Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Zagras94    30/01/2016    1 recensioni
[Crossover][Crossover]C'è chi dice che esistono infiniti universi paralleli... In cui per ciascuno di essi esiste il riflesso vivo di storie narrate nel nostro mondo....
Realtà? Finzione? Mero dogma moderno? Forse. Ma quando, per un motivo apparentemente inspiegabile, Ralph Spaccatutto si ritrova con uno strappo dimensionale in piena regola nel suo videogame, non può non contattare in aiuto i vari esponenti del suo universo: il mondo Disney.
Ed è un bene... specie se il loro mondo pacifico stesse per essere stravolto dalla più cruenta e sanguinaria invasione mai esistita.... e soprattutto se la loro sopravvivenza dipendesse dal più variegato, folle e sorprendente gruppo di eroi che essi abbiano mai visto....
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 1 : QUATTRO CAVALIERI E UN MARE DI GUAI.

 

 

 

Cielo sereno. Lieve brezza marina. Un sole splendente e caldo.

Fu con questo splendido tempo che gli abitanti del regno di Arendelle si svegliarono, in una mattina di metà luglio. Lentamente, dopo aver dato il giusto spazio ad una buona colazione, ognuno di essi si riversò nelle vie della città-stato, donandole quella vita attiva e frenetica che qualsiasi centro urbano, per quanto piccolo sia, possiede caratteristicamente.

Spesso, fra conoscenti ed amici, si scherzava su chi, a causa dei propri impegni, si dovesse destare prima di tutti ogni mattina; l'ortolano al mercato affermava che fosse il panettiere, il panettiere diceva che fossero le guardie di ronda, mentre quest'ultime asserivano ironicamente che dovevano essere i gufi della foresta a batterli. Nessuno di essi, tuttavia, poteva anche solo immaginare che il podio dell'oro dovesse toccare, per una notte, nientemeno che alla loro regina.

Curva, quasi accasciata da stanchezza e stress sulla scrivania di legno di pino montano, Elsa sedeva sulla sedia imbottita dall'alto schienale del suo studio da ormai ben quattro ore, da quando vi si era messa a lavorare nel bel mezzo del cuore della notte. Certo, altre volte era dovuta rimanere sveglia fino a tardi per regolare conti, contratti commerciali e ogni magagna burocratica del suo piccolo, ma fervente regno, oppure si era dovuta levare dal comodo letto ancor prima dell'alba per riuscire a svolgere alcuni compiti anzitempo ad altri; ciononostante, in quei casi c'era sempre sua sorella Anna, attiva e vitale come poche altre creature al mondo, a supportarla moralmente con amore e fisicamente con tazze ricolme fino al bordo di squisita cioccolata calda fondente con aroma di menta piperita (sì, erano due regali sorelle che tracannavano cioccolata bollente nel pieno dell'estate. Normale standard di famiglia). O comunque, quegli impegni extra erano tutti leciti e abbastanza normali.

Niente a che vedere col motivo per cui si trovasse lì in quel momento.

L'aveva fatto in gran segreto, senza farsi notare da nessuno... In parte per non far preoccupare i dignitari di corte di una così singolare anomalia; in parte perchè non sapeva assolutamente dove mettere le mani nel nuovo caso che aveva fra le mani, capace di scatenare il caos più totale ,qualora fosse trapelato.

Vi si era fiondata non appena aveva ricevuto i due messaggi da parte di Ralph. O almeno, il primo Nebbiogramma sicuramente era suo, ne riconosceva lo stile; mentre il secondo...

 

Dormiva leggera... Come pronta a svegliarsi di soprassalto ad affrontare qualche misterioso pericolo in agguato nel buio della sua stanza...

Elsa aveva sempre avuto il sonno leggero e fragile come una lastra di ghiaccio su di un laghetto: anni ed anni di paura, tensioni e isolamento per terrore dei suoi stessi poteri glaciali avevano inevitabilmente lasciato il segno nel suo spirito, anche ora che tutti l'avevano accettata ed amata per come fosse, senza sotterfugi o menzogne. Erano trascorsi un paio d'anni dagli avvenimenti che l'avevano portata a quella rivoluzione totale: l'inverno potenzialmente perenne di Arendelle che lei stessa aveva scatenato, l'amore incondizionato di Anna che l'aveva cercata e salvata, il tentato regicidio del principe Hans delle Isole del Sud, il successivo ritorno di lei sul trono... Sembrava fosse trascorsa un'eternità da allora, forse complici gli intensi e numerosi momenti che l'avevano occupata tra famiglia, regno e recupero di intrattenimento personale.

Uno dei nuovi impegni che dovette regolare negli ultimi tempi era stata la costruzione, in una stanza nascosta della sua camera da letto, di quella bizzarria del “Mirror”, cosa tuttavia necessaria in quanto lei era la rappresentante del suo frammento dimensionale. Quando aveva dato il via alla sua creazione, aveva costantemente creduto che sarebbe stata più una stanza speciale tutta per lei, per poter conoscere altre principesse e regine, piuttosto che un mero mezzo di comunicazione politica o sociale.

