Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: Sethmentecontorta    27/01/2016    5 recensioni
|Prima classificata al contest "Sky or Abyss?" indetto da SoulKilled sul forum di EFP|AU|Sovrannaturale|Shirou and Haruna|presenza di Kidou selvatici e forse altri personaggi|
Nelle viscere della Luna, da noi umani tanto lodata e cantata, si cela un mondo di cui non possiamo essere a conoscenza, oscuro e gelido, abitato da esseri in tutto simili a ciò che chiamiamo angeli. Una volta all'anno, ciascuno di loro discende sulla Terra, per esaudire il desiderio di un mortale la cui brillante luce lo abbia attirato. E' questo che attende Sehaliah, che si vede costretto a lasciare il pianeta su cui ha sempre vissuto per un mondo sconosciuto ed incredibilmente luminoso.
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Celia/Haruna, Shawn/Shirou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prima di lasciarvi leggere, chiariamo un secondo la questione dei nomi. Ho dato ad ogni personaggio lunare che comparirà in questo capitolo un nome differente da quello originale, scelto fra i nomi degli angeli custodi, in base un po’ al significato, un po’ al fatto che potesse richiamare quello dell’anime. Abbiamo dunque Shirou come Sehaliah (sì, negli scorsi capitoli mi sono sbagliata sempre a scriverlo, ma ora ho corretto) che è l’angelo custode della gioia, dell’amore e del desiderio, Hiroto come Melahel che significa “Dio che libera da tutti i mali” e Fuyuka come Leuviah che vuol dire “Dio che esaudisce i peccatori”, o anche eleganza e generosità.
 
