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Autore: elyxyz    06/02/2016    10 recensioni
Oggi, nel 5° compleanno di Linette, ho deciso di festeggiare postando la seconda parte della saga.
Questo sequel sarà una raccolta di missing moments, what if, spin-off, side story e salteremo avanti e indietro nel tempo rispetto all’epilogo di Linette.
Il tutto avrà una lunghezza variabile (drabble, flash-fic, one-shot e alcuni capitoli contigui).
Credo sia doveroso specificare che non metterò l’avvertimento Mpreg, poiché Merlin è diventato biologicamente donna, ma resta una Mpreg spirituale per ovvi motivi (vedi trama cap. 90).
Vi lascio con una citazione che sarà il leitmotiv di tutta la raccolta:
Governare una famiglia è poco meno difficile che governare un regno.” [Michel de Montaigne]
[Arthur x Merlin, of course!]
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Stamattina sono arrivati gli auguri a Linette per il suo 6° compleanno e, pur non avendo pronto un capitolo adeguato a tale festeggiamento, ho spolverato una bozza semipronta, visto che la tradizione mi ha sempre vista aggiornare in questa data

Stamattina sono arrivati gli auguri a Linette per il suo 6° compleanno e, pur non avendo pronto un capitolo adeguato a tale festeggiamento, ho spolverato una bozza semipronta, visto che la tradizione mi ha sempre vista aggiornare in questa data.

 

Linea temporale: Questo è uno dei capitoli che, stendendo Linette, è nato praticamente da solo quando la storia doveva essere all’incirca una decina di capitoli. Lungo la via, però, mi sono accorta di non poterlo usare, perché l’attrazione contorta di Arthur non collimava con la cronologia che stavo sviluppando e, invece di cestinarlo, ho deciso di tenerlo da parte. Si inserisce dentro il primo anno, per capirci, ai tempi del Torneo dove Arthur è rimasto ferito. Ma il mio consiglio è di non cercare di collocarlo in un momento preciso della storia e, semplicemente, di godere della lettura.

 

 

Dedico questo capitolo a quanti hanno amato MerLin.

A quanti hanno scelto di continuare il viaggio con me, anche se gli aggiornamenti vanno a rilento, anche se Merlin è finito da anni.

A quanti mi accompagnano da sei anni in questo folle percorso e mi sostengono coi loro pareri.

A chi ha recensito il precedente capitolo, in particolare, e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A chibimayu, FlameOfLife, Orchidea Rosa, DevinCarnes, chibisaru81, Merlin Pendragon, PandoraEvans_88, mindyxx, Barby_Ettelenie_91, Vatican Cameos e inoiscool.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She 2

 

La Raccolta

 

 

 

Capitolo V: The Sorrows of Young Arthur

 

 

Quella sera, Arthur era più stanco del solito.

Aveva dato fondo a tutte le sue energie, cercando invano di migliorare la difesa del giovane Dominic di Elhras, il terzogenito di un vecchio amico di suo padre.

Re Uther si era raccomandato di essere indulgente con lui, poiché il giovane – contrariamente ai suoi fratelli maggiori – non era molto avvezzo all’arte delle armi.

Perché mai, dunque, voleva diventare un cavaliere di Camelot?, bofonchiò, restando in ammollo nella vasca da bagno con l’acqua ormai fredda.

Quella era una delle sere in cui rimpiangeva Merlin e i suoi massaggi che, per quanto maldestri, avevano un loro seppur minimo giovamento.

Ma lui non c’era e Linette era oltre il paravento, e là doveva rimanere. Già faticava, a volte, a… a non indugiare in pensieri su di lei. In quel momento era ben oltre il limite della stanchezza e non si sarebbe frenato, come invece faceva di solito. Perciò era giusto che lei rimanesse lontana.

Arthur sbuffò, arrabbiato con i propri limiti.

Anche se cercava di rilassarsi, sentiva ogni giuntura delle membra gridare di dolore, contratta sino allo spasmo.

Aprì e chiuse il pugno davanti al viso, le dita si piegavano protestando, mentre lo stampo rigato dell’elsa s’intravedeva ancora.

Cercò di ruotare il collo per sciogliere i muscoli e ricevette in cambio uno scricchiolio sinistro.

Fu a quel punto che si decise ad uscire da lì, stabilendo che l’unica soluzione fosse riposare a lungo nel suo letto. L’indomani sarebbe andata meno peggio.

