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Autore: Vago    05/02/2016    3 recensioni
Libro Primo.
Dall'ultimo capitolo:
"Che schifo.
Dopo tanto tempo che passi con qualcuno ti ci finisci per affezionare.
Non so chi, tra di loro, mi mancherà di più.
Forse tutti, o forse nessuno. Prima o poi dimenticherò i loro nomi.
In fondo, mi sono divertito a seguirli.
Sai, la mia ironia non ha perso l’occasione di affiorare.
Ho visto cose incredibili. Draghi, fate, esseri fantastici… e poi la magia. Quant’è bella?
Peccato che, se mai uscirai da lì, non potrai vederla con i tuoi occhi…
Nel mio viaggio con quei cinque ragazzi ho visto cose veramente incredibili.
Questo nuovo mondo è pieno di sorprese. Sarebbe bello poterlo esplorare assieme a te… Come ai vecchi tempi…
[...]
Ho visto perfino le armi elementari all’opera ancora una volta.
Non mi è dispiaciuto fino in fondo questo lavoro… O forse sì.
Il finale è stato bello e, nonostante tutto, devo ammetterlo, perfino io mi sono commosso, ogni tanto.
Un ragazzo si è sacrificato per i suoi compagni. Forse c’è ancora qualcuno non corrotto, in fondo.
[...]
Incredibile.
Non ho mai visto cose di questo tipo in tutta la mia vita…
Aspetta un attimo, così potrai vedermi anche tu."
------------
Storia revisionata
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Dopo tutti i convenevoli tra Nestra e Feran e le congratulazioni di Fariuna al drago ramato, tutti i soldati si apprestarono a recuperare i propri bagagli e uscire dalla grotta per tornare a casa. Finalmente.
Non sarebbe stato semplice per loro tornare alla vita normale, imparare di nuovo a vivere senza il terrore di poter morire da un momento all’altro, ma il tempo li avrebbe aiutati. Poco a poco.

Si, certo. Oppure sarebbero entrati in psicosi, avrebbero avuto complicazioni di tutti i tipi tra cui paranoia, insonnia e problemi affini e, magari, sarebbero caduti vittime dell’alcolismo.
Ma mi piace il tuo modo di pensare.
Sempre ottimista, mi raccomando.

- Frida, Ardof. Mi sembra giusto, prima di partire, andare dare un ultimo saluto a Vago. Se lo merita.-  
- Si, caro... a proposito di Vago… è successa una cosa terribile mentre non voi c'eravate... Nella concitazione del momento, poi con gli dei e… me ne ero scordata fin quando non l’hai nominato… mi spiace davvero tanto.-  
- Cosa? Ti spiace per cosa?-  chiese Trado un po' preoccupato.
- Venite a vedere.-
Il sepolcro di Vago era distrutto: il blocco di ghiaccio sfaccettato era per terra, rotto in centinaia di schegge che non si sarebbero mai sciolte. Le quattro statue dei cavalieri erano collassate senza la magia di Codero a sostenerle e i corpi di Vago e Defost erano stati portati via. Trascinati, visto che sul pavimento luccicavano alcune squame bianche.
- Dannazione! – imprecò Frida – Che cosa è successo qui?-
- Non lo so. Nessuno di quelli che sono rimasti qui lo sa. Le statue sono crollate e il blocco si è schiantato. Da quel momento non siamo più potute venire qui. Non so chi abbia potuto prendere il corpo di Vago… Io non lo so! Mi dispiace!-  
- Va bene. Non è colpa tua. – disse sospirando Ardof – Oramai è così. Non riusciremmo più a rintracciare i loro corpi. Se chi li ha presi è un discreto trafugatore di reliquie li avrà già nascosti chissà dove. Magari per venderli. Che fine ingloriosa dopo tutto quel che ha passato… Ora che la guerra è finita bisognerà rimettere in sesto le terre. Chiamiamo Fariuna, Drake, Fasto e gli altri. Dobbiamo parlargli.-  

Comunque, trafugatore di reliquie discreto o meno, voglio vedere chi è disposto a comprare un cadavere.
Fossi stato io avrei preso solo la spada, l’armatura da Cavaliere, un paio di squame e, proprio per fare quello che sa cosa sta facendo, il libro del Fato. Poi me ne sarei andato.
Quelli erano oggetti più piccoli, potevano passare inosservati e si vendevano sicuramente meglio di un corpo rimasto congelato per settimane.
O forse mi sbaglio. Dopotutto nel tempo libero gioco a carte, non trafugo reliquie.