Dovette ricredersi amaramente, quella notte di luglio.

Si svegliò di soprassalto, tendendo immediatamente l'orecchio alla ricerca del rumore che lei era certa averla destata dal suo lieve riposo. Dopo neanche una manciata di secondi, lo udì di nuovo: un sommesso trillio a tre toni squillanti, come di campanelli di cristallo messi a grappolo e poi scossi. Sapeva cos'era, l'aveva già udito diverse volte: era il segnale del suo personale specchio per segnalare l'arrivo di una richiesta di contatto. Guardò, ormai del tutto sveglia, l'orologio a pendolo sulla parete di destra, il quale segnava con le sue due dita d'acciaio decorato le ore 2:30 di notte.

Chi può mai essere tanto folle da chiamare ad un orario altrettanto folle?”, pensò Elsa, mentre stringeva la sua vestaglia color acquamarina con un cordino e si dirigeva all'armadio a doppiofondo che portava alla stanza segreta. Certo, sapeva che le varie distopie disneyane, pur essendo parte a conti fatti di uno stesso universo, avevano fusi orari differenti a seconda del luogo in cui si trovavano, ma era anche vero che da sempre esisteva l'accordo reciproco di attendere determinate fasce orarie decenti per contattare gli altri, qualora si trattasse di faccende banali e...

Un campanello d'allarme scattò nel cervello acuto della ragazza, intanto che varcava il pannello mobile del doppiofondo e si incamminava verso il “Mirror”. I rappresentanti delle distopie erano stati, fino ad allora, molto ligi ed attenti a questo tipo di regole, e non le avrebbero infrante per una frivolezza qualsiasi.

Perciò i casi erano due: o a contattarla non era un altro rappresentante, bensì qualcuno che si credeva un buontempone.... o quella era una chiamata d'emergenza.

I suoi timori vennero confermati non appena arrivò alla fine del breve corridoio e vide lo specchio nella stanza: all'interno della cornice bianca di frassino, il vetro pulsava di una luce soffusa rossastra, accompagnata a ritmo dal trillo segnalatore. Il manuale che aveva studiato tempo fa sul funzionamento del mezzo di comunicazione parlava chiaro: le chiamate con luce blu sono semplici, quelle con luce gialla di importanza media, mentre quelle rosse sono di priorità assoluta.

Con l'ansia che seguitava a montare nel suo petto assieme al battito cardiaco, Elsa accorse allo specchio e appoggiò subito la mano sulla sua superficie, in modo da permettere l'effettivo collegamento e di conseguenza lo scambio di visione. Fece giusto in tempo a leggere le parole fumose che l'avvisavano che la chiamata provenisse dal mondo di Ralph Spaccatutto, uno dei frammenti più recenti insieme al suo. Poi il riflesso del vetro si illuminò a mò di schermo, mettendo in mostra l'interlocutore.

Dall'altra parte, col fiato corto, c'era il co-protagonista del videogame di Ralph, Felix Aggiustatutto. Aveva gli occhi sbarrati e terrorizzati, colmi di un sentimento di paura che nasce da una preda cosciente di essere braccata. Il suo berretto blu firmato colle sue iniziali era rovinato sulla visiera da un ampio squarcio, come se una spessa lama avesse tentato di macellarlo. Gran parte della camicia da lavoro azzurra era lercia di sangue, sangue fresco, che si era anche riversato poco a poco sui pantaloni. L'unico suo equipaggiamento che pareva essere rimasto intonso era il suo adorato martello dorato, dotato della magica proprietà di aggiustare qualunque oggetto toccasse; e in quel momento Felix lo stava stringendo convulsamente colla mano destra al petto, come farebbe un bambino col proprio peluche preferito.

<< E-Elsa!!! Elsa!!! Grazie a Dio!!! Te-Temevo c-che non avresti mai risposto!! >> gridò il piccolo uomo digitale, a metà tra l'euforia e una crisi isterica.

La regina di Arendelle fissava con la bocca semiaperta quello spettacolo disturbante, incredula su quel che vedeva e con un miliardo di domande che sbocciavano violente nel suo cervello. Solo in quel momento, inoltre, si accorse dei forti rumori che sembravano provenire da fuori della stanza “Mirror” di Ralph: grida, esplosioni, qualche sparodico clangore di metallo e – avrebbe poi giurato di esserselo immaginato – una risata acuta e folle in lontananza, piena di divertimento. << Felix!!!! Cosa diamine sta succedendo!?!? Cosa sono questi rumori? Perchè sei completamente sporco di sangue!?!?!?!?!? >>.

