione...-
-E anche se fosse?- sbottò lei -Cosa ve ne importerebbe? Da quello che ho visto, non siete un uomo sul quale i sentimenti degli altri hanno un qualche effetto!-
-Avete ragione, non sono quel tipo di uomo.- ammise tranquillamente François, poggiando la ciotola su un angolo dell'unico tavolo pericolante ed incrociando le braccia al petto. Poi sospirò, nel vedere che la sua affermazione aveva indurito ulteriormente i lineamenti di Claire:
-Ascoltatemi mademoiselle: io non sono affatto persuaso che la vostra sia semplice curiosità. Inoltre ci sono così tanti punti oscuri in questa storia che non avrebbe senso discuterne adesso, a quest'ora di notte: rimandiamo tutto a domani mattina, vi va?-
Per tutta risposta la ragazza gli lanciò addosso il suo mantello, asciugato al calore del fuoco; poi si accoccolò accanto al focolare e chiuse gli occhi.
 
* battaglie della Guerra dei Trent'anni che sconvolse l'Europa dal 1618 al 1648. Premetto fin da subito che pur essendo una costante nella storia (del resto, ha segnato profondamente anche la Francia di quel periodo), è una guerra talmente complessa, lunga e particolareggiata che gli accenni saranno brevi e superficiali... Così da non annoiarvi troppo :) comunque le due battaglie citate nel capitolo si svolgono rispettivamente l'una durante la fase boema della guerra, e l'altra durante la fase danese.
 
 
Angolo Autrice:
'Sera,
più che su Claire e François, ho preferito concentrarmi sul rapporto tra lo scozzese ed Amélie, che viene a conoscenza della sua storia e del suo passato, diciamo, non proprio pulito! xD ci tengo a precisare che il clan Keith esiste(va) veramente in Scozia e che il motto riportato è quello originale :) perciò tra similitudini, contrasti e misteri la storia (e la congiura) vanno avanti!
Fate i bravi e recensite! Anche se ringrazio comunque anche i lettori silenziosi...
Alla prossima
Crilu 
   
 
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