 
To the Earth: a man

Image and video hosting by TinyPic

 
Quando aprì gli occhi, solo oscurità e freddo l’avvolgevano, appiccicandosi alla sua pelle come indumenti bagnati, quasi ne poteva sentire il peso: era a casa. Non riusciva a vedere nulla, era ancora accecato dalle luci abbaglianti della Terra, doveva abituarsi a quel buio più totale per cominciare a vedere i confini della grotta intorno a sé. Percepiva doveva essere parecchio grande, nonostante tutto ciò che riusciva a vedere era solo nero, ed il terreno e qualche ciottolo poco oltre i suoi piedi. Sbatté le palpebre, provando a muovere un passo in avanti, quando una voce lo gelò sul posto. Una voce che chiamava imperatrice il suo nome, proveniente da un punto imprecisato alle sue spalle. Si voltò, nella penombra poté vedere gli accenni di un volto bianco come un lenzuolo, i cui lineamenti tanto raffinati da sembrare quasi femminei erano illuminati da una tenue luce che sembrava provenire dalle sue stesse magnetiche iridi di un color verde misto all’azzurro. Capelli rossi lo circondavano, le cui punte gli stuzzicavano il collo, man mano che la figura si avvicinava poté pian piano vedere il suo corpo magro e scolpito, le vesti di un bianco candido dagli orli ricamati in argento, bracciali dello stesso materiale gli fasciavano metà avambraccio.
– Melahel. – mormorò il nome del più perfetto fra gli angeli, voltando l’intero corpo verso di lui.
– È un piacere vederti tornare, Sehaliah. – la sua espressione era distesa, la voce calda, calma, gli sembrava entrare nella mente, sciogliere i nervi. Eppure, gli sembrava che ci fosse qualcosa di errato, nella leggera curva gentile che le sue labbra pallide avevano. – Com’era il tuo protetto?
– Era una giovane umana, l’avessi potuta vedere; possiede una straordinaria bellezza, per quanto non ancora completamente fiorita, delicata quanto quella di una rosa, pari a quella di una femmina del nostro popolo. La sua luce era infinitamente più brillante di quella di un astro, molto più di quanto avrei mai potuto immaginare. – esitò un solo istante, prima di iniziare a parlare, e mentre lo faceva le sue parole incespicavano appena nell’emozione che gli portava il rimembrare la ragazza che aveva aperto con le sue gentili mani lo scrigno di ogni male che risiedeva nel suo cuore.
Il sorriso si dilatò sul volto della creatura di immane bellezza di fronte a lui, diventando ai suoi occhi quasi inquietante, mentre intravide una figura che si avvicinava. Mano a mano che veniva vicina, riuscì a distinguere nella sagoma le morbide curve di una giovane lunare, notò che teneva in grembo una specie di fagotto, mentre avanzava con andatura stanca, come se fosse appena uscita da un lungo periodo di fatiche. Volse nuovamente lo sguardo a Melahel, come in cerca di spiegazioni, di una risposta, la mente confusa che non sapeva cosa pensare. Tornando a guardare la giovane non identificata, vi riconobbe un morbido velo di lisci capelli del colore delle viole che decorano i prati con l’arrivo della primavera ed occhi blu velati di lacrime che minacciavano di cadere ed arrossati da altre già cadute.
 – Che succede, Leuviah, perché piangi? – l’interrogò, preoccupato dalla paura e dall’amarezza che distorceva quel viso che aveva sempre conosciuto come di una bellezza e di un’innocenza incorrotta, tanto che gli occhi non potevano non seguirlo una volta che l’avevano veduto. Con un moto d’ira, si volse all’essere dai capelli color cremisi. – Che le hai fatto?
Come in risposta, la fanciulla svolse dall’immacolato tessuto ciò che teneva in braccio, sollevando e mostrandogli un neonato dormiente. Aveva pelle candida, in testa pochi capelli di color ramato, sulla schiena piccole ali fremevano nel sonno.
– Ti presento Cahetel, mio figlio. – pronunciò Melahel, guardandolo boccheggiare dalla confusione e paura.
– Non è possibile, la Legge, il consiglio dei Serafini… non possono nascere cuccioli a meno che nessuno sia… – non terminò di balbettare la frase, bloccato dall’eloquente sguardo acquamarina posato su di lui. – Nessuno è morto, vero?
– Non erri, nessuno è morto ancora. Cahetel è nato in previsione di questo giorno. Sapevamo che non ce l’avresti fatta. – detto ciò, con un cenno del capo l’angelo l’invitò a guardarsi.
Abbassò lo sguardo sul proprio petto, che sprigionava una luce bianca come latte, la quale illuminava i paraggi, inclusi i tre lunari di fronte a lui. Era totalmente corrotto, non poteva nasconderlo, la luce del desiderio si era accesa in lui e non se n’era neppure accorto. Lui desiderava Haruna, desiderava vederla, ammirarla sorridere, stringerla tra le braccia, desiderava donarle quel bacio che lei gli aveva chiesto. Non era più una creatura perfetta, l’avrebbero ucciso. Rialzando le iridi tremanti di paura, vide che altre sagome erano entrati nel suo raggio visivo, tutt’intorno a lui. Gemette, era giunta la sua fine. Si avvicinarono, mentre Leuviah indietreggiava, stringendo al petto il figlio in tono protettivo, squittendo spaventata. Cadde in ginocchio, non poteva far nulla, era la sua punizione. Abbassò il capo, mentre li sentiva sempre più vicini, percepiva i loro occhi giudicarlo indegno di vivere, nonostante non potesse vederli. Trattenne il fiato, finché non sentì le prime unghie graffiargli le ali alle loro basi, le dita strappargli le penne nivee, urlò di dolore, sentendo qualcosa di caldo e viscoso scivolargli lungo le spalle e la schiena. Una piuma gli vorticò davanti al volto, la strinse debolmente fra dita tremanti e se la portò al petto, scosso da un lancinante dolore, mentre si accasciava al suolo abbandonandosi alla violenza dei suoi simili. Più loro graffiavano e strappavano, più lui urlava, presto alla sua voce si unì il pianto del bambino, e la ninna nanna cantata soavemente dalla madre, in singhiozzi, per tentare di calmarlo. Presto, il dolore divenne tale che iniziò a perdere sensibilità, vedeva macchie muoversi sulla sua vista, si strofinò gli occhi stancamente, ma non ottenne nulla. Aveva l’udito ovattato, tutte le percezioni si stavano lentamente spegnendo, lasciandolo in uno stato di lenta agonia. Ruotando freneticamente gli occhi, tutto ciò che riusciva a vedere erano confuse sagome che graffiavano, strappavano e mordevano le sue ali, chiazzando il grigiore della roccia su cui era abbandonato del denso rosso di sangue fresco e brandelli di carme, tra i quali spiccavano le bianche piume, come ninfee che galleggiavano su uno stagno, o cadaveri in mare dopo una tempesta. Perse conoscenza, con in mente l’immagine della dolce lunare che stringeva a sé il suo piccolo, carezzandolo e cantando per lui, le lacrime che scorrevano sul suo viso come ruscelli in piena.
 
