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Autore: michi_993    27/01/2016    1 recensioni
Non provengo da una famiglia povera e non sono rimasta sola. La vita di corte non fa per me, ingiustizie, complotti , tradimenti non fanno parte del mio essere. Il mio lavoro è concludere affari, sono simile ad un banchiere quanto ad una prostituta...
Mi chiamo Fiora Cavazza e ho deciso di servire me stessa.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Ezio Auditore, Leonardo da Vinci
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ladri e bugie.  
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Pallido in viso e orgoglioso nel cuore, Ezio si alzò e arrivò barcollando al catino d’acqua.
- Vi sentite bene, messere? –
Nessuna risposta. Si sedette sulla sedia vicino alla scrivania illuminata dalla luce mattutina.
- Avete la faccia simile a quella di un cadavere – ridacchiai.
Nessuna risposta, di nuovo. Si prese la testa tra le mani.
- Siete veramente orrendo messere, dico davvero e … -
- Zitta! Vi prego… - sospirò. – sento il vostro blaterare come se foste in cento puttane a deridermi –
- Oh! Ci siamo svegliati male assassino – mi alzai dal letto e pestai i piedi contro le assi del pavimento.
- Vi prego camminate piano –
- Sapete cosa, ho voglia di cantare stamani, e canterò – cominciai ad intonare una vecchia filastrocca che non ricordavo di sapere ancora, mentre mi vestivo.
Appena riemersi dai mille merletti dell’abito nuovo, rivolsi lo sguardo alla piccola figura rannicchiata su se stessa ai margini del letto. Mi inginocchiai davanti a lui toccandogli le mani che sorreggevano la testa. Un tocco dolce, delicato che costrinse l’assassino ad alzare lo sguardo e scoprire la sua pallida guancia per accogliere un mio sonoro ceffone.
- Questa è la vendetta del mio rispetto per ieri sera, messere! –
Cacciai un urlo quando mi afferrò per il polso e mi tirò sul letto disfatto. Calciai e cercai di divincolarmi dalla morsa delle sue mani che cercavano di bloccarmi e toccarmi sotto l’abito.
- LASCIATEMI BASTARDO! –
Un calcio colse nel segno, dopo un lieve rumore soffocato, gocce di sangue caddero dal suo naso imperlando le lenzuola bianche ma questo non calmò la sua furia.  Riuscii a portare il suo corpo tra le mie gambe, ormai la gonna era alzata fino alla vita, mostrando i polpacci coperti da leggere calze bianche ornate con merletti. Afferrai il suo bacino con le gambe, incrociandole sulla schiena, se non posso divincolarmi forse potevo fare ciò che lui cercava di fare a me. Questo lo spiazzò, prenderlo a calci e rompergli il naso non era cosi efficace come persuaderlo con le arti del piacere. Cominciai a muovermi piano sotto di lui, avevo tutta la sua attenzione dal volto fino al secondo cervello che avevo stretto tra le gambe, mi strinse i polsi sopra la mia testa e cominciò a baciarmi il collo con leggeri baci che raggiunsero il seno poi finalmente parlò.
- Vi prego… - disse in un sussurro. – non costringetemi… -
