03.
[Cielo]
C’è un cielo blu impenetrabile questa notte. È denso e punteggiato di stelle. Saga lo fissa senza vederci dentro nulla.
Una volta, Kastor gli ha rivelato che il Kyooko può leggere le stelle. Leggere il futuro dentro puntini luminosi, sospesi nel cielo. E Saga ha guardato per giorni il cielo, chiedendosi dove fosse la chiave di lettura.
“Non c’è scritto niente,” Si è convinto alla fine. “Non dice niente.”
Anche questa notte se ne sta disteso sulla scalinata gelida con il naso rivolto all’insù. Alza un braccio, lentamente, come per afferrare uno di quegli aloni iridescenti.
“I saggi da sempre hanno scrutato le stelle,” Ha detto Kastor, notando il suo sguardo crucciato. “In cima alle torri e agli osservatori per millenni hanno cercato delle risposte nel cielo.”
“E come può il cielo parlare agli uomini?”
“Il cielo non parla a tutti gli uomini.”
“Come può il cielo parlare ad alcuni uomini?”
“Non lo so,” Ha risposto Kastor. “esistono spiriti particolarmente sensibili. Gli dèi permettono loro di possedere conoscenze impensabili.”
“Mm.” Saga sembra soppesare queste parole per un istante. “Il nostro Kyooko è uno di questi.”
“Forse, chi lo sa, un giorno…”
Nel blu, Saga vede solo una profonda tristezza.
Blu colore della lontananza e del distacco. Blu solitudine.
Questo, è quello che capisce del cielo. Saga è piuttosto convinto che non ci sarà mai nient’altro per lui dipinto sulla volta celeste, nemmeno se un giorno il Pontefice stesso lo sceglierà tra una moltitudine per mostrargli come leggere le stelle.
È lì, steso nell’angolo.
Un angolo, vede. Nascosto nel silenzio e nelle pieghe imperscrutabili della notte, un angolo di pietra bianca che di giorno abbaglia gli occhi, ora giace come ammutolito dalla coperta blu che distorce la sua materia e la sua spazialità.
È lì, steso nell’angolo.
Aiolos si è accorto che è lì steso nell’angolo immobile, da ore. È rimasto seduto dall’altra parte dell’arena come avvolto in una paralisi finché Saga non ha fatto qualcosa di tanto banale, e tanto umano, come alzare un braccio.
In fondo, forse, di umano in quell’ora non ha avuto nient’altro. Era lì, steso nell’angolo, pelle bianca come il marmo e capelli blu notte – e chiunque passasse poteva scambiarlo per un rilievo fuori posto, per una statua caduta dal suo piedistallo e lasciata riposare tra le vestigia dei sacri templi. Era diafano e di una bellezza inconcepibile. A uno sguardo attento si poteva notare l’impercettibile cadenza del petto che si alzava e si abbassava col ritmo di un respiro troppo lento.
È lì, steso nell’angolo, ancora, con una specie di ombra che lo sovrasta. È il cielo che gli cade addosso?
Aiolos gli si avvicina, silenziosamente come gli sembra dovuto, perché tutto attorno a loro tace, e dorme, tutti i rumori umani sono silenziati. Si sentono i grilli che ancora cantano verso la fine dell’estate. Probabilmente, Atene città nuova non è muta, e non è buia. Probabilmente, pensa Aiolos, si trova in uno stato di veglia diverso da quello del giorno, ma oltre la candida soglia dell’Acropoli nessun rumore filtra, e nessuna luce artificiale. Oltre la candida soglia tutto tace di una tranquillità e della saggezza antiche come il tempo che rispettano ogni ora e ogni stagione.
Si siede accanto a lui senza aprire la bocca. Non vuole disturbarlo.
Saga abbassa il braccio, si porta la mano al petto. Rotea gli occhi nella sua direzione. C’è ombra anche sul suo viso?
Cose che un bambino di sei anni non è in grado di comprendere. Il cielo, la divinazione. Il destino, non è in grado di comprendere. Quello che si nasconde dietro tutte queste parole, dietro la volontà degli dèi.