Quando furono tutti riuniti Farionim prese la parola.
- Ho pensato a un nuovo sistema di governo per le terre. Secondo me dovremmo creare almeno quattro nazioni distinte. Ognuna indipendente dalle altre.-  
- Si, va bene. Ma a con alcune condizioni. – disse Trado – Ce ne dovrà essere una centrale, in cui avranno sede il Palazzo del Mezzogiorno, quello della Mezzanotte e le sedi del potere di tutte le nazioni. Ma soprattutto non dovrete affidare a noi tre il potere, dividetevelo tra di voi, fate quel che volete. Non mi interessa come ve la sbrigherete. Non metteteci in mezzo in nessun modo. Noi gestiremo le nuove generazioni di Cavalieri e non vogliamo rimanere incastrati nelle vostre faccende politiche.-
- D'accordo. Io propongo di fondare quattro terre. Come sono quattro gli dei che ci osservano. – borbottò Vroyer indicando i Cavalieri – Una terra dell'Acqua per le sirene e le fate, una del Fuoco per i draghi, una delle Rocce per noi nani e i folletti e una dell'Aria per umani e elfi.-  
- Bene, l'accordo è preso?-  chiese Frida impaziente.
- No, questa proposta è fattibile, ma… – disse Drake non troppo convinto – Bisognerebbe ancora deciderne la gestione... e i confini. E le leggi. Senza contare i limiti che dovremo imporre ai reggenti e i loro poteri…-

Voglio giocare anch’io! Voglio una regione tutta mia! Dove tutti devono vestirsi eleganti e passare almeno un’ora al giorno ad adorarmi!
Ma, insomma! Vi rendete conto che state parlando di politica con quattro ventenni appena usciti da una guerra?
 
- Sapete farlo anche da soli, noi ora dobbiamo andare.-  detto ciò Frida si alzò e uscì all'aperto.
Gli altri tre la seguirono.
- Ragazzi. Io prima di cominciare una nuova vita devo chiudere con la vecchia. Vado a fare visita al mio paese. Almeno per un’ultima volta.-  disse Ardof.
- Si, io e Diana andremo a fare un giro per la Grande Vivente. Vogliamo vedere se i nostri genitori sono ancora vivi dopo tutto quel che è successo.-
- Lo stesso vale per me. Tra otto giorni ci incontriamo al palazzo della Mezzanotte. Dovremo cominciare a spostare tutto.-  concluse Frida.
- Cavalieri! Cavalieri! Aspettatemi, vi prego!-  Vroyer arrivò corricchiando sulle sue gambette tozze.
- Cavalieri!-  ripeté il re dei nani quando fu più vicino.
- Si?-  chiese Diana.
- Il mio popolo ha deciso di togliere la vetta al Flentu Gar, il signore dei monti che domina al centro dei Monti Muraglia, per far posto alla terra centrale.-  
- Grazie Vroyer. Sarebbe un grande gesto per noi. Ma è sicuro di poter rendere realizzabile questo progetto?-  disse a sua volta Ardof.
- Sicuro come sono sicuro di essere davanti a te.-

E io rimarrò qui. Non posso lasciare che le fondamenta del nuovo governo vengano gettate senza la mia firma.
Dopotutto quello di dirottare le decisioni politiche è un altro dei miei compiti principali.
Vedrò di raggiungerli appena avrò finito con loro.

