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Autore: NightWatcher96    26/01/2016    1 recensioni
Spesso le malattie ritornano e talvolta più forti di prima. Mikey è stato un bambino colpito dalla leucemia infantile, si sa... ma sarà in grado di sconfiggere il vecchio nemico adesso che è molto più forte? Sequel di "My Peace of Heart"
Genere: Azione, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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N/A E finalmente riecco ad aggiornare questa lunga storia, con ormai solo un altro capitolo per il finale prima di scrivere la parola "Fine". Per tanto, non mi dilungherò e vi auguro Enjoy!


Raphael era sempre più arrabbiato, forse più verso Michelangelo. Erano quasi sei giorni interi che l'avevano fatto ricoverare e il piccolo Otouto si era ribellato, spezzando flebo, scappando più volte dal suo letto o rifiutandosi di mangiare.
Era costantemente apatico, senza alcun sorriso e nemmeno parlava più.
Il tramonto che s'irradiava sui tetti convessi del villaggio del Nexus era spettacolare e sfumava d'oro qualsiasi cosa. La lieve brezza fredda di tanto in tanto rassomigliava a una carezza dolce contro la pelle fredda.
Restare seduti sul condizionatore del terrazzo scoperto dell'ospedale era un ottimo pensatoio; ogni riflessione veniva processata lucidamente e archiviata anche con una risposta più che valida.
Raph non aveva più lacrime, le aveva già versate tutte in queste svariate settimane di calvario. Ora provava solo rabbia per tutti e tutto, collera per vedere solo sofferenze e paura nel realizzare ad occhi aperti le braccia dello Shinigami farsi sempre più vicine a Michelangelo.

Quando aveva iniziato a fumare non lo sapeva neanche lui, probabilmente qualche annetto fa, dopo averlo visto fare in televisione. Inizialmente inspirare il fumo di diverse sostanze nocive in combustione gli avevano strappato l'anima propria ma alla fine ci aveva fatto l'abitudine.
Fumava una sigaretta nei periodi di stress ma adesso era la quinta della giornata. Non gli importava molto rovinarsi i polmoni, sentiva solo che lo aiutava molto anche a pensare meglio.
Il suo fratellino stava morendo e lui non poteva farci un bel niente.

Raph chiuse gli occhi, inspirando un avido tiro della sigaretta, poi cacciò una nuvoletta di fumo dalla bocca. Il sole filtrava attraverso le sue palpebre chiuse, in una sfumatura verde e dorata.
"Sei solo un dannato testone…! Perché diavolo ti ostini a morire così? A chi dimostri di essere forte? A noi ciò fa solo soffrire!” - mormorò sottovoce.

Raph si mise a ridere amaramente, mentre le code della sua maschera fluttuavano verso le sue tempie. Il bel tramonto si stava lentamente spegnendo in un colore freddo, quel classico violaceo-cobalto della prima sera.
Mentre aspettava che la sigaretta diventava sempre più corta e bruciacchiata, non poté fare a meno di notare un movimento rapido farsi strada sui terrazzi delle varie palazzine bianche e marroni, mirando verso nord.
Era una macchiolina verde acqua, rapida, con addosso un giubbotto nero e una sfumatura arancione all'altezza della testa, quasi a ricordare una maschera ninja.
Gli occhi di Raph si spalancarono tanto che perfino il suo corpo balzò in piedi, con ancora la sigaretta stretta tra le dita. Quello era...

"Quello è matto!"- espirò incredulo, stropicciando quel che rimaneva della sua sigaretta nel pugno, senza preoccuparsi minimamente del leggero pizzicare del fuoco del filtro in combustione. "Ma non ti lascerò evadere dalla tua Alcatraz!".
Un piccolo ghigno stirò le sue labbra, poi come solo un ninja sapeva fare, svanì in una folata di vento...
 

Era l'ennesima volta, in quella settimana, che tentava di fuggire per liberarsi di quell'oppressione, di sorrisi falsi e di abbracci tendenti a scegliere la salvezza.
Mikey era stanco, stufo e tutti i suoi tentativi finivano sempre a prendere una piega sbagliata. Era riuscito ironicamente a spazientire perfino "Leonardo il perfettino" rifiutandosi di mangiare. In ogni passo svelto che compieva in quella corsa aggressiva per il suo corpo indebolito, rivedeva le vene pulsanti di rabbia sulle tempie di suo fratello quando spingeva la testa lontano dal cucchiaio.