Tuttavia, sollevatosi che fu e messa a terra una gamba, un improvviso crampo lo colse a tradimento, all’altezza della coscia, strappandogli un verso di dolore.

 

“Maestà! Cosa…?” s’allarmò la serva, sentendolo.

 

Egli guaì, collassando di peso a terra, paralizzato dalla fitta.

 

“Sire!” ripeté la valletta, preoccupata dal rumore, avvicinandosi alla barriera divisoria.

 

Nh!” mugugnò Arthur, piantandosi gli incisivi nel labbro inferiore. “Resta lì!... un… un crampo. Resta lì!” le ordinò, respirando a fondo per cercare di regolare la sofferenza.

 

“Ma Sire!” protestò l’ancella, riluttante ad eseguire l’ordine.

 

“Lì! Sta-ahi!” l’intimazione terminò in un gemito. “Ahiii!”

 

“Oh, al diavolo!” esclamò Merlin, afferrando uno dei teli da bagno ancora piegato. “Vi raggiungo!”

 

Per buona pace del suo padrone, finse di schermarsi il viso con una mano, avvicinandosi a tentoni.

Poi, vedendolo a terra sofferente, abbandonò anche quella messinscena e semplicemente gli lanciò contro il drappo per coprirgli le pudenda.

Il viso contrariato del principe era meno intimorente, con le lacrime che gli spuntavano dalle ciglia.

 

“Lasciate fare a me”, gli disse il mago, distendendo l’arto sofferente per metterlo in tensione meccanicamente.

Il dolore cominciò a scemare. Arthur riprese a respirare con regolarità.

 

Quando il peggio fu passato, lo stregone gli suggerì di togliersi da lì e di andare a sdraiarsi sul suo letto. “A meno che il pavimento non sia straordinariamente comodo per i vostri gusti!” aveva commentato, vedendolo restio a spostarsi, anche se sapeva qual era la ragione.

 

Il principe fu costretto ad assecondarlo, drappeggiandosi in qualche modo l’asciugamano sui fianchi e insistendo per risollevarsi da solo.

“Non sono moribondo”, aveva masticato, anche se l’istante dopo il crampo si era ripresentato, nel medesimo punto e con la medesima forza, facendogli perdere il piede d’appoggio.

 

Se non ci fosse stata Linette al suo fianco, a sorreggerlo prontamente, sarebbe crollato di nuovo.

Arrancarono quindi fino al baldacchino, dove lui si distese con l’aiuto della serva che si prodigava a sfregare freneticamente la coscia.

Non gli rimase che attendere. E subire.

Via via che lo spasmo diminuiva, le mani di lei acquisivano prepotentemente presenza sulla pelle. I suoi sensi allarmati registrarono il contatto estraneo, ma non sgradevole. Anzi.

Ad un certo punto, man mano che i minuti scorrevano, era diventato quasi sin troppo piacevole.

 

“È passato?” gli domandò ella, di punto in bianco, vedendo la sua espressione più rilassata.

 

“Sì. Puoi interrompere”, le comandò.

 

Linette invece gli piegò un ginocchio e frizionò la carne del polpaccio.

“Ritornerà, se smetto ora”, profetizzò, anche se non fu così. E si dedicò all’altra gamba, con sommo sgomento del principe.

 

Gli piaceva quello che stava facendo, d’accordo. Ma era una cosa assurda. Assurda.

La sua mente gli stava mandando immagini non reali, un sogno ad occhi aperti sconvolgente.

E non poteva impedirselo, mentre la immaginava allungare le dita oltre il consentito e…

Arthur strinse le palpebre fino a farsi male, per annullare quel delirio. Ma, se chiudeva gli occhi, l’ossessione mutava, Linette – e non sapeva come – gli saliva a cavalcioni sull’inguine, immolandosi lussuriosamente a lui.

Boccheggiando, spalancò le iridi di colpo, scostandola da sé in modo quasi brusco.

“Basta! BASTA!” ringhiò, sollevandosi con uno scatto di reni dalla posizione supina, nascondendo l’erezione che pulsava dolorosamente.

 

Arthur imprecò contro tutti. Contro se stesso e contro Dominic di Elhras.

 

La valletta lo squadrò come se fosse impazzito.