Dopo un ultimo saluto i quattro Cavalieri, sul dorso dei loro draghi, decollarono verso le colline che li separavano dalle loro mete.
“ Ardof, devi dirmi una cosa. Cosa è successo prima che atterrasse Feran? Ti ho perso per quasi tre minuti.”
“ Gli dei ci hanno convocato nella volta per ringraziarci e farci un piccolo dono. Come ringraziamento per il nostro lavoro.”
“ Che sarebbe?”
Ardof agganciò l'alabarda vicino alla sacca in cui aveva messo la tuta da Cavaliere. Prese una profonda boccata d’aria fredda e si lasciò cadere nel vuoto.
“ Ardof! Che stai facendo? Ardof, ti sei mangiato il cervello? Hai perso completamente la ragione!”
Ardof sentì un brivido in tutto il corpo, poi le sue ali si aprirono. Il ragazzo riprese quota.
“ È magnifico!” disse impressionato Erdost.
“ Facciamo una gara?”
“ Non c'è speranza per te. Volo da una vita, io.”
“ E allora? Io ho le ali da un’ora, cosa cambia?”
I due volarono affiancati per gran parte del pomeriggio.
Atterrarono poco distanti dal Palazzo della Mezzanotte.
“ Erdost, non riesco praticamente più a muovermi. Sono distrutto.”
“ Te l'avevo detto che non avevi speranza.”
Ardof mangiò qualche pezzo di carne secca che gli era rimasto nelle bisacce. Andò poi a dormire esausto.
La mattina non riusciva quasi a camminare, volare si era dimostrato più impegnativo del previsto ed ora i suoi muscoli ne stavano risentendo, dagli addominali ai muscoli del collo e delle gambe.
Scoprì quasi per caso come spegnere il pennacchio dell’elmo della sua nuova armatura, poté così ritiralo insieme agli altri pezzi nelle sacche vuote della sella, indossando la più confortevole tuta da Cavaliere.
Salì con una certa fatica sulla sella di Erdost, mise la sicura alla spada e incastrò meglio l'alabarda tra le bisacce della sella, in modo che non potesse cadere in nessun modo. Poi si fissò con alcuni lacci i piedi e cercò di riprendere sonno, cullato dal battito delle ali del suo drago.
Erdost si muoveva lentamente in modo da non disturbare il suo compagno di volo. Ci avrebbero impiegato un po' di tempo in più per arrivare a destinazione, ma andava bene così. Oramai non avevano più fretta, la guerra era finita, non c'era più niente che avrebbe potuto rovinare quel momento, neanche la peggiore delle turbolenze.
Si fece presto buio, il drago carminio stava sorvolando un tratto abitato della Pianura Umana, ma sembrava che nessuno lo riuscisse a distinguere dal cielo.
Erdost atterrò in uno spiazzo libero da colture o rovi, proprio in mezzo a un frutteto che si sarebbe quasi potuto dire abbandonato a se stesso. Probabilmente non ci andava più nessuno da quando era scoppiata la guerra.
Tutto intorno i rovi crescevano indisturbati.
Una cassetta in legno era abbandonata per terra, infestata dalle erbacce e con un angolo coperto dalla muffa.
Il drago sfregiato fece scendere con la massima delicatezza Ardof senza svegliarlo, ebbe qualche problema a fargli scivolare i piedi fuori dalle staffe, ma alla fine riuscì ad adagiarlo su una zona del terreno sgombra.
L’animale si librò di nuovo in volo per andare a cacciare, era da quando erano entrati nel castello che non mangiava qualcosa che gli riempisse davvero lo stomaco.
Non temeva per il suo compagno di volo, aveva visto e combattuto talmente tante cose strane che non si sarebbe fatto spaventare da un possibile brigante in cerca di refurtiva e soldi facili.

- Ehi, Mirko, mamma! Venite, c'è un intruso! Nella nostro fortino è entrato qualcuno!-  
- E chi è questo intruso? Un passerotto o uno scoiattolo, Sif?-  Joanna, la madre di Sif e Mirko, scavalcò i rovi portando sulle spalle un bambino che avrà avuto al massimo cinque anni.

Ma come? Prendi alla leggera uno scoiattolo ribelle?
Guarda che non bisogna mai dare confidenza agli scoiattoli. Sembrano teneroni, ma poi, quanto hai abbassato le tue difese, cominciano a tirarti e ghiande e, quando sei a terra stremato, ti rubano il portafogli.
Te lo dico io, gli scoiattoli sono delle brutte persone.
Ammettetelo, vi ero mancato.