Un velo di depressione pura passò sugli occhioni dell'Aggiustatutto, mentre chinava lentamente il capo ad osservare il rosso che predominava sull'azzurro del suo vestiario. << Il sangue.... L-La signora Deanna... Oh mio dio.... Come hanno potuto... >>. Grosse lacrime stavano per sgorgare a fiotti lungo le gote di Felix. Poi le pupille s'illuminarono, come se si fosse appena ricordato una commissione importante. Alzò di scatto la testa verso lo specchio e verso Elsa, ancora più confusa e sconvolta di prima. << Ascoltami, Elsa, ASCOLTAMI! Non ho molto tempo ormai. E' solo questione di minuti prima che finiscano coloro che non sono scappati in tempo e vengano a cercare ME!! >>. Nonostante volesse interrompere quella specie di incubo orrendo con altre domande e quesiti, Elsa si costrinse a mordersi l'interno della guancia e ad annuire. Sapeva riconoscere una situazione di estrema emergenza, quando la vedeva. E quella era senza ombra di dubbio pericolosissima.

<< Hai ricevuto il primo messaggio di Ralph? Sì?? No?? Ooooh, ma che importa, è tutto finito ormai... Sono.... Sono comparsi da quel maledetto taglio, quel portale! A decine, a centinaia!! Sono comandati da uno strano individuo, un uomo alto vestito di nero con un cilindro e una balestra colossale, e il suo sorriso.... Oddio, IL SUO SORRISO..... Con quel ghigno ha dato ordine di attaccare, e loro.... hanno iniziato a massacrare ogni persona o animale che incontravano sul loro cammino! Tutto ciò che si muoveva!! Metà dei... dei comdomini non è scappata in tempo... Le spade... Il sangue... Il bagliore rosso e i corpi che diventavano secchi come prugne.... >>. Felix respirava a malapena, mentre vomitava una parola dopo l'altra, quasi per timore che gli mancasse all'improvviso il coraggio di farlo. << Il loro capo... Non so perchè abbiano compiuto un simile massacro, ma l'ho sentito chiaramente dire che quello era solo l'inizio! Che presto.... “ognuno di questi deboli regni cadrà in mano nostra”! >>. In preda al panico, afferrò colle mani lo specchio, a simulare l'afferrare le spalle di Elsa, e lo scosse violentemente. << Arriveranno, Elsa!!! Contatta tutti gli altri!!!! Preparatevi!!! Addestrate soldati, fortificate le città, arruolate mercenari, qualsiasi cosa, per l'amor di Dio, ma FATELO!!!!!! O verrete tutti sterminati!!! >>.

Elsa non potè più trattenere il suo silenzio. La paura ormai l'aveva completamente invasa, un terrore che aveva provato solo quando aveva accidentalmente rivelato i suoi poteri al mondo o quando aveva per errore ferito Anna, durante la loro infanzia. E, di fronte a quel nuovo orrore, non poteva scappare un'altra volta.

<< Felix, ho capito che sei spaventato, ma mi servono più risposte!! Chi sono questi invasori?? E dov'è Ralph, soprattutto??? >>

Il piccoletto cominciò a piangere a dirotto, soffocato dai singulti. << R-R-Ralph... L-Lui... E' stato i-il p-primo a-a trovarsi da-vanti al portale.... Temo c-c-che n-non... >>. Un forte rumore provenì alle spalle di Felix, facendolo sobbalzare gridando: il suono di una porta che viene fatta a pezzi mano a mano.

<< ARRIVANO!!!! SONO QUI!!!!!! Elsa, proverò a scappare, se tutto andrà bene ci rivedremo nel tuo frammento dimensionale, tanto il mio è come se non esistesse più ormai!!! In caso contrario, procedete nel vostro piano di difesa!!! Addio!!! >>. Detto questo, scattò via dalla poltrona imbottita della sua stanza e sparì dalla vista dello specchio e della ragazza, presumibilmente verso un'uscita segreta di qualche tipo.

Elsa balzò in avanti, alzando la voce e tentando di richiamare invano l'amico dallo schermo, nel tentativo morboso di saperne di più...

Poi ammutolì, impallidendo di colpo: accorsi di gran lena dal corridoio laterale che portava alla stanza, erano giunti tre guerrieri spaventosi. La loro armatura, d'acciaio lucido e bianco ma a tratti schizzata da sangue vermiglio, era modellata a guisa di ossa umane, con il pettorale uguale ad uno sterno e alla cassa toracica, le scanalature sui gambali e sui guanti d'arme che ricordavano falangi e tibie, mentre ai volti, coperti da cappucci laceri di una sottoveste nera, portavano maschere metalliche a forma di teschio così realistiche da far venire la pelle d'oca alla giovane regina. E sicuramente, quegli occhi rossi fiammanti nelle orbite e le loro spade larghe inzuppate di sangue non contribuivano affatto a migliorare la visione.

Elsa non aveva mai visto prima, quei mostruosi cavalieri; Elsa non aveva mai letto di loro, né aveva potuto sapere in tempo da Felix il loro nome. Ma una cosa la capì, soltanto vedendoli attraverso lo specchio: quei sanguinari invasori erano portavoci di una abissale oscurità.