“C’è qualche problema, Sire?” gli domandò. “Vi ho forse fatto male?”

 

Il principe ricambiò lo sguardo, frastornato, cercando di far collimare la rappresentazione di lei, disinibita e sensuale, con quella che aveva davanti: la ragazza dal vestito castigato e l’aria ironica con cui battibeccava ogni giorno.  

Scosse la testa, incapace di parlare. Poi, alla fine, riebbe il dono della favella.

N-no. Non…” farfugliò, ancora sottosopra.

 

“Maestà, forse il crampo vi ha raggiunto sino al cervello!” scherzò Merlin, vedendolo così scombussolato. Stranamente, però, l’Asino Reale non lo rimbeccò a tono. Per questo lo stregone gli si appressò, valutando se effettivamente ci fossero problemi, ma l’altro, vedendolo accostarsi, si richiuse a riccio, guardingo, incassando le spalle e facendosi così sfuggire una smorfia di sofferenza.

 

“Avete una contrattura muscolare anche qui e qui”, gli fece notare il valletto, schiacciando in due punti della schiena e facendolo sussultare entrambe le volte. “L’ho capito prima, mentre vi toglievo l’armatura”.

 

Il nobile non negò e non assentì.

 

“Gaius vi suggerirebbe di cospargervi con un balsamo, per sciogliere la tensione e la fatica. Le erbe medicinali sono portentose in casi come questi”.

 

“D’accordo”, biascicò incoerente l’erede al trono. “Gaius…”

 

Gaius non è qui, Sire”, gli appuntò lei, sorridendogli come se fosse stato ebete.

 

“Bene, chiamalo!” sbottò, irritandosi, mentre con un gesto nervoso sistemava ulteriore stoffa sopra l’eccitazione ancora svettante.

 

Linette si rallegrò del suo consenso.

Egli invece rimase immobile, sospirando inconsciamente di sollievo, quando adocchiò Lin allontanarsi da lui, convinto che sarebbe andata dal medico di corte. La sua liberazione durò poco, il tempo di capire che invece ella stava trafficando in uno dei cassetti del canterano.

Vederla tornare a lui, con una boccetta d’olio medicamentoso in mano, era assai meno consolatorio.

“Posso provvedere io!” si offrì, stappando la fiala semitrasparente e riavvicinandosi a lui.

 

In quel mentre, bussarono alla porta e la sua serva appoggiò sul comodino la bottiglietta per andare ad aprire.

Era più tardi di quel che credeva, perché dalle cucine avevano mandato già la cena. Linette perse qualche istante con l’altro valletto e per posare il vassoio sul tavolo; questo gli diede modo e tempo di girarsi prono, prima del suo ritorno.

 

“Grazie della collaborazione!” ironizzò Merlin, abbassandogli, con uno strattone, il telo fin quasi alle natiche.

 

Arthur piantò la fronte nel materasso e le unghie nei palmi, concentrandosi su quale scusa avrebbe usato per mandare Dominic di Elhras alla gogna. Perché l’avrebbe fatto. Oh, sì.

 

Quel pensiero vendicativo e soddisfacente l’aveva temporaneamente distratto, tanto che la sua eccitazione puntellata nel letto si stava acquietando da sé.

Non cantò vittoria, perché un istante dopo sentì il giaciglio cigolare sotto al nuovo peso e, prima ancora di capire cosa stesse accadendo, si ritrovò realmente il corpo di Lin a cavalcioni su di lui. Ma era girato dalla parte sbagliata.

Il delirio di poc’anzi ritornò, vivido e incontenibile. Tornò anche la sua insoddisfazione.

Arthur piagnucolò il suo tormento soffocandolo nelle lenzuola, mentre lei lo cospargeva di unguento disseminandone il profumo resinoso nell’aria.

 

Perdio! Era Linette! Linette, la sua serva! Linette, la cugina di Merlin! Com’era potuto cadere così in basso?

 

Anche Merlin si abbarbicava su di lui quando doveva spalmargli degli unguenti, ma la cosa non gli aveva mai destato la benché minima reazione o preoccupazione. Mai, mai avrebbe pensato potesse succedergli una cosa così.