Strinsi ancora di più le gambe inconsciamente, ma che diavolo stavo facendo?! Per la prima volta avevo l’assassino in mio potere e potevo sputargli addosso tutta la mia rabbia e invece cercavo una sua reazione, non la sotto, quella reazione l’avevo ben presente, cercavo una spiegazione alle scuse della sera precedente e una spiegazione al “ti amo” di tempo prima…
Strinsi la presa e lui fece lo stesso con i polsi, sentivo il suo respiro sul seno cambiare frequenza, il suo corpo era in tensione, alzai la testa dal letto cercando la fonte di quel respiro e delle parole che non mi sarei mai aspettata di sentirmi rivolgere.
Dal seno imperlato di piccole gocce di sangue Ezio rivolse le sue attenzioni alle mie labbra leggermente aperte,  sentii allentare la presa sul polso destro quando affondai la lingua nella sua bocca. Con un movimento deciso, mi liberai ed Ezio si coprì istintivamente il volto con la mano libera lasciandomi libere anche le labbra.
Poggiai delicatamente la mano sulla sua guancia infilandomi sotto la “mano –scudo”, ancora in posizione di difesa non accennò a fidarsi di me. Lasciai cadere la mano lungo i fianchi in segno di resa, scostando lo sguardo  verso la luce che entrava dalla finestra.
- Perché? – dissi dal nulla.
Avevo ancora le gambe ancorate al suo bacino, e il polso saldamente rinchiuso tra le sue dita.
Senza dire una parola Ezio spinse il suo bacino contro il mio corpo, rendendomi partecipe di ciò che stava succedendo nei suoi pantaloni.
- Perché mi provocate questo – rispose semplicemente.
- Mi duole informarvi, messere, che avete parlato invano, non ho bisogno di sentirmi dire un “ti amo” per essere portata a letto. Non sono una di quelle nobili verginelle, sono una puttana come voi spesso ricordate –
- …e questo – concluse, prendendo il mio volto tra le dita e voltandolo verso di lui, baciandomi delicatamente le labbra, lasciandomi senza fiato. Sfiorai con le dita dell’unica mano libera, le labbra di Ezio tracciandone il contorno.
- …perché? – ripetei, mentre una lacrima nervosa deviava il suo percorso nei capelli.
Pareva capirmi, captava ogni mio pensiero.
- Mi dispiace per ieri Fiora, non intendevo offendervi, ma io sono questo –
Si alzò di scatto, le mie gambe non ebbero più la forza di trattenere il suo corpo a me, mi strofinai il polso sinistro, avevo dei lividi rossi, e mi tirai a sedere sistemando le gonne intorno a me.
Issò il cappuccio bianco sulla testa e fece scattare più volte la lama, per controllare il meccanismo, recuperai la spazzola dal comodino e cominciai a pettinarmi il groviglio di nodi che avevo in testa.
- Siete una ladra oltre che una cortigiana, Fiora Cavazza – disse osservandomi dal riflesso dello specchio, avvicinandosi.  Chinò la testa e mi baciò delicatamente il seno, non potevo vedere la sua espressione, coperta dal cappuccio.  Si allontanò rivolgendosi verso la porta della stanza per poi girarsi sulla soglia di essa.
- Siete riuscita a rubarmi ciò che credevo non avere… - concluse toccandosi il cuore.
Richiuse la porta e trassi le mie conclusioni: o era ancora ubriaco oppure stavo sognando!
 