Il guerriero centrale del trio la notò, facendo segno ai suoi macabri compagni della sua presenza e parlando fra loro in una lingua sconosciuta e gutturale, ridendo cupi; poi, si avvicinò, brandì la spada a due mani e, con un unico, possente fendente verticale, fissando un'Elsa paralizzata dal terrore negli occhi con i suoi scarlatti, ridusse in mille pezzi lo specchio comunicativo, tagliando ogni contatto.

 

Elsa le aveva provate tutte, prima di correre al suo studio. Aveva provato a contattare ogni singolo altro frammento per poter dare l'allarme, ma aveva constatato con disperazione che tutti i tentativi di contatto fallivano miseramente, segno che in qualche modo erano stati tutti isolati completamente: non una chiamata, non un Nebbiogramma riuscivano a passare indenni sulla rete d'invio e tornavano dritti al mittente con una nota di “invio non riuscito”! Aveva consultato il manuale di funzionamento, ma nessuna delle soluzioni suggerite dal libretto pareva risolvere quel problema catastrofico. Alla fine, colma di frustrazione, si era gettata sull'unica cosa che poteva fare in quel momento: ricercare ed indagare su quei mostri.

Ed aveva cercato a lungo, scavando a fondo in quasi ogni libro che custodiva nella piccola libreria lì presente; aveva consumato le pagine a forza di rileggerle, letto e riletto ogni frase e parola stampata e rilegata, e probabilmente aveva perso talmente tante diottrie in quelle quattro ore di studio frenetico da garantirle dei nuovi occhiali da vista per tutta la vita. Il risultato fu sempre lo stesso: niente. Niente di niente. Non un cenno, nemmeno una sillaba sull'argomento. Quindi si era lasciata cadere stremata sulla scrivania.

Fu destata dal suo abbiocco sfibrato da un leggero bussare alla porta.

<< Elsa? Sei tu? Sei già sveglia di prima mattina? >>. La regina di Arendelle riconobbe, nonostante la stanchezza, la voce inconfondibilmente vivace ed allegra di Anna, sua sorella. << Mmmm.... Sì, sono io, entra pure... >>.

La porta si aprì, rivelando la raggiante figura di Anna, sorridente come sempre. Alla vista dell'invece pessimo stato della maggiore, la sorella si preoccupò immediatamente delle sue condizioni. << Oh cielo, Elsa!! Da quanto sei in piedi?! Hai due occhiaie che potrebbero cancellare tratti di matita!!! >> esclamò, avvicinandosi a lei e tastandole la fronte per vedere se avesse la febbre, quasi fosse una malata terminale. << Sto bene, Anna, ho soltanto svolto delle ricerche per degli... impegni di stato... >> << Ah, non pensare di cavartela così, sorellona, sono settimane che ti riduci ad uno straccio per vari documenti da controllare, beh non uno straccio da corte, bello pulito, intendevo più un pezzo sporco e scadente, di quelli che si sbriciolano appena li sfreghi, infatti la tua faccia.... >>. Il fiume di parole di Anna venne prontamente interrotto dalle dita sottili di Elsa, mosse a scudo sulle sue labbra, ben conscia che, se fosse stata sguinzagliata, la sorella sarebbe stata in grado di sproloquiare ininterrottamente per venti minuti buoni. Un duro colpo, per l'imminente emicrania della regina.

<< Anna, te lo garantisco, sto bene. Mi riprenderò velocemente, come tutte le altre volte... >>. Poi sorrise benevola. << Ma grazie lo stesso per preoccuparti di me >>. Anna la cinse in un abbraccio stritolatore (quella ragazza non si rendeva mai conto della sua energica forza!), faticosamente ricambiato dall'altra. << Oooooh, non smetterò mai di preoccuparmi di te, sorellona!! >>.

Restarono così, strette con la testa sulla spalla dell'altra, a ristorarsi d'affetto per una manciata di secondi, che ad Elsa, provata dalle recenti novità, parvero anni interi di paradiso. Fu Anna a staccarsi, di nuovo nel suo consueto umore solare. << Giusto, quasi dimenticavo! Ti stavo cercando per avvisarti che io e Kristoff andiamo a fare un picnic mattutino a Boscoverde, qui vicino. Una deliziosa abbuffata di tramezzini al salmone affumicato, paste dolci e tanti, tanti cioccolatini!! Fantastico!!! >>. Detto questo, si diresse piroettando verso la porta, già pronta a raggiungere il suo fidanzato montanaro e la loro uscita romantica.

Ad Elsa tornarono immediatamente alla memoria i recenti avvenimenti che l'avevano portata in quello studio a consumarsi la mente fino allo stremo. << A-Anna!!! >> la richiamò spaventata la sorella. << Promettimi solo che starete attenti, là fuori, ti prego! Qualunque cosa succeda! >>.

