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Autore: Vago    01/02/2016    3 recensioni
Libro Primo.
Dall'ultimo capitolo:
"Che schifo.
Dopo tanto tempo che passi con qualcuno ti ci finisci per affezionare.
Non so chi, tra di loro, mi mancherà di più.
Forse tutti, o forse nessuno. Prima o poi dimenticherò i loro nomi.
In fondo, mi sono divertito a seguirli.
Sai, la mia ironia non ha perso l’occasione di affiorare.
Ho visto cose incredibili. Draghi, fate, esseri fantastici… e poi la magia. Quant’è bella?
Peccato che, se mai uscirai da lì, non potrai vederla con i tuoi occhi…
Nel mio viaggio con quei cinque ragazzi ho visto cose veramente incredibili.
Questo nuovo mondo è pieno di sorprese. Sarebbe bello poterlo esplorare assieme a te… Come ai vecchi tempi…
[...]
Ho visto perfino le armi elementari all’opera ancora una volta.
Non mi è dispiaciuto fino in fondo questo lavoro… O forse sì.
Il finale è stato bello e, nonostante tutto, devo ammetterlo, perfino io mi sono commosso, ogni tanto.
Un ragazzo si è sacrificato per i suoi compagni. Forse c’è ancora qualcuno non corrotto, in fondo.
[...]
Incredibile.
Non ho mai visto cose di questo tipo in tutta la mia vita…
Aspetta un attimo, così potrai vedermi anche tu."
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Storia revisionata
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 L’ampio portone nero cedette a una zampata di Seisten.
Il corridoio che vi era dietro era totalmente deserto, non volava neanche una mosca nel vero senso dell'idioma. La calma era mortuaria.
Le pareti erano state coperte da enormi drappi rossi e l’aria fredda pareva quella di una ghiacciaia.
I Cavalieri entrarono nella rocca lasciando i draghi di guardia all’esterno della struttura. Non voleva che si presentassero complicazioni al loro compito.
La rocca era un susseguirsi di corridoi e scale, i loro passi cadevano perennemente sul tappeto nero che ricopriva il pavimento e, dietro ogni nuova porta che aprivano, li aspettava una stanza occupata per gran parte del  suo volume, da un arazzo ricamato con la stessa corona su campo nero che sventolava all’esterno e che aveva portato il povero drago malconcio alla morte.

Un posto allegro.
Mi chiedo come abbia fatto il re ad impazzire.

I piani si susseguivano uguali, non c’erano quadri, mobili o esseri viventi che tradissero il cambio delle sale.
Una grande con quattro porte, una per parete. Dietro ogni porta un corridoio che portava a sei stanze più piccole e, solo al fondo di uno di questi, si trovavano le scale per il piano superiore.
- Ragazzi, quanti piani... credete che ne manchino ancora molti alla sala del trono?-  chiese Trado ansimando.
- Non ne ho... assolutamente… la minima idea.-  Ansimò a sua volta Codero fermandosi sul gradino per riprendere fiato.
- Più che altro... non vi sembra che sia tutto... tutto troppo facile?-  disse Ardof.
- Il re avrà... un'arma segreta... o una specie di mostro al suo fianco.-  rispose Trado.
- Zitti... zitti e continuare a camminare. – ordinò Frida secca – Sembrate Vago.-  
- Si, signora!-  bisbigliarono i tre all'unisono.
- Vi ho sentiti!-
Continuarono a salire, scalinata su scalinata, corridoio su corridoio, sala su sala.
“Ardof?” chiamò Trado con la mente.
“Si? Che c’è?”
“Io te l’avevo detto, quella sera, nella base della Resistenza.”
“Cosa mi avevi detto?”
“Che tu e Frida siete una coppia perfetta.”
“Non ci crederai. Ma credo che Vago l’avesse già previsto ancor prima di entrare in possesso del libro del Fato… sono stato un cieco a non cogliere l’indizio che mi ha lasciato.”
“Che indizio?”
“Un bastone sulla faccia.”
“In che senso?”
“Letteralmente mi ha fatto arrivare un ramo sulla faccia.”