Leo insisteva e lui si divertiva quasi a spingerlo verso l'isteria, cosa che avveniva dopo cinque tentativi a vuoto. Era incredibile che anche il leader perdesse le staffe e anche nel modo più ironico.
Infatti, l'azzurra tartaruga sbatteva la ciotola con la zuppa insapore sul comodino, dava uno sguardo corrucciato al fratello minore nel letto e lo lasciava da solo, senza neanche una parola.

"Grazie... per preoccuparti di me... sempre..." pensò l'arancione mentre si catapultava da un tetto più alto a uno più basso, con un piccolo sorriso impresso sulle labbra.

E che dire di Donatello? Quel geniaccio era ancora più facile da infastidire senza poi fare chissà cosa. Se gli giungeva all'orecchio o vedeva mancanza di collaborazione sia nel mangiare sia nella somministrazione di medicine, gridava, ringhiava e sbatteva i piedi sul pavimento! Mikey doveva mordersi ferocemente le labbra pur di non scoppiare a ridere.
Risate... davvero una vaga parola ora.

"Tutto è passeggero. Avrei voluto vivere qualche anno in più, magari raggiungere la maggiore età ma sono felice di una cosa... almeno non vedrò la morte di mio padre. Morirà prima il più debole e il suo sacrificio permetterà al più forte di sopravvivere" continuò nel pensiero, con una lacrima gocciolante lungo la guancia pallida.

Improvvisamente, mentre fuggiva verso una meta non precisa, un sibilo metallico gli sopraggiunse nitido all'orecchio destro, facendolo sobbalzare. In un attimo, nonostante il dolore alle ossa, si destreggiò in una verticale splendida, atterrando sul cornicione del nuovo tetto.
I suoi occhi sconvolti fissarono incerti il paesaggio urbano, alla ricerca del nemico ma non vide nessuno. Le sue mani, come abitudine, volarono alla cintura stringendo l'aria ermeticamente... purtroppo, i suoi nunchaku non l'avrebbero aiutato stavolta.

"Dannazione..."- borbottò a denti stretti.

Un nuovo sibilo lo allarmò ma stavolta non ebbe sufficiente tempo a schivare il nuovo proiettile d'acciaio e non poté fare altro che eseguire una spaccata per evitarsi una dolorosa ferita al volto.
Finalmente il nemico gli si fece vivo, fieramente erto in piedi davanti ai suoi occhi.
La pioggia intanto cominciava a cadere fitta. Il temporale era già pronto a fare di un semplice acquazzone serale un vero e proprio diluvio.
Era risaputo che sul Nexus le piogge normali erano dei veri e propri forti diluvi. Le persone non avevano la benché minima idea di cosa fossero effettivamente le pioggerelline di mezza stagione!

“Dov’è che fuggi?”- ironizzò la muscolosa figura di Raphael.

“Guarda che potevi uccidermi!”- scattò l’altro.

Per tutta risposta, Raph sogghignò: certamente non era sua intenzione!
Aveva le braccia conserte, il peso spostato sulla gamba sinistra e un ghigno pressato sulle labbra. I suoi occhi dorati spiccavano di un dorato ammaliante anche nei colori bui della sera.

“Perché non vuoi farmi avere una morte in pace?”- sbottò Michelangelo.

“Perché ti voglio bene e non accetterò mai l’idea di perderti!”.

Scuotendo il capo, il più giovane continuò piano: “Guardami. Il mio corpo è giunto a una fase critica; ho macchie gialle e rosse sulla pelle che sembro un cuscino a pois! Sono uno scheletro vivente, a malapena riesco a reggermi in piedi e i miei polmoni sono riempiti di massa tumorale, sangue e altre cose!”.

Il viso del mutante in rosso si scurì di risentimento e di angoscia, il suo fratellino, al contrario, tremava di rabbia, stanchezza e di freddo ora che l’adrenalina aveva smesso di pomparsi nelle sue vene più che visibili.
“Ascolta. Noi siamo i tuoi fratelli e-“.

“NO!”- gridò Mikey. “Non farmi ancora quel dannato discorso, Raph! Se davvero ti sto a cuore, permettimi di realizzare un mio ultimo desiderio! Voglio essere felice con la mia morte!... Per favore…”.
Sussurrare l’ultima parola serrò il cuore del mutante con i Sai.