 
Haruna sorrise, guardando quelle poche righe delineate dai pixel che componevano lo schermo del suo cellulare. Si alzò dal letto, su cui era sdraiata, lanciandovi l’apparecchio elettronico ed incamminandosi sulle punte dei piedi nudi verso l’armadio, afferrando i primi indumenti estivi le capitassero sottomano. Pantaloncini a vita alta di stoffa leggera delle stesse tonalità dell’inchiostro ed una maglia color sabbia; sarebbero andati benissimo. Una volta vestita ed i capelli spazzolati, uscì di casa precipitandosi giù per le scale, il sorriso stampato sulle labbra. Arrivata ad un parco, posò gli occhi su una figura maschile poggiata ad un muretto. Sedeva sul bordo di quest’ultimo, su cui anche poggiava la pianta di un piede, le braccia erano incrociate sul petto; aveva capelli castano chiaro intrecciati in innumerevoli rasta, raccolti in una coda, scrutava i dintorni da dietro le lenti di un paio di occhialetti da aviatore. Gli corse incontro, mentre egli la notava e le sorrideva, allacciandogli le braccia dietro al collo.
– Ciao, fratellone. – il ragazzo più grande le carezzò la testa; nonostante avessero ormai l’uno sedici l’altra quindici anni ella continuava a chiamarlo in quel modo infantile, che lui però adorava.
La ragazza amava attribuire la causa del loro riavvicinamento, iniziato tre anni prima, all’angelo che nei suoi ricordi aveva vissuto al suo fianco per due settimane. Non sapeva se pensare che quella creatura fosse frutto della sua immaginazione, di uno scherzo della sua mente per la troppa solitudine, o che fosse stato reale. In ogni caso, quei momenti passati erano vividi nella sua memoria e se li teneva stretti come qualcosa di prezioso, quel genere di ricordi di cui non si può parlare con nessuno, perché sono per noi e noi soltanto, e renderne partecipe qualcun’altro varrebbe come, in un certo senso, rovinarli, renderli meno speciali. Fatto sta che ricordasse bene come qualche giorno dopo che quello che appariva quasi in tutto e per tutto un ragazzo - eccetto per il paio d’ali che aveva sulla schiena - se ne andò, l’ultimo suo parente in vita si rifece vivo senza alcun genere di preavviso all’uscita da scuola, stringendola fra le braccia e scusandosi per il comportamento tenuto fino ad allora. La fanciulla ci mise un po’ a digerire la cosa, ma lo perdonò, era pur sempre suo fratello e l’amava.
Ridendo ad una battuta del giovane che le era di fronte, distolse lo sguardo di lato, mentre con le dita si sistemava la cortina di setosi capelli scuri come l’oceano che le coprivano la fronte. Sobbalzò quando le parve di vedere per una manciata di istanti, tra i tronchi ed i rami della piccola boscaglia che si trovava poco distante, una macchia del colore della carta, capelli argentei e due occhi di colore scuro. Si diede della scema, pensò fosse stata solo un’impressione dovuta al fatto che stava ripensando al lunare, e tornò con noncuranza a dialogare col ragazzo.
Il tempo trascorse con velocità, trasportato dalle risate ed i discorsi che scambiava col fratello maggiore, che baciò sulla guancia non appena venne per lei il momento di rincasare. Dopo averlo salutato con la mano per alcuni secondi, si avviò a passo allegro, il sorriso tanto solare che a vederlo lo si sarebbe detto indelebile. Mentre camminava persa nei propri pensieri, non notò una persona ferma al centro del marciapiede, almeno fino a quando non entrò nel suo campo visivo la sua mano protesa, chiusa a pugno. Sussultò, ed osservò quella mano dalla pelle nivea e senza alcuna imperfezione, mentre le dita le schiudevano lentamente la visuale su di una grande piuma simile in colore e morbidezza alle nuvole che adornavano pigramente il caldo cielo estivo di quel giorno. Dopo un primo attimo di perplessità, notò come il bianco all’apparenza uniforme dell’oggetto presentasse in realtà dei disegni di color argenteo, come ricami su di un pregiato tessuto. Il suo cuore prese a battere sempre più forte, mentre alzava lentamente lo sguardo sulla figura di fronte a sé. Una maglia verde mare, lineamenti eleganti di un bellissimo quanto pallido viso, capelli color cenere che lambivano morbidamente i contorni di quest’ultimo, un dolce sorriso che le mozzò il fiato e, per finire, degli occhi delle tonalità della notte. Non si poté trattenere dall’emettere un gemito, nel poter ammirare nuovamente quella creatura che aveva esaudito il suo più profondo desiderio. Mentre lei era ancora troppo sorpresa per pronunciare una qualunque cosa, egli le prese gentilmente una mano, nella quale pose la piuma, stringendovi intorno le sue piccole dita. Sorrise.
 