Anna si fermò appena un attimo sullo stipite dell'ingresso, voltandosi verso di lei con ingenua sicurezza. << Oh, dai, Elsa! Stiamo solo andando nei boschi di Arendelle, non in guerra! Cosa mai potrebbe succedere di male? >>.

 

 

 

 

 

<< Ecco, lo sapevo: ci siamo persi! >>.

<< Oscar, piantala di lamentarti! >>.

<< Ma perchè abbiamo dato la guida a te? Ma perchè proprio a te??? >>.

<< Perchè l'ho deciso io!! E adesso, se la finisci di parlare a vanvera, risparmia il fiato per camminare! >>.

Nel folto della foresta di Boscoverde, abbastanza lontano dai sentieri da mantenere fitto il sottobosco, quattro bizzarri individui marciavano in fila indiana verso una meta non bene definita, tagliando rami e cespugli ingombranti e creandosi una strada improvvisata per orientarsi. O almeno per tentare di farlo.

<< Spiegami allora, Lautrec, come mai non siamo ancora giunti in vista di quella città, o perlomeno di un maledetto sentiero che non sia ricoperto di felci! >>. A parlare era stato il secondo in successione, Oscar, un cavaliere dalla blusa color blu intenso coi bordi ricamati di tessuto dorato, stretta alla vita da una cintura colma di tasche da viaggio e l'elsa di una spada lunga che spuntava dal fodero decorato. Un intero braccio, il sinistro, era ricoperto da una solida armatura a placche d'acciaio, dotata di un caratteristico spallaccio grande e rotondo, mentre il destro presentava un guanto di cuoio rinforzato che proteggeva tutto l'avambraccio; stivali corazzati a placche scalanate, un elmo da cavaliere con visiera abbassata e uno scudo medio a mandorla blu con sopra, dipinto in oro, uno stemma araldico floreale molto raffinato completavano il suo equipaggiamento.

Quanto ad uno dei suoi compagni, Lautrec, il capofila nonché fonte delle lamentele del ragazzo, era anch'egli un cavaliere, ma totalmente diverso da Oscar, per carattere ed armamento. Innanzitutto, Lautrec era completamente protetto da un'armatura completa di color bronzo dorato, dalla forma piuttosto curiosa: per molti tratti scalanata, presentava al petto due “braccia” metalliche che percorrevano il torso dell'uomo in due diagonali perpendicolari, le quali parevano abbracciare dalle spalle l'insolito cavaliere; e sulle sue spalle, dei curiosi spallacci dotati di corte sbarre di bronzo borchiato incorniciavano la figura del guerriero. Le stesse sbarre che si trovavano anche sopra il suo elmo a torre dalla visiera traforata, disposte tutto intorno al capo, quasi a simulare una grezza corona.

Lautrec sbuffò nella sua proverbiale indolenza. << Oooooh, insomma, quante storie! Abbiamo visto dalle montagne sia la città straniera che il tragitto, no? E lo stiamo appunto percorrendo! Abbiamo raggiunto lo stagno alla base del monte.... >> << Sì... >> rispose cinico Oscar. L'altro continuò imperterrito: << Poi abbiamo svoltato verso ovest, finchè non abbiamo trovato la roccia bianca levigata.... >> << Già.... >> disse Oscar poco convinto. Lautrec indicò sicuro un albero morto. << E questo è quell'inconfondibile albero a forma di forchetta!!! >>. Oscar gemette esasperato. << Lautrec, abbiamo visto quel dannato albero almeno CINQUE VOLTE!!!!!! >> << Ovvio! Vi sto facendo ripassare il percorso in modo tale che ve lo ricordiate tutti! >> rispose con nonchalance l'altro.

Oscar scosse la testa, facendo cigolare l'elmo. << Perchè non ammetti di aver smarrito la direzione? Non è così grav- >> << NO!!! Ne va del mio orgoglio di cavaliere!! >>. Il cavaliere blu sospirò rassegnato.

<< Suvvia, ragazzi, guardiamo il lato positivo: questa foresta non è tanto fitta da impedirmi la vista del mio amato sole!!!! >>.

I primi due cavalieri si voltarono verso il terzo membro della fila, guardandolo senza alcuna speranza. << Solaire.... >> mormorarono in coro.

Quest'ultimo li guardò, raggiante di fiducia, dalla fessura ampia del suo elmo a torre di ferro, dotato sulla destra di una lunga piuma dritta rossa. Di tutto lo sparuto gruppo di guerrieri lì presenti, Solaire era quello più positivo di carattere e quello meno equipaggiato d'armamento: eccezion fatta per una discreta cotta di maglia che rivestiva tutto il corpo e di un paio di schinieri di solido ferro, il restante vestiario del cavaliere si riduceva ad una blusa semplice di colore bianco con spallacci di tela verde, la quale portava sul tessuto molti segni di battaglie e di usura del tempo; sopra di essa, abbastanza grande da occupare tutta la zona del petto e del ventre, vi era ricamato un sole stilizzato dalle lunghe lingue infuocate rosse disposte tutt'intorno al centro, giallo e con un volto umano grezzamente realizzato, come se quel sole fosse una persona in tutto e per tutto. Lo stesso sole che era dipinto sull'ampio scudo rotondo ligneo che teneva appeso sulla schiena, con sfondo bianco e i bordi rinforzati di metallo, mentre colla mano destra il guerriero impugnava fiero la sua amata Spada del sole, una raffinata spada lunga ben conservata, nonostante gli anni e gli scontri in cui avesse prestato servizio, e molto affilata.

