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Autore: Adeia Di Elferas    09/02/2016    1 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ “Prima Chiara, ora Caterina...” stava dicendo Gian Piero, mettendosi gli stivali di cuoio: “Quante figlie in crisi...”
 Lucrezia lo guardò un po' preoccupata. Quella mattina era arrivato un messo di Ludovico per convocare a corte sia Caterina sia Gian Piero. Benché la donna fosse abbastanza sicura che il reggente del Duca non potesse far nulla di male né a suo marito né a sua figlia, non poteva non essere in pensiero per quell'evento inaspettato.
 “Vi spiace avere qui le mie figlie?” chiese Lucrezia, a voce bassa.
 Gian Piero diede un ultimo strattone allo stivale, che finalmente scivolò al suo posto, e rispose: “No, no... Mi fa piacere pensare che anche per loro casa mia è un posto sicuro. Dicevo per dire...” e con un largo sorriso dissipò anche gli ultimi dubbi della moglie.
 “State attenti, con Ludovico. Non mi sono mai fidata di lui... Non cogliete le sue allusioni, né le sue provocazioni, se dovesse azzardarsi a farne. Siate entrambi rispettosi e vedrete che andrà tutto per il meglio.” consigliò Lucrezia, aiutando il marito a infilarsi il mantello.
 Gian Piero rise un momento e poi le fece notare: “Ho vissuto a corte per molto tempo anche io. So bene come vanno le cose a palazzo.”
 Lucrezia, allora, gli diede un veloce bacio sulla guancia e gli sorrise in segno di incoraggiamento.

 Un uomo che Caterina non conosceva arrivò a chiamare lei e Gian Piero dopo quasi un'ora d'attesa.
 Dopo aver detto: “Da questa parte.” quell'uomo li scortò velocemente fino alla sala delle udienze, come se fossero questuanti qualunque.
 “Gian Piero Landriani e la Contessa Caterina Sforza.” annunciò l'uomo, quando li fece entrare nella sala.
 Dall'alto del suo scranno, Ludovico fece un cenno al suo sottoposto affinché se ne andasse e disse: “Caterina, nipote adorata... Che piacere vedervi qui a Milano dopo così tanto tempo.”
 Caterina stava per rispondere in qualche modo, ma vide che Gian Piero chinava il capo in segno di rispetto e solo in quel momento notò che nella stanza erano presenti anche altre persone, una decina in tutto. Non ne riconosceva nemmeno una...
 Sospettava che Ludovico si fosse liberato di gran parte degli uomini del vecchio Duca, ma non rivedere neanche un volto noto era davvero spiazzante.
 “Mia nipote – riprese Ludovico, rivolgendosi ai presenti con voce alta e tonante – è qui perchè io stesso le avevo scritto che sua madre, Lucrezia Landriani, non stava troppo bene. Come tutti voi sapete mia nipote Caterina è una figlia illegittima del mio compianto fratello Galeazzo Maria e della moglie di quest'uomo, Gian Piero Landriani...”
 Qualcuno dei presenti cominciò a parlottare e un paio di uomini si lasciarono sfuggire una risatina divertita e insinuante.
 Il collo di Gian Piero Landriani si imporporò all'istante e il suo capo si fece ancora più chino, più per l'improvvisa vergogna nel sentirsi così dileggiato che non per rispetto verso il suo signore.
 Caterina si sentì profondamente offesa dal tono di suo zio. Stava sbandierando senza motivo un dettaglio che tutti ricordavano e lo faceva in modo da screditarla davanti a tutte quelle persone che non l'avevano mai conosciuta di persona. Inoltre, tirando in ballo anche Gian Piero, stava offendendo un uomo che aveva sempre e solo fatto il suo dovere, dimostrandosi comprensivo e di buon cuore.
 “Dunque, mi è stato detto che il solo rivedere la figlia abbia già rinfrancato la nostra cara Lucrezia Landriani. È così, caro Gian Piero?” domandò Ludovico, con un sorriso falso e gli occhi stretti a fessura.
 Gian Piero deglutì e rispose: “Sì, mio signore.”
 “Bene. Dunque ora mia nipote ha svolto la sua funzione e quindi potrà tornare presto da suo marito e dai suoi figli.” concluse Ludovico, allargando le braccia.
 “Prima desidero rivedere anche i miei fratelli che vivono ancora a corte.” osò dire Caterina.
 Ludovico si irrigidì, mentre i suoi tirapiedi guardavano ora lui ora la giovane, chiedendosi quale sarebbe stata la risposta a una simile richiesta.
 Alla fine Ludovico scrollò le spalle: “Certo, come desiderate.”
 Caterina fece una rapidissima riverenza e si avviò alla porta senza essere stata congedata. Gian Piero si inchinò con un ginocchio in terra e poi seguì la nipote.