Incredibile, alla fine ci sei arrivato.
Avevo perso ogni speranza.

Il discorso fu interrotto da una voce tanto bassa da far tremare le pareti stesse del castello. Il Cavaliere verde non poté che guardarsi spaurito intorno a quel suono cupo, indistinguibile.
- Fermi.-  disse Codero.
I compagni di viaggio non lo sentirono.
- Fermatevi! Fermatevi un attimo!-  ordinò di nuovo il Cavaliere.
- Cosa succede? Sbrigati che con un’altra scossa del genere rischiamo di farci cadere una pietra in testa, se stiamo troppo fermi.-  domandò Trado alzando un sopracciglio.
- Chi è?-  chiese Codero come se non avesse sentito la domanda del compagno.
- Cosa hai detto?-  chiese Frida voltandosi.
- Non avete sentito la voce che ci ordinava di fermarci?-  
- No. Deve essere... l'ambiente. Siamo tutti sotto pressione.-  concluse Trado.
Le pareti vibrarono di nuovo.
- Lo ho sentito di nuovo.-  
- Cosa dice questa volta?-  chiese Ardof.
- Mi dice ancora di fermarmi. Non credo di essermela immaginata per la seconda volta.-
- Assecondiamolo.-  Frida si fermò di colpo.
- Bene. Ora dovete aspettarmi.-  disse ancora Codero con gli occhi socchiusi.
- E noi lo aspetteremo. Chiunque egli sia. Magari il re ha deciso di venirci incontro.-  ripeté Ardof.
- Speriamo non si faccia attendere... – commentò Trado – E speriamo non sia una trappola del re.-  aggiunse.
Dal soffitto cominciarono a cadere piccole gocce verdi fluorescenti che, con l’ultima luce di quel tardo pomeriggio si vedevano nitide sui tappeti neri pece.
Le gocce colarono per la scala lasciando dietro di loro una striscia verde. I ragazzi la seguirono finché non finiva nel muro. Fu Trado a prendere l'iniziativa. - Dast Hert. “Vento Soffia.”-  
La parete cedette sotto la pressante forza dei venti scatenati dal Domatore. Si rivelò un montacarichi.
I quattro vi entrarono e tirarono la fune per salire. Seguirono la scia luminosa, in alto, sempre più in alto. Finalmente la striscia fosforescente si fermò, questa volta in una porta scura.
- Dast Hert. “Vento Soffia.”-  
Il legno scricchiolò, poi cedette. Un'altra scala. La striscia questa volta saliva. Poi un'altra volta nel muro, dall'altra parte della parete. Questa volta, però, c'era una seconda scala, a chiocciola, su ogni scalino brillava una goccia fosforescente.
Salirono. Salirono. Salirono ancora. Ogni tanto la scala cambiava direzione. Prima in senso anti-orario, poi orario.
Gli scalini si facevano sempre più logori e scricchiolati. Ardof e Trado dovettero portare su a forza Codero che per la prima volta in vita sua stava soffrendo di vertigini.
Quando alla fine raggiunsero una porta rossa, a due battenti e alta almeno due metri e mezzo si sentirono quasi rinascere, nonostante sapessero che dietro quel portone li aspettava colui per cui tutto era cominciato.

Giusto per far chiarezza: qui dentro non c’è nulla che abbia senso.
Questa struttura non ha una torre abbastanza alta per contenere tutte le scale che abbiamo percorso, senza contare che non ci sarebbe posto per la sala in cui stiamo per entrare.
Dev’essere un incantesimo che influisce sullo spazio…

- Non vi sembra che per essere la sala del trono è un po' sguarnita in quanto a guardie?-  fece notare Trado.
- Si. – disse fredda Frida – Il re avrà sicuramente un asso nella manica. Dobbiamo fare molta attenzione.-
Ardof diede un colpetto con la punta dello stivale sul portone, il ferro contro il legno tintinnò.
Il portone si aprì senza rumore rotando su cardini ben oliati.
Dentro la sala tutto era nero: le pareti, il soffitto, il pavimento, i due troni…
L'unica luce proveniva da poche candele fluttuanti a mezz'aria addossate alle pareti.
Lunghi drappi pesanti e scuri cadevano dal soffitto, forse coprendo quelle che erano state delle finestre.