- No, no! Qui davvero c'è qualcuno! Non è uno scoiattolo!-  Sif corse dalla madre, tirandola per la manica della camicia.
Un uomo con una strana armatura era steso dove i bambini avevano costruito il loro piccolo fortino.
Joanna corse dall'uomo e gli mise due dita sul collo. Tirò un sospiro quando sentì il lento battito del cuore. Per loro fortuna stava soltanto dormendo.
- Mirko, Sif. Non muovetevi da qui. Io vado a prendere il carretto. E chiamo anche vostro padre. Sapete dov'è?-
- Deve essere nel campo di mais a lavorare con i nonni.-  
Joanna si voltò e corse dal marito, l'unico figlio dei signori, con cui vivevano da quasi quattro anni, oramai.
Mirko e Sif girarono intorno all'uomo che dormiva. Era stata mamma a dirgli che dormiva e la mamma non si sbagliava mai. Se aveva detto che dormiva stava sicuramente dormendo.
- Ehi, Mirko. Guarda qui!-  Sif sollevò con le sue mani paffute da bambino di dieci anni l’elsa di una spada.
Il bambino sfoderò la lama dal fodero in cuoio e ne ammirò i riflessi vermigli. Con la schiena dritta diresse la punta aguzza della spada contro il tronco di un albero vicino, immaginandolo come un nemico che voleva impossessarsi del loro fortino.
Con un colpo un po' tremante taglio qualche rovo, per poi concentrarsi di nuovo contro la corteggia dell’albero cattivo.

Prima non l’ho detto? Anche gli alberi sono persone cattive.
Voi pensate che quando ti cade addosso un frutto o una pigna sia stato un caso, non è vero? E invece sbagliate! Sono gli alberi che le lasciano cadere sulle vostre teste!
Forse la situazione mi sta scappando di mano. Credo sia il caso di smetterla con queste battute squallide.

Il buio si stava facendo sempre più fitto e Mirko si avvicinò al fratello singhiozzando.
Arrivarono Joanna con il padre e un carretto.
- Sif! Metti giù quella spada!-  Urlò Joanna spaventata.
Sif abbassò lo sguardo e rimise la spada nel fodero da cui l’aveva presa.
Caricarono lo sconosciuto nella carretta e lo portarono fino alla loro casa nel paese.

Ardof si risvegliò in un letto comodo, paragonato alle cuccette di pietra dell’avamposto.
Era coperto da una coperta di lana. Indosso aveva un vestito di cotone bianco. Aveva ancora i guanti di pelle infilati nelle mani.
Sorrise, ripensando a quanto tempo era passato dall’ultima volta che se l’era tolto…
“Deve essere da quando ho preso l’uovo argento al Palazzo del Mezzogiorno.” Si disse.
Si guardò intorno. Era in una stanza con le pareti in legno.
I ricordi di quando ancora viveva con i suoi genitori lo assalirono.
Provò a chiamare Erdost ma non riusciva a concentrarsi, aveva la testa che gli pulsava.
“ Devo allenarmi molto di più nel volo.” Si disse.
La porta della camera si aprì.
- Mamma, papà! – la vocina stridula di un bambino gli fece aumentare il mal di testa. La schiena e il collo gli formicolarono. – Il signore si è svegliato!-  
Poco dopo entrarono nella stanza due uomini, una donna di circa ventuno, ventidue anni e un bambino di sei, forse. Non era mai stato bravo ad indovinare le età.
- Stai bene?-  chiese la ragazza.
- Si... si, grazie. Dove sono? Dove mi avete portato?-  
- A casa nostra. – rispose un uomo più o meno della sua stessa età, aveva i capelli scuri ed era di corporatura robusta, la pelle abbronzata tipica di chi lavora per tutto il giorno in campagna. In netto contrasto con la donna, magra e dai capelli castani – Ti abbiamo trovato nel nostro frutteto, stavi dormendo.-
- Grazie mille.-
- Ha una bella spada, signore.-  disse il primo bambino sicuro di sé.
- Sif!-  lo rimproverò l'uomo più anziano del gruppo che stava al suo capezzale.
- Mi dica. – continuò l'uomo più vecchio – Lei è uno di quei soldati del Re?-  
- No... io ho combattuto dall'altra parte. A proposito, abbiamo vinto. Il re è morto.-  
- Si... lo sapevamo già. Notizie del genere arrivano in fretta. Che cosa ci faceva da questa parti?-
- Vede, finita la guerra ho deciso di rivedere i miei genitori... è da parecchio tempo che non li vedo, sono stato trattenuto dai miei doveri, negli ultimi anni. Mi sembrava il caso di tornare a trovarli, ora che la guerra è finita. Giusto per vedere come stanno...-  
- Va bene, capisco. Devi aver lasciato casa da molto giovane, se è vero che non vedi i tuoi genitori addirittura da anni. Se te la senti di scendere è pronto pranzo.-  
Ardof si alzò barcollante e scese al piano di sotto reggendosi al corrimano della scala. Al piano inferiore c'era una tavola imbandita ad aspettarli.
Mangiò con gusto. Gli sembrava di essere tornato indietro di anni, in quella casa.
Il bambino più grande, Sif, l’avevano chiamato, continuava a fargli domande del tipo da dove venisse, quanti anni avesse, dove avesse preso quella bella spada.