“Torna a casa, Aiolos.”
“No…” Dice lui.
Sono giorni particolari al Grande Tempio. Giorni di mobilità. Il venerabile Kyooko si affaccia ogni notte alla Collina delle Stelle per cercare verità tra gli astri in modi che a Saga sembrano incomprensibili. Ci sono notizie scritte nel cielo, così dicono. Anche Kastor lo dice. Il venerabile Kyooko interroga le costellazioni più brillanti per sapere dove hanno lasciato risorgere i loro preziosi figli. Li vuole trovare, uno a uno, ad Atene li vuole portare. Ma prima, deve conoscere il luogo in cui sono caduti. Quale stella è precipitata come una meteora sulla Terra portandosi dietro un Cosmo dirompente.
“Tu credi che ce ne siano altri? E che… che basti così poco per vederci?”
Aiolos non risponde. Non capisce quello di cui Saga sta parlando.
“Perché questo vorrebbe dire che la nostra vita, tutta la nostra esistenza, è legata a qualcosa che è già da secoli – deciso.”
“Saga, non so cosa –“
“Per quale ragione ci alleniamo, tu e io? È un anno che ci alziamo all’alba ogni mattina. Compiamo sforzi che nessun uomo potrebbe sopportare finché non cala il sole. Non possiamo riposare nemmeno nel sonno. Ma se davvero una stella si è incarnata in me… a cosa serve tutto questo?”
“Saga parla già come un grande.” Dice Aiolos.
“Io sono grande!”
“Sì,” Ride.
Saga si alza dal suo letto di pietra e finalmente può guardare l’amico negli occhi. Nell’oscurità la loro dolcezza è come offuscata. I suoi, invece, non sono nascosti dalle tenebre, perché delle tenebre possiedono il colore. Sono blu come il cielo.
Saga ha degli occhi davvero troppo belli…
Saga ha degli occhi…
“Il mio Maestro dice che ne arriveranno altri come noi. Presto.”
“Altri come noi?”
“Altri destinati a conquistare un’Armatura d’Oro.”
“Beh. Le armature sono dodici. E noi siamo solo in due. Doveva succedere.”
“Lo so. Ma il Pontefice ha capito tutto questo,” Saga alza di nuovo il braccio con quel gesto che ad Aiolos era parso estremamente umano, e che adesso è come un collegamento tra cielo e terra. “guardando lì. E mi chiedo: com’è possibile? Mi chiedo: anche noi siamo arrivati al Santuario trascinati dalle nostre stelle?”
A questo, Aiolos assolutamente non sa rispondere. Nessuno ci riuscirebbe.
“Io non vedo l’ora che arrivino, invece!”
“Beh, sì. In fondo, sì.” Dice Saga. “In fondo, non vedo l’ora che arrivino.”
La notte è profonda. Di un profondo silenzio e una profonda oscurità.
Aiolos e Saga si alzano dall’angolo nascosto nelle pieghe imperscrutabili della notte e ritornano a calpestare il suolo umano.
Aiolos, ovattato da tutto il blu sospeso nel cielo. Saga, che invece blu lo è sempre stato.
***
Call an optimist, she's turning
blue / Such a lovely color for you
Call an optimist, she's turning blue /While I just sit and stare at you.
C’è una
canzone degli APC che si chiama Blue. Durante uno dei miei interminabili viaggi
in treno la riproduzione casuale del mio Ipod l’ha tirata fuori ed è stata una
specie di epifania, ecco. Mi sono esaltata e ho cominciato a scrivere *O* Dio
benedica i Tool <3
Chiusa
parentesi pubblicitaria – un giorno vi racconterò (forse éOé) del mio secondo
momento di ispirazione. Ma ora basta XD! Sono felice perché sono tornata a casa
col sole per la prima volta dopo mesi e mesi.
[Random Corner]:
dagliasa2: ma ti chiami Ambra *O* che nome belloso che hai <3
sul serio. Continua a seguire la storia, mi raccomando, anche se sai già come
va a finire – cioè in tragedia ;O;
Baci X*