Oscurità deve avergli dato qualche dritta per quanto riguarda l’arredamento, non c’è che dire.

Sui due troni vi erano seduti un uomo con il viso coperto da un cappuccio e una donna con una lunga veste blu notte, che guardò i nuovi arrivati curiosa.
- Benvenuti nella mia reggia. Cosa può fare Reis per voi?-  il re sembrava serio.
- Potresti far smettere la guerra in corso.-  suggerì Frida.
- No, non posso. Devo purificare questa terra dalle razze impure. Non meritevoli di questa meraviglia che è la vita.-  
- Ma stiamo vivendo in pace con le altre razze! Perché distruggerle?-  chiese esasperato Ardof.
- Adesso stiamo bene perché ho già sterminato gli orchi, gli unicorni, l'unica fenice esistente, le cui ceneri bruceranno per sempre per impedire che questa rinasca, e la maggior parte dei troll. Pensa che meraviglia quando distruggerò i folletti, i nani, le fate e le sirene! Sarà un paradiso per gli uomini! Gli umani sono l’unica razza che è veramente meritevole di vita, l’unica che non è nata per un capriccio degli dei!-  
- Ma non ha senso!-  continuò il cavaliere del fuoco.
- Si che ha un senso, perché lo dico io!-  il re si tolse il cappuccio mostrando gli occhi dardeggianti e i capelli che si dimenavano come serpenti blu.
- Come puoi dire che gli umani siano superiori, se nemmeno tu lo sei!-  urlò Codero.
- Lo ero. Ma ero debole. Il dio del caos mi è venuto a trovare. Ci siamo alleati, uniti. Mi ha dato il potere. Ora siamo invincibili!-  

Oh! Ma guarda chi si rivede!
Vedo che in quella caduta non ti sei fatto abbastanza male… peccato. Sarà per la prossima volta.

- Quello con cui ti sei unito non è il dio del Caos. Quello vero ora risiede nella Volta Celeste, insieme ai suoi fratelli. Chi ora domina il tuo corpo è un demone. Un demone che fu esiliato dalla Volta e che la cui caduta sulla Terra causò il Cambiamento.-
- Zitti!-  i capelli del re si rizzarono, dalle mani scaturirono due fuochi fatui blu che sfrecciarono verso i Cavalieri.
Il dio della Terra sorse imperioso dal pavimento e assorbì il colpo, esplodendo in mille pezzi. Dai resti del dio uscirono quattro scintille colorate che si posarono sul cuore dei Cavalieri.

Ma cosa? Terra?
Perché diavolo hai parato tu quel colpo?
Non ti rendi conto che ci hai condannati tutti?
Maledizione. Da qui non ne esco vivo.
Se la situazione non migliora alla svelta sarò costretto a manifestarmi… tanto non mi rimane ancora molto tempo da vivere…

Le incarnazioni sentirono un calore nuovo. Poi un formicolio in tutto il corpo. Infine lo spazio alterarsi.
In pochi secondi al posto dei due umani e dei due elfi si ergevano quattro bestie leggendarie: una sirena dalla sinuosa coda dai colori dell'arcobaleno; un golem, un colosso di pietra con due occhi stilizzati e un terzo sulla fronte e le tre parole aleph, mem e thau incise sopra quest’ultimo; una fenice rossa con due lunghe piume azzurre che dalla sommità del capo cadevano sul resto del corpo, seguendo il profilo delle piume porpora e dorate che ricoprivano ali e corpo; ed un lungo serpente verde smeraldino con un cresta di piume azzurre sulla nuca che ricadevano sul collo, da dove spuntavano due ali candide talmente lunghe da poter toccare la punta aguzza della coda.
- Cosa, cosa è successo? Che magia è mai questa?-  urlò inferocito Reis.
- Non è una magia. – disse la fenice con voce alterata – È il potere degli Dei. Gli Dei veri, quelli primigeni che crearono questo mondo.-  
- No! Non è possibile. Io sono l'unico dio! Io! L'unico!-  la voce del re era alterata, era più acuta di prima e gli occhi lampeggiavano d'ira. Letteralmente.
- No. Tu non sei un dio. Non sei abbastanza potente.-  lo stuzzicò il serpente piumato.