Forse stavano davvero sbagliando tutto. Se davvero non c’era più nulla da fare, tanto valeva accontentare il più piccolo della famiglia.
D’un tratto, sobbalzò al tocco gentile delle mani bagnate di pioggia di Mikey sulle sue gelide guance. Il suo Otouto gli sorrideva dolcemente mentre cancellava le gocce d’acqua con i pollici.

“Non piangere…”- sussurrò.
Da quando stava piangendo? Raphael Hamato solo allora si accorse delle lacrime che copiose solcavano le sue guance e si mischiavano alla pioggia.
“E non fumare che ti fa male!”- continuò il più giovane, notando il pacchetto di sigarette nella cintura del fratello.

Raphael sorrise debolmente e finalmente lo strinse a sé, tenendolo così stretto tanto quanto dolore provava in quel momento. Come poteva dire addio all’unico fratellino che davvero sapeva capirlo? Come poteva accettare di vederlo riposare in pace se era il suo piccolo compagno di giochi fin dall’infanzia? Come poteva restarsene a guardare senza fare nulla?

“Raphie, ti voglio bene.”- proseguì Mikey.

Il rosso non batté ciglio quando l’Otouto scivolò dolcemente dalla sua presa, ormai allo stremo delle forze… e della vita stessa. Prese un respiro tremante, lo issò in stile sposa e guardò un’ultima volta il panorama del Nexus.
Ormai era tempo…
 

Ivan regolò per l’ennesima volta un sacchetto di plasma, anche se sapeva che non ce ne sarebbe stato bisogno davvero ma in quanto medico era suo dovere rendere il miglior servizio per il piccolo Campione.
Si rifiutava di chiamarlo “Malato Terminale”, anche se il termine era più che appropriato.
“Va bene. Michelangelo per ora riposa.”- mormorò, guardando gli Hamato accanto al piccolo.

“La ringraziamo per il suo aiuto.”- rispose vagamente Splinter.

“Se notate qualcosa di anomalo, sapete cosa fare.”- e detto ciò, l’umano lasciò la stanza silenziosa, chiudendo piano la porta alle sue spalle.

Leonardo appoggiò la mano sulla spalla di un Donnie miseramente seduto su uno sgabellino a torcersi distrattamente le mani pallide e si avvicinò a Raph, con una coperta verdina e rivolto verso i vetri appannati dal calore del fiato.

Quando era tornato in ospedale, completamente fradicio e con Mikey tra le braccia, non avevano detto nulla; anzi, gli avevano offerto la coperta per asciugarsi e una tazza di latte bollente per rianimarsi almeno un po’ dalla rigidità del freddo.

Però, contro l’apatia che lo avvolgeva in quel momento, l’azzurro dubitava che potesse veramente offrirgli il conforto di cui aveva silenziosamente bisogno.

“Come hai fatto a trovarlo?”- chiese piano.

“Ero uscito a prendere una boccata d’aria quando l’ho visto scorrazzare di tetto in tetto.”- spiegò l’altro, fissando sia il fratello sia la famiglia intenta a guardarlo attraverso i vetri della stanza.
Fuori tutto era di un noioso blu-nerastro e la pioggia batteva violenta.

“E’ sempre stato così. Mikey non può fare a meno di darci grattacapi!”- ironizzò debolmente Donnie, raccogliendo una mano del minore.

Secondo l’amico dottore, il fratellino necessitava di molto riposo ma vederlo così in un letto, con il petto che s’alzava con irregolarità doleva con quell’immagine bastarda creata dal cervello. Mikey non poteva morire…

“Cerchiamo di vegliarlo.”- propose Splinter.

“Già! Sono d’accordo! Così se si sveglia o cerca di scappare, glielo impediremo!”- confermò Raph.
Per un attimo il suo sé impavido e focoso trasparì ma un semplice sguardo a piccolo addormentato lo fece appassire nel dolore e tornare a fissare il vuoto attraverso la finestra.

“Ragazzi, uscite un attimo fuori, per favore.”- fece improvvisamente Splinter.

“Perché, sensei?”- domandò Leonardo, parlando anche per i suoi fratelli.

Il topo mosse semplicemente il naso mentre guardava Michelangelo. Donnie fu il primo a comprendere che il loro piccolo Otouto aveva bisogno di essere pulito e annuendo piano spinse delicatamente i fratelli verso la porta.

Con uno strattone, però, Raph si rifiutò: “Io non voglio lasciare Mikey!”.

“Non fare lo stupido! Vuoi davvero che ti dica che cosa sta succedendo?!”- scattò il viola.

