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Autore: Vago    06/02/2016    3 recensioni
Libro Primo.
Dall'ultimo capitolo:
"Che schifo.
Dopo tanto tempo che passi con qualcuno ti ci finisci per affezionare.
Non so chi, tra di loro, mi mancherà di più.
Forse tutti, o forse nessuno. Prima o poi dimenticherò i loro nomi.
In fondo, mi sono divertito a seguirli.
Sai, la mia ironia non ha perso l’occasione di affiorare.
Ho visto cose incredibili. Draghi, fate, esseri fantastici… e poi la magia. Quant’è bella?
Peccato che, se mai uscirai da lì, non potrai vederla con i tuoi occhi…
Nel mio viaggio con quei cinque ragazzi ho visto cose veramente incredibili.
Questo nuovo mondo è pieno di sorprese. Sarebbe bello poterlo esplorare assieme a te… Come ai vecchi tempi…
[...]
Ho visto perfino le armi elementari all’opera ancora una volta.
Non mi è dispiaciuto fino in fondo questo lavoro… O forse sì.
Il finale è stato bello e, nonostante tutto, devo ammetterlo, perfino io mi sono commosso, ogni tanto.
Un ragazzo si è sacrificato per i suoi compagni. Forse c’è ancora qualcuno non corrotto, in fondo.
[...]
Incredibile.
Non ho mai visto cose di questo tipo in tutta la mia vita…
Aspetta un attimo, così potrai vedermi anche tu."
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Storia revisionata
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 I due volarono fino al Palazzo della Mezzanotte. Ci impiegarono tre giorni per arrivarci, ma Ardof non si era ancora ripreso.
Mancavano ancora due giorni all'appuntamento con gli altri.
Il Cavaliere rosso si rinchiuse in una delle camere destinate agli allievi e si mise in meditazione. Si rinchiuse in se stesso, lasciando fuori tutto, compreso Erdost.
Ardof fece passare così una giornata.

Qualcuno bussò.
- Avanti.-  disse alzandosi sulle ginocchia doloranti.
- Ardof? – era Trado – Erdost mi ha detto dov'eri.-  
- Vieni. Entra pure.-  
- Mi... mi spiace.-  
- No... non dispiacerti. Tanto è andata così e non si può più cambiare nulla. Come è andata a te, invece?-
- Male. Non sono riuscito a trovarli. Abbiamo incontrato solo la madre di Diana. Dai, vieni a mangiare. Ti farà bene un po' di aria fresca. E soprattutto vedere qualcuno.-  
I due uscirono. Ad aspettarli all’esterno c'erano Erdost, Diana e il piccolo draghetto nero. Ardof notò che il drago argento era ancora cresciuto, tanto che l’elfa non riusciva più tenerlo in braccio.
- Ardof, stai bene?-  Diana si avvicinò al Cavaliere con il viso segnato e gli occhi arrossati. Aveva pianto.
- Io sto bene. Cosa è successo a te?-  
Trado le cinse le spalle.
- Quando siamo andati nella... nella Grande Vivente, speravo di ritrovare i miei... ma mio padre se ne andò di casa appena noi partimmo... mio padre... e mia madre mi odia... mi maledice tutte le sere e dice che è colpa mia... io... dice che papà se ne è andato per colpa mia.-  Diana singhiozzava.
- Tranquilla, adesso calmati. Non devi dirmi niente se non te la senti… Tranquilla…-
Ardof mangiò poco. Quando ebbe finito liberò Erdost dall'impaccio della sella e portò tutta la sua roba in una delle stanze che una volta avevano ospitato i professori.
Riscaldò una tinozza d'acqua e vi si immerse. Era stanco, aveva bisogno di rilassarsi.
Rimase lì dentro per un po'.
Quando si alzò ricostruì la sua armatura in un angolo della stanza e indossò di nuovo la tuta dei Cavalieri.
Il giorno dopo arrivò anche Frida. Non volle parlare di quanto era successo in quegli otto giorno. Gli altri fecero ben attenzione a non chiederglielo.
In quella giornata presero tutto ciò che si poteva spostare a mano e lo portarono nel cortile, facendo l’inventario.
- Sette scrivanie, cinquantasei banchi, – prese nota Trado su un taccuino che avevano trovato – centododici sedie, dodici librerie e... centoquaranta tute da Cavaliere per colore. Centocinquantatré di colore blu. Centododici cassapanche. Centoundici, questa è inservibile. I tarli hanno banchettato con il fondo.-  

Il lavoro era uno schifo. Ma, almeno, a fine giornata avevano portato fuori tutto quello che avevano trovato.
Il giorno successivo ci fu una sorpresa. Farionim aveva mandato alcuni dei suoi stregoni ad aiutarli. Sei, per la precisione, ognuno con una bombola giallognola sulle spalle, tenuta da un fascia di cuoio che passava sopra la spalla sinistra.
Tre di loro si impegnarono in un lungo incantesimo, per aprire un varco tra il Palazzo della Mezzanotte e la vetta, incredibilmente già mozzata, del Flentu Gar.
Grazie a loro e a una buona dose di mana riuscirono a spostare completamente il Palazzo, mura comprese, in otto giorni. Un'impresa impossibile senza l'aiuto della magia.

Impresa di traslochi Cavalieri e Co.
Perché cambiare casa quando puoi spostarla a piacimento?

Spostavano i muri ad uno ad uno, ricostruendo la struttura e risaldandola come fosse un puzzle dall’altra parte del portale.

Giochi di società 3D. Poco male. Potrebbero brevettare l’idea…

La vetta tagliata era brulla. Una distesa di roccia.
Grazie al portale degli stregoni di Farionim, i quattro Cavalieri raggiunsero anche il Palazzo del Mezzogiorno, il palazzo con la cupola d'oro, in un attimo.
Stettero lì, senza far niente per due giorni. Per potersi riposare e poter riprendere le forze dall’ultimo lavoro.

Ripresero il trasloco, ma più lentamente rispetto all'altro palazzo. I muri erano più fragili, crepati. Bisognava ripararli prima di trasportarli sulla vetta.
Nonostante tutto, però, una buona notizia accolse i ventenni. Una parte dei ribelli che erano stati sotto il comandi di Drake in quegli anni avevano ripulito l’intera struttura da cima a fondo. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare la terribile scena che aveva accolto Ardof poco tempo prima.

Il Cavaliere rosso si stava tagliando i capelli con un rasoio improvvisato. Erano troppo lunghi per il lavoro che stava facendo e non aveva intenzione di sprecare energie in una maniera così stupida.

Finalmente stai mettendo un po’ di testa.

“ Ardof! – era Frida – hanno bussato. Vai ad aprire!”
“ Perché non vai tu?”
“ Mi sto lavando. Fai tu…”
Il Cavaliere rosso si sciacquò nella tinozza che aveva davanti alla testa e uscì dalla camera in cui si era sistemato.
Mentre percorreva il corridoio che lo avrebbe portato alla porta si fece asciugare i capelli dalla magia. Una nuvola di vapore si alzò dal suo capo per poi diffondersi nell’aria, tra le pareti di pietra.

Ti avevo appena fatto un complimento! Perché hai ritrattato tutto così in fretta! È come mi avessi appena detto in faccia: “finalmente la magia serve a qualcosa! Ma che spostare palazzi o guarire i feriti, quelli sono lavori per architetti e medici, asciugare i capelli!” E questi ragazzi sarebbero il futuro per la magia…

Aprì la porta.
Davanti si trovò un mendicante, impossibile dire quanti anni avesse, ma era sicuramente più giovane di lui . Forse di due o tre anni.
Il viso magro, sporco di terra e graffiato. Il corpo era coperto da una specie di tonaca strappata e ricucita più volte, qua e la rattoppata con pezzi di stoffa di fortuna. Il mendicante portava a tracolla una borsa marrone, logora.
- Chi sei?-  
- Un povero. Non si vede?-
- Cosa posso fare per lei? Vuole qualcosa?-
- Posso entrare?-  non finì neanche la frase che era già oltre la soglia con il naso all'insù, ad ammirare il dipinto sul soffitto.
Solo ora Ardof ne poteva comprendere il vero significato.
- Vuole qualcosa?-  ripeté Ardof.
- Ospitalità. Due giorni al massimo, poi me ne andrò.-  
- Molto bene, venga dentro.-

Capisco che l’ospitalità è sacra ma… non ti pare un pochino eccessivo?

- Le posso dare questa stanza.-  disse ancora Ardof di fronte alla porta di una delle stanze vuote.
Il povero entrò nella stanza. Nonostante l’impegno, il Cavaliere non riusciva leggergli i pensieri, il mendicante aveva la mente troppo confusa e affollata da cose diversi per potercisi orientare. Sembrava non essere in grado di controllare il proprio intelletto.
Ardof espanse la mente.
“ Abbiamo un ospite.” disse a tutti.
“ Chi è?” chiese qualcuno, Ardof non fece caso a chi fosse.
“ Un povero. Ci ha chiesto due giorni di ospitalità.” rispose.
La sera il Cavaliere carminio andò a chiamare lo straniero. Quando bussò alla porta, sentì dentro qualcosa che cadeva, un tonfo pesante. Poi il mendicante uscì; il volto pulito era quello di un uomo di diciotto anni, magro. Segnato da alcuni graffi lungo lo zigomo sinistro.
- Venga. La cena è pronta.-
- Grazie.-
Ardof spiegò allo straniero come arrivare alla mensa. Appena il mendicante svoltò l'angolo Ardof entrò nella sua stanza.
Dentro era tutto in ordine: letto, scrivania, pavimento, tutto. Sulla scrivania erano impilati alcuni libri della libreria della camera.
Il Cavaliere, visto che nella stanza non c'era niente di particolare, andò nella mensa.

Sospettoso il ragazzo… che c’è, hai paura che se ospiti un senzatetto questo ti rubi il cibo da sotto il naso?

Era Diana a cucinare da quando erano iniziati i lavori, in quanto non riusciva a rendersi particolarmente utile con la magia cercava di non essere di peso in ogni modo.
Quando Ardof si sedette alla tavola c'erano già tutti. Da un lato i maghi di Farionim, dall'altro i suoi compagni.
A capotavola sedeva lo straniero.
Diana e Trado portarono i piatti: agli stregoni di Farionim, come al solito, un piatto di insalata; mentre per i Cavalieri c'era una fetta di arrosto.

A quanto ho capito i Budnear non si reputavano né carne né pesce. Letteralmente.
E per non cadere nel cannibalismo non mangiavano né uno né l’altro. Pazzi.


Mangiarono in silenzio.
- Come posso chiamare i miei ospiti?-  chiese titubante il mendicante alzando gli occhi dal suo piatto quasi vuoto.
Ardof non ci pensò per più di un secondo. - Io sono Nair, lei è Jeara, Sertian ed Debra.-  Lo disse senza neanche alzare lo sguardo dal piatto. Usava gli stessi nomi che avevano adottato dalla Resistenza per non fare confusione.
- Bene, allora grazie per l'ospitalità.-  
- Ora la bilancia pende dalla tua parte, – Disse Trado – tu conosci il nostro nome, ma noi non conosciamo il tuo.-
- Oh, si certo. Il mio nome è Denia.-
Il resto della cena passò in silenzio, almeno parlando di suoni. I quattro Cavalieri discutevano vivacemente attraverso i loro pensieri. Parlavano di tutto e di niente, senza far trasparire niente dai volti concentrati sul piatto ancora pieno.
“ Ardof, c'è un problema.” i pensieri di Erdost lo avvolsero come una calda coperta, una fitta nebbia rossastra coprì tutto ciò che succedeva intorno al ventenne, suoni e colori.
“ Dimmi tutto.”
“ Un gruppo di quei demoni del re si sta avvicinando al palazzo. Arriveranno da voi tra dieci minuti, forse anche meno, visto come correvano la prima volta che li abbiamo incontrati. Fate attenzione perché noi siamo lontani. Arriviamo il prima possibile. Fino ad allora cerca di non morire di nuovo.”
Ardof guardò gli altri Cavalieri. Sapevano già tutto.
- Dobbiamo andare. Maghi, venite con noi. Denia, tu rimani qui, non devi assolutamente uscire. Intesi?-  disse Ardof.
- Intesi… perché?-
Nessuno sembrò aver sentito la domanda.
- Voi cominciate ad andare. Ho lasciato la faretra e l'arco in camera.-  si scusò Trado.
All’esterno, per il momento, era tutto tranquillo.
Il Palazzo del Mezzogiorno, a differenza del gemello della Mezzanotte, non era protetto da mura di cinta. Quindi, se veniva attaccato, i soldati non avrebbero avuto protezione. Dopotutto chi poteva essere interessato ad entrare in un palazzo che contiene solo uova di drago, uova di drago che per molti erano solo una leggenda, si doveva essere chiesto l’architetto.

Rispondo io a questa domanda! I demoni creati dal re, ecco chi!

Ben presto dal folto della Grande Vivente spuntò una moltitudine di corpi neri. Su alcune picche sventolavano sporchi i vessilli del re.
- Eccomi.-  era arrivato Trado con la faretra a tracolla e l'arco in mano.
Indossava la tuta dei domatori e l'elmo donatogli dagli dei.
- Diana, tu stai qui all'entrata.-  
- Ma caro...-  
- Ti prego, stai qui.-  la interruppe con un tono che non ammetteva repliche.
Intanto l'orda si avvicinava.

Saranno stati un centinaio, a occhio e croce. Forse qualcosa in più.

I maghi lanciarono qualche magia, Trado alcune delle sue frecce di aria solida. Ma volevano aspettare ancora un po', c'era qualcosa che proteggeva l'orda dalle magie e dalle incursioni mentali dei Cavalieri.
- Tre, due, uno. Andiamo.-  Trado scoccò una freccia, ma quest' ultima si dissolse prima di arrivare a destinazione.
Uno dei maghi lanciò un incantesimo, ma non successe nulla.
- Dovremo attaccarli con la spada. Maghi, appena togliamo questa barriera voi attaccate.-  Frida sembrava un generale. Gibber sarebbe impallidito di fronte alla macchina da guerra che aveva contribuito a creare, si disse Ardof.

Chissà che fine ha fatto quel maledetto Gibber.
Penso sia morto nell’incursione. Non mi sembrava un granché sotto tutti i punti di vista.

I demoni arrivarono.
“ Erdost, tra quanto arrivi?”
“ Poco. Non avere paura. Stiamo facendo il più in fretta possibile.”
“ Vanenir è con voi?”
“ Si.”
“ Grazie.”
“ Ora fai attenzione alla battaglia.”
Lo scontro iniziò. Quella era la prima volta che combattevano contro quei mostri senza i draghi, e l’ultima volta non era finita bene: erano forti, i loro colpi erano incredibilmente poderosi. Ma non erano imbattibili come nella prima battaglia, qualunque cosa fossero dovevano trarre le loro abilità incredibili dalla magia di Reis.
In mezzo a loro c'era una specie di goblin dalla pelle rossa e unta, vestito con una tunica e con una collana di ossa. Probabilmente era lui che li proteggeva dagli incantesimi…
Forse l’ultimo dei goblin era stato asservito all’uomo che ne aveva sterminato la razza.

Ehi, coerenza!

I demoni ci si accalcavano intorno per proteggerlo. Non c'erano possibilità di avvicinarcisi.
I tre Cavalieri si gettarono nella mischia, ma nonostante l’alto numero di perdite che infierivano al nemico, non sembravano fare danni concreti alla compagnia.
Ardof si spinse nel centro dell’ammucchiata, ma i demoni non lasciavano nessuno spiragli abbastanza grande da permettere a qualcuno di avvicinarsi allo stregone.
Una fiammata rovente bruciò l'aria.
Buona parte dei demoni cadde a terra carbonizzata, senza neanche uno squittio. Come anche il goblin, del resto.
Il fuoco prese in pieno il petto di Ardof, che cadde nella cenere dopo almeno un metro di volo.
- Ardof, Ardof!-  Frida corse verso il suo corpo nero per terra.
- Tranquilla, sono ancora vivo.-  tossicchiò tirandosi su.
Si tolse la fuliggine dalla faccia e sputò un grumo di saliva mista a cenere. La tuta, per fortuna, era ignifuga quanto lui.
Le placche di metallo si erano giusto un po’ arroventate, ma non le avvertiva che tiepide sulla pelle.
“ Grazie Erdost. Non ce l'avremmo fatta senza di voi.”
“ Ardof, noi non siamo ancora arrivati.”
Ardof si voltò, guardando da dove era arrivato quel fuoco.
Un drago nero stava sospeso a mezz'aria.
Sulla sua sella un uomo dall'armatura nera come la notte stava in piedi, guardando verso terra.
- Frida, dimmi che non me lo sto immaginando.-  
- No. Non te lo stai immaginando.-
- Spero non sia l’ultimo ricordo che ci ha lasciato Reis.-
Senza il mago a proteggere quel poco che restava della compagnia, grazie alla magia, riuscirono a sterminare quei demoni.
Il drago nero atterrò e il suo Cavaliere saltò a terra piegandosi sulle ginocchia, come simulando un beffardo inchino.

Ma guarda un po’! Che fantasia aveva avuto il buon vecchio Reis! Si era fatto un Cavaliere dei draghi personale… E pensate che fantasia! Un cavaliere nero!
I cattivi hanno sempre meno fantasia. C’è poco da fare.
Pensaci, crea un Cavaliere bianco, o d’oro. Tutti sanno che un cavaliere bianco non può essere cattivo. Ma no, devi rimanere fedele alla tradizione continuando a utilizzare vecchi cliché.
Sto perdendo la fiducia nella nuova generazione di cattivi. 

   
 
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