Quanto detesto i bambini! Sono insopportabili.
Se non chiudi quella bocca immediatamente ti spedisco con un biglietto di sola andata in mezzo al Vrag.
Non ho potuto chiudere occhio per tutta la notte, per così dire, visto che al momento gli occhi non li ho.

Al Cavaliere venne un’idea per stupirlo.
Aveva ancora con sé il sacchetto che, normalmente, teneva legato alla cintura. Lo aprì e tirò fuori la squama di Erdost.
Nonostante fosse stata persa manteneva il suo colore brillante.
La fece vedere al bambino con gli occhi che brillavano.
- Sai cos’è questa?-
- No! È una pietra preziosa? Una cosa magica? L’hai rubato a un re potente? Dai! Cos’è?-
- È una squama di drago.-  gli rispose facendogliela cadere in mano.
- Wow! Che bella! Me la regali?-
- Ma certo. Tienila pure.-

Finito di mangiare Ardof chiese. - Scusi, dove avete messo la mia armatura e le armi?-
- Le abbiamo messe da parte. Ardof, puoi accompagnare il signore nel ripostiglio?-
Ad Ardof venne la pelle d'oca.

Oh, ragazzi, che casino adesso con i nomi. Ardof qua, Ardof là… chiamarli Ardof uno e due? Così, giusto per capirci.

Il ragazzo si alzò dalla tavola e salì le scale. Ardof lo segui. Entrarono in una stanzetta. In cui erano riposte le sue cose con la massima cura.
- Ardof, che strano nome...-  
- Si, non è molto comune.-  
- Per caso di cognome fai Neghyj?-  
- Si, come fai a conoscermi?-  
- Perché, sono io Ardof Neghyj.-  disse sfilando la mano rossa dal guanto e mostrandola al ragazzo di fronte a lui.
- Oh…-  
- Dimmi, chi sei? Sei una specie di mio sosia o uno dei soldati del Palazzo del Mezzogiorno?-
- No, il Palazzo del Mezzogiorno, per colmare i vuoti nelle famiglie dei Cavalieri, manda dei senzatetto. Io prima di venire qui non avevo né casa né famiglia.-  
- Ah. Oh. Capisco... Solo per sapere… com’è la mia vita? Cosa mi sono perso in questi anni? E mia madre, come sta?-  Chiese il Cavaliere sentendo l’ira che lo aveva attanagliato scemare in pochi istanti, lasciando il posto a un’amarezza profonda.
- Tua madre è ancora malata come quando la lasciasti. Forse è peggiorata un po’. I migliori sacerdoti e maghi delle terre hanno detto che non si può fare nulla per lei. Mi spiace. Mentre per la vita va tutto bene, come vedi. Tuo padre ha fatto dei buoni investimenti ed è riuscito a mettere in piedi tutto questo… e il mio matrimonio… il tuo matrimonio con Joanna. Sif e Mirko sono i tuoi… i miei figli.-  
Ardof si sentì svuotato. Non riusciva a credere a quel che aveva sentito. Prese la sua roba e scese.
- Mi ha detto vostro figlio che sua moglie non è in ottime condizioni…-  disse il Cavaliere. Risedendosi al tavolo per potersi rimettere la tuta comodamente.
- Si. Purtroppo è così. Il Cambiamento non è stato dolce con lei. È da allora che sta male.-
- Mi spiace… se vuole sono un discreto mago. Se posso darle un’occhiata… per sdebitarmi…-
L’uomo sembrò combattuto a quella proposta, ma poi cedette, portando un cesto in vimini nella sala da pranzo.
Ad Ardof salirono le lacrime agli occhi vedendo sua madre in quelle condizioni. Tutto era come quel primo giorno, come se non fosse passato un minuto dal Cambiamento. Ora però poteva fare qualcosa per lei. Ne era sicuro.
Riportò alla mente le nozioni di magia medica, di anatomia delle fate e di conoscenze sulle malattie che gli avevano passato all’Accademia.
Finalmente poteva metterle in pratica.
Per prima cosa sfruttò il proprio mana per controllare il corpo della madre, cercando il colpevole della sua tortura. Lo trovò quasi immediatamente.
Era una malattia poco comune, ma non sconosciuta. E lui l’aveva già incontrata nei suoi studi.
Tutto era dovuto a un interferenza nel corpo durante il Cambiamento, che portava a una mala mutazione dell’individuo, lasciando tracce di “umanità”.
Proprio perché gli umani non erano mutati non potevano contrarre quei sintomi, a differenza di tutte le altre razze.