“Spiegamelo, avanti, genio!”.
“A causa del tumore, la zona pelvica di Michelangelo ha subito un rilassamento dei muscoli e di conseguenza non è in grado di gestire feci o urine!”.

“Mi stai dicendo che… il nostro fratellino si è…?”- espirò il focoso, stupito.

“Non è più in grado di trattenere i propri escrementi, Raph.”- riprese atono Donnie. “Ora, usciamo”.

“Sensei, non possiamo aiutarti?”- riformulò Raphael.

Voleva fare di tutto per essere ancora al fianco di suo fratello, anche resistere al tanfo di escrementi! Notando tutta questa determinazione brillare nei suoi globi smeraldo, Splinter espirò con un sorriso.
“Vuoi davvero aiutarmi?”.

“Sì!”- fu la risposta convinta.

“Molto bene. Voi altri andate anche a farvi un giro. Non abbiamo bisogno di infermieri, in questo momento. Non appena abbiamo finito, Raphael  verrà a chiamarvi.”- specificò il maestro.
I due ninja annuirono e lasciarono la stanza.

“Raphael, riempimi la bacinella nel bagno e portami una spugna. Dopodiché, prendimi le lenzuola pulite nell’armadietto di metallo dietro di te.”- elencò Splinter, scoprendo il corpicino del figlio bambino.
Il rosso obbedì e alla fine si mise al fianco di Michelangelo, non potendo fare a meno di porre una domanda: “Sensei, come mai non hai chiesto aiuto agli infermieri?”.

“Perché da bambino Michelangelo è stato vittima di malasanità. Non qui, almeno, ma in un altro piano e reparto. Ricordo che quando venivo a trovarlo, tuo fratello era sempre impaurito, triste e inappetente. Un giorno mi sono trovato praticamente testimone di alcune disonorevoli infermiere che con il loro modo di fare avevano provocato un’infezione intima al nostro piccolo Michelangelo!”- raccontò il topo, frusciando la coda in rabbia.

Raphael spalancò enormemente gli occhi con fare incredulo, non lo sapeva!
Mentre osservava affascinato il maestro pulire alla meglio Michelangelo, non poté fare a meno di notare qualcosa di insolito: le urine erano di un colorito piuttosto scuro e forse poteva dipendere dalla poca sete che presentava il minore. Inoltre le estremità del suo corpo erano bluastre, fredde, quasi cianotiche.

“E’ a causa del tumore…”- si affrettò a rispondere Splinter.

Per un attimo, Raph giurò di aver sentito la sua voce tremolare… ma come poteva dargli torto, sapendo che in quale situazione si trovava il più giovane?

“Raphael, potresti sollevare Michelangelo? Devo cambiargli le lenzuola.”- specificò il maestro Splinter e il rosso immediatamente obbedì.

Con dolcezza incredibile sollevò tra le braccia il suo fragile fratellino, appoggiandogli il mento sul capo. Era incredibile vederlo in quello stato quando la mente mostrava anni di giocose lotte, risate e momenti fraterni indissolubili. Nel momento in cui percepì le lacrime negli occhi, pronte a cadere, chiuse gli occhi e rimase il più forte possibile per non mostrarsi debole.
“Mikey è ancora vivo!” pensò con rabbia ma il suo cuore non era così d’accordo.

Dopo qualche minuto, Splinter gli fece segno di rimettere il fratellino a letto.
“Mettiamogli una coperta sulle gambe e un’altra sul corpo. Anche se Michelangelo non avvertirà probabilmente il freddo, il suo corpo sì.”- propose il topo.

Dall’armadietto tirò fuori una sola coperta marrone di lana: a quanto pare mancavano!
“Aspetta, maestro…”- stoppò Raph, poggiando sulle gambe del minore la coperta verde che aveva avuto sulle spalle fino a quel momento.

Splinter sorrise dolcemente anche se lottava pur di non commuoversi. La famiglia unita da un legame incredibile sarebbe stata presto un ricordo…
 

Donatello aveva insistito di passare un po’ di tempo da solo con Mikey, il pomeriggio seguente.
Durante la piovosa mattinata erano stati tutti insieme ma non avevano avuto un vero momento fraterno perché il piccolo non si era svegliato una volta. Fortunatamente, durante la notte Ivan gli aveva fatto mettere un catetere per ovvi motivi e un sacchetto a parte per gli escrementi.

“Mikey…”- chiamò sottovoce il giovane genio.