Lautrec borbottò qualcosa a proposito del perchè si fossero portati dietro quel pazzo; poi si rivolse a lui con tono irritato. << Per la millesima volta, Solaire: a nessuno di noi interessa della tua passione per il sole, eccezion fatta per quell'idiota di Oscar. >>. << Ehi! >> disse quest'ultimo leggermente indignato.

<< Sbagli di grosso, caro Lautrec, a non riporre la tua fede nel sole! >> contrattaccò Solaire. << Il sole è una forza meravigliosa! Come un magnifico padre!! >>. Alzò ispirato lo sguardo ai raggi luminosi che filtravano dalle fronde degli alberi, illuminandolo. << Ah, se solo potessi essere... >> << “…. così tanto incandescente”. Sì, lo sappiamo, Solaire... >> concluse il cavaliere dorato, in totale rassegnazione verso quel raggiante caso perso.

Oscar si diresse al fianco di Solaire, mettendogli il braccio libero dallo scudo attorno alle spalle del compagno di tante avventure. << Dai, Lautrec, non puoi non ammettere che diventare un Guerriero del Sole non comporti dei notevoli vantaggi! E poi, è un Patto onesto ed onorevole... >> disse il cavaliere in difesa dell'amico.

Alle loro spalle provenì una voce profonda ed affaticata, seguita poco dopo dal corpo di chi aveva parlato. << Oh-oh!! Concordo con Oscar! Anche se non sono un credente, ammiro i seguaci del Sole e sono sempre i benvenuti, ovunque vadano! >>. Lautrec ammiccò divertito verso il quarto ed ultimo membro del gruppo. << Ben arrivato, Siegmeyer! Cominciavo a darti per disperso! >>.

Il quarto cavaliere sbuffò, indispettito dal poco velato commento del compagno nei confronti della sua stazza. Già essere un cavaliere di Catarina comportava essere spesso soggetto ad ironie: la sua armatura completa, fatta del miglior acciaio in circolazione, aveva delle curiose forme a strati e sovente semisferiche, utilissime per deviare colpi di lama e proteggere il portatore, ma disgraziatamente aveva anche una netta somiglianza con una cipolla (da qui il nomignolo di Sir Onion) e ciò non giovava alla sua immagine. In più, Siegmeyer era piuttosto sovrappeso, nonostante gli eccellenti muscoli, perciò non passava giorno in cui qualcuno non lo prendesse in giro per questo o quell'altro aspetto. E dire che era tutto fuorchè un cavaliere innocuo: l'armatura di ottima qualità da una parte e il colossale spadone Zweihander, che reggeva sulla spalla destra pronto ad essere usato, dall'altra erano un buon incentivo a pensarci due volte prima di farlo infuriare! E se ciò non bastasse, il suo fidato parma d'assalto, dotato di una punta acuminata e altamente perforante, sapeva diventare un perfetto strumento sia di difesa che d'attacco.

<< Bah! Sorvoliamo queste ragazzate! Lautrec, per piacere, portaci fuori da questa selva. Non vedo l'ora di potermi riposare e bere un goccio dalla mia fida compagna! >> disse, dando delle affettuose pacche alla fiaschetta di liquore che portava nel borsello sul fianco.

Solaire lo osservò benevolo e paziente. << Siegmeyer, dovresti andarci piano con il tuo spirito festaiolo, lo sai... >>. A quelle parole, il cavaliere di Catarina buttò la testa all'indietro e scoppiò in una grassa risata, facendo sobbalzare l'elmo cipollino. << Ahahahahahahahah!!!! No, mio buon amico, niente e nessuno mi impedirà di assaggiare questa chicca rara! >> disse indicando la boccetta d'alcool. << “Miele di drago”, liquore famoso del Delta!! Annata degli albori dell'Era del Fuoco! Dolce al palato come caramello, ustionante nelle budella come le fiamme di una grande viverna! AH! >>.

<< Aaaah, sìsì, ne ho sentito parlare persino alla mia casa, ad Astora! >>. Oscar s'intromise nel discorso, improvvisamente interessato all'argomento. << Da noi degustiamo prevalentemente vini, ma ogni tanto passano anche queste specialità straniere! Ho sentito dire che un sorso di quel torcibudella curi più malanni di una bevuta di Estus! >>.