Beh, sei rimasto un umano noioso, senza qualità eccezionali, ma almeno non puoi star male. Rallegrati, su, forza!

Il passo successivo fu ancora più semplice: dovette individuare a una a una le fonti dell’interferenza sopprimendole con il proprio mana. Quando si fu assicurato di averle eliminate tutte si concesse un sorriso. Tutti quegli anni senza vedere la sua famiglia alla fine gli erano serviti.
- Ardof? Sei tu?-
Il cuore del Cavaliere cominciò a battere all’impazzata. Sua madre l’aveva riconosciuto? Come era possibile? Si costrinse a calmarsi. Non voleva portare troppo caos in quella casa.
- State tranquilli. Si riprenderà nel giro di poche settimane. Non dovrebbe avere un’altra ricaduta.-
Ardof si incamminò a passo spedito verso la porta, mentre suo padre, con le lacrime agli occhi lo ringraziava di cuore.
Se solo avesse potuto dirgli la verità…
- Signori, grazie per la vostra ospitalità. Siete stati gentilissimi ad invitarmi alla vostra mensa. E… – aggiunse rivolgendosi a suo padre – lei ha avuto un ottimo figlio. Non c’è che dire. Buona continuazione a tutti voi.-

Quanta modestia…

“ Erdost, – chiamò con il pensiero – vieni. Sbrigati, sono veramente distrutto. Non voglio che mi vedano fare una scenata, rischio di rovinare la vita della mia controfigura…”
- Grazie. Grazie ancora!-  
- Arrivederci. E, Sif, giusto? Guarda come mai ho ricevuto questa bellissima spada.-  disse sorridendo.
Erdost atterrò davanti all'ingresso della fattoria, proprio come Ardof voleva. Il Cavaliere gli salì sulla sella.
- Parti, Erdost.-  disse piano Ardof mentre Sif, e la sua famiglia guardavano estasiati il drago rosso.
Il drago sfregiato si levò in volo con un possente battito d’ali.
“ Mi dispiace che sia andata così. Dopo quello che hai passato avresti avuto tutto il diritto di dire a tuo padre chi sei veramente.”
“ Non ho voglia di parlarne, adesso.” Gli rispose il Cavaliere con gli occhi pieni di lacrime, trattenute a stento.

 

Angolo dell'autore:

Eccomi di nuovo qui a perdere tempo.

Sempre meno capitoli ci separano dalla fine di questo viaggio.

Ma non parliamo di questo. Come vi ho detto ieri, oggi pubblicherò anche una velocissima... possiamo chiamarla one-shot? Comunque, un testo che scrissi per delineare un pochino meglio il nostro caro Viandante. Non aspettatevi una "Divina Commedia II - Virgilio ammazza-vampiri", però se avete dieci minuti (ma anche molti meno) da perdere, fateci un salto.

Qui chiudo. Buona continuazione a tutti.

Vago.

   
 
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