 Caterina incontrò quel pomeriggio stesso i suoi fratelli Ermes Maria, Bianca Maria, Anna Maria e Gian Galeazzo.
 Con loro chiacchierò di molte cose, ma, se ne rese conto immediatamente, non aveva più nulla a che fare con quelle persone.
 Non porvò la vicinanza che aveva avvertito nello stare coi figli di Lucrezia e, con un velo di acttiveria che non riuscì a strappare, si disse che in fondo lei e quei tre avevano madri diverse e forse era quello che li rendeva così dissimili.
 Non fu quindi un dispiacere troppo grande quello di doversi separare di nuovo da loro, quando si avvicinò la sera.
 Si promisero di incontrarsi di nuovo, prima che Caterina ripartisse, ma tutti loro sapevano che forse questa promessa sarebbe rimasta sospesa nel vuoto.
 Prima che Caterina tornasse nella casa di Gian Piero Landriani, Ludovico fece in modo di restare da solo con lei un momento.
 “Ho sentito dire veramente molte cose sul vostro conto, cara nipote.” cominciò a dire Ludovico, puntando gli occhi scuri in quelli verdi di Caterina: “Mi dicono che non siete una moglie devota e che non ascoltate quello che vi viene detto da vostro marito.”
 “Sarebbe più corretto dire che è mio marito che non ascolta quello che gli dico io.” rimbeccò lei, senza scomporsi.
 Ludovico si stava già innervosendo. Come poteva una donna della sua età permettersi di parlare con quel tono al reggente del Duca di Milano?
 “Vi serve un prestito? È per questi che siete qui?” domandò Ludovico, tagliente.
 Caterina si accigliò: “No.”
 “Eppure ho sentito dire che la corte di Forlì è sul filo della bancarotta. Sicura che non siete qui a Milano per cercare soldi a me?” insistette l'uomo.
 Caterina cominciò a spazientirsi. Non capiva perchè Ludovico non l'avesse lasciata andare via da palazzo e basta. Perchè era così interessato a lei? L'aveva ignorata per anni, perchè non continuare così?
 “Vi posso assicurare che non sono qui in cerca di soldi.” ribadì Caterina, categorica.
 “Allora siete qui perchè volete la mia protezione?” indagò Ludovico.
 “Siete mio zio, la vostra protezione credevo che mi spettasse di diritto, non che dovessi chiederla espressamente.” fece Caterina, desiderosa di chiudere in fretta il discorso.
 “Quello che dite è vero, ma vi siete messa in una brutta posizione. In tutta Italia si chiacchiera su di voi e su come rifiutate vostro marito in pubblico. Qualcuno è anche arrivato a dire che i figli che portano il nome dei Riario non siano, come dire, veri Riario.” insinuò Ludovico, mettendosi ad attaccarla abbastanza apertamente: “Capite bene che schierarmi dalla vostra parte mi crea un certo imbarazzo e che l'unica soluzione sarebbe quella di vedervi riappacificata con vostro marito.”
 Caterina non poteva credere alle parole che suo zio le stava rivolgendo, ma tentò di mantenere la calma: “Non ho mai tradito mio marito perchè non ho mai avuto interesse a farlo, ma non potete chiedermi di rendere più distesi i miei rapporti con lui, perchè non posso far nulla per accontentarvi.”
 Ludovico inclinò la testa di lato: “Siete riuscita a tenere Roma in vostro pugno per giorni, possibile che non siate in grado di tenervi un marito?”
 Caterina non rispose e così Ludovico proseguì: “Ebbene, trovo che stare lontana da Riario non gioverà certo alla vostra posizione. Vi ordino di partire domani stesso alla volta di Forlì.”
 “Volete costringermi con la forza?” domandò la ragazza.
 “Potrei farlo.” constatò Ludovico, facendosi cupo.
 “Cosa vi dice che non proverei a scappare, in quel caso, trascinandovi in uno scandalo? La vostra situazione non è per nulla semplice, se non vado errata. La vostra immagine potrebbe permettersi uno scandalo?” chiese Caterina, con le labbra che si incurvavano in una specie di sorriso.
 Ludovico digrignò per un momento i denti. Che stava facendo? Tergiversava con una ragazzina? Che gli costava farla incatenare e farla portare di peso a Forlì per riconsegnarla a Girolamo Riario?
 Chiuse un momento gli occhi. La verità era che temeva quella test calda di sua nipote. Avrebbe potuto fare di tutto. Se fosse riuscita a screditarlo in qualche modo, per lui sarebbe stato ancor più difficile mantenere il potere...
 “Ho visto mio fratello Gian Galeazzo, oggi.” dichiarò Caterina, con tono quasi casuale: “Mi sembra molto patito. Dice di soffrire di coliche, soprattutto quando è qui a Milano. Appena si allontana da palazzo, chissà perchè, la sua salute migliora immediatamente.”
 Ludovico la fissò minaccioso: “Che intendete dire?”
 “Nulla.” si affrettò a rispondere Caterina: “Solo che mi sembra molto curioso come la vostra vicinanza lo renda tanto indisposto...”
 “Voi siete la vostra peggiore nemica.” la redarguì Ludovico, alzando l'indice contro di lei: “Continuate così e finirete molto male.”
 “Vi credo.” confermò Caterina: “So di cosa siete capace. Potrei trovarmi chiusa nelle celle del castello di Pavia da un momento all'altro, vero?”
 “Potete andare.” fece Ludovico, furente, indicandole la porta: “Non abbiamo più nulla da dirci.”
 Caterina fece la riverenza e si avviò alla porta, senza farselo ripetere.
 Non sarebbe ripartita solo perchè suo zio aveva osato minacciarla. Sarebbe rimasta a Milano tutto il tempo che voleva.
 “Salutatemi vostra madre e Landriani.” aggiunse Ludovico, appena prima che Caterina potesse uscire.
 Quelle ultime parole sottintendevano la minaccia peggiore.
 Caterina lasciò il palazzo con una nuova agitazione nel petto. Non aveva osato immaginare che Ludovico potesse anche solo pensare di fare del male a sua madre o a Gian Piero per ripicca.
 Una volta per stada, Caterina si voltò a guardare il palazzo di Porta Giovia, lo stesso palazzo che da bambina aveva adorato.
 Decise che sarebbe rimasta a Milano fino a che avrebbe potuto, ripartendo solo se e quando avesse capito che suo zio si stava preparando a convincerla con le maniere forti a tornare da suo marito Girolamo.
 Per il resto, avrebbe trascorso quei giorni vivendo come una figlia, dimenticandosi della politica e della corte di Ludovico Sforza.

   
 
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