– Ci ho messo un po’, ma ho mantenuto la promessa. Ora, se lo desideri ancora, posso offrirti quel dono che mi chiedesti.


Seth's corner:
Salve piccole persone! Sono davvero davvero felice di aver concluso questa storia, è un piccolo traguardo personale per la mia continua lotta con la mia autostima, la mia mancanza di organizzazione e la mia pigrizia. Le immagini contenute nei banner (se vi interessa, ne ho inserite anche nei precedenti capitoli) sono state disegate da me (a scuola, sul banco) e poi modificate al telefono grazie a Camera360 sight, magari non vi interessa, ma insomma, tanto per farvi sapere che sì, le ho disegnate io. In verità di disegni per questa storia ne avrei fatti parecchi perché li disegnavo ma poi li riguardavo e mi dicevo "No, fanno schifo", e li rifacevo. Ma vabbeh- Se vi può interessare, ma ve lo sconsiglio, ho anche pubblicato un video su youtube dove leggo con la mia voce del cavolo la primissima parte del primo capitolo, e lo trovate qui. Perché? Perché una sera ero stanca e mi annoiavo, ecco perché. Fa abbastanza schifo perché NON sono una doppiatrice e NON so montare video, è stata la prima volta che lo facevo da sola, e non avevo neppure tutta questa gran voglia di impegnarmici, perché l'ho fatto solo per sfogare una mia voglia(?) di leggere qualcosa, perché a me piace leggere le cose(?).
Spiego un secondo questo finale ancora più confusionario di tutta la storia: il consiglio dei Serafini nominato da Shirou/Sehaliah è un gruppo di lunari che governa la vita sulla Luna, e tra le Leggi ne hanno creata una che stabilisce che non possono nascere "cuccioli" se non sotto ordine dei Serafini stessi. In pratica, viene messo al mondo un lunare quando ne muore un altro. Quando i Serafini intuiscono che Shirou non saprebbe resistere alle tentazioni umane, concedono ad Hiroto/Melahel di "procreare", lui sceglie come compagna Fuyuka/Leuviah per la sua bellezza e beh... procreano, poi spediscono Shirou sulla Terra e lui torna prevedibilmente impuro. A quel punto, lui pensa che vogliano ucciderlo, ma invece i lunari gli strappano le ali e lo abbandonano sulla Terra. Qui, Shirou tenta di ritrovare Haruna, ma ci impiega tre anni, durante i queli lei si è riavvicinata al fratello. Fine.
Ora, dato che ho detto anche troppe cose, concludiamo in fretta. Ringrazio il mio vicino di banco a sgarro e amico (che magari leggerà pure quello che sto scrivendo, chissà) che ha sopportato tutti i miei scleri su questa storia (per noi, "Super piccione e la disadattata sociale"). Ringrazio tutti coloro che leggeranno, coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli, coloro che recensiranno questo, ed in particolar modo _Mamoru_ che mi ha dato qualche consiglio. Vi chiedo se vi va di dedicare due minutini per darmi un parere dicendomi cosa vi è piaciuto e cosa no. 
Eh beh, speriamo che il contest vada bene. *incrocia le dita*
Spero avremo l'onore di leggerci in futuro, che tu sia un recensitore o un lettore silenzioso!

~Seth
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Sethmentecontorta