Vorrei ricordarvi che nemmeno voi siete dei…

- No, ti sbagli. – disse calmo il re, o chi lo controllava. – Io ho tutto il potere che voglio!-  il corpo di Reis fu scosso da molti spasmi.
Il re dimagrì di colpo, la pelle gli si tirò fino a quasi a strapparsi. La sua carnagione si scurì fino a diventare nera. La schiena si ingobbì. Quello che si rialzò non era più umano.

Maledizione… Ora vomito…

Sembrava uno di quei demoni contro cui stavano combattendo i ribelli, ma era più grosso, con i muscoli tonici sotto la pelle scura. Gli occhi, ora incavati, guardavano con disgusto le quattro bestie che gli si paravano davanti.

Va bene. Si prega di far uscire tutti i bambini dalla sala.
Non so se riuscirò ancora a dormire con quel corpo impresso nella testa. È molto più brutto di qualsiasi cosa abbia mai visto.
Avete presente i vermoni demoniaci che scavano al posto dei folletti? Bene. In questo momento, se mai un pazzo mi domandasse chi bacerei tra i due, innanzi tutto lo manderei a quel paese, poi scegliere comunque il vermone umidiccio.
Non so se sono riuscito a farvi capire quant’è brutto quest’affare.

La fenice si buttò con gli artigli aperti contro il re che, senza fiatare, si spostò di lato, evitando l’assalto e colpendo l’uccello dal piumaggio rosso con un pugno sul dorso talmente potente da schiantarlo a terra.
Golem e serpente piumato si gettarono contro quel mostro, che continuò ad evitare i colpi restituendone altrettanti, sufficientemente forti da crepare il corpo marmoreo del golem.
La sirena prese da terra lo spadone che aveva lasciato cadere e puntò la lama contro la gola del re, senza riuscire a trapassarla.
- Mi dispiace, ora sono un dio, non posso morire per così poco.-
La fenice tornò all’assalto, ma venne sbattuta contro una delle pareti.
Le quattro bestie si guardarono.
Un incantesimo.
Lo avevano imparato all'accademia. Il professore glielo aveva insegnato con queste esatte parole. - L'incantesimo più potente mai concepito dall'uomo non è stato inventato dopo il Cambiamento. È stato creato in epoca medioevale da un'alchimista in cerca della pietra filosofale. Quest'incantesimo è composto da una sola parola: Serynto. “Potere dell'elemento.” Quest'incantesimo trae energia dal vostro elemento. Ma ricordate: una volta usata questa magia le energie del vostro corpo scemeranno, portandovi alla morte. Devo insegnarvelo per darvi un‘ultima arma quando le vostre forze non basteranno e la vostra spada non taglierà più, ma spero che quel giorno non arrivi mai.-
La fenice si chiese quanti Serynto fossero stati lanciati, quando l’armata dell’Ordine capì che sarebbe stata sconfitta.
“Ragazzi. – chiamò Ardof con la mente – Penso sia il momento dell'incantesimo dell'elemento.”
“No. – contestò il serpente piumato, quasi disperatamente – Ci deve essere un altro modo, non voglio morire di nuovo! Questa volta nessuno ci potrà più far tornare indietro!”
“No, la fenice ha ragione. – disse la sirena tristemente. – Abbiamo delle nuove riserve di energia. Con questi corpi siamo più potenti. Abbiamo un solo colpo e una sola possibilità. Non dobbiamo sprecarla.”
“Va bene, facciamolo. Che gli Dei siano con noi.” Si rassegnò il serpente piumato allargando le ali.
“Sempre e comunque io vi seguirò.” rispose il golem.
In un fiato i quattro dissero la formula.
- Serynto.-  il bagliore sul petto dei ragazzi s'intensificò, fino a diventare un vortice di luce pura.
I quattro globi si unirono, si compattarono, andarono a creare una sfera dorata che girava su se stessa a una velocità incredibile. Al suo interno sembravano esserci piccole scariche di energia.
Un calo improvviso delle forza, poi la sfera scattò verso il re.