Solaire ridacchiò divertito. << Però! Varrebbe la pena testare se le voci sono vere! >> Ed entrambi osservarono avidi il borsello del compagno. << Ah, no! Sciò, via dalla mia fiaschetta, felloni ed approfittatori! >> disse Siegmeyer con finta offesa, agitando buffamente il parma e scatenando l'ilarità dei suoi amici, Lautrec compreso.

<< Basta, ragazzi! Ci divertiremo non appena saremo giunti a quella dannata radura d'intermezzo. Poi, riprenderemo il viaggio verso la città. Ora, in marcia! >>. Il gruppo annuì verso Lautrec e, tornati in fila e in ordine, ripresero a camminare.

Alla guida fin troppo fiduciosa del cavaliere a capofila, il quartetto si ritrovò a vagare in tondo per ben altri venti minuti, finchè, oltrepassati alcuni alberi di conifere, misero piede in quella tanto agognata radura che segnava il raggiungimento di metà del loro percorso.

Lautrec si diresse verso il centro dello spazio aperto, guardando intorno a sé con le mani ai fianchi e l'aria soddisfatta; quindi, si girò verso il resto della compagnia, che si trascinavano ansanti, stanchi e sfiniti, e disse allegramente: << Visto? Che vi dicevo? Ridendo e scherzando, siamo giunti a destinazione! >>

Oscar si gettò a terra supino, respirando l'aria a pieni polmoni. << Seeee, “ridendo e scherzando”.... Anf.... Piuttosto.... “imprecando e bestemmiando”, a-altrochè! Uff! >>.

Noncurante delle frecciate del compagno, Lautrec cominciò a cercare e a raccogliere in giro delle pietre delle dimensioni di un pugno, che di seguito prese a disporre in una forma rotonda e chiusa. Nel frattempo, mentre Oscar ancora si stava riprendendo dalla folle marcia, Solaire si era piazzato sulla cima di un grosso masso in una posa eroica, con lo sguardo levato al cielo a contemplare il caldo sole estivo e sussurrando “Il mio sole....”, e Siegmeyer si era comodamente seduto alla base del suddetto macigno a gustare il suo liquore d'annata accompagnandolo con un po' di carne secca dalle provviste. Finito di disporre in cerchio le pietre, Lautrec si tolse dalla schiena la sua sacca da viaggio, l'aprì e cominciò a rovistarci dentro in cerca di qualcosa che tirò fuori poco dopo: una corta spada arrugginita dall'aspetto anonimo.

Oscar, notando lo strano strumento, si rialzò e si avvicinò incuriosito. Era certo che Lautrec non avesse avuto con sé quella vecchia lama, prima che.... beh, prima che finissero per qualche assurda ragione catapultati in quel mondo estraneo. << Lautrec, ma che stai facendo? A che ti serve quella spada? >>.

Quest'ultimo lo osservò fiero dalla visiera del suo elmo, prendendo con due mani un involto di tela scomposto dalla sua sacca. << Questa, caro Oscar >> disse con voce fiera << è la chiave per la nostra sopravvivenza! >>. E detto questo, rovesciò il contenuto dell'involto dentro il cerchio di pietre: un cumulo di ossa umane.

Oscar osservò stupefatto, incapace di dire una parola. Persino Solaire e Siegmeyer misero da parte le loro faccende personali ed accorsero ad assistere.

<< Lautrec! Le ossa, la spada.... Stai... Stai pensando di fare.... >> farfugliò Sir Onion.

Il cavaliere dorato annuì orgoglioso. << Sì, Siegmeyer: grazie a me e al mio acume, potremo accendere un Falò! >>.

Solaire lo squadrò di rimando, notevolmente colpito. << Ma... Intendi, QUEL tipo di falò? Non uno normale? Davvero puoi farlo? >>.

<< Esatto, Solaire, intendo creare un Falò di Lordran, che ci permetta di ripristinare le energie e di non diventare vuoti! >>. I due cavalieri fecero un profondo “Ooooooooh” d'ammirazione. Soltanto Oscar era rimasto muto, ad osservare il mucchio di vecchie ossa che era stato ben disposto nel frattempo da Lautrec. << Allora, Oscar, che ne pensi? >> chiese quest'ultimo.

Dopo un secondo di riflessione, il cavaliere di Astora chiese, sospettoso: << Lautrec.... Queste non sono ossa di non morto provenienti dal nostro mondo. Sono umane. Lì ci sono teschi, teschi umani! Dove cavolo li hai presi?? >> << Ah sì, sulle montagne dove siamo stati trasportati c'erano dei tumuli di pietre, li ho aperti e ho preso tutto. >> << CHEEE???? >> gridarono in coro i tre guerrieri, esterefatti.

<< Lautrec, questo è profondamente amorale! >> lo rimproverò Solaire, mentre Siegmeyer scuoteva la testa. << Dovrei prenderti a sculacciate per questo! >>.

Oscar incalzò. << Lautrec, quelle ossa probabilmente erano persone, prima.... >>.