 
 
Dopo aver pranzato nella sala comune, tra gemiti e risate della sala accanto, venni inghiottita dalla vivacità delle strade di Venezia. Mi concessi un dolcetto al miele, gentilmente offerto dal fornaio e dal mio seno, camminai fino palazzo del Doge, non mi ero mai spinta cosi lontano, Venezia era un intricata città di canali e ponticelli tutti uguali che si dimostrarono alquanto bastardi quando dovetti tornare al rifugio di Madonna Teodora. Non avevo detto a nessuno dove andavo, poiché io stessa non avevo una metà precisa. Incantata da ogni angolo della città, mi ritrovai a deviare dalla mia metà finale una decina di volte. Il buio immerse i vicoli spopolandoli a poco a poco, i miei passi incerti incespicarono un paio di volte nei gradini di marmo che precedevano i ponti.
- Ma, questo ponte l’ho già attraversato? Ah merda! STO GIRANDO IN TONDO! – sbottai. – Ricorda, Fiora, ricorda –
Non so spiegarvi come ma ritrovai la strada di casa, la vista di quell’accogliente edificio mi riempì il cuore di gioia…finalmente potevo togliermi le scarpe!
Non appena misi piede in camera, Ezio era da poco arrivato, era sdraiato sul letto ancora con gli abiti intrisi di sudore e polvere. Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere la porta che un botto accanto al mio orecchio, seguito da un fruscio fece sbattere la porta e mi fece sobbalzare. La figura di Ezio era a due centimetri dalla mia faccia e il suo pugno, scagliato un attimo prima sulla porta, accanto al mio orecchio.
Rabbrividì, ma solo per un istante.
-Dove…siete…stata? – scandì con rabbia ogni singola parola.
- A fare due passi per Vene… -
- Avete giaciuto con qualcuno? Non trovavate ciò che vi soddisfa qui? –
- Per l’amor di  Dio, sono solo usci… -
Sbatte il pugno violentemente sulla porta e stavolta cacciai un urlo. Non mi stava a sentire, era inutile spiegargli la verità.
- Credete ciò che volete, messere –
- Io credo a ciò che vedo, madonna –
- Oh, e che cosa avete visto? Non mi pare di essene nuda e tanto meno in compagnia di altri uomini! – gli stavo urlando in faccia ormai.
- Il vostro passato parla chiaro! –
- Da quando essere una puttana è il mio passato?! Vi informo, messere, che lo sono ancora! –
-Quindi lo ammettete! – concluse.
La sua mano mi soffocò le parole in gola, una presa stretta piena di rabbia, non era la prima volta che venivo aggredita, affondai un forte calcio tra le sue gambe ma il movimento venne interrotto quando Ezio bloccò la mia gamba con il ginocchio.
- Sarebbe troppo semplice – sogghignò.
Vedendo che non aveva il sopravvento su di me in quel modo, decise di estrarre la lama che portava ancora al polso, essa sostituì la mano che mi stava strangolando. Una lama sottile che scintillò alla luce delle candele, affilata come un rasoio ancora leggermente sporca di sangue rappreso della sua precedente vittima. Spingeva la lama contro il mio collo lasciando un taglio, sentii un piccolo rivolo di sangue scorrere dalla gola al petto. Mi accorsi, per la prima volta, di avere paura di lui, mi stava uccidendo per non essere stata in camera ad aspettarlo.
Un flusso di pensieri mi attraversò la mente come un fiume in piena, Paola, la mia bella Firenze, la mia vita tranquilla, Federico…non avevo chiesto io questo, ero semplicemente inciampata in una situazione scomoda.
Dopo pochi istanti immobili, ritrasse la lama con un colpo secco e mi afferrò i lembi della gonna tirandoli fino alla vita. Ricominciai a respirare solo dopo che la lama rientrò con un rumore soffocato, il resto non mi importava più, che si prendesse pure il mio corpo, ma non avrà il mio cuore.
Si slacciò i pantaloni e mi prese li, come una volgare prostituta qualunque quando la mattina stessa mi aveva giurato amore. I colpi erano decisi, non c’era altro che desiderio, non un briciolo di rispetto, non un briciolo di amore. Mi divincolai solo quando sentii che aveva raggiunto il suo apice, dovevo tutelarmi come puttana, un figlio non era una buona pubblicità.
Il suo respiro sul mio collo e le sue forti braccia che mi tenevano saldamente avvinghiata a lui mi davano la nausea.
-Posso andare? – chiesi in un sussurro.
Senza dire una parola, mi lasciò cadere a terra, se non avessi prontamente abbassato le gambe sarei caduta col sedere sul pavimento. Lisciai le gonne e mi diressi verso la vasca da bagno lasciando Ezio ad ansimare poggiato alla porta. Quella piccola vasca fu il mio rifugio per poco tempo, poiché Ezio reclamava il suo turno a gran voce e io non intendevo subire altro tipo di violenza, verbale, stupro o fisico che sia. Ma quel poco tempo da sola mi avevano permesso di elaborare un piano, o meglio una fuga. Non appena sentii Ezio entrare in acqua, radunai gli abiti che domani mi avrebbero permesso di scappare da quella situazione, un abito celeste ricamato e un mantello con cappuccio che avevo ritrovato nell’armadio. Sgattaiolai in cucina e raccolsi un po’ di pane e pancetta, sarebbe bastato, preferivo morire di fame che stare un secondo di più vicino all’assassino.
Racchiusi tutto in un panno e rubai una piccola borsa di cotone dove poter riporre il cibo e poterlo trasportare con più facilità. Rientrai nella camera e riposi tutto sotto il letto, giusto in tempo, poiché dopo qualche istante Ezio riemerse nudo dal vapore della vasca. Si infilò sotto le coperte, dove stavo facendo finta di dormire, e si accostò a me. Se voleva avermi di nuovo dovevo lottare, non doveva insospettirsi, invece mi baciò la guancia con un bacio delicato come per scusarsi.



Mi dispiace assassino, ma è troppo tardi.  










MAD NOTE:Novità in vista

  
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