Avevano girato il minore su un fianco perché aveva manifestato problemi respiratori, tra cui gorgoglii e rantoli. La cosa più grave erano stati picchi di respiri veloci con altri talmente lenti che sembrava che di lì a poco il cuore si sarebbe  davvero fermato. Del resto, diminuzione del consumo di liquidi, accumulo di sostanze di rifiuto nell’organismo e/o dalla diminuzione della circolazione diretta agli organi provocavano proprio questo.

“Piccolino…”- sussurrò, mentre la vista gli si annebbiava di lacrime.

Erano più di dodici ore che dormiva profondamente, rilasciando il contenuto della zona pelvica come nella scorsa serata. Non poteva vederlo così.

“Mikey…?”- chiamò, scuotendogli piano una spalla ossuta.

Il piccolo non si svegliò, né batté ciglio. Donnie prese un profondo respiro nella speranza di allontanare la paura e il batticuore per il tarlo fisso della morte e riprovò, ma stavolta sussurrandogli il nome nell’orecchio e accarezzandogli la testa.
Dopo svariati tentativi, finalmente, il giovane Hamato riaprì debolmente gli occhi, rimanendo a fissare una lampada a luce fredda appoggiata sul comodino. A Donnie non sfuggì l’evidente stato confusionale in cui nuotava suo fratello minore.

“Mikey, sei sveglio?”- riprovò.

Il più giovane spostò finalmente i globi nuvolosi verso i suoi bordeaux ma non parlò, anzi, assunse un’espressione torva.

“Ritiro psichico, rifiuto della socializzazione… sì. Questi sono altri sintomi, proprio come mi ha spiegato Ivan. La causa è il minor afflusso di sangue al cervello e anche la convinzione della morte sempre più vicina…” pensò Donatello, prendendogli una mano.

Mikey non si strattonò, almeno ma si rifiutò di guardarlo.

“Visto? Come promesso, al tuo risveglio hai trovato qualcuno vicino a te. Come ti senti, piccolo mio?”- fece Donatello, dolcemente.

“A che serve? Tanto fra poco morirò…”- borbottò Michelangelo, ritirando la mano sotto la coperta verde di Raphael.

Donnie non si scompose, in fondo non era proprio il vero “io” di Mikey a parlare veramente. Erano come risposte meccaniche.

“Non vedo cosa ci sia di male nel trascorrere un po’ di tempo con te. Sai, se hai bisogno di qualcosa, io e tutti gli altri siamo proprio accanto a te. Anche se hai bisogno di parlare di qualcosa”.

“Ma io sono fastidioso quando parlo…”- rispose Mikey, nascondendosi sotto la coperta.

“Esci di lì o potresti soffocare!”- ridacchiò Donatello.

Mikey sorrise come un bambino e con l’aiuto dell’altro si spostò in una posizione supina, un po’ più rialzato per poter stendere meglio il corpo. Come su una sdraio, era decisamente meglio che una posizione da bara.

“Vuoi mangiare qualcosa?”- chiese Donatello, mentre avvisava gli altri con un messaggio sul cellulare del risveglio del fratellino.

Mikey scosse il capo: “Non ho fame… non credo che riuscirei a tenere qualcosa nello stomaco. O meglio, non vorrei vomitare!”.

Donnie annuì, poi afferrò una piccola bottiglia di succo di mela appoggiata sul comodino e gliela avvicinò alle labbra. Mikey ne assaggiò un pochino prima di allontanare il capo.
Tanti sintomi della morte ormai vicina, troppo dolore vivido negli occhi di Donatello. Mentre si sforzava di sorridere, notò il fratello minore rannicchiarsi a pallina con un’espressione addolorata.

“MIKEY!”- esclamò, tremante.

“Mi fa male tutto il corpo…!”- gemette.

Il giovane genio fu costretto a chiamare Ivan tramite il pulsante collocato sul muro e lo attese nervosamente stando accanto al fratellino piagnucolante. Non avrebbe mai potuto immaginare tutto quel dolore infame.
Appena Ivan entrò, seguito dagli Hamato, il suo volto si scurì nel vedere Mikey fissare la lampada bianca con aria assente. Ormai non c’era più tempo… ormai, lo Shinigami era imminente…

Dette un’occhiata addolorata a tutti i familiari, poi, iniettò un antidolorifico nel magro braccio di Mikey e rimase in silenzio a godersi le braccia dei fratelli premute sul corpicino del piccolo Campione del Nexus.
Non era giusta un’agonia del genere…
 
  
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