Ma l'altro, in una perfetta aura di menefreghismo, rispose: << Nah, non ha importanza, ormai sono morti... >>. Detto questo, prese la spada corrosa dal tempo e la piantò dentro il mucchio di salme. << Vedrete, ragazzi, che grazie a me, il prode Lautrec di Carim, potremo presto riprovare il piacevole calore delle fiamme di un Falò!!! >>. Quindi, eretto in una posizione solenne, impose la mano sinistra appena al di sopra del pomo della spada, concentrandosi.

Attimi di intenso silenzio, colmo di aspettative, speranze e tensioni, si sparsero nell'aria intorno ai quattro eroi degni di un'Armata Brancaleone, secondi lunghissimi che si riversarono come gocce di pioggia nel fiume delle sabbie del tempo, tramutandosi in minuti che duravano ere intere.

Poi, dopo cinque minuti, Lautrec tolse la mano e affermò stizzito: << No, non funziona. >>.

<< Noooooo, ma daiiiiii! Ma veramente?? Ma tu pensa, non l'avrei mai immaginato che quella che stavi facendo fosse tutta una cazzata! >> commentò con sommo sarcasmo Oscar, incrociando le braccia al petto e scoccando un'occhiata eloquente al cavaliere di Carim.

Questi, irritato, lo fulminò collo sguardo. << Non è possibile, è in tutto e per tutto uguale a quelli dalle nostre parti, ho addirittura messo delle pietre attorno! >> << Lautrec, quelle lì non sono nemmeno ossa di non morto, sono tarocche! Inoltre noi non sappiamo un bel niente di che genere di rituali ci siano dietro la creazione dei Falò!!! >> << Ah, bene! Visto che Mister Sapientone di Astora qui presente sa come si fa un Falò, dimmi, cosa occorre??? >> << Occorrerebbe che dentro il tuo elmo di bronzo ci fosse una testa dotata di un cervello!!! >> << IDIOTA!!!!! >> << FIGLIO DI UN DEMONE TORO!!!!!! >> << CAVALIERE D'ELITE DELLE MIE PAL- >> << SANTO GWIN!!!! SEI PIU' TESTARDO DI QUEL FURFANTE DI MIO FRATELLO!!!!! >> << AVANTI, DIMMI COSA MANCHEREBBE AL MIO FOTTUTO FALO', RAZZA DI - >>

<< A questo falò manca indubbiamente una donna. >>.

I due litiganti si bloccarono all'improvviso, ognuno con le dita infilate nella visiera dell'altro, voltandosi a guardare ammutoliti colui che aveva parlato: Solaire.

<< Che? >> disse Oscar.

<< Cosa? >> disse Lautrec.

Il Guerriero del Sole sospirò, come un padre paziente di fronte al litigio dei suoi figli per un gioco nuovo. << Quel falò, autentico o meno, che sia, non si accenderà mai, se non portate qui prima una Guardiana. >>.

Gli occhi di Lautrec si illuminarono di uno sguardo carico di comprensione, insieme a quelli colpiti di Oscar. << Giusto.... Ma è ovvio! La Guardiana del Falò! >>.

<< Solo le Guardiane possono accendere, alimentare e tenere viva la fiamma di un falò. Senza di loro, dopotutto, essi cessano di funzionare, spegnendosi. E ciò è un chiaro segno del profondo legame tra i falò e quelle donne speciali! >> concluse Solaire con magistrale solennità.

<< Porc... E' vero, maledizione! Me n'ero completamente scordato! Lautrec, scusa se mi sono... >>. Oscar si voltò verso il punto al suo fianco dove doveva esserci il compagno, ma non vide nessuno. Girò su se stesso, vedendo Lautrec di spalle che, a grandi passi, si dirigeva verso una parte inesplorata della foresta. << Ma, Lautrec, dove stai andando? >>.

Il cavaliere dorato parlò senza neppure voltarsi. << Non ho tempo per queste cose, ho... alcune faccende da sbrigare. Tornerò presto, spero. Ah, Siegmeyer! >> e qui si voltò verso il cavaliere e gli puntò un dito contro. << Mi raccomando, monta le tende! >>.

Per poco il povero guerriero non cascò a terra dallo stupore. << Cosa??? Ma-ma perchè, ho già portato fino a qua le provviste di tutti, per un tratto di strada lunghissimo... >>.

<< Ci vediamo dopo! >> salutò Lautrec, inoltrandosi spedito nel folto degli alberi.

Siegmeyer, basito, si sedette pesantemente sul masso della radura, mormorando sconsolato sulla sua sciagura. Oscar ancora fissava il punto dove il compagno era sparito, domandandosi quale piano scellerato avesse in mente. Poichè i piani di Lautrec comprendevano sempre un grasso contorno di guai per tutti loro!

<< Non trovate che sia una magnifica giornata di sole? >> chiese raggiante Solaire, nel suo personale tentativo di risollevare gli animi.

<< Sì, Solaire.... sì.... >> risposero i due in un coro sommesso.

 

   
 
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