Purtroppo per te non siamo più nella Volta, e questa volta il tuo corpo è materiale. Non penso che te la caverai con un semplice saltino nello spazio-tempo.
Fai buon viaggio!

Un lampo, gli occhi delle creature mitiche bruciarono per la luce accecante che li colpì, intanto i quattro Cavalieri sentirono i loro corpi farsi sempre più deboli e stanchi. Finché non riassunsero le loro forme originali.
Il corpo deformato del re fu investito dal fascio di energia, Reis urlò mentre la sua pelle nera si spaccava, dalle ferite uscì un fumo scuro e denso che prese una forma quasi umana.
Il fantasma urlò a sua volta, spandendosi per la sala come a volerla occupare per intero, poi cadere a terra come cenere.
Piano, lentamente la scintilla sul petto dei ragazzi venne assorbita dalla pelle, dai muscoli, dallo spirito.
Il cuore dei Cavalieri ricominciò a battere. A battere come prima di aver pronunciato l’incantesimo dell'elemento e come prima della loro trasformazione.
Quando i quattro si rialzarono per prima cosa controllarono di non essere di nuovo morti, tastandosi il corpo per accertarsi della sua solidità. Solo dopo si accorsero dei resti del re a terra fumanti.
- È, è finita? È tutto finito?-  chiese Codero ancora ascoltando il suo polso.
- Si. – disse Trado con la voce rotta dall'emozione e gli occhi pieni di lacrime. – Si Codero. Ora è tutto finito! Finalmente! Contro ogni previsione siamo riusciti a vincere.-  
- Quindi abbiamo vinto per davvero, noi...-  Ardof non finì la frase per colpa di uno scossone violento. Poco dopo cadde un pezzo di soffitto. Un altro scossone.
La donna parlò con la voce di quella che pareva appartenere a una bambina. - Questo edificio era tenuto insieme dalla magia di Reis. Senza di lui crollerà tutto in pochissimo tempo.-
Ardof corse a spostare un dei pesanti drappi scuri che erano stati appesi alle pareti, sperando in una via di fuga. - Non ci sono finestre! Penso che non ci siano altre via d’uscita da questa sala!-  
- No, c'è un'altra uscita.-  Codero colpì il muro con la mazza che stava perdendo la sua luminosità e sfondò la parete, facendo cadere blocchi di pietra all’esterno. Poi si buttò nel vuoto chiamando mentalmente Marfest.
- Quello è pazzo. Oppure sa volare?-  
- Stia tranquilla. Si fidi di noi. Non moriremo per così poco.-  Ardof cercò di risponderle senza sapere se trattarla come un’adulta o una bambina.
- Io vado.-  Trado si buttò.
- Ardof ci pensi tu qui?-  
- Si, tranquilla.-  
Frida si lanciò nel vuoto.
- Dopo di lei, signora.-  Ardof fece una buffa riverenza, forse un po’ fuori luogo, ma era ancora euforico per la vittoria che erano riusciti ad ottenere.
La donna si sporse un poco dal buco nel muro, una fitta nebbia le impediva di vedere i draghi. Ci fu un altro scossone.
- Ma io non so volare.-
Ardof spinse la donna oltre il buco e le si gettò dietro.

Bene. Io vado. Spero non vi spalmiate al suolo come formaggio.

“Erdost, se non vuoi che il tuo compagno di volo faccia la fine di una frittata ti converrebbe venire a prendermi. E se riesci prendi anche la donna davanti a me. Vedi di riuscirci.”
Un ombra passò accanto al Cavaliere. Dopodiché Ardof si trovò aggrappato al muso del drago carminio, a fissare la cicatrice bianca tra le squame.
Gli grattò il muso, sollevato di vederlo.
Il Cavaliere, tenendosi alle punte d’avorio sul collo di Erdost, si issò sulla sella, aspettando di vedere la terra.
Erdost strinse la veste blu della donna tra i denti e la posò delicatamente al suolo dopo alcuni secondi. 

   
 
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