Oltretutto, per dimostrare a se stesso che non era il concetto in sé ad infastidirlo – l’essere nudo come un verme e in completa balia dei massaggi di una persona – ricordò mentalmente di come, spesso, Merlin fosse abituato a terminare il suo trattamento colpendolo spiritosamente sul sedere, e lui lo minacciava sempre di mandarlo alla gogna per punire quella sua mania screanzata. Il servo ne rideva e lui si rivestiva.

Anche Linette lo sculacciò scherzosamente, ma lui non lo trovò divertente e il supplizio ebbe termine quando la serva, pulendosi le mani su uno straccio, gli consigliò di aspettare qualche istante prima di voltarsi, per non macchiare tutte le lenzuola di olio.

Anche se lei non gliel’avesse suggerito, difficilmente si sarebbe mosso da lì.

 

La sentì riordinare la stanza, preparandogli gli abiti per la notte, ma non osò guardarla.

 

“Sire?” fu chiamato, ad un certo punto.

 

Mmmhhh…” mugugnò, intestardito a non aprire gli occhi.

 

“La cena si fredda”, gli rammentò la giovane servitrice. “E la schiena è asciutta. Volete che vi aiuti a vestirvi?”

 

Lui scosse il capo, per quanto la posizione glielo concedesse.

“Non ho fame. Portala via”.

 

“È stato un allenamento sfiancante, eh?” celiò Merlin, così poco avvezzo a vederlo tanto sfinito.

 

“Non ne hai neppure idea”, confessò il nobile, sollevando il capo quel tanto che serviva per guardarla. “Una guerra. Ho combattuto una guerra intera tutta oggi”.

 

“Allora buonanotte, Mio Signore”, gli augurò con un sorriso, coprendolo con le lenzuola e con una coperta in più.

 

Rimasto solo, Arthur si girò nuovamente supino, scostando il copriletto e le coltri.

La schiena non gli doleva più, era vero.

E neppure il suo inguine. Una chiazza umida parlava per lui.  

La guardò colpevole, lasciandosi cadere di peso sul materasso, nascondendosi il volto con una mano.

Eppure una parte di lui l’aveva desiderata. Aveva desiderato di possederla. Di farla sua.

 

Bontà Divina. Come avrebbe potuto? Era Linette! Linette!

Giurò che non sarebbe mai più successo. Perché era solo un madornale sbaglio.

Un mero capriccio carnale. Ecco cos’era. E lei... lei, neppure gli piaceva!

 

Il viso di lei che conosceva si sovrappose all’espressione sensuale che aveva immaginato e la propria mano scivolò verso il basso ad accarezzarsi, come avesse volontà propria.

La fermò prima di arrivare.

 

Da quanto tempo non giaceva con una donna?

Se fosse stato in forze, si sarebbe vestito e sarebbe andato giù, nella città bassa, alla locanda del Lupo Nero. Lì c’erano sempre un sacco di ragazze pronte a regalarti un po’ di compagnia.

Ma lo spettro del crampo lo dissuase. E rimase lì, nel letto, al buio coi suoi tormenti.

 

 

- Fine -

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai, che subisce le mie paranoie. X°D

 

Note: Ok, non è esattamente il capitolo perfetto per festeggiare… Il finale è un po’ dolce-amaro, ma ehi! Dopo aver tormentato tanto Merlin, un po’ anche ad Arthur, no?

 

Come avrete già capitolo, il nostro principe nega qualsiasi attrazione per Merlin (anche se… vi sembra normale lasciarvi regolarmente sculacciare dal vostro servo?) e la vicinanza di Lin gli provoca turbamenti che non è pronto a considerare.

 

Il capitolo fa anche riferimento al famoso discorso sulle donnacce. XD

 

Dominic di Elhras è un personaggio che ho completamente inventato io.

 

Per esperienza personale, posso assicurarvi che chi soffre regolarmente di crampi prova un dolore fortissimo. Una persona molto vicina a me li ha spesso e viene colpito anche con tre crampi contemporaneamente alla gamba e rimane annichilito, aspettando minuti interi contorcendosi dal dolore. I massaggi e gli stiramenti meccanici aiutano, ma sono dei momenti davvero brutti.

 

Il titolo fa il verso al famoso “I dolori del giovane Werther”, un romanzo epistolare di Johann Wolfgang Goethe con cui, per sommi capi, si potrebbe ritrovare un parallelo coi tormenti di Arthur.

 

Per eventuali domande, sono sempre a  disposizione.

 

 

 